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Autore: onmelancholyhill    10/02/2018    1 recensioni
Un matrimonio soffocante in cui tutto è andato storto. Un partner che con gli anni si è rivelato essere un mostro. Una storia senza via d'uscita. E' l'inizio di un incubo.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla fine il dolore alle spalle diventa lancinante e mi accorgo che sto ancora fissando la lettera, le buste della spesa in mano. E’ passata una settimana dal mio incontro con il commissario ed ero convinto di averla fatta franca. 
Tentativo inutile, ma almeno te la sei cavata con poco, mi ero detto.
E’ proprio quando pensi di essere al sicuro che dovresti iniziare a guardarti le spalle. Il mio pensiero va subito a Marco. Immagino dovrei essere fiero di me stesso. Nonostante tutti i discorsi sulla mia debolezza d’animo, ho pensato prima a lui che a me. Ma è mattina, e lui è a scuola. La casa è tutta per noi. Poso le buste della spesa a terra e guardo la porta che si apre sul corridoio. So dove mi sta aspettando. L’ironia della cosa non mi sfugge. Prima uscivo dallo studio titubante per farle leggere qualcosa che avevo scritto; ora ci stavo andando per rispondere di qualcosa che qualcuno aveva scritto a me. 
Questa volta non me la caverò con qualche segno rosso sui miei fogli.

 

La scia del suo profumo mi accompagna per tutto il corridoio, facendomi pensare più alla ragazza che era che alla donna che è diventata. La porta è socchiusa. Deglutisco ed entro. Ero convinto che si sarebbe messa dietro alla porta, pronta ad aggredirmi nell’istante in cui avessi messo piede nella stanza, ma mi do dello stupido. Non è da lei. Eccola infatti seduta dietro la mia scrivania, la schiena leggermente inclinata all’indietro, le braccia appoggiate indolenti sui braccioli, un’espressione di leggero divertimento sul viso.
Non le do la soddisfazione di parlare per primo, di provare a giustificarmi. Riesco addirittura a guardarla negli occhi.
“Sai, non pensavo potessi avere le palle per fare una cosa del genere. Avrei pagato per vedere la faccia che hanno fatto in centrale quando hai detto come ti sentissi… com’era? Oppresso! Ti senti oppresso da questo matrimonio Andrea?”
Quando arriva a pronunciare il mio nome lo fa quasi con dolcezza. Forse ne potremo parlare. Forse non è troppo tardi. 
“Beh, le cos-”
Oppresso!,” urla e afferra il blocco di plexiglass con una miniatura del Colosseo dentro che funge da fermacarte e me lo tira addosso. Se mi avesse colpito sulla tempia…, penso. Se mi avesse preso l’occhio…, ribatto. Mi prende in piena fronte e fa un male d’inferno e il sangue mi va negli occhi. Mi porto le mani al viso e mentre sto urlando dal dolore vengo spinto all’indietro e atterro di schiena per terra. Dev’essersi alzata mentre urlavo perché non l’ho sentita muoversi e lo shock della caduta improvvisa è quasi peggio del dolore alla testa. Quasi. Sono riuscito a pulirmi gli occhi in qualche modo, li strizzo e bruciano e un calcio mi arriva alle costole.

Oppresso? Oppresso? continua a gridare, il dolore è forte e quando un altro calcio arriva la mia mano parte e non so come grazie grazie grazie le riesco ad afferrare la caviglia, non so cosa fare ma mi basta averla presa che per lo slancio del calcio almeno credo casca a terra, sento il thud e la sento imprecare e penso solo ad alzarmi in piedi. Gattoni è quello che riesco a fare ma va bene, mi avvio per il corridoio che solo qualche istante prima avevo percorso spaventato ma non sapevo a cosa andavo incontro oh no se l’avessi saputo avrei preso la macchina sarei andato a scuola da Marco e via dai miei genitori ma ora conta solo continuare a muovermi e sperare che abbia battuto la testa. Ma la caduta dev’essere stata una cosa da niente perché la sento camminare dietro di me e provo ad alzarmi di nuovo ma credo di avere qualche costola rotta e mentre sto a quattro zampe cercando di raggiungere il salotto sono un bersaglio perfetto per un altro calcio che mi prende nella bocca dello stomaco e mi lascia senza fiato. Mi accascio su un fianco e la vedo  che in piedi che si appoggia con la schiena al muro davanti a me. Siamo sui due lati opposti del corridoio e per un istante ci guardiamo negli occhi riprendendo fiato. Il tempo sembra tornare normale per un istante, ho tempo di pensare e guardandola negli occhi mi chiedo come avessi potuto essere così cieco, non vedo odio, disgusto o disprezzo ma semplice, sana follia.
Qual è l’aspetto della follia? L’aspetto della donna con cui hai vissuto per anni che cerca di ucciderti. L’aspetto di una persona mentre sta prendendo fiato sapendo che appena si riprende potrà finire l’opera.
E io che avevo sperato le cose si potessero risolvere. 

 

Il suono dei nostri respiri affannati riempie il silenzio della casa. Non voglio rompere questo momento di pace e piano piano riesco a mettermi a sedere. Lei sorride e si avvicina, temo altri calci ma forse non è abbastanza per lei, sono una delusione anche in questo, non riesco neanche a impegnarla nel farmi del male. Mi afferra la maglia e prova a tirarmi su. Sono troppo pesante per lei, ma mi impegno e reprimo il dolore delle costole probabilmente rotte e riesco ad alzarmi. Non sono molto lucido ma capisco che ha appena commesso un errore. Sarò una persona mite, che ha mangiato merda per anni elogiandone il gusto e chiedendo anche il bis, ma sono comunque più alto di lei di un palmo. Mi da uno schiaffo e la mia testa urta il muro dietro di me, ma non abbastanza forte da impedirmi di metterle le mani intorno alla gola e di buttarmi a terra sopra di lei. E siamo a due volte che riesco a buttarla giù, ma con me che le atterro sullo stomaco la musica è diversa. Butta fuori il fiato e mi guarda disorientata, continuo a stringere e le sbatto la testa per terra. Non voglio ucciderla non voglio e vedo del sangue sul pavimento e lei che chiude gli occhi e mi fermo. Mi serve tutta la mia forza di volontà per rimettermi in piedi, le braccia incrociate sul petto come potessero in qualche modo alleviare il dolore. Barcollo verso il salotto, girandomi di tanto in tanto per controllare che sia ancora in terra. Il suo seno si alza e sia abbassa lentamente. E’ ancora viva.
Non mi hai reso peggiore di te. Almeno in questo hai fallito. 
Apro la porta di casa e il fresco del pianerottolo è rinvigorente. Chiamo l’ascensore, ci entro dentro e premo il pulsante con la grande T sopra.
Poi perdo conoscenza.






L'ultimo capitolo sarà pubblicato il 17 Febbraio

   
 
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