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Autore: ArtemisiaETemistocle    09/02/2018    0 recensioni
Tratto dall'omonima opera di Robbe-Grillet.
Theodore si reca quotidianamente a casa di A..., lasciando a casa un'insofferente Daphne, ma qualcuno li osserva e ha tutti i diritti di essere geloso. Ma c'è davvero qualcosa tra A... e Theodore o è tutto frutto della mente ossessiva del padrone di casa?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daphne Greengrass, Sorpresa, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Elegantemente, A… entra nella camera, dalla porta che dà sul corridoio centrale. Daphne, ancora una volta, le ha ricordato che dei vestiti meno aderenti sarebbero più appropriati da indossare. Ma A… si è limitata a sorridere: non le importa, le piace essere appariscente – che tutti la guardino - e sembra perfettamente a suo agio fasciata in abiti scollati.
Appoggiata alla porta che ha appena chiuso, A…, sovrappensiero, osserva la stanza, la attraversa e si avvicina alla finestra.
Poi, tenendo una lettera in mano, A…, tranquillamente, avanza verso il piccolo scrittoio (posizionato vicino alla finestra, contro il muro che separa la camera dal corridoio) e si siede in fretta, estraendo dal cassetto davanti a lei un foglio di carta blu pallido – carta identica a quella della lettera, ma nuovo.
Si sente, attraverso la porta socchiusa, la voce di A…, poi quella dell’elfo domestico, flebile e sottomessa, poi di nuovo l’altra voce netta, misurata, che impartisce gli ordini per la cena.
Seduta, di fronte alla fontana, in una delle poltrone esterne, A… legge la Gazzetta del Profeta della giornata, di cui hanno già parlato a pranzo.
Per la cena, Theodore è ancora là, sorridente, loquace, affabile. Daphne questa volta non l’ha accompagnato; è restata a casa con il bambino, che aveva un po’ di febbre. Non è raro, ormai, che suo marito venga così senza di lei: a causa del bambino, a causa anche dei problemi della stessa Daphne, la cui salute si adatta male a questo clima umido e freddo, a causa infine delle noie domestiche scaturite dai suoi elfi troppo numerosi e mal diretti.
Questa sera, tuttavia, A… pareva attenderla.
Sulla terrazza, Theodore si lascia cadere in una delle basse poltrone e pronuncia un commento – ormai abituale – riguardo alla loro comodità. Sono delle poltrone elegantissime, in legno e pelle, costruite sulle indicazioni di A… da un mago artigiano. A… si piega verso Theodore per porgergli il suo bicchiere.
Per non rischiare di versarne il contenuto a causa di un movimento sbagliato, nell’oscurità completa, si è avvicinata il più possibile alla poltrona dove è seduto Theodore, tenendo con attenzione nella mano destra il bicchiere a lui destinato.
Si raddrizza con un movimento flessuoso, si impadronisce del terzo bicchiere – che non teme di rovesciare, perché è molto meno pieno – e va a sedersi di fianco a Theodore, mentre questo continua a parlare del suo nuovo incarico presso l’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, argomento di conversazione fin dal suo arrivo.
A… ha fatto in modo che la sua poltrona e quella di Theodore si trovino affiancate, contro il muro della casa – lo schienale verso il muro, quasi attaccato– sotto la finestra dello studio. A… ha così la poltrona di Theodore alla sua sinistra, e alla sua destra – ma più avanti – il piccolo tavolo dove si trovano le bottiglie.
Ci sono altre due poltrone, ma non sono voltate verso gli ospiti: sono posizionate di sbieco, orientate obliquamente verso la balaustra in marmo e la fontana.  Questa disposizione obbliga le persone che vi si trovano sedute a delle forti rotazioni del capo verso sinistra, se vogliono vedere A… - soprattutto per quanto riguarda la quarta poltrona, la più lontana.
La voce di Theodore continua a raccontare i problemi della giornata in ufficio. A… sembra nutrire dell’interesse per l’argomento.
A…, a tavola, è seduta al solito posto; Theodore è seduto alla sua destra – dunque davanti al mobile bar.
Più a destra si disegna, sulla pittura grigia del muro, l’ombra ingrandita e sfocata di una testa di uomo – quella di Theodore.
A… indossa lo stesso vestito del pranzo.
Theodore ha quasi litigato con sua moglie, a suo dire, quando Daphne ne ha criticato la forma “troppo audace per una Purosangue”. A… si è limitata a sorridere: «Inoltre, trovo che l’audacia sia una delle caratteristiche portanti di una Purosangue.» Dice per chiudere l’argomento. «È il nostro sangue a renderci superiori, e dobbiamo mostrare la nostra superiorità, anche attraverso l’apparenza! ...» La conversazione si sposta allora, per un po’, sulla superiorità dei Purosangue.
Non appena l’elfo domestico appoggia la zuppiera, A… gli ordina di spostare la lampada che si trova sul tavolo, la cui luce troppo cruda – dice – fa male agli occhi. L’elfo solleva con la magia la lampada e la sposta all’altro capo della stanza, sul mobile che A… gli indica con la mano sinistra distesa.
Sul muro, dalla parte del tinello, la testa di Theodore è scomparsa.
«Non trovate che sia meglio?» domanda A…, girandosi verso di lui.
«Più intimo, certamente», risponde Theodore.
A… mangia senza avere l’aria di muoversi – ma attirando l’attenzione, tuttavia, proprio per l’immobilità anormale.
«Trovo» interviene «che la zuppa sia oltremodo salata.»
A… non lascia neanche una macchia a sporcare il piatto – il che è strano, forse non si è neppure servita.
La conversazione è ritornata al nuovo incarico di Theodore: sarà a capo dell’intero Ufficio, ora, una posizione di prestigio; ma questo incarico gli causerà anche delle noie; dovrà licenziare delle persone, se necessario.
«Comunque,» dice Theodore «la paga è ottima, e poi adoro comandare.»
Dovrebbe tuttavia sapere che non è tutto facile come sembra: la paga non sopperirà alle responsabilità maggiori, e verrà incolpato degli errori dei suoi sottoposti, con cui non avrà dei buoni rapporti…
Forte dei suoi tre anni di esperienza al Ministero, Theodore pensa che i sottoposti lo temeranno, soprattutto i Mezzosangue. Anche A… è di questo avviso, ovviamente.
Come sempre, Theodore ha assolutamente ragione secondo lei.
Tutti e due parlano ora della Gazzetta della giornata che A… stava leggendo, e della pace che regna ora nel Mondo magico. Hanno fatto bene a schierarsi tra le file di Potter all’ultimo minuto, e così anche Daphne. Ma lei non ha mai ingoiato del tutto il tradimento:
«È solo un residuo d’orgoglio, più che altro, per aver tradito la causa Purosangue», dice Theodore.
Il suo discorso su Daphne termina con “non so prenderla” o “non sa prendermi”, senza che sia possibile determinare con certezza quale delle due frasi sia stata pronunciata, e a che riguardo. Theodore guarda A…, che guarda Theodore.
Ma, A… distoglie lo sguardo per prima da Theodore, velocemente.
Il viso di Theodore, quasi in controluce, non mostra la minima espressione.
A… ordina all’elfo, come d’abitudine, di servire il caffè sulla terrazza.
Theodore e A… si sono seduti nelle stesse due poltrone, addossate al muro di pietra della casa.
Attraverso le tende, l’occhio, che si abitua all’oscurità, distingue ora una forma più chiara che si staglia contro il muro della casa: la camicia bianca di Theodore.
A… canticchia una canzone sottovoce, le cui parole sono incomprensibili. Ma Theodore le comprende forse, se le conosce già, per averle sentite spesso, forse da lei.
Le braccia di A…, un po’ meno nette di quelle del suo vicino a causa della tinta – tuttavia pallida – del tessuto, riposano come quelle di Theodore sui braccioli. Lo spazio tra la mano sinistra di A… e la mano destra di Theodore è di dieci centimetri, circa.
«Credo che rientrerò» dice Theodore.
«Ma no,» risponde A… subito «non è così tardi. È così piacevole restare così.»
Se Theodore volesse andarsene, ci sarebbe una buona ragione da fornire: sua moglie e il suo bambino che sono soli a casa. Ma parla solamente dell’ora alla quale si deve alzare l’indomani, senza fare nessuna allusione a Daphne.
«Comunque», dice Theodore «credo che me ne andrò.»
A… non risponde nulla.




Author's Corner

Questo strano parto su questo fandom iperpopolato è la prima fanfiction che io abbia mai scritto, ma non ho potuto fare a meno di pensare a questo contesto leggendo il libro di Robbe-Grillet. Incredibile ma vero, la mia storia sta nascendo e vi chiedo di perdonarmi l'eccessivo oggettivismo, ma ho intenzione di utilizzare il particolare tipo di narrazione di Robbe-Grillet per creare il nostro occhio-personaggio narrante, che mi farebbe piacere indovinaste chi fosse, così come A..., ma penso sia fin troppo facile :')
Aspetto consigli e critiche.

Cilvia


 
  
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