Capitolo 33
“Emma!” urlò Killian quando vide
sua moglie sparire tra le grinfie dell’essere incappucciato. Subito si rivolse a Regina, chiedendole di
fare un incantesimo di locazione. Non aveva alcuna intenzione di lasciare la
donna un minuto di più con quell’essere, soprattutto dato la sua intenzione di
ucciderla.
“Non funziona!” disse il sindaco, che aveva subito pensato di
effettuare l’incantesimo ancora prima che il pirata glielo chiedesse, ma
qualcosa era andato storto perché il foulard che Emma stava indossando,
iniziava a volteggiare per poi tornare tra le mani di Regina.
“Cosa significa?” chiese Neve spaventata.
“Significa che Emma o si trova in un altro reame, cosa che
potremo escludere dato che non ha possibilità di lasciare Storybrooke
o si trova in un posto protetto dalla magia!” disse Regina.
“E come la troviamo?” chiese Henry, ansioso di riavere sua
madre con loro.
Regina non seppe cosa rispondere e Killian
non potendo stare con le mani in mano, si avviò verso il cancello del locale,
ma David inseguendolo, lo afferrò per un braccio.
“Dove stai andando? Non hai idea di dove trovarla!” gli disse
l’uomo.
Killian con uno strattone si liberò dalla
presa del suocero e disse “Cosa devo fare? Starmene seduto ad aspettare che mia
moglie e mia figlia vengano uccise?”
“Ovviamente no, ma dobbiamo organizzarci e creare un piano!”
disse Neve affiancando David.
“Il fatto è che se Emma è stata portata in un luogo protetto
dalla magia di quell’essere, solo qualcuno dotato degli stessi poteri o stessa
potenza potrà trovarla!” disse Regina.
“Ma non c’è nessuno così potente di Storybrooke.
L’unico a riuscire a tenere a bada l’anti salvatore era è la mamma!”
“Forse c’è un modo!” tutti si girarono verso la proprietaria
della voce. Ella in ritardo per la festa, ma era arrivata in tempo per sentire
i loro discorsi.
“Zelena!” disse Robin per
avvicinarsi a lei e alla piccola Robin per prenderla in braccio. Era ancora
incredulo di vedere la figlia così cresciuta.
“Avanti parla, quale sarebbe questo modo!” disse Killian, quasi aggredendola con la voce.
“Se solo Emma potrebbe trovare sè
stessa, allora facciamoci aiutare da lei!” rispose la ex strega dell’ovest.
“Per favore Zelena, pochi giochi di
parole!” disse Neve supplicandola.
“Per riuscire a recuperare Robin, Emma non ha voluto usare i
suoi poteri o almeno non direttamente. Non voleva correre il rischio di
stancarsi troppo, quindi ha utilizzato un’acchiappasogni!”
spiegò Zelena.
“Un’acchiappasogni? Vuoi dire uno di quelli che sta
fabbricando da un po’ di tempo?” chiese Henry confuso “E come ci aiuterebbero a
trovarla?”
“Zelena non è sulla pista
sbagliata. Quegli oggetti sono molto potenti e se hanno trattenuto in sé la
magia di Emma e della bambina, questi se usati nella maniera giusta, ci possono
aiutare a trovarla!” disse Regina “Non ci resta di scoprire come!”
Emma si sentiva confusa. La sua testa batteva e il mal di
schiena era tornato a farsi sentire. Ci mise qualche secondo a capire che
qualcosa non andava. Non aveva ancora aperto gli occhi, ma si sentiva poggiata
su qualcosa di morbido e irregolare.
Aprì gli occhi, per osservare l’ambiente circostante e
nonostante l’annebbiamento dei sensi che percepiva, riuscì a farsi un’idea
generale del posto in cui era. Si
trovava in una stanza grande diversi metri, con delle sbarre all’unica porta
presente, con pareti scrostati e mattonelle del pavimento presenti solo per
metà e quelle staccate erano rannicchiate in un angolo, con qualche pezzo
ancora sparso qua e là per la stanza. Le sembrava un miscuglio tra la prigione di Fenix,
quando era stata rinchiusa per 11 mesi e il manicomio in cui la fata nera
l’aveva imprigionata.
Non riusciva a comprendere come ci fosse finita li dentro.
L’ultima cosa che ricordava era di aver chiesto a Killian
di portarla a casa dalla festa in onore di Regina. Poi più niente.
Il suo respiro cominciò a farsi affannato. Poteva immaginare
di chi c’era dietro a tutto quello e oltre alla sua vita e quella della
bambina, temeva che i suoi cari, per essere catturata, fossero stati feriti, se
non peggio.
Provò a tirarsi su e sebbene fosse riuscita a mettersi seduta, appoggiandosi contro il muro
freddo, si accorse di sentirsi molto debole.
“Cosa è successo?” Chiese al nulla cercando di ricordare
qualcosa e sussultò quando sentì una voce risponderle.
“Sei stata rapita salvatrice e sei stata condotta in questa
prigione, progettata apposta per te!”
Emma si girò di scatto verso il suo interlocutore, ma si
pentì subito del gesto a causa di una fitta alla testa. Si portò le mani alle
tempie e provò a massaggiarle nella speranza di avere un po’ di sollievo.
“Ti conviene stare tranquilla cara. Il sonnifero che hai
ingerito è molto potente. Ti lascerà stordita ancora per un po’!”
“S-sonnifero? Cosa…chi sei tu?” chiese la donna, strizzando
gli occhi per vedere la figura sfocata, distante da lei, ma comunque
imprigionata anch’essa nella stessa cella. Sentiva delle catene, quindi Emma
intuì che fosse incatenato in qualche modo.
“Quell’essere ti ha stordito parecchio salvatrice, se non
riesci a riconoscere la mia voce! Sono Tremotino!”
disse l’uomo, svelando la sua identità alla donna, che non sapeva come doveva
sentirsi per la sua presenza in quella fredda prigione.
Emma sussultò a quella rivelazione “Gold? Come…” cominciò, ma
l’uomo la interruppe.
“Non ora Emma. Ti dirò quello che so più tardi quando ti
sentirai più te stessa. Ora ti conviene riposare per quanto dia possibile in
queste e nelle tue condizioni.
Emma avrebbe voluto ribattere, ma la sua testa era troppo
confusa e il suo corpo le stava implorando riposo. Si sdraiò nuovamente a terra
e senza che dovesse aspettare troppo, le braccia di Morfeo, la strinsero a sé.
Killian aveva portato tutti nella sua
abitazione. Era lì che si trovavano gli acchiappasogni. La sua amata, ne aveva
fabbricati diversi e si erano rivelati più utili per controllare la sua magia. Il
pirata si avvicinò al famoso ripostiglio, dove giaceva Excalibur e prese una
scatola di cartone.
“Qui ci sono tutti quelli che ha fabbricato!” disse l’uomo,
appoggiando la scatola sul tavolo della cucina.
Henry ne prese in mano uno “Ne ha fabbricati un bel po’!”
“Sono molti, ma non tutti possono tornarci utili per trovare
Emma, solamente quelli più grossi!” disse Regina, che ricevette delle occhiate
confuse dai presenti, tranne che da Zelena, la quale
continuò “La magia se liberata, tende a tornare dentro al suo proprietario
originale, se questo acchiappasogni è abbastanza vicino e ha magia sufficiente
è più facile che questa cosa funzioni. Diciamo che Emma è una calamita e ogni
singolo acchiappasogni è un altro magnete. Più forte è l’attrazione magnetica,
più le due calamite tenderanno e riunirsi. La stessa cosa vale per la magia, ma
se questa attrazione non è abbastanza potente, la magia si perderà nell’aria.
“Quindi liberiamo la magia e la seguiamo? Come un incantesimo
di locazione?” chiese Henry.”
“Allora cosa stiamo aspettando?” chiese Killian
precipitosamente “Come si libera la magia da questo affare?” domandò guardando
lo acchiappasogni come a cercare una risposta nell’oggetto e cominciando a sventolarlo.
“Come Zelena ha appena detto se la
magia ed Emma non sono abbastanza vicine, la prima si disperderà nell’aria. Il
problema sta in questo. Dovremmo dividerci e aggirarci per la città e i boschi
e sperare che ad un certo punto gli acchiappasogni vengano attirati verso Emma.
Sarò più o meno come giocare ad acqua e fuoco e fuochino!” disse Regina.
“Ci potrebbero volere ore in questo modo!” disse Robin.
“Ma è l’unico mezzo che abbiamo!” rispose il sindaco.
Killian non era soddisfatto della soluzione.
Voleva trovare Emma immediatamente e portarla in salvo, ma sapeva che Regina e Zelena stavano facendo del loro meglio e dovette arrendersi
a quell’unico mezzo, non troppo veloce, per trovare la sua amata.
“D’accordo. Abbiamo solo uno acchiappasogni a testa. Ognuno
tenga con sé il cellulare e appena qualcuno ha qualche novità, provvede a
chiamare gli altri!” disse Killian, tutti annuirono e
afferrando un amuleto, si diressero verso la porta, ma la voce del pirata li
arrestò tutti.
“Ragazzi…mi raccomando, nessuno faccia colpi di testa. Ognuno
aspetti l’arrivo degli altri. Emma non se lo perdonerebbe mai se qualcuno
dovesse farsi male per causa sua!” disse Killian, che
ricevette risposte affermative da tutti i presenti.
Emma non seppe dire quanto tempo aveva dormito. Nonostante il
suo scomodo giaciglio, era riuscita a riposare, anche se doveva ammettere che
la causa era il sonnifero che ancora si aggirava nel suo corpo. La sensazione
di stordimento che quel farmaco gli aveva procurato era quasi svanito e potè finalmente rendersi conto veramente della situazione
in cui si trovava. Si ricordò anche del
prigioniero con il quale divideva la stanza.
“Ben svegliata salvatrice! Hai dormito meno di quanto
credessi!” disse Gold.
Emma non perse tempo in convenevoli e gli chiese “Cosa ci fai qui? Cosa vuole
quell’essere da te? Non hai più poteri che possano interessargli!”
“Usa il mio corpo per muoversi a Storybrooke
senza dare nell’occhio! A quanto pare quell’essere non è esattamente chi
credevamo chi fosse!” spiegò l’uomo.
“Sai, vorrei dire di essere dispiaciuta, ma dopo aver messo
l’intera città contro di me e aver fatto di tutto per accelerare la mia
gravidanza…” cominciò Emma portandosi le braccia al grembo come a volerlo
proteggere, ma quando alzò il viso per guardare quello di Gold, lesse
confusione sul suo volto e in quel momento comprese.
“Non eri tu!” disse Emma sorpresa.
“Non so di cosa stai parlando salvatrice. Il nostro nemico ha
preso possesso del mio corpo da più di un mese ormai e quando non gli servo, mi
rinchiude qui dentro. Una gabbia dentro la quale la magia non funziona, se non
la sua ovviamente!”
“Ma…come…è stato tra di noi per più di un mese e nessuno si è
accorto di niente? Neanche Belle?” disse Emma senza sapere di cosa pensare.
Gold fece un sorriso stirato “Belle…Belle e mio figlio sono
qui!”
Emma si guardò confusa in quanto non vi era nessuno a parte
loro.
“Vedi quel vaso ornamentale con quei simboli su quella mensola? È li dentro che di trovano
Belle e Gideon!” disse Tremotino,
spostando lo sguardo a terra. “Mi ha ricattato, se non gli avessi dato il mio
corpo, avrebbe ucciso mia moglie e mio figlio! Sono così vicino a me eppure non
posso liberarli. Non ne ho più il potere!”
Emma si sentì estremamente in colpa, nonostante lei non
avrebbe potuto accorgersi dell’assenza della moglie di Gold, non essendo
praticamente mai uscita di casa durante il periodo di allerta “Mi dispiace Gold
per quello che è successo e per la nostra cecità, ma…magari posso provare a
liberarli io!” Disse Emma, dando un briciolo di speranza all’uomo, al quale
vide illuminarsi gli occhi.
La salvatrice fece per alzarsi, ma improvvisamente una fitta
al ventre la fece piegare in due e dovette nuovamente sedersi sul letto
malridotto.
“Emma, tutto bene?” chiese Gold preoccupato.
Emma prese dei respiri profondi e disse con voce tremante “Si, solo una falsa
contrazione. Non preoccuparti, passerà pre…” la donna
non riuscì a terminare la frase che un’altra fitta la colse.
Una risata risuono nell’ambiente, poco prima che l’essere
incappucciato si manifestasse.
“Salve salvatrice. Spero che la tua sistemazione ti sia
gradita!”
Emma lo fulminò con gli occhi e disse “Data la mia presenza
qui, deduco che tu abbia trovato un modo per eliminarmi e assorbire i miei
poteri!”
L’essere incappucciato sogghignò e disse “Si, l’ho trovato. O
meglio, ho trovato un modo per assorbire i tuoi poteri. Ti sarai domandata come
mai non mi sono più fatto vivo, anche solo per crearti problemi!” disse l’uomo,
leggendo sul volto della salvatrice che in effetti questa domanda se l’era
posta “Da quando ho scoperto che eri incinta, sapevo che potevi essere una
minaccia, in quanto il tuo potere viene dal vero amore e niente è più forte
dell’amore di una madre verso il proprio figlio, ma quando ho preso possesso
del corpo di Gold, sono entrato in possesso anche della sua conoscenza e quindi
ho compreso un altro particolare che ti riguarda alquanto pericoloso per me. Direi
che sei una creatura più unica che rara e se fino a prima che Tremotino morisse, questa minaccia non era veramente
presente, con la tua rinuncia completa ai tuoi poteri oscuri…bhe diciamo che non voglio rischiare e mettermi contro di
te fin quando non è conveniente per me. Aspetterò che tu partorisca così sarai
debole e un bersaglio facile e non avrai più il tuo scudo …quindi dovrò
aspettare un po’!”
“Hai intenzione di tenermi qui rinchiusa per altri due mesi?”
chiese la salvatrice, cercando di nascondere la sua ansia.
L’anti-salvatore sorrise divertito “Oh avanti, non sarai così
ingenua. Mal di schiena, contrazione di Braxon hicks…non sai che questi sono sintomi di una preparazione
al parto? Non so come la pensi tu, ma secondo me il tuo marmocchio non ha più
tanta voglia di aspettare!”
“No, non può essere…ti stai sbagliando!” disse Emma agitata
“Non è pronta… sette mesi è troppo presto…non può…lei non…”
“Oh è una lei! È un’informazione che mi è sfuggita, bhe congratulazioni, ma cosa ti fa pensare che una volta
nata, la risparmierò? Quindi cosa importa se è pronta o meno. Meglio che nasca
morta, almeno si evita il destino avverso di essere uccida dalle mie mani!”
disse divertito l’uomo.
Emma invece si face prendere dal panico e cominciò a sentire
l’aria che le mancava. Cominciò a tremare e non sembrava più avvertire chi
aveva intorno o dove era.
Il nemico era divertito dalla scena, mentre Gold lo intimava
a lasciarla stare e a liberare sua moglie e suo figlio.
Non ebbe risposta per quanto riguardava Belle e Gideon, ma venne liberato dalle sue catene.
“Vedi di occuparti di lei prima che le venga un infarto. Le
voglio fare un regalo, avere la possibilità di vedere sua figlia…anche se solo
per un istante!” disse prima sparire.
Gold si precipitò davanti a Emma e le poggiò le mani sulle
spalle. La chiamò ripetutamente, ma sembrò non sentirlo. Continuava a respirare
velocemente e a tremare, tanto che l’uomo temette che la donna entrasse in
iperventilazione. Doveva fare qualcosa perché riprendesse controllo del suo
corpo e delle sue emozioni e per questo le diede uno schiaffo.
“Emma, torna in te. Devi calmarti!” disse Gold.
La salvatrice sembrò sentirlo questa volta, ma non riusciva a
calmarsi. Non voleva, non poteva accettare o permettere che la sua bambina
venisse uccisa da quell’essere. Lei poteva morire, non importava…andava bene
tutto, purché fosse capitato a lei, ma la sua bambina doveva stare bene,
crescere e essere felice.
“Emma, cerca di respirare più lentamente. Prova a seguire il
mio respiro!” le disse.
Emma provò quanto le era stato detto e quando sembrava che il
suo respiro stesse tornando alla normalità, improvvisamente sentì una fitta più
forte rispetto a quelle che aveva percepito precedentemente e nei giorni
passati. Urlò e successivamente sentì una sensazione strana e guardò tra le
gambe.
“Accidenti!” disse Gold notando la stessa cosa.
Emma guardò l’uomo terrorizzata. Quanto aveva affermato il
suo avversario si stava avverando. Le si erano rotte le acque.