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Autore: Selhin    28/06/2009    4 recensioni
Vincitrice del Contest " Solstizio d'Estate " indetto dal forum Writers Arena.
La leggenda di una magia ricorrente nel giorno del Solstizio d’estate spinge gli abitanti di un piccolo villaggio a non entrare in un bosco durante quella notte magica...
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che il bosco, nella notte del Solstizio d’Estate, si trasformi diventando il ponte collegante tra il mondo visibile e

 

-Questa storia è vincitrice del contest “ Solstizio d’Estate ” indetto dal forum Writers Arena.-

 


Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.


Note dell'Autrice: Una storia tratta dalla mia grande passione per i celti e tutte le loro usanze e tradizioni. La vicenda si aggira attorno alla zona di Stonehenge nelle epoche vissute da drudi, sacerdotesse e creature del mondo magico. La storia unisce fantasy e storia di un mondo arcano e misterioso che tutt’ora mi affascina. I nominativi utilizzati sono frutto di mie ricerche su nomi nordici e celtici.
Altra cosa...vorrei scusarmi se non è presente il link del forum, ma non sono capace a inserirlo...chiedo scusa agli staffer nel caso s’imbattessero qui...

 

 

 

 

Moonlight in Fairyland

 

 

 

 

 

 

La leggenda racconta che il bosco, nella notte del Solstizio d’Estate, si trasformi diventando il ponte di unione tra il mondo visibile e quello invisibile.

Se t’inoltri nel bosco al tramonto, una strana nebbia ti si para di fronte; la temperatura sulle prime, cala improvvisamente permettendo al freddo di entrarti fin nelle ossa, poi bruscamente si alza fino a toccare un clima mite al quale noi dei paesi del nord, non siamo abituati.

Mentre avanzi tra gli alberi giungi ad un piccolo ruscello. L’acqua è limpida ma non chiara e trasparente; ha delle strane sfumature che vanno dall’oro al violetto. Al centro, quasi fossero lì apposta per essere attraversate, brillano delle rocce ambrate, molto più simili a cristalli che non a della fredda pietra grigia. Dall’altra parte una schiera d’alberi molto fitti e immensamente alti, attende imponente. Forse il tuo arrivo o il ritorno di qualcun altro. Avverti la vita scorrere in quegli alberi, come il flusso di un fiume in piena; il fruscio delle loro foglie ti sembra una cantilena che va pian piano a mutarsi in parole ben definite e quasi comprensibili, tra le fronde si avverte un forte e intenso profumo di fiori e legna, muschio ed erba.

Oltrepassato il ruscello variopinto, la sensazione che la foresta ti trasmette è quasi spaventosa. Il terrore dell’ignoto si fa schiacciante e tu ti senti ad un passo dalla morte.

Ed è in quel momento che li vedi.

Gli spiriti dei boschi come narrano leggende ancor più antiche dell’essere umano stesso. Belli, fatati, dai colori sgargianti. Alcuni posseggono ali mentre altri nuotano sulle rive di un laghetto. Diversi sono piccoli quanto una mano e volteggiano felici nell’aria. Tutto è irreale, e ti senti come catapultato nel più bel sogno della tua vita.

Ma quando uno di loro si accorge della tua presenza, la paura svanita di fronte a tanta bellezza e magia, ti assale nuovamente più forte che mai. La testa ti gira, le immagini attorno a te si rendono confuse mentre il mondo si trasforma in un turbinio di luci, colori, profumi e rumori, fino a che non ti risvegli ai margini del bosco. La testa dolorante ed una strana sensazione di vertigine.

Questo racconta la leggenda, o meglio, quello che alcuni dicono di aver vissuto. Ma non tutti provano quest’esperienza, i prescelti solitamente scappano a casa terrorizzati per poi tornare alla loro vita normale come se nulla fosse accaduto, giurando di non mettere mai più piede nel bosco.

Ma non io. Io sono diverso.

Ho sempre avuto la consapevolezza di non essere come tutti gli altri.

 

 

*~*~*~*~*

 

 

Il sole era appena tramontato quando velocemente s’inoltrò nel bosco. Nonostante l’estate fosse iniziata quella notte, all’ombra degli alberi il freddo era ancora una realtà. Il cielo luminoso si faceva sempre più scuro all’interno della foresta mentre un forte odore di legna gli entrava prepotentemente nelle narici.

Non sapeva dove stava andando e in quel momento era l‘ultima cosa che gli importasse. Lui avrebbe continuato a correre fin quando le energie glielo avrebbero concesso. L’unico rumore che avvertiva era quello dei suoi passi, veloci e scattanti su un terreno umido di brina, mentre il freddo pungente picchiava sul suo viso come tanti pizzicotti.

Molte lacrime sgorgavano dai suoi occhi chiari quanto la pioggia e scendevano calde sulle sue guance morbide. Non sarebbe mai riuscito a dimenticare la rabbia che gli pervadeva l’anima in quel momento. La sentiva troppo potente ed era certo l’avrebbe ricordata per sempre, portandosela sulle spalle per tutta la vita.

Proprio non riusciva a spiegarsi la durezza che suo padre aveva sempre mostrato verso di lui, eppure voleva solo sapere qualcosa in più su sua madre! Cosa c’era di sbagliato in questo?

Sapeva solamente che era morta quando lui era molto piccolo, poco dopo la sua nascita, e che le assomigliava molto, ma poi?

Suo padre non voleva raccontargli altro, non aveva mai voluto, ogni volta era sempre la stessa risposta - Te lo dirò quando il ricordo non sarà più una tale sofferenza, ora va a dormire.-

Oswald non avrebbe desiderato altro in quel momento, che il poter riavere sua madre con sé. Aveva otto anni, orfano di madre. Come poteva il padre non capire quanto lui sentisse il bisogno di sapere tutto di lei, della donna che lo aveva messo al mondo? Gli sembrava fosse il modo migliore per poterla sentire vagamente vicina.

Quasi all’improvviso sentì le forze mancargli dalle gambe e cadde a terra slittando sul terreno scivoloso, avvertendo un bruciore incessante al ginocchio. Si tirò su a sedere scorgendo del sangue scaturire da una piccola ferita che si era venuta a creare nella caduta.

Lacrime abbondanti gli sommersero gli occhi chiari confondendo la sua vista tutt’a un tratto resasi sfocata e indistinta. Si rialzò a fatica, avvertendo forte il dolore alla gamba e riprese la sua avanzata, questa volta più lentamente. Iniziò a camminare piano fra gli alberi della foresta che parevano sussurrare, le loro forme sfocate sembravano mutare ambigue attorno a lui. Si strinse nelle spalle rallentando ancora l’andatura dei suoi passi, rendendosi conto dell’oscurità che iniziava ad avanzare all'interno del bosco. Tra le fronde degli alberi scorse un frammento di cielo sereno, blu cupo con le prime stelle ancora addormentate.

Volse veloce lo sguardo in tutte le direzioni, scoprendo con paura di aver smarrito il sentiero durante la sua fuga rabbiosa. Come sarebbe tornato a casa adesso?

Si chiese se i lupi sarebbero arrivati per sbranarlo, o peggio, qualche spirito della foresta per incatenarlo con un incantesimo malefico. Avvertì in lontananza dei suoni familiari, il battito di tamburi utilizzato nella festa d’estate della sua gente. Probabilmente avevano già acceso i fuochi nei campi ad illuminare la notte, così il sole avrebbe aumentato la sua energia e avrebbe benedetto i loro raccolti. Iniziò a rabbrividire per il freddo, chiedendosi il perché la sua casacca di pelle non riuscisse a scaldarlo come avrebbe dovuto.

Il ritmo dei tamburi si fece sempre più forte, sempre più scandito, dando l’impressione di essere nelle vicinanze del villaggio. Forse riuscirò a tornare indietro, pensò Oswald. Con il cuore più leggero e la mente più lucida, riprese a camminare più in fretta, finchè, svoltando dietro un arbusto basso e squadrato, davanti a lui si aprì un sentiero fatto di foglie e ghiaia.

Pensò si trattasse della stradina che lo avrebbe riportato al villaggio, ma dopo svariati minuti nella sua traversata si accorse di non udire più il rimbombo dei tamburi. Guardò dietro di sé; una leggera nebbiolina si era alzata attorno rendendogli impossibile vedere oltre pochi passi di distanza. Ma cosa stava succedendo?

Decise di continuare a seguire il sentiero, pur non sapendo dove questo lo avrebbe condotto.

 

 

Mentre percorreva quello strano passaggio comparso dal nulla, avvertì improvvisamente il freddo farsi più fitto. Si strinse cercando di scaldarsi. Ma perché fa così freddo?

E poi, nello stesso modo inaspettato la temperatura iniziò a salire fino a toccare un clima mite, quasi caldo e opprimente. Oswald continuò a camminare senza sapere dove in realtà fosse diretto. La nebbia si era fatta ancora più fitta. A stento evitava di andare a sbattere contro gli alberi o di scivolare sulla ghiaia umida. Oltre al rumore incessante dei suoi sandali di cuoio avvertiva anche il pulsare della vita nella foresta: i piccoli animali nelle loro tane, il fruscio dei rami alti. Poi in lontananza, avvertì un suono d’acqua, quasi sicuramente un piccolo fiumiciattolo che scorreva tranquillo nel bel mezzo del bosco.

Decise di seguire quel dolce suono che aveva sempre avuto il potere di rilassarlo, nonostante fosse ormai certo essere parecchio lontano dal villaggio. Sapeva che al margine della foresta non esisteva nessun ruscello, di conseguenza non poteva che essersi allontanato parecchio da casa. Intanto la notte stava avanzando così come lui si avvicinava al fiume, fino a che vi giunse proprio sul fianco. Preso da una stanchezza improvvisa s’inginocchiò immergendo le braccia fino ai gomiti nel ruscello, per poi portare le mani alla bocca e tirare grandi sorsate. L’acqua era buona, fresca e dissetante. Non ne aveva mai vista di così limpida e pulita, nemmeno quella del pozzo del villaggio riusciva a raggiungere tale purezza.

Restò seduto sull’erba a fissare lo scorrere dell’acqua sotto di lui indeciso sul da farsi. Avanzare o tornare indietro?

Non se ne accorse subito per colpa dell’assenza della luce solare, ma l’acqua del fiume non era come quella che lui era solito vedere o bere e, notando che vi era qualcosa di strano, si avvicinò di più. Scorse controluce delle strane sfumature violette sull’acqua, più scure verso il fondo, mentre sulla superficie assumevano un colore simile all’oro. Si alzò di scatto sorpreso, confuso e spaventato contemporaneamente. Perché l’acqua ha questo strano colore? Non sarà opera di qualche essere soprannaturale spero. Oswald non sapeva più cosa pensare.

Dapprima dolcemente in lontananza un canto iniziò a farsi sempre più forte verso di lui, simile a quello delle dee che dimoravano nei boschi, nel mare o nel cielo, protagoniste dei racconti della sua gente. Era una voce sottile, armoniosa e si equilibrava in perfetta sintonia con l’ambiente di cui si circondava. Per un attimo il bambino credette di udire la voce della propria madre provenire dall’altro mondo, sebbene fosse consapevole dell’assurdità del suo pensiero. Si alzò e dopo aver accertato il luogo dal quale la voce provenisse, cercò un modo per oltrepassare il fiumiciattolo. Notò delle grandi pietre al centro di quest’ultimo, particolari anche quelle. Trasparenti e con riflessi aurei, assomigliavano più a delle pietre adatte per dei gioielli che non a rocce nel bel mezzo di un ruscello. Non ci pensò su molto ed oltrepassò grazie ad loro il suo ostacolo, giungendo dall’altra parte della foresta. Avvertiva il canto più vicino adesso ed era curioso di scoprire da dove provenisse ma per non perdersi, decise di seguire la corrente del fiume camminandogli accanto fino a che giunse sulle sponde di un piccolo laghetto fra gli alberi. Non era grande, assomigliava più ad una grossa pozzanghera eppure l’acqua aveva lo stesso strano colore dalle sfumature color oro del piccolo fiume che aveva percorso sin lì. E sembrava profondo, nonostante le piccole dimensioni. Fu quando si avvicinò per guardare meglio che si accorse della voce così vicina a lui.

Si voltò nascondendosi fra le file di arbusti, e vide una ragazza bellissima seduta al centro del laghetto. Aveva dei lunghissimi capelli biondi, mossi come le onde del mare in una giornata ventosa, lasciati sciolti sulle spalle sottili e giù lungo la schiena. A decorare la folta chioma dorata stavano dei piccoli fiorellini rosa pallido sparsi qua e là, il viso possedeva dei lineamenti fini ed eleganti ma molto dolci. Era lei a cantare, seduta sulla superficie dell’acqua come in un incantesimo. Forse è uno spirito della foresta, si disse Oswald.

Smise di cantare improvvisamente - Come sei arrivato fin qui?-

La sua voce era dolce e pareva irreale, come se provenisse da un sogno. Oswald non si rese subito conto che la domanda era rivolta a lui, e restò in silenzio e immobile fino a che lei non si voltò verso di lui. Aveva gli occhi chiari, limpidi e trasparenti come il ghiaccio ed era molto giovane, poteva avere quindici o sedici anni. Il bambino restò ipnotizzato da quello sguardo.

Lei sorrise - Stai bene?- si alzò e uscì dall’acqua, camminando sulla sua superficie. Gli si avvicinò senza smettere di sorridere. Indossava un lungo abito bianco drappeggiato sulle spalle che gli copriva completamente i piedi, riducendosi ad uno strascico dietro la sua camminata. Si accucciò davanti a lui, guardandolo fisso negli occhi e mostrando sempre il suo sorriso rassicurante.

  - Sei una dea?- chiese piano Oswald, temendo di averla offesa con la sua sfrontatezza.

La ragazza rise divertita, facendo risuonare la sua risata cristallina fin nel cuore del bosco - No, non sono una dea. Non preoccuparti.-

Il bambino sospirò di sollievo, poi tornò a guardarla - Allora chi sei? Era una magia quella?- chiese indicando il laghetto dove stava lei poco prima.

  - Diciamo di si. Qual è il tuo nome piccolo?-

Lui esitò per qualche istante, poi la guardò e si sentì al sicuro - Oswald... e il tuo?-

Lei sorrise di nuovo mentre alzandosi in piedi gli porgeva la mano per aiutarlo - Il mio nome è Eireen. Vieni con me, ti aiuterò a tornare a casa.-

 

 

  Quando Oswald aveva stretto la mano della ragazza un lieve tepore si era sparso per tutto il suo corpo, una sensazione piacevole, che gli dava l’impressione di aver già conosciuto quella ragazza misteriosa. Eireen lo stava conducendo all’interno della foresta, proseguendo su un sentiero diverso da quello che lui aveva fatto in precedenza. Avanzavano entrambi in silenzio l’uno di fianco all’altra, non sapendo come interromperlo.

La ragazza voltò lo sguardo dietro di loro, osservando a strada che si erano lasciati alle spalle.

  - Dove stiamo andando?- chiese Oswald all’improvviso. Lei lo guardò dolcemente - Non ti sei accorto di dove ti trovi, vero? Non lo avverti il potere attorno a te.-

Lui non capì di cosa stesse parlando - Che intendi?-

  - Tra poco lo vedrai, sei un bambino speciale se sei arrivato fino a me.- la voce di Eireen pareva quasi il sussurro del vento fra le fronde degli alberi. La luce della luna s’intravedeva brillante fra  esse, risplendendo sui capelli dorati della ragazza, e rendeva la foresta un luogo molto meno spaventoso di quanto Oswald aveva immaginato quando si trovava solo.

Eireen chiuse gli occhi e si fermò inaspettatamente.

  - Chiudi gli occhi Oswald, prova ad ascoltare ciò che la foresta sta dicendo.-

Lui obbedì, ma oltre al rumore dei piccoli abitanti del bosco e quello della brezza estiva, non avvertiva altro.

  - Cerca di avvertire la vita scorrere in lei.-

Eireen e Oswald restarono entrambi con gli occhi chiusi, le mani strette ad infondersi coraggio e saggezza.

 

E’ la prima volta che s’inoltra così lontano da casa.

Non le è permesso uscire dalla foresta, non può farlo mai. Solo in quella notte le barriere si aprono, permettendole di scorgere il mondo che l’ha sempre affascinata.

Solo la notte del Solstizio d’Estate.

Cammina da molto ormai, non sa nemmeno se la strada intrapresa sia quella giusta. Spera che sia così.

Finalmente giunge al fiume, ed è lì che lo vede.

Se ne sta seduto appoggiato al tronco di un albero, sull’altra sponda del torrentello, intento ad osservare il cielo. Non può vederla, non può sentirla.

Ha i capelli scuri, occhi verdi e un viso dolce.

Lei non ci pensa troppo, oltrepassa la barriera. Il ragazzo si volta a guardarla confuso e incantato.

Il cuore le batte forte, si sente sciogliere sotto il suo sguardo.

Lo raggiunge correndo, dando inizio alla magia.

 

  - Eireen! Eireen mi senti?-

La ragazza riaprì gli occhi di scatto, ritrovandosi il viso di Oswald vicino al suo in un espressione preoccupata.

  - Allora?-

Lei si portò una mano sulla fronte - Cos’è successo?-

Il bambino scosse il capo - Non lo so, eri immobile e non mi rispondevi più... - Eireen capì che si era spaventato molto. Anche lui forse avverte il legame?

Lo abbracciò piano, accarezzandogli i capelli biondi - Sto bene, scusami.-

Oswald in quel momento pensò a sua madre. Se avesse conosciuto la sensazione del suo abbraccio materno, sicuramente sarebbe stata quella, la stessa che provava adesso.

La ragazza si alzò e riprese a camminare stringendo la mano del bambino, che era molto più salda di prima, unita alla sua.

 

  La luce dei fuochi appena accesi risplende sui suoi capelli d’oro, mentre volta il capo in tutte le direzioni.

Sta cercando.

Sta aspettando.

Ma lui ancora non è arrivato. Però lo sa che presto sarà da lei, a stringerla nel suo abbraccio protettivo, forte e pieno d’amore. Lo aspetta, e sa che dovrà attendere ancora e ancora. Non gli è facile raggiungerla, lo sa. Ma è anche consapevole di ciò che rischia a entrare nella foresta. Lo fa solo per lei, per il suo amore.

E lo farà anche quella notte.

 

  Il sentiero li aveva condotti ad una strana costruzione in pietra all’interno della foresta. Non vi erano alberi però, solo uno spiazzo enorme fatto d’erba e ghiaia al cui centro stavano delle grandi rocce. Parevano dei giganti immobili, sistemate una sopra l’altra a costruire dei grandi archi maestosi. Insieme componevano una serie di cerchi concentrici, e il tutto appariva quasi incantato agli occhi del piccolo Oswald.

  - Dove siamo?- chiese curioso. Avvertiva qualcosa all’interno di quei cerchi di pietra; un grande potere sembrava aleggiare attorno a lui.

La ragazza sorrise enigmatica e si diresse al centro del cerchio. Gli intimò di raggiungerla con un solo sguardo, e il bambino obbedì senza pensarci troppo. Quando fu al centro, accanto a lei, quest’ultima s’inginocchiò per arrivare alla sua stessa statura posandogli le mani sulle spalle a guardarlo negli occhi. Oswald non capì cosa lei stesse cercando di dirgli, ma intuì che il silenzio era necessario perciò preferì tacere, limitandosi a comunicare con gli occhi chiari come quelli di lei. La fanciulla chiuse gli occhi e il bambino intuì che doveva fare altrettanto. Mentre se ne stavano entrambi in silenzio una brezza leggera si alzò attorno a loro facendo ondeggiare i capelli dorati di Eireen in una danza perfetta con quelli del piccolo Oswald.

 

All’ombra degli alberi, due figure si stringono l’una all’altra in un abbraccio carico d’amore e disperazione, una miscela di emozioni a loro stranamente complementari.

  - Vieni via con me, Eireen!- dice all’improvviso il giovane uomo.

L’abbraccio si fa più intenso e la fanciulla contraccambia il gesto - Sai che non mi è permesso.-

  - Come puoi farcela da sola?-

Lo sguardo verde riflesso in quello color ghiaccio della ragazza - Non lo so, ho paura!-

Lacrime calde si formano nei suoi occhi di rugiada.

Lui la guarda per qualche istante, tornando poi a stringerla - Perché gli dei non mi hanno permesso di nascere nel tuo stesso mondo?-

Eireen si lascia stringere in quell’abbraccio disperato.

Dentro di sé, pian piano il segreto crescerà fino a che non potrà nasconderlo più.

 

Oswald riaprì gli occhi sentendo le mani della ragazza più strette nelle sue. Quello che vide lo lasciò senza parole.

Erano ancora nella radura, al centro del cerchio di pietre, ma era tutto molto diverso da qualche attimo prima.

  - Li vedi ora?- chiese Eireen accanto a lui. Si voltò e la vide sorridente, ma un riflesso di malinconia velava i suoi occhi chiari. Cosa poteva esserle successo?

Oswald tornò a guardare attorno a sé. Ovunque voltasse lo sguardo i colori sgargianti lo colpivano quasi con violenza. Non credeva avrebbe mai visto qualcosa del genere, superava ogni sua immaginazione.

Dei piccoli esseri, grandi quanto una mano, svolazzavano agitando le loro ali traslucide e variopinte dei colori più appariscenti che sarebbero potuti esistere. Altri, della statura di un bambino, portavano una lunga barba e camminavano goffamente mentre alcuni se ne stavano a sguazzare nell’acqua di un piccolo laghetto che era magicamente apparso vicino a Oswald.

Poi vi erano alcune fanciulle splendide dai capelli lunghi e vestite in tinte pastello. Se ne stavano a danzare allegre poco lontano da loro e il bambino trovò una stretta somiglianza con Eireen, seppur fosse più bella e gli apparisse più solitaria.

  - Dove ci troviamo Eireen? Che cosa hai fatto, una magia?-

Oswald era quasi spaventato da tutto ciò, anche se non poteva negare a se stesso di esserne anche molto affascinato in un certo senso. La ragazza scosse il capo.

  - Era già tutto qui, solo che non potevi vederlo. Ho solo fatto in modo che ci riuscissi.-

  - Ma perché?-

Eireen rilasciò un sospiro lungo, come a prendere tempo. - Lo capirai.-

  - Che significa? Non capisco.-

Il bambino non sapeva più cosa pensare. Chi era quella ragazza? Dove si trovava? Perché lo aveva portato in quel luogo assurdo?

Si alzò e fece per andarsene, ma la ragazza lo fermò portandosi davanti a lui, bloccandogli la strada. La vide inginocchiarsi davanti a lui, e stringerlo nuovamente in un abbraccio che aveva il sapore dolce di una madre che lui mai aveva conosciuto. Restò immobile fra le braccia esili della ragazza fino a che non la sentì piangere.

  - Perché piangi Eireen?-

Lei scosse la testa - Scusa.- si allontanò da lui asciugandosi le lacrime con la mano sottile.

  - Eireen... ma tu chi sei?-

Oswald aveva posto la domanda ingenuamente e lei sorrise nel vederlo così risoluto nel volere la sua risposta. Indicò con la mano le ragazze che danzavano poco lontane da loro.

  - Vedi quelle ragazze?-

Il bambino annuì col capo mentre gli passava nuovamente il pensiero della somiglianza che Eireen avesse con loro - Quelle sono le mie sorelle.- dichiarò quest’ultima infine.

Lui si voltò a guardarla, per poi osservare nuovamente le ragazze. - Vi assomigliate, infatti.- poi chiese ancora - Ma cosa siete? -

Eireen gli sorrise ancora - Bè, diciamo che ci occupiamo noi della foresta.-

  - Siete delle fate?- domandò ancora Oswald impaziente.

La ragazza rise leggermente - Qualcosa del genere.-

  - E quindi adesso, siamo nel mondo fatato?-

 

  - Non lo tollero!- esclama a gran voce un uomo non troppo anziano.

Porta la barba e dei lunghi capelli biondo-cenere.

  - Perché mi hai fatto questo Eireen? Perché?-

La ragazza solleva lo sguardo incontrando quello del padre - Perché ne sono innamorata.-

  - E’ solo un uomo, un mortale. Lo capisci che non puoi stare con lui, se uscissi da questo mondo troppo a lungo, moriresti!-

Lei abbassa ancora lo sguardo - Lo so perfettamente, ma la vita è mia.-

Si alza e inizia a correre velocemente all’esterno di quella grande sala.

Arrivata sulle sponde di un lago, si porta entrambe le mani al ventre in un gesto protettivo.

  - Stai tranquillo, non ti porteranno via da me.-

 

  - Che ci fa qui un mortale?-

Una voce energica interruppe quel loro momento, togliendo il sorriso dalle labbra della ragazza. Un uomo si avvicinò a loro, accompagnato da una delle creature volanti.

  - Eireen, che stai combinando? Lui non dovrebbe essere qui, lo sai!- disse l’uomo abbassando il tono della voce, per evitare di attirare l’attenzione.

  - Lo so... - rispose lei, abbassando lo sguardo -... volevo solo... -

  - Se tuo padre venisse a saperlo, solo gli dei sapranno che accadrà. Riportalo a casa sua, nel suo mondo. Questo non è il suo posto.-

  - Si che lo è... almeno in parte lo è!-

Nella discussione s’intromise la piccola creatura. - Se posso intromettermi, credo sia molto meglio se ci dai retta e lo riporti indietro. Per te, ma soprattutto per lui!-

Lei annuì, seppur a malincuore, e strinse più forte la mano di Oswald.

  - Non preoccuparti Eireen, vorrà dire che verrai a trovarmi tu!- disse improvvisamente il bambino sorridente.

La ragazza sorrise scacciando le lacrime e lo sguardo triste che aveva sul viso - Certo Oswald.-

Altre creature si avvicinarono a loro, accerchiandoli quasi. Il bambino si ritrovò improvvisamente circondato da folletti di piccole dimensioni, animali eccentrici che lo scrutavano con uno sguardo che pareva umano, piccole donne simili a bambole. Ma nessuno di loro si mostrò amichevole.

Dalle loro bocche uscivano parole come - Vattene!- oppure - Mostro!-

Lui si spaventò stringendosi forte alla ragazza che intimava a tutti di tacere, senza alcun risultato.

All’improvviso agli occhi di Oswald il mondo iniziò a girare vorticosamente. Lampi colorati gli attraversavano lo sguardo, suoni e grida gli rimbombavano nelle orecchie con sempre più violenza, finchè non cadde a terra svenuto.

Calò un silenzio improvviso fra e creature magiche. Eireen prese fra le braccia il bambino sollevandolo senza fatica, soffermò lo sguardo di ghiaccio sui presenti.

Attese qualche istante, poi prima di andarsene, disse - Siete patetici... -

 

Le forze le mancano, ma non può evitare di correre.

Nonostante i tre mesi passati in assoluto riposo, è ancora debole. Il parto è stato molto difficile, è un miracolo che sia ancora viva.

Stringe fra le braccia il piccolo fagottino addormentato quando finalmente giunge al ruscello, il portale aperto. E’ passato un altro anno, lontana da lui, e sa che questa sarà l’ultima volta che vede entrambi.

Lascerà a lui il compito di crescere il bambino.

Forse un giorno, riuscirà a rivederlo.

Lui arriva finalmente, corre ad abbracciarla, a baciarla, a stringerla. Non sa essere l’ultima volta per loro.

  - Prendilo tu, io non posso crescerlo. Sarebbe disprezzato da tutti, non lo sopporterei.-

Gli occhi sono umidi di lacrime, non riesce a trattenersi dal piangere.

  - No Eireen, deve stare con sua madre.-

  - Ma io non posso. Non mi è più permesso... Addio.-

Si volta e scappa via senza più volgere lo sguardo su ciò che di più ama, mentre sente sempre più in lontananza le grida di un uomo disperato invocare il suo nome.

Da domani tornerà ad essere quella che è sempre stata. Tornerà ad occuparsi dei suoi boschi.

Non attenderà più la notte del Solstizio d’Estate.

 

Era quasi l’ora dell’alba quando la ragazza giunse al fiume, il bambino ancora incosciente fra le braccia.

Poteva osservare il sottile velo trasparente che separava i due mondi. Presto sarebbe svanito con il sorgere del sole, e per un altro anno avrebbe atteso e sperato. Ma questa volta la separazione da quel mondo era troppo grande, ancora peggiore di quella avvenuta anni prima.

Guardò con occhi smarriti il piccolo stretto nel suo abbraccio e le sembrò di tornare indietro nel tempo. Aveva già vissuto quella scena.

Poi, inaspettatamente, Oswald aprì gli occhi fissando lo sguardo su di lei. La ragazza mostrò il suo dolce sorriso mentre lui la osservava confuso chiedendosi cosa gli fosse accaduto.

  - Oswald, è giunta l’ora di tornare a casa.-

Il bambino scese dalle sue braccia - Siamo al fiume... devo tornare da solo?- domandò guardandola spaurito.

  - Non preoccuparti, sei forte... -

  - Perché non puoi venire con me?-

Eireen scacciò in fretta le lacrime accumulate nei suoi occhi grigi - Non posso, ma ci rivedremo se lo vorrai.-

  - Certo che si!- rispose lui - Quando potrò venire a trovarti di nuovo?-

  - Fra un anno tesoro. Potremmo vederci fra un anno esatto.- disse la ragazza sospirando.

  - Così tanto?- assentì Oswald più a se stesso che a lei - Va bene, te lo prometto Eireen. Tornerò!-

Lei lo abbracciò di nuovo per poi allontanarlo in fretta - Vai adesso, il sole sta sorgendo.-

Oswald osservò il cielo, una tela azzurra venata da sfumature rosa-dorate. Poi attraversò il ruscello, passando sopra i cristalli che andavano a tramutarsi in rocce fredde e grigie.

Una volta sull’altra sponda si voltò ancora per dare un ultimo saluto.

Eireen era scomparsa.

L’intera magia che aveva provato nello stare con lei sembrava svanito nel nulla. Il bambino alzò le spalle.

  - Allora era davvero una fata.-

Poi si voltò e s’inoltrò nella foresta, seguito dallo sguardo invisibile della dea del bosco.

 

 

*~*~*~*~*

 

 

L’anno seguente andai nuovamente nel bosco, Eireen mi stava aspettando, bellissima come la prima volta.

E a seguire l’anno dopo, e quello dopo ancora.

Anche quest’anno. Ogni Solstizio d’Estate, quando le porte fra il mondo visibile e quello invisibile si aprono, io passo dall’altra parte. Attraverso il bosco e raggiungo il lago circondato dagli alberi in fiore. Eireen è sempre lì ad aspettarmi.

Sempre giovane, sempre bella con i suoi capelli lunghi e dorati. Con i suoi occhi di rugiada che mi osservano stupiti ogni volta che mi vede, ogni anno che passa mi ricorda che lei non è come me. Lei non può invecchiare, non può morire come noi mortali.

Ogni volta che il suo sguardo incontra il mio, sento il cuore accelerare i battiti, poi lei mi sorride e il mio animo e tutto ciò che mi circonda si rasserena nuovamente.

Da quel giorno, ogni volta che mi ritrovai a pensare a mia madre non fui più triste. Se provavo a immaginarla vedevo solo Eireen e nessun’altra. Anche adesso, che ho compiuto il mio ventesimo Solstizio d’Estate, mentre sto qui seduto sulle sponde di questo piccolo laghetto, sento l’agitazione crescere. Non sarò calmo fino a che non arriverà, fino a che non mi sorriderà dolcemente.

Quando mi chiedono cosa faccio tutta la notte nel bosco in questa notte stregata, alzo le spalle.

Questa volta però, la risposta che è uscita dalle mie labbra li ha fatti finalmente tacere. Anche mio padre è rimasto senza parole.

  - Vado a riabbracciare mia madre.-

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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