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Autore: ethelincabbages    09/02/2018    3 recensioni
L’universo è caos. È un’esplosione dopo l’altra, quasar, supernovae, caccia stellari TIE contro X-Wings. Star Destoyers. Distruttori di stelle. Tutto muore in uno scoppio, tutto si distrugge e nulla si trasforma. Cosa è successo alle leggi della fisica?
Non c’è pace, in questa Galassia. Tutti urlano, tutti parlano, tutti sparano. Che male c’è a cercare di fare un po’ di ordine?

Incubi, voci, paure, riflessioni e dialoghi tra due anime spezzate. Cercando di indagare la solitudine di Ben Solo, con un po' di Reylo e un pizzico di #awkwardMama Organa.
One-Shot | Kylo Ren/Ben Solo, Rey, Leia Organa | Introspettivo, Ansgt, (un po' di) Fluff, Sentimentale, Slice of Life
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Kylo Ren, Principessa Leia Organa, Rey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Ben Falls
Autrice: jaybree
Beta-reader: Fiore
Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Rey, Leia Organa
Generi: Angst, Fluff, Introspettivo, Slice of Life, Sentimentale
Rating: Giallo
Capitoli: 1 – One-Shot
Note personali: Ho iniziato a scrivere questa one-shot come un botta-e-risposta, un dialogo tra due forze contrastanti e tutto il resto – il sogno, le voci, le paure – è venuto di conseguenza. Ben forse è troppo vulnerabile e Rey forse sta ascoltando troppo le frasi mistiche di Yoda, ma poco importa, perché credo che questa one-shot si collochi più nell’ambito del metaforico che del realistico.
Penso che Snoke sia, in un certo senso, la personificazione delle paure di Ben, quella voce-nella-testa che quando sei spaventato e vulnerabile ti convince che la tua solitudine è la conseguenza della tua incapacità di amare e di essere amato. #waytoodeep
Ed è questo che ho finito per raccontare. Con un po’ di Reylo e un po’ di #awkwardMama Organa.
Ringrazio tantissimo Fiore che ha betato il pezzo con tanta pazienza e gentilezza!
Credits: I personaggi di Kylo Ren/Ben Solo, Rey, Leia Organa e tutto ciò che vive e sopravvive in una Galassia Lontana Lontana appartengono a Lucasfilm, Walt Disney Company e chiunque altro ne detenga i diritti.

 
Ben Falls

L’universo è caos. È un’esplosione dopo l’altra, quasar, supernovae, caccia stellari TIE contro X-Wings. Star Destoyers. Distruttori di stelle. Tutto muore in uno scoppio, tutto si distrugge e nulla si trasforma. Cosa è successo alle leggi della fisica?

“Non c’è pace, in questa Galassia, non ci sarà mai pace. Perché tutti si rifiutano di fare la pace? Tutti urlano, tutti parlano, tutti sparano. Che male c’è a cercare di fare un po’ di ordine?”

“Non è zittendo tutte le voci diverse dalla tua che si ottengono ordine e pace. Quello è solo vuoto.”

“E cosa proponi? Lasciare che tutti strepitino gli uni sopra gli altri? Meglio il frastuono, le esplosioni, il dolore?”

“L’universo è caos. Ha bisogno di muoversi, cambiare, evolvere, scontrarsi con se stesso, a volte.
 L’equilibrio nasce dal dialogo, dallo scambio tra le parti, non da un’imposizione.”

“Dove sei? Perché non ti vedo?”
“Non ne ho la più pallida idea.”

“Pensavo che quei libri Jedi fornissero qualcosa di più utile rispetto a un paio di – scadenti – lezioni di filosofia.”

“Non sono io che passo le notti a contemplare le rovine causate dai miei Star Destroyers.
Se ci tieni davvero a giocare al Leader Supremo, perlomeno, smettila di sentirti così dannatamente in colpa.”

“Io non ho nessun senso di colp-”

“Sta’ zitto! Lo sento anch’io, sono nella tua testa. È un posto confuso, la tua testa. Caotico e affollato.
È per questo che ti piace tanto l’idea di organizzare la Galassia secondo uno schema gerarchico? Per fare agli altri quello che non riesci a fare a te stesso?”

“Che ne sa una mercante di rottami di disciplina e governo?”

“Niente. Ma ne sa abbastanza della solitudine e delle paure che l’accompagnano.”

“C-, c’è ancora la sua voce dentro di me.”
“Lo so.”

“Pensavo sarebbe finita per davvero questa volta. E invece no, ritorna sempre. Come il ronzio costante di un droide astromeccanico a lavoro: guardati, sei un falliment-”
“Non vali niente. Ti hanno rifiutato. E perché avrebbero voluto amarti?
Non fai altro che sbagliare. Sei un disastro su tutta la linea.”

“Perché ritorna sempre, Rey? È morto. Io l’ho ucciso. Spaccato in due, sotto i tuoi occhi.
Perché continuo a sentire la sua voce?”

“Perché è dentro di te.
Si nutre del silenzio, delle ferite, degli incubi, delle scelte sbagliate.”

“Non puo-, non puoi fare qualcosa per mandarlo via?”

“Penso tu sia l’unico che possa scacciarlo via, Ben.”
*

E se, questa volta, avessi bisogno del tuo aiuto?

*
Ben Solo aprì gli occhi di scatto, respirando affannosamente. Era caduto. Mani nere lo inseguivano nel corridoio dell’Hangar 721, tra le pareti grigie e bianche dove suo padre conservava il Falcon. Mani nere ed enormi, e voci strane, stridii nelle sue orecchie, brutte voci gli parlavano, lo rincorrevano e lui non voleva – non voleva – sentirle più. Era precipitato giù, nel buio.
Aprì gli occhi. Le dita riuscirono ad afferrare il pelo morbido del suo peluche di Wookie preferito. Continuava a vedere solo ombre confuse sulle pareti della sua stanza, la luce accanto al letto non faceva che accentuarle.
Grossi lacrimoni gli bagnavano il viso, li asciugò in fretta, prima che sua madre potesse scoprirli.
«Ehi, Ben, un altro incubo?»
Era bella, la sua mamma, anche quando aveva gli occhi così addormentati. Tutti i giorni e tutte le notti quello stupido di C3P0 la portava via e lei tornava sempre tanto stanca.
Ben annuì piano, ingoiando un singhiozzo, senza però riuscire ad impedire all’ultima lacrima di scorrergli sulla guancia.
La mamma si sedette accanto a lui sul letto, fu lei a bandire via quell’ultimo luccicone, con una piccola carezza. «Cosa ti dico sempre sui brutti sogni?» A Ben piaceva quando la mamma gli accarezzava il viso, aveva le mani morbide, e calde, e profumate di vaniglia e muschio di zitroni.
Ben inspirò a fondo prima di riuscire a rispondere. «I sogni non sono veri, quindi non c’è nulla da aver paura».
Lei lo diceva sempre, ma quando lui ci finiva dentro, nei sogni, le mani lo rincorrevano e le voci non lo lasciavano mai da solo.
«Ma no-, non puo-, non puoi fare qualcosa per scacciarli via?»
«Ho paura, tesoro, che questo possa farlo solo tu» gli spiegò prima di lasciargli un bacio lieve sulla sua testolina nera e scarmigliata.
«Ma…»
Almeno puoi restare con me?  Voleva sempre chiederle, ma non ci riusciva mai.

 
*
 
Le cabine che Kylo Ren aveva scelto come stanze del Leader Supremo non offrivano molto, solo un letto comodo e relativamente ampio. Un letto che, in quel frangente, non stava più occupando in solitudine. Aprì gli occhi di scatto, ridestato dal suono di un respiro regolare che non gli apparteneva.
Dovette concentrarsi sulla quadratura, appena discernibile, dei pannelli del soffitto per non girarsi troppo in fretta e rovinare l’illusione. Erano mesi che non riusciva a vederla. Del loro legame erano rimaste solo chiacchiere nella testa, quasi lui vivesse uno sdoppiamento di personalità e lei fosse la sua fastidiosa coscienza.
Le dita della sua mano destra si mossero con volontà propria lungo il lenzuolo, ad afferrare tutto ciò che riuscirono a trovare: una mano, altre dita, ma affusolate e – così – piccole tra le sue. Dita che non si ritirarono.
Con più coraggio di quanto l’azione ne richiedesse, si convinse a voltare piano il capo verso sinistra. Il suo sguardo incontrò il viso dolce e severo che desiderava vedere da mesi ormai. I suoi occhi apparivano più scuri del solito a causa dell’assenza di luce, ma erano del tutto concentrati sulla sua figura. Era distesa supina, i capelli, sciolti per una volta, sul suo cuscino.
«Sono nel tuo letto?» chiese lei, ma Kylo ebbe la netta sensazione che conoscesse già la risposta. «Tu sei nel mio» continuò, infatti. «Almeno, hai una casacca addosso».
Le aveva chiesto aiuto, in sogno. Come un bambino spaventato dal buio che chiede aiuto alla mamma e al papà. Ma i sogni non sono veri e non c’è niente di cui aver paura.
«Sei tornata» sentì la propria voce bisbigliare, quasi che la presenza di lei, tramite Forza o meno, lo mettesse in soggezione.
Nessuno dei due sapeva in che modo controllare questi incontri, neanche quei libri Jedi, che Rey accarezzava con tanta venerazione alla sera e alla mattina, avevano delle risposte a riguardo.
Eppure Kylo si lasciò sedurre dall’idea che lei avesse scelto di ristabilire completamente il loro legame.
Rey alzò appena le sopracciglia e si strinse nelle spalle. «Mi hai chiesto aiuto» rispose, come se una stolta richiesta nel delirio onirico spiegasse il ritorno della loro connessione.
«Era solo un sogno» si ritrovò sulla difensiva lui. Non era più un bambino che aveva bisogno d’aiuto. Non da lei. Lei aveva deciso di stare dall’altra parte della barricata, di tagliare ogni contatto. I nemici non si danno aiuto a vicenda. Rey era la sua nemesi, non la sua balia.
«Ma lo senti ancora».
«Cosa ne sai?»
«Perché lo sento anch’io» scandì, con indignazione e poca pazienza. Certo. Tirò un profondo respiro e continuò con più calma.
«Non è lui. Sono i nostri errori, le nostre paure a parlarci» spiegò, abbassando il tono della voce, costringendo Kylo ad avvicinarsi ancora di più al suo viso. Stavano già condividendo un letto e un cuscino, ancora un po’ più vicini e non sarebbe rimasto niente più che un respiro tra i loro corpi.
Rey sembrava aver timore di condividere nuovamente le sue intime debolezze con un mostro. Ma non lo guardava come se fosse un mostro. Non più.
«Non siamo soli, Ben».
Ben. Era un tonfo sordo nell’acqua, quel nome. Una pietra che cade in mare e la sua rapida rovina disturba la quiete di pesciolini, alghe e particelle varie, finché non trova il suo posto sul fondale.
Ben.
Aveva un suo posto sul fondale?
«Ma così non se ne andrà mai». Scosse la testa, quasi petulante. Sentiva di nuovo in corpo quella fiammella famigliare – rabbia –, ma era flebile, lontana. Stanca di combattere contro vento e pioggia, era prossima a spegnersi.
Lo aveva un posto sul fondale, Ben?
Rey sospirò ancora, insofferente a quella sua cocciutaggine cieca. Sembrò sul punto di allontanarsi, poi Ben la vide premere le labbra le une contro le altre e, infine, sentì le sue piccola dita rinsaldare la loro stretta nella sua mano.
«Sai già ciò che devi fare» disse, con una risolutezza nello sguardo che lui poté solo invidiarle. «Devi solo trovare la forza di farlo».
Ben annuì. Ben. Solo tu puoi scacciarli via.
Si spostò quel tanto necessario per solleticarle la fronte con la propria.
«Almeno puoi restare un altro po’?»
Questa volta, lo chiese.
   
 
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