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Autore: sofismi    09/02/2018    1 recensioni
"La musica continua imperterrita, non c'è niente che possa fermarla. Io intanto fumo, seduta sul pavimento incastrata tra la finestra e il mondo. Incastrata nel mio corpo, nella mia mente. Il fumo scappa attraverso la mia bocca, fuori dai polmoni, e guardandolo mi chiedo quando anch'io sarò in grado di fuggire così."
L'arte è ovunque, tutti riescono a percepirla, ma alcune persone sono più sensibili di altre e questo Madelaine lo ha capito. Se n'è resa conto una sera, fumando seduta sul pavimento di quella che - da quel momento in avanti - non sarebbe stata più la sua stanza, e ha trovato il coraggio per essere se stessa. Sarà un viaggio disturbato da turbolenze, tempeste, ma il vento la porterà sempre a casa.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sesto




Mentre facciamo colazione ripenso alla notte scorsa, mi chiedo perché ho fatto quel che ho fatto: sarei potuta stare nel letto, invece ho deciso di andare a guardare Adam. Ma perché? Non capisco cosa mi abbia spinto a farlo, non capisco perché nel momento in cui ho deciso di ricominciare da capo mi sono legata così ad uno sconosciuto. Ormai mi sono abituata alla sua presenza, ai suoi modi di fare, però - in effetti - non lo conosco. Non so niente di lui, a parte del suo lavoro, quindi pensare di poter aver preso una cotta per lui è fuori discussione, perché quella che ho davanti è solo l’idea che mi sono fatta di Adam, non è realmente lui. Eppure le emozioni che provo sono così forti che non posso ignorarle.
“A che pensi?” mi chiede mentre lava i piatti.
“Ah?” per l’ennesima volta ha interrotto i miei pensieri, ma nonostante ciò non mi arrabbio, anzi, sorrido. “Niente,” rispondo infine.
“Che bugiarda!” dice prendendomi in giro. Io sorrido ma non gli rispondo, ovviamente certe cose non posso dirle ad alta voce.
“Sei preoccupata per il manoscritto?” domanda serio.
“Un po’ sì, alla fine sto per inviare un pezzo scritto in tre giorni, è normale che sia un po’ in ansia.”
“Hai fatto un’ottimo lavoro, Mad. Non pensarci, quando riceveremo una risposta decideremo il da farsi!”
Non si smentisce mai, è irrimediabilmente un ottimista, io invece penso sempre al peggio. Tuttavia sono grata di avere al mio fianco una persona come lui, un po’ di positività non fa mai male. Oramai il suo supporto sta diventando fondamentale, e sebbene io sappia quanto possa essere pericolosa questa situazione non posso farne a meno.
“Pronta?” mi dice spostando il cursore sulla casella “invio”.
“Pronta,” rispondo, nonostante io sappia di non esserlo.
“Ecco fatto!” risponde dopo aver cliccato e inviato la mail, “tre giorni e sapremo il verdetto!”
Mi porto le mani al viso e ridendo soffoco un finto urlo di angoscia. Sono emozionata, ma la paura di un rifiuto mi fa tremare le ginocchia. Chissà cosa diranno, chissà se gli piacerà. Magari gli farà schifo e non metterò mai più il naso fuori di casa per i prossimi dieci anni e finirò a lavorare come cassiera al mini market infondo alla strada. Mi rendo conto di farmi troppi viaggi mentali, ma in questa situazione non posso farne a meno anche se so che per quanto io mi disperi il risultato non cambierà.
“E adesso cosa faccio?” gli chiedo ridendo nervosamente.
“Stai tranquilla e pensi ad un’altra storia!” risponde lui entusiasta prendendomi le mani. Al suo tocco sento il volto andare a fuoco, ha le mani molto più grandi delle mie e la sua presa è salda, sicura. Mi zittisco subito, è strano essere tenuta così, è come se con questo semplice gesto avesse annullato tutta la mia paura di cadere. Notando che non dico nulla e non sposto lo sguardo dalle nostre mani lascia la presa.
“Oppure, se proprio non vuoi scrivere, potresti farti fare un ritratto,” propone serio.
Mi fa sedere su uno dei suoi sgabelli e mi mette in posa per poi andare alla scrivania a preparare i materiali.
“Bene, adesso mi raccomando: ferma.” 
Come sempre si fa serio e con il suo sguardo concentrato mi osserva da pochi metri di distanza, e senza dire nulla inizia a tracciare delle linee a matita sul suo album da disegno: lui lavora, e io che non me la sento di disturbarlo con le mie chiacchiere lo guardo in silenzio e immobile, ammirando la sua dedizione e il suo talento. Presto inizia a farmi male la schiena, ma non mi lascio scappare nemmeno un lamento. Vederlo lavorare mi scalda il cuore, nei giorni scorsi ho osservato molto il suo processo creativo, ma adesso che ci sono dentro è tutta un’altra storia.
Passata la prima ora ci prendiamo una meritata paura, io finalmente mi sgranchisco le gambe e mi stiracchio facendo scoppiettare le vertebre come un sacchetto di popcorn nel microonde.
“Dai, Adam, fammi vedere!” dico tirandolo per un braccio.
“No, Mad. Sta’ giù!” ride lui tenendo l’album sopra la testa. Il fatto che si prenda gioco della mia altezza è degradante, però è anche tremendamente divertente. Sotto di lui mi sento una bambina, e il suo corpo è così bello al tatto che vorrei non staccarmi più.
“Smettila, pulce,” mi dice accarezzandomi la schiena, “dobbiamo pensare al pranzo.”
“Fammi fare un giro in città, ti prego!”
Lui ci pensa un po’ ma alla fine cede. La prima ad aggiudicarsi il bagno sono io, faccio una doccia veloce e, per la prima volta dopo giorni, mi trucco un pochino. Non so se lo sto facendo perché sto per andare in città o perché sto per andare in città con Adam, però lo faccio, e mi sento bellissima.
“Ti porto nel mio locale preferito, contenta? Dobbiamo festeggiare!” dice non appena usciamo dal palazzo.
“Cosa dobbiamo festeggiare?”
“Vorrei risponderti ma sarei cattivo, prova a pensarci” dice prendendomi in giro, ormai è diventata la prassi e a me non dispiace per niente, so che c’è benevolenza nelle sue parole, non lo fa per farmi stare male.
“Ti odio,” rispondo mettendo il broncio dopo aver capito che vuole festeggiare la mail che segnerà la fine della mia vita.
“Dai, Mad, è una bella cosa! Potrebbe cambiare la tua vita per sempre!”
“È proprio questo che mi spaventa,” confesso.
Il posto è carino, un po’ buio ma accogliente, con il muro a vista e una quantità considerevole di piante. Adam saluta il cameriere chiamandolo per nome e lui ci porta ad un tavolo affianco alla finestra facendogli notare quanto sia carina la ragazza che si è portato questa volta.
“Come se non lo sapessi,” risponde lui sorridente.
Sono lusingata dal commento del cameriere, ma cosa intendeva con “questa volta”? Ammetto di esserci rimasta male, una parte di me sperava di essere in qualche modo speciale ma è ovvio che lui aveva una vita anche prima del mio arrivo.
“Non fare il broncio, Mad,” mi dice una volta soli.
“Quante ragazze hai portato qui?” gli chiedo consapevole del fatto che non sono nella posizione di fare la fidanzata gelosa perché - appunto - non sono la sua fidanzata. 
“Una soltanto, in realtà. Per di più era mia sorella quindi pensa che idea può essersi fatto di me Charlie.”
Nascondo il naso nel menù e tiro un sospiro di sollievo che non ho nessun diritto di fare. La sorella, certo.
La cucina è ottima e i camerieri sono gentili, quando usciamo dal ristorante siamo sazi e contenti e spinti dalla pigrizia decidiamo di andare a sdraiarci sull’erba nel parco vicino, perché - a detta di Adam - è una cosa che non si può non fare. Una volta arrivati si getta per terra con una capriola e poi apre le braccia e le gambe come una stella marina. Io gli rido in faccia ma poi lo seguo, e ci ritroviamo faccia a faccia per la prima volta, dato che di solito la differenza di altezza mi permette di guardarlo al massimo fino al petto. Baciati dal sole rimaniamo sdraiati per un tempo interminabile a parlare delle nostre famiglie e di vecchi aneddoti, sia divertenti che tristi. Piano piano comincio a rendermi conto che è una persona estremamente sensibile e impulsiva, ma capace di donare tanto amore. E probabilmente lui starà pensando che io sono soltanto una ragazzina viziata che è scappata alla prima occasione e che poi non ha fatto altro che scappare per tutta la vita.
“Sai cosa manca per coronare il nostro festeggiamento?” mi chiede serio.
“Cosa?” domando impaurita, sicura che tirerà fuori un’idea assurda. Forse esagero, ma il suo sguardo mi sa proprio di idea di merda. Aspetto qualche secondo ma lui non risponde, e mi convinco che magari sta partorendo una risposta intelligente.
“Dovremmo imbucarci ad una festa.”
Come non detto. 

 
  
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