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Autore: Kiji    08/02/2018    1 recensioni
Cosa fareste se la persona che avete sempre amato e che vi fa più soffrire, è proprio la più vicina a voi? Sono un ragazzo come tutti gli altri, eppure mi sono innamorato del mio migliore amico. Ed è proprio questo il problema. A complicare tutto arriverà un giovano sconosciuto che, spudoratamente è pronto a stravolgermi la vita... Un bacio è come un fiore, nasce dal nulla e può diventare la cosa più bella che hai mai visto in vita tua!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Chiamare Leonardo per chiedergli dei giorni di ferie, fu la parte più facile, il difficile era spiegarne il motivo.
– Io, voglio passare qualche giorno con Sam. – Sussurrai e Leonardo, dall’altra parte del telefono, sibilò appena.
– Giustificherò la tua assenza come problemi familiari. Ho solo una richiesta da farti. – Disse infine. – Non illudere mio fratello. Anche se sorride e sembra sereno in apparenza, è una persona molto sensibile. –
- Lo so. – Risposi ed attaccai la cornetta. Non ci eravamo accordati per il “programma” da rispettare, quindi non sapevo bene a che ora dovevamo incontrarci così, quando finii di parlare al telefono, scesi con nonchalance per la colazione. Non appena fui sotto, vidi la cucina deserta. Sembrava tutto al suo posto ma sul tavolo vi era un vassoio coperto ed un bigliettino al lato. Mi avvinai per scoprire cosa fosse e lessi d’un fiato il biglietto.
“So che non è nulla di romantico, ma non riuscivo ad aspettare solamente in camera. Ti aspetto alla stazione. Fai con calma, mi trovi lì.” La sua scrittura era tremolante, come se fosse nervoso mentre scriveva. Aprii il coperchio e trovai una torta ancora calda con le mele ed un bicchiere ancora fumante di cioccolata. A che ora si era alzato per preparare tutto? Mangiai col sorriso e finii di prepararmi. Ero così nervoso che non riuscivo neanche a decidere cosa indossare per l’occasione.
“Sei uno stupido? Non sono una fottuta ragazzina innamorata, ma un uomo che sta uscendo per un appuntamento con un suo amico. Ok, forse non dovrei ripetermelo mai più perché suona alquanto strano, ma è la verità cazzo!” Mi rasai e mi preparai al meglio che potevo e ciò che vidi allo specchio non mi bastò.
Ero un semplice ragazzino magro e pallido con i capelli troppo neri e le mani sudaticcie. Che diavolo ci aveva visto Sam in me?
“Sono davvero patetico.” Il telefono squillò e vidi il numero di Al sullo schermo.
“Perdonami, ti chiamerò più tardi.” Pensai, ma quando? Non avevo il tempo dei sensi di colpa, sapevo che lui mi stava aspettando ma ugualmente ero così tremendamente in ritardo. Presi il cappotto e le chiavi ed uscii frettolosamente. La strada per arrivare alla stazione era davvero molto poca, ma con quell’ansia che mi uccideva, divenne un percorso lungo e tormentato. Quando fui nelle vicinanze, lo riconobbi immediatamente. Aveva dei pantaloni eleganti ed una camicia. Era vestito come quando fingeva di essere Leonardo, elegante e tremendamente bello.
I capelli gellati e perfettamente ordinati, il cappotto nero lungo; sembrava un altro. Non era il ragazzo dolce che avevo stretto a me la sera prima, non gli somigliava neppure. Di fronte a me c’era un uomo, e quella consapevolezza mi fece tremare le ginocchia.
– Finalmente sei arrivato. – Disse sorridendo. La sua voce corposa mi travolse e rimasi come uno stupido a fissarlo senza sapere bene cosa dire né cosa fare.
– Cazzo. Hai la più pallida idea di quanto ti abbia aspettato? Almeno un “ciao Sam” me lo merito. – Per un decimo di secondo mise il broncio, ma fu così breve che quasi non me ne accorsi.
– Sei molto elegante. – Riuscii solo a dire confuso.
– Ovvio, devo uscire con te. In ogni caso siamo leggermente in ritardo, forza andiamo. – Non avevo idea di dove mi avrebbe portato, ma lo seguii senza fiatare. Accanto a lui sfiguravo. Mi accorsi per la prima volta che molte persone si fermavano a guardarlo.
La bellezza che inizialmente, avevo sottovalutato accecato dal mio sentimento per Al, era diventata innegabile. Sam sembrava un fotomodello, mentre io apparivo anonimo e privo di gusto. Che faccia dovevo fare a quel punto? Forse lui guardandomi aveva notato il mio imbarazzo e, senza che glielo chiedessi, mi prese la mano.
Notai nel suo volto un accenno di vergogna, aveva le guance rosse e lo sguardo perso nel vuoto e, stranamente, mi piacque. Quel suo lato tenero, era forse la parte migliore di lui.
– Dove stiamo andando? Non mi hai detto ancora nulla. – Avevamo preso il treno, ma ancora non sapevo dove veramente eravamo diretti.
– Sai Coco, ho sempre sognato di vedere il mare insieme a te. So che avevi tutt’altra idea in mente, ma c’è un posto che mi piacerebbe vedere con te. – Smisi di fare altre domande. Ci sedemmo uno di fronte all’altro. Era tremendamente scomodo e c’era un odore opprimente, ma non riuscii a dire altro. Sam guardava fuori il finestrino, apparentemente calmo, ma sapevo che non era necessariamente così. Lui aveva sempre desiderato quel giorno, mentre io fino a poco tempo prima non ricordavo neanche la sua esistenza.
Non fu un viaggio molto lungo, venni inoltre distratto continuamente da un passeggero molto rumoroso che parlava in continuazione, come se non avesse altro da fare.
- Sapete il treno è uno delle forme di viaggio più sicure al mondo, almeno secondo me. Cosa potrebbe andare storto? Io odio viaggiare in aereo, ci sono un sacco di turbolenze… - Le sue chiacchiere erano per lo più di argomenti futili e soggettivi. Credo che in realtà volesse solamente discutere, anche se non avesse minimamente idea di ciò che volesse comunicare al suo interlocutore. Ad un certo punto Sam si alzò.
– Preparati, tra poco scendiamo. – Io lo seguii ed insieme ci avviammo verso l’uscita. “Santa Severa” Non ero mai stato lì, ma intuii che lui conosceva bene quel luogo. Quando fummo fuori mi prese nuovamente la mano e cominciò a camminare in silenzio. Subito fuori la stazione vidi una strada con un ampio ed immenso giardino incolto, ai lati grandi alberi secolari ed una pace fuori misura.
Era un luogo molto tranquillo e spartano, immerso nel silenzio più totale ma, stranamente mi piaceva molto. Proprio lì, in quello spiazzale alberato, ci stava aspettando una macchina.
– Vieni, è troppo distante a piedi. – Lui mi trascinò forzatamente. L’autista del taxi ci salutò e salì in auto insieme a noi e la macchina si mosse. Le strade, in apparenza, sembravano quelle di una normale campagna, ma in lontananza si poteva benissimo scorgere il mare. Passammo nella strada statale, mentre in sottofondo la radio passava canzoni anni 90, fino a quando entrammo nel paese vero e proprio.
Era un bel posto dove vivere, con molti giardini e con belle case d’altri tempi. Imboccammo una strada, poi un’altra fino a quando non ci fermammo proprio di fronte l’ospedale pediatrico. Inizialmente non capii, ma vedendo lui muoversi, lo feci anche io.
– Vengo a riprendervi in serata. – Disse l’uomo e si allontanò. Restammo solo noi due, fermi di fronte quell’edificio bianco e senza vita, asettico e distaccato.
– Ti chiederai perché ti ho portato qui, vero? Dai 10 anni fino ai 14, mio padre mi rinchiuse in questo ospedale. Mia nonna non poteva occuparsi più di me e mia madre non aveva la forza per sopportare un figlio con tanti bisogni come i miei. Stanza 5b primo piano. Ho passato 4 anni qui, ho fatto tante amicizie, ma ogni giorno, da quella finestra che dava sul mare, sognavo di stare lì insieme a te. – Lui non disse altro, si limitò a fissare il terreno asfaltato con un’aria truce.
– Vieni, scendiamo in spiaggia. – Afferrai la sua mano e lo spinsi a correre insieme a me. Trovammo la strada giusta e, con trepidazione, ci avviammo verso l’aria salmastra. Dal tocco della sua pelle percepivo il suo cuore che batteva forte ed ancora di più. Si accedeva al mare solo dall’ospedale, ma, senza farci vedere, passammo ugualmente.
Il mare era quasi a ridosso del piccolo campo, con pochissima sabbia per sedersi, ma di certo molto salubre. Il rumore del mare sugli scogli, che si ergevano a protezione dai forti venti, era ipnotico. Restammo lì, un po’ a giocherellare con i sassolini, un po’ a fare battute, ma non solo.
– Ho perso definitivamente mio padre. – Sam si avvicinò a me che mi ero appollaiato su un piccolo pezzo di terra e mi accarezzò il viso.
– Mi dispiace. – Le sue dita erano calde e coinvolgenti.
– Ha detto che avrebbe risolto tutto, ma il suo volto parlava d’altro. Riuscivo a leggere chiaramente oltre, come se ascoltassi i suoi pensieri più intimi e questo mi ha spaventato molto. Lì c’era veramente mio padre con tutte le sue paure e fragilità. Non tornerà mai più, l’ho capito ormai. – Lui mi prese tra le sue braccia e mi diede il conforto che cercavo.
– Tu hai ancora una madre Coco. Devi pensare a lei e farti forza, perché la famiglia è esserci nel momento del bisogno, quando nessuno è disposto ad aiutarti. – Mi cullò come un bambino, ne avevo proprio bisogno. Quel completo elegante, a contatto con il terreno, si sporcò molto, ma a lui non importava.
– Quando ero piccolo credevo di non avere nessuno. Quando ho conosciuto voi, avevo deciso di porre fine alla mia vita, poi fu mio fratello a riportarmi indietro. Mi disse che eravamo una famiglia e che non sarei più stato solo. In quel momento ho pensato a te Coco. So che non ha senso, ma avevo deciso di rendere più bella la tua vita, per questo farò di tutto per farti felice, anche se farà male. – Ero inebriato dalle sue parole dolci. In trappola in una morsa di estrema dolcezza. Il resto della giornata lo ricordo minuto per minuto.
Nella mia mente quelle ore passate insieme sono come un film girato con estrema cura. I nostri piedi che toccavano l’acqua, il fresco sapore del suo fiato sulla mia pelle, le risa gioiose che ci scambiammo, era tutto lì. Volevo assaporare tutto.
Ci accorgemmo che era tardi quando il mio stomaco, improvvisamente, iniziò a borbottare. Salimmo sulla strada e trovammo un piccolo ristorante intimo. Era vicino alla spiaggia ed anche da lì riuscivamo a vedere i gabbiani che volavano ed il mare che si scagliava contro le rocce. Si stava facendo buio, la giornata stava per finire e l’amaro che ne susseguiva era alle porte.
– Ti rendi conto che abbiamo saltato il pranzo? – Disse Sam assaltando con voracità il suo piatto di spaghetti alle cozze. – Ugh! – Commentai io altrettanto affamato.
Presto saremmo tornati a casa ed un altro giorno si sarebbe concluso. Nella mia mente tornarono le immagini di lui con quella donna, ma non chiesi nulla. Mi ero ripromesso niente litigi, niente preoccupazioni, solo un sano ricordo bello. Poi il sogno si infranse e il tarlo del dubbio si insinuò più in profondità nella mia mente. Nel mio telefono arrivò una foto da un numero che io non conoscevo, la aprii e la osservai con attenzione mentre Sam, di fronte a me, finiva l’ultimo spaghetto nel piatto.
C’era lei, quella donna che avevo visto il giorno prima e Sam, un selfie sorridente e luminoso, non c’erano veramente dubbi.
“Ti stai divertendo con il mio Samuele? Non gli hai detto che ci hai visti, lo so bene, ma adesso sta a te. Se vuoi scoprire chi sono ci vediamo domani a quel bar, alle 9:00 in punto. So che verrai.”
– Che hai? E’ successo qualcosa? – Rimbeccava Sam, ed io chiusi lo schermo. Non volevo mostrare la mia tensione, ma c’era ed era evidente. Forse se avessi chiesto direttamente a lui sarebbe stato più facile, ma cosa mi avrebbe risposto. Il dubbio mi uccideva così decisi di nascondere tutto sotto la sabbia.
“Per oggi va bene così.” Mi ripetevo ancora a fatica. Presi la sua mano e posai il telefono in tasca con la promessa che non lo avrei aperto per molto tempo. Quella sera continuò come se nulla fosse, con noi due che continuavamo a scherzare e divertirci, ma qualcosa era diverso; io.
Il taxi arrivò troppo presto, era ora di fare ritorno così, con la delusione in volto, entrai svogliato nella vettura. Sam si avvicinò a me e sussurrò qualcosa nel mio orecchio.
– Torniamo a casa, insieme. – Anche se era un dato di fatto, quelle parole mi toccarono dentro. La giornata poteva anche essere conclusa, ma noi eravamo ancora insieme. Ascoltai distrattamente la radio fino a giungere alla stazione ed anche dentro continuai a canticchiare canzoni a caso mentre Sam, sorrideva leggermente osservandomi. La strava del ritorno sembrò troppo veloce, più dell’andata ed in un batter di ciglio avevamo aperto la porta e posato i giacconi. Mi sentivo strano, come se non volessi che terminasse. Le membra formicolavano e mi sentivo inquieto e felice.
– Grazie per questa giornata. – Iniziò Sam mentre salivamo le scale.
– Stare con te è stato davvero bello. – Replicai. Di fronte alla porta della mia camera indugiai un po’ prima di aprire la maniglia. Avevo bisogno di ancora qualche secondo in più ed anche lui non si mosse. Sentii dentro di me un impulso improvviso.
Le sue labbra erano troppo vicine, avevo voglia di sentirle sulle mie. Quel dolce sapore che avevo già sperimentato, mi mancava. Mi avvicinai a lui quasi sperando che capisse i miei sentimenti, ma al contrario, fu lui a stupirmi.
Sebbene desiderassi quel bacio, lui mi scostò leggermente.
– Siamo stanchi dopo questa lunga giornata. Non fare cose di cui potresti pentirti domani. – L’ultima frase fu quasi sussurrata ed io, ad udirla, spalancai gli occhi. Faceva male. Il cuore doleva pazzamente a quell’affermazione.
Avrei davvero rimpianto quel gesto? Lo desideravo sinceramente in quel preciso istante, ma cosa sarebbe accaduto il giorno dopo? Sam si voltò e, a lenti passi, sparì nella sua tana lasciandomi lì, in preda al panico.
“Stupido idiota!” Pensai con tutto me stesso. Avevo fatto un passo troppo in là, mi stavo spingendo al limite.
Mi odiai ed odiai lui! Impedendomi di capitolare, stava nuovamente dimostrando qualcosa, anche se non riuscivo ad afferrarne il senso.
Tornai dentro e mi avvolsi tra le lenzuola. Quel leggero tepore mi dava speranza e, senza accorgermene, mi assopii. Quando i miei occhi si riaprirono non era ancora l’alba. Non so cosa sognai, ma mi svegliai col fiatone. Ero così agitato che non riuscivo neanche a riprendere sonno così, nella totale oscurità della casa, scesi al piano inferiore. Guadai l’orario, le 5. Mi preparai qualche spuntino e mangiai in silenzio.
– Sono davvero un idiota. – Mormorai. Avevo bisogno di aria fresca così, ripulito tutto, mi sistemai ed uscii di casa. Non lasciai un biglietto né avevo avvertito, semplicemente volevo riprendere fiato. Avevo provato a baciare Sam!
Come avevo potuto farlo? Dentro di me lo sapevo, mi stavo innamorando di lui, ma non aveva senso. Fin da quando ho memoria, ho sempre provato un dolce sentimento per Al e nessun altro. Avevo desiderato con tutto me stesso di poter farlo diventare mio e quando ne avevo avuto la possibilità stavo buttando tutto nel cesso.
Cosa provavo per loro?
Quando pensavo ad Al sentivo il dolce sentimento di una vita insieme, di una famiglia amorevole e confortevole. D’altra parte con Sam stavo sperimentando qualcosa di diverso, c’era una strana passione che mi legava a lui come uno schiavo.
Vagai per la città per un po’, fino a quando si stava avvicinando l’ora dell’appuntamento. Non ricordavo di preciso il nome di quel bar, ma sapevo come arrivarci. Per tutto il tragitto mi impedii di pensare, concentrato com’ero nella ricerca.
Quando arrivai riconobbi il luogo ed entrai. Non c’era molta gente e mi accomodai tranquillamente in un tavolino vicino la vetrata principale, quella da cui avevo visto Sam.
Non passò molto prima che sentii la porta aprirsi e la vidi entrare, splendente come il sole. Era anche più bella di quanto ricordassi. Si avvicinò al mio tavolo e senza ulteriori indugi, si accomodò.
– Ciao Coco. – Conosceva il mio nome. Sapeva chi fossi anche se io di lei non sapevo nulla.
– Chi sei tu? – Mi limitai a chiedere nella più totale confusione.
– Tu non mi conosci, ma io so bene chi sei tu. Sono venuta qui per chiederti, anzi no… Voglio che tu ti allontani immediatamente da Sam. La mia non è e non sarà mai una richiesta perché tu, nel tuo egoismo e nella tua cattiveria, non hai alcun diritto di stare al suo fianco. – Nei suoi occhi c’era odio.
Non mi era mai successo prima. Quella persona che diceva di conoscermi, mi disprezzava così tanto da mandare con lo sguardo, frecce avvelenate. Per un istante rimasi immobile a pensare.
“Egoista e cattivo” Era davvero ciò che ero?!
Avrei voluto sprofondare, dileguarmi da lì, ma le gambe non mi reggevano.
– Allontanati subito da Sam o ti ucciderò con le mie stesse mani. –
  
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