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Autore: Emmastory    10/02/2018    3 recensioni
Le Cronache di Aveiron si sono ormai concluse, ma cosa sarebbe successo se il destino avesse avuto piani completamente diversi per i nostri cari eroi, che senza saperlo si ritroveranno quindi a vivere situazioni e avventure tutte nuove? Scopritelo dando uno sguardo a quelli che ancora pochi conoscono come "Racconti perduti di Ascantha."
Attenzione: La seguente storia tiene solo parzialmente conto degli avvenimenti nella saga originale, e alcuni dei personaggi, quali Karon, Nola, Nora, Yuri e Millie non mi appartengono, essendo infatti proprietà dell'autrice "KaronMigarashi" che ha contribuito alla sua scrittura.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IX
 
Una speranza nell'oscurità
 
Notte fonda. Stefan era nella propria camera da letto, in silenzio, davanti alla finestra spalancata. La calura estiva non lo faceva dormire e dopo tanto rigirarsi tra le lenzuola alla fine aveva deciso di scendere dal letto. Se ne stava appoggiato con la schiena sul piccolo davanzale, guardando la moglie dormire in un sonno agitato. Tentennava, indeciso se svegliarla oppure no, ultimamente erano poche le sere in cui riusciva a farsi una bella e riposante dormita fino al mattino... Quando poi la vide sussultare l'ennesima volta capì che non poteva più lasciarla in balia dei suoi incubi e avvicinandosi, si sedette sul bordo del letto e le accarezzò la fronte con dolcezza, chiamandola in un sussurro preoccupato. "Tesoro..." Persa nell'esatto contrario di un sogno, Rain si svegliò di soprassalto, e portando una mano all'altezza del cuore, realizzò la velocità con cui stesse battendo. "Stefan! Oh, amore, grazie al cielo sei tu." Biascicò, scoprendosi preda dell'ansia che negli anni non era mai riuscita a superare. Sorridendole dolcemente, Stefan l'avvolse in un caldo abbraccio, stringendola forte contro il proprio corpo e ascoltando il battito del cuore di lei che ancora batteva impazzito. "Sono qui, amore mio, sono qui." Le disse come in una cantilena, quasi dondolandola con amore e accarezzandole dolcemente i capelli con una mano. "Grazie, davvero, grazie. Vedi, ho avuto l'ennesimo incubo, non ho visto altro che quei mostri, e..." Rispose lei, lasciandolo fare ma sentendo quella frase morirle in gola come mille altre. "Non ci pensare, tesoro." Disse lui con un filo di voce, mentre continuava a tenerla stretta a sè. "Adesso sei sveglia." Aggiunse poi, come se quell'evidenza avesse potuto rassicurarla meglio. "Ho paura, Stefan, molta paura." Confessò lei, guardandolo negli occhi senza smettere di tremare come un povero coniglio spaventato. "Non devi averne, io sarò sempre al tuo fianco, a proteggerti." Disse a quel punto Stefan con voce sicura e innamorata, sistemandosi fra le coperte e stringendo la moglie per calmare i tremiti del suo spavento. "Nessuno toccherà nè te nè le bambine con un solo dito finchè avrò vita." Dichiarò, serio. Lasciandosi abbracciare, Rain non disse nulla, limitandosi solo a ricambiare la stretta e rintanarsi fra le coperte, mentre il suo corpo ed il suo cuore non volevano saperne di tornare alla calma. "Adesso chiudi gli occhi e rilassati, principessa." Sussurrò l'uomo al suo orecchio, volendo solo il bene dell'amata e cercando di rassicurarla come poteva. Nel farlo, lanciò uno sguardo a quel piccolo spicchio di cielo nero che si intravedeva dalla finestra e capì che la notte era ancora lunga. Obbedendo, Rain chiuse gli occhi, e rilassando ogni muscolo del corpo, inspirò a fondo, poi lasciò uscire l'aria attraverso la bocca. Subito dopo, abbracciò di nuovo suo marito, deponendo un singolo bacio sulla sua guancia. "Va meglio? Chiese poi Stefan con dolce premura, passandole la mano dal collo alla spalla, come a voler proteggerla da un freddo che in realtà sentivano solo internamente. "Decisamente." Rispose Rain, accennando un debole sorriso. "Vuoi provare a dormire ancora un pò?" Azzardò a quel punto lui a bassa voce, sistemandole meglio il lenzuolo attorno al corpo. "Sì, ma... posso starti più vicina?" Biascicò lei, con la voce che tremava e pareva sul punto di spezzarsi. "Ovvio che sì, amore mio!" Rispose Stefan, quasi stupito da quella domanda, pensando che non ci fosse davvero il bisogno di porla. In silenzio, si sdraiò completamente al suo posto, e allargando le braccia verso Rain, la invitò a buttarcisi in mezzo. Sorridendo ancora a quella piccola concessione, Rain si accettò quell'invito, poi sentì il cuore battere più velocemente. Avrebbe voluto dormire, ma ora le era impossibile. Le carezze dell'uomo l'avevano calmata da quell'incubo, e ora lei non riusciva a smettere di guardarlo. "Cosa c'è?" Chiese lui con il sorriso mentre la vedeva fissarlo con insistenza. "Non riesci più a dormire?" Azzardò poi, accarezzandole lentamente la schiena con entrambe le mani. "No, e tu?" Rispose lei, sincera e completamente innamorata. "Neanch'io, piccola." Ammise lui con leggera malizia nella voce mentre intensificava le carezze facendole diventare più sensuali, arrivando a stringerle i fianchi con possesso. Scivolando nel silenzio, lei lo lasciò fare, e finalmente più tranquilla, lo baciò ancora, stavolta sulle labbra, ma sempre con dolcezza. Rispondendo a quel bacio, Stefan non chiese altro, e stringendola più forte a sè, approfondì il contatto delle loro labbra, prendendone velocemente il controllo. Rapita da quello sguardo così magnetico e perfetto, Rain sorrise nel bacio, poi, seppur controvoglia, si staccò da lui. "Stefan..." Lo chiamò, quasi senza fiato. "Sì?" Rispose l'uomo in un sussurro innamorato, per poi iniziare a baciarle il collo con calcolata lentezza. "Non farti pregare... continua." Replicò lei, trattenendo a stento un primo gemito d'amore. Non osando fermarsi per nulla al mondo, Stefan continuò a baciarle il collo, scendendo lentamente fino al petto di  lei, caldo e morbido. Le mani le sfioravano i fianchi in una languida carezza.Calma e felice, Rain godette di quelle dolci carezze, e ad occhi chiusi, lo baciò per l'ennesima volta, non resistendo davvero alla tentazione di farlo. Intanto, una sensazione di appagante calore iniziò a invaderle il corpo, e sentendosi sempre più rilassata, dimenticò per un attimo le paure di quella notte. Sentendola finalmente tranquilla, sotto il suo tocco audace, Stefan ricambiò i suoi baci. Con un facile movimento, l'uomo fece cambiare posizione ad entrambi ritrovandosi a sovrastare la moglie dall'alto, beandosi di quella visione angelica che lei era, bella e seducente come sempre. Estasiata dalla vista dell'amato appena sopra di lei, Rain sorrise, e annuendo con un leggero movimento del capo, non si oppose minimamente al suo volere, condividendo con lui un desiderio che entrambi speravano di tramutare in realtà.Sussurrando il nome di lei, innamorato come mai della donna che aveva al suo fianco da anni, Stefan la fece sua con tenerezza e pazienza, amandola con ardore. Quasi colta alla sprovvista da quel gesto, Rain finì per sussultare, poi, completamente soddisfatta, crollò sul letto, sfinita da quella notte di passione. Respirando a fatica, Stefan la strinse a sè, staccandole dalla fronte alcune ciocche di capelli sudati. Prima di chiudere gli occhi, le baciò una tempia, restando poi ad ascoltare i loro cuori battere all'unisono. Ancora in balia dei suoi sentimenti e non più degli incubi, Rain ricambiò quel veloce bacio, per poi voltarsi e dargli le spalle, pur senza dimenticare di stargli vicina. Poco dopo, non resistendo agli allettanti richiami del sonno, si addormentò come una bambina, riuscendo a fare sogni luminosi e non più oscuri. Sveglio soltanto per proteggere il sonno dell'amata, Stefan l'abbracciò piano per non svegliarla, e quando si accorse che dormiva tranquilla e beata, anche lui finalmente crollò con la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare ad un sonno ristoratore.Il mattino arrivò quindi puntuale come sempre, e il sole faticò a splendere, solo perchè nascosto da alcune grigie e pesanti nuvole. A quanto sembrava, stava per piovere, e appena sveglia, la povera Rain non si dava pace. "Sono qui, tesoro. Loro sono qui." Ripeteva, lasciandosi prendere dal panico e non avendo modo di contrastare il terrore che provava. Preoccupato come non mai, Stefan dovette abbracciarla forte per non farla tremare e vederla in preda al panico, e nel farlo, lanciò un'occhiata arrabbiata fuori dalla finestra della loro camera. Una densa nuvola di polvere si poteva osservare all'orizzonte, segno che una gran massa di persone si muoveva rapida, ma purtroppo non erano comuni cittadini. "Rain, calma, tesoro." Disse mentre le posava le mani sulle spalle e la guardava negli occhi, deciso. "Non dobbiamo perdere la calma." "Lo so, ma non è facile. Non possiamo affrontarli da soli! Ci serve tutto l'aiuto possibile." Rispose lei, inquieta ma razionale. "Esattamente." Osservò lui mentre iniziava a preparare le proprie armi. "Chiama Karon, almeno si renderà utile in qualche modo." Le consigliò in tono serio afferrando lo scudo che teneva sempre dietro al letto. Quasi imitando il marito nel prepararsi per quello scontro così imminente, Rain sollevò il proprio cuscino, realizzando solo in quel momento quanto dormire con un'arma accanto potesse essere. Afferrando la sua daga, si avvicinò alla finestra, e guardando fuori, giunse le mani, pensando intensamente all'amica asiatica. La conosceva da tempo, e sapeva della sua capacità di comunicare attraverso collegamenti mentali, così, a mani giunte come un fedele davanti al proprio Dio, attese. Nel frattempo, nelle Terre Celesti, Karon dormiva alla grossa nel suo letto, stremata dalla recente battaglia contro i non morti del fratello, ormai corrotto dal male fino al midollo, quando però qualcosa disturbò il suo sonno. Una specie di scampanellio le risuonò nella mente, mettendola in uno stato di dormiveglia. "Chi è che rompe?" Chiese durante quel collegamento mentale, troppo stanca anche solo per aprire un occhio. "Karon, sono io, Rain. Quei mostri sono di nuovo qui, e abbiamo bisogno di te!" Rispose Rain, quasi pregandola di prestarle soccorso. Allarmata più al tono supplichevole e spaventato dell'amica che dal contesto stesso della richiesta, Karon spalancò gli occhi di botto e scese dal letto, evocando gli abiti con la magia e placando così del tutto il sonno. Le ferite però non riuscivano a rimarginarsi come dovevano, e di fronte a quell'evidenza, capì di aver bisogno di una mano a sua volta. "Okay principessina, posso mettere su una squadra che ci possa aiutare contro quei vermi. Ho un pò di gente che mi deve dei favori." Disse, ridacchiando divertita e maligna nel ragionare sulle persone da interpellare. "Ci vediamo nel tuo salotto fra dieci minuti." Aggiunse poi, annullando il collegamento mentale dopo quella sola frase. "Grazie, ma per favore, fai presto!" Disse a quel punto Rain, sentendo una giusta ansia crescere in lei come una robusta quercia. "Ehi, ti ho mai deluso, donna?" Chiese Karon con voce sicura e divertita mentre scollegava le loro menti e si preparava ad un viaggio alla velocità della luce. La fretta di Rain l'aveva contagiata, e ci mise molto meno di quanto le aveva detto per ripescare da due mondi paralleli i suoi contatti. Tre li conosceva anche Rain, di cui una era pure amica, l'ultimo membro invece era una novità perfino per lei stessa, ma un soldato in più faceva sempre comodo in quei casi. Pronti a prendere a calci quei maledetti, Karon e la squadra si materializzarono nel salotto dei Gardener attraverso uno dei suoi soliti portali magici. Distratta da quel rumore così improvviso nel salotto di casa sua, Rain corse a controllare cosa succedeva, scoprendo solo allora che l'amica aveva mantenuto la promessa, e a quanto sembrava, non era venuta da sola. Vantando un sorriso smagliante, Karon indicò i compagni con una plateale alzata di braccia. "Visto? C'è anche Nola!" Disse poi facendo piombare una pacca sonora sulla schiena della loro amica comune, per poi indicare il nuovo arrivo: un Turian. Un essere alieno che ricordava un rettile o omunque una linea genetica con un dinosauro,  rivestito da placche metalliche marroni e con due brillanti occhi verde veleno. Sul viso piatto e allungato c'erano disegnati i colori della sua flotta. "Lui è Nihlus! Un soldato d'elite della Cittadella, roba spaziale Rain! Da un altro pianeta!" Lo presentò, entusiasta, mentre il turian alzava gli occhi al cielo con poco entusiasmo, esasperato da tutta quell'attenzione "È il compagno di Elenor." Spiegò, erudendo l'amica. "Di Elenor, eh? Beh, piacere." Rispose Rain, avvicinandosi quasi con timore e tendendo la mano perchè quell'essere si presentasse. Con voce metallica, Nihlus si presentò, chiudendo i tre artigli sulla mano della donna, delicantamente in modo da non farle male. "Piacere mio, signora.  Nihlus, per servirvi." Rispose poi con efficienza, senza dilungarsi troppo in parole inutili. Sfoggiando un piccolo sorriso di circostanza, Rain non seppe cosa dire, e nervosa, guardò Stefan, anche lui intimorito dallo strano invitato. Capendo il disagio provato dai due, Elenor decise di intervenire, ben sapendo che il suo compagno alieno non avrebbe certo fatto in modo di mettere a proprio agio i suoi amici. "Rain, posso assicurarti che è un ottimo alleato." Iniziò, tranquilla. Poco dopo, con la mano guantata dall'armatura, la donna cercò quella di lui trovandola all'istante e rimanendo confortata dalla loro differenza fisica. "Non è umano, ma in fondo neanch'io per metà, o Karon..." Continuò poi con un fio di voce, cercando di giustificare l'inquietante aspetto di Nihlus. "Ti... ti credo, Elenor, è solo che... non me l'aspettavo, ecco." Rispose semplicemente Rain, ancora sconvolta ma comunque sincera. "Neanche noi in effetti, ma Karon ha insistito tanto... Replicò lei, con un raro mezzo sorriso divertito. Appena un attimo dopo tornò seria, sistemandosi il casco olografico che aveva come protezione sul viso. "Allora, siamo tutti?" Chiese, incerta e dubbiosa. In silenzio, Rain si limitò ad annuire, poi mostrò la sua daga, indicandole che era pronta all'azione. Senza perdere altro tempo, Karon evocò dal petto la propria katana e ognuno estrasse le proprie armi, pronti a dare il proprio contributo nel vincere quell'ennesimo scontro. "Al tuo via, Stef." Disse Karon più seria che mai, seguita dal resto della squadra. "Andremo adesso, ma non chiamarmi..." Rispose lui, serio come mai prima e stizzito da quel diminutivo senza senso. Conosceva Karon, e nonostante fossero in continuo conflitto, le voleva bene, non potendo però evitare di pensare che la sua Rain fosse l'unica donna autorizzata a dargli soprannomi. Perfino sua madre non lo faceva più. "In quel modo." finì la strega per l'uomo, senza però dargli troppo peso. "Sì, sì, lo so bene, ora vogliamo andare?" Concluse, per poi fiondarsi verso la porta principale e spalancarla di botto, rimanendo per un attimo costernata da ciò che vide. Le strade brulicavano di Ladri, che come topi, sembravano entrare in città da ogni anfratto impossibile. La gente correva in preda al panico, il pianto dei bambini era ben udibile. "Accidenti, è il caos lì fuori! Rain, le tue bambine sono al sicuro, vero?" Non potè fare a meno di chiederle, con un una vena di preoccupazione nella voce mentre faceva un passo avanti e sistemava la katana all'altezza degli occhi, pronta a colpire chiunque avesse osato avvicinarsi troppo. "Per fortuna sì, ma che ti aspettavi?" Rispose lei, con il sangue che intanto aveva preso a ribollirle nelle vene. Senza dire altro, prese per mano il marito e uscì di casa, pronta ad affrontare quei mostri a daga sguainata e viso scoperto. "Niente di diverso." Rispose Karon con un ghigno divertito sul volto e un barlume di follia omicida negli occhi violacei mentre, senza aspettare ancora, prendeva a rincorrere uno dei Ladri, facendo brillare la lama della katana sotto il sole cocente. I canini appuntiti uscivano dalle labbra, minacciosi. Imitando l'amica, Rain preparò la sua arma e si guardò attorno, notando nella mischia la cara Samira e il suo amato Soren. Volendo solo dar coraggio alla coppia, sorrise, poi piantò la daga nel petto del primo verme che si ritrovò davanti. Sorridendo con orgoglio aquella scena, Stefan si avvicinò alla moglie, proteggendo entrambi sotto l'ampio scudo triangolare da un attacco di pugnale di un Ladro e, mentre schiantava su quest'ultimo chili di metallo, stordendolo, sussurrò alla moglie il proprio apprezzamento. "Bell'affondo, amore mio." "Grazie, tesoro, anche tu non te la cavi male." Sussurrò lei di rimando, avvicinandosi all'amato marito per un veloce bacio. Approfittando del fatto che il Ladro che aveva atterrato era ancora privo di sensi, Stefan diede quel bacio alla moglie, veloce ma intenso e, non appena sentì dei lievi mugolii da parte del nemico ai loro piedi, senza battere ciglio Stefan affondò la spada proprio al centro del suo petto.In quel momento, il cuore di Rain perse un battito, ma non si scompose, voltandosi subito verso i visi nemici, pronta a colpire di nuovo. Continuando a proteggere la moglie con lo scudo ben alto sulle loro teste, Stefan si destreggiava tra un nemico e l'altro egregiamente a spada sguainata. Con la coda dell'occhio vide Yuri e Nola che si separavano, entrambi puntando nemici differenti con i pugni pronti a colpire. "Restami vicina, Rain!" Quasi urlò, al solo scopo di farsi sentire nonostante il fragore della battaglia, desiderando solo non perderla di vista. Alle orecchie di uno sconosciuto, quella avrebbe potuto suonare come un'esagerazione, ma non avrebbe sopportato altrimenti. Lo scontro era iniziato da poco, e Rain non era stanca, ma il doversi muovere così velocemente, unito al freddo che sentiva, non era certo d'aiuto. Mettendo un piede in fallo, rischiò di cadere,e pur restando in piedi, sentì un muscolo strapparsi dolorosamente. "Rain!" Urlò Stefan preoccupato, vedendola quasi cadere e contrarre il viso in una smorfia di dolore. Avrebbe voluto tenerla stretta a sè, ma con le mani occupate dallo scudo e dalla spada gli sarebbe risultato impossibile. "Ci penso io!" Gridò una voce alle loro spalle, sorprendendoli entrambi. Colpiti, gli innamorati si voltarono, e fu allora che la videro. Elenor. Arrivò in loro soccorso sbucando letteralmente dal nulla, e posando una mano sulla gamba di Rain, si inginocchiò sul terreno scivoloso, e cercando di curare con la propria tecnologia lo strappo della principessa. "Sto bene!" Gridò lei all'indirizzo del marito, sentendo l'intervento di Elenor fare subito effetto. In quell'esatto momento, Karon stava combattendo contro una miriade di quegli orrendi individui, e per la sua gioia, Maddox era con lei, sorridendo soddisfatto dopo ogni vittima che riusciva a mietere. "Mi stavo chiedendo quando ti avrei rivisto, caro cavaliere." Disse lei al suo uomo, piena di malizia, mentre estraeva la katana dallo stomaco squarciato di un Ladro. "Ora sono qui, streghetta. E tranquilla, penserò solo a proteggerti." Rispose lui, ricambiando quello sguardo di brace mentre si liberava dell'ennesimo intruso del regno. "Così mi fai arrossire." Replicò la donna con il sorriso sulle labbra mentre, senza neanche girarsi e interrompere così il contatto visivo che aveva con Maddox, il suo Maddox, piegò il braccio all'indietro e sentì sulla sua spada il sangue fresco di uno dei Ladri che aveva avuto la pessima idea di coglierla alle spalle. "Troppo lento ragazzaccio." Lo ammonì, deridendolo. "Felice di farlo, tesoro, felice di farlo." Rispose lo stesso Maddox, sorridendole e spostandole una ciocca ribelle dietro l'orecchio. La sua voleva essere una battuta semplice e ilare, ma a quel tocco così intimo, la ragazza arrossì davvero. Ridendo del suo essere così infantile, Maddox non perse la calma, e voltandosi, notò che anche gli amici si stavano dando da fare per cancellare quella minaccia, nonostante lo spirito fosse forte e la carne debole. "Andiamo a dar loro una mano?" Chiese infine la giovane strega, riprendendo il controllo delle proprie emozioni impazzite, indicando il gruppo di amici lontano da loro. "Certo, come vuoi." Rispose il suo uomo, sorridendole ancora e prendendole la mano con delicatezza.Stringendo la mano di lui, Karon si accorse di non volerla lasciare andare. Ogni volta che si separavano, nonostante lei assumesse un'espressione incurante, stargli lontano era sempre dura. Quella volta in particolare gli era mancato moltissimo e in fondo, molto in fondo, era contenta di quell'attacco in città, che le aveva fornito la perfetta scusa per rivederlo. Correndo a perdifiato, l'uomo raggiunse la coppia amica, notando che la povera Rain faticava a muoversi e respirare correttamente. Avrebbe voluto aiutarla, ma non ne aveva i mezzi, e Nora era troppo lontana per curarla di nuovo. Preoccupata, Karon si mise subito al fianco dell'amica e capì la situazione. "Aggrappati a me, andiamo a cercare Nora!" Le disse, cercando di incoraggiarla. Normalmente avrebbe avuto anche lei poteri curativi, ma il precedente scontro con il fratello l'aveva indebolita non poco. Annuendo, Rain obbedì e seguì l'amica, ma ogni sforzo fu inutile. Nora non si trovava, e inciampando in un sasso, lei cadde a terra. Lamentandosi per il dolore, si guardò per un attimo le mani, scoprendone la pelle rovinata e sanguinante. "Accidenti! Commentò Karon, prestando subito soccorso all'amica e piegandosi in avanti così da afferarla per le braccia ed evitare di toccarle le mani escoriate. Poco dopo, provò a farla alzare, ma anche lei era stanca, e non ci riuscì. "Avanti principessa, un piccolo sforzo." Disse a denti stretti mentre lottava contro il peso della donna per poterla aiutare. Stava per aggiungere altro, ma due enormi mani furono su di lei, tappandole bocca e stringendola alla vita per tenerla ferma. Con orrore notò che un altro Ladro aveva fatto la stessa cosa a Rain, proprio sotto i propri occhi e, arrabbiata, tentò di richiamare a se' quel poco di magia che le restava, ma senza alcun risultato. Colta alla sprovvista, Rain cercò di gridare per farsi sentire, e ci riuscì a malapena, nonostante il suo aguzzino stesse cercando di soffocarla, stringendo sempre di più la presa sulla sua gola. "Stefan! Aiuto!" Gridò, non appena fu libera da quella stretta. Lontano, Stefan stava estraendo la spada dall'ennesimo cadavere di Ladro quando sentì con orrore la voce della sua amata che gridava e, voltandosi verso di lei, la vide in pericolo. Senza aspettare, iniziò a correre verso di lei come un forsennato, pregando di riuscire a fare in tempo e liberarla da quella stretta mortale. Decisa a restare ancorata alla vita, Rain continuò a lottare per fuggire, ma con il passare dei minuti, la situazione peggiorava. Si sentiva stanca, ogni voce le giungeva ovattata, e ogni energia sembrava abbandonarla. Ben presto, svenne sul selciato, cadendo in terra con un tonfo. Da vero eroe, Stefan continuava a correre verso di lei, nonostante la stanchezza e le fitte al fianco, ma non riuscì ad arrivare in tempo. Un gruppetto di Ladri la sbattè a terra e la issò su un cavallo, già al galoppo verso le strade principali fuori città. "Rain!" "Urlò disperato mentre inciampava su uno dei cadaveri e fu costretto a vedere la moglie sparire davanti ai propri occhi. "Rain!" Quasi piangeva, ma gridare gli era inutile, e tutte le volte, il nome dell'amata andava perso nel vento. Nel frattempo, Karon continuava a scuotere le sbarre di quella specie di enorme gabbia per orsi trainata da un carro robusto. Un manipolo di Ladri guidava i cavalli mentre si beffava di lei e dei suoi vani tentativi di uscire da lì. Rain giaceva accanto a lei priva di conoscenza, Nora era in difficoltà con dei circuiti fuori controllo e Nola era ridotta così male da non avere neanche la forza di parlare, nonostante fosse sveglia. "Che cosa volete da noi, eh? Venderci?" Chiese, sputando veleno contro di loro e non potendo far altro che quello, parlare a vanvera mentre la magia era fuoriuso e la sua preziosa katana stava in bella vista nelle mani di uno di quegli schifosi. "Vendervi?" Rispose uno di quegli energumeni, tenendo in mano la katana della donna. "Ma per favore! Non ricaveremmo un soldo da donnine come voi! Deboli, patetiche e senza forze, non riuscite neanche a difendervi." Aggiunse poi, concludendo quella frase con una risata tanto acida quanto fragorosa. "Volete tenerci vive per il vostro sollazzo." Rispose lei con voce baritonale, capendo al volo le loro intenzioni. Era sempre così. Schiave, serve, o la morte. E loro non erano ancora state uccise. Troppo stanca per rimanere in piedi, Karon abbandonò ogni forma di astio e si lasciò cadere accanto a Nola posando la spalla contro la sua, per poi tornare a fissare l'uomo che aveva la sua spada. Un ghigno malefico le si dipinse in viso mentre pensava a qualsiasi morte avrebbe potuto dargli. "Però! Astuta!" Commentò quel mostro, appoggiandosi all'elsa della katana e tenendola ferma, ben piantata nel duro legno del carro, che per le ragazze faceva da pavimento. In quel momento, Karon era calma, ma il suo ghigno si allargò notevolmente mentre gli rispondeva. "Ho già ucciso vermi come voi, proprio con quella spada. Trattala bene, per favore, vorrei riaverla ancora affilata quando ti ci taglierò la testa." Rispose infatti, con la sua solita straffottenza e abitudine a sprezzare il pericolo. Poco dopo, con un movimento leggero della testa indicò la propria katana, soffrendo interiormente nel vederla rovinare in quel modo. Seccato dal modo di fare della giovane, l'uomo le diede le spalle, poi si allontanò, "Eccotela, so già che mi servirà a poco." Replicò, borbottando parole che Karon non colse. Cercando di non farsi notare dall'uomo perso in un momento di distrazione, la strega asiatica si avvicinò a Rain, dandole lievi colpetti sulle guance per farla rinsavire. "Rain, Rain." Sussurrò, chiamando il nome di lei con la folle paura che fosse morta. Subito dopo, Alzò lo sguardo verso Elenor e la vide rannicchiarsi in posizione fetale, il corpo scosso dalle scariche elettriche che uno degli impianti fuori uso le stava causando. "K-Karon? Dove siamo?" Balbettò la donna in risposta, insicura e spaventata a morte da quello stranissimo viaggio. Non sapeva cosa fosse successo, l'ultima cosa che ricordava era di aver ricevuto un colpo alla schiena, dopodichè solo il buio. "Nei guai, principessa." Rispose lei con voce atona, mentre tornava a respirare di sollievo nel vederla viva. Incapace di capire dove si trovassero, si guardò attorno non vedendo che ampia vegetazione, ma non un singolo centro abitato, poi parlò. "Dobbiamo... dobbiamo trovare un modo per uscire da qui, ma Nora e Nola stanno peggio di noi." Disse, tornando per un attimo ad osservare le amiche malandate. "Hai ragione, dobbiamo fuggire, ma come? Come?" Replicò Rain, tremando di paura come al solito. Per la prima volta Karon non seppe come rispondere, rimase in silenzio con aria corrucciata, senza una soluzione. Spaventata, Rain si guardò attorno a sua volta, non vedendo altro che erba, alberi e acqua. Chiudendo gli occhi, cercò di concentrarsi, e fu allora che capì. Erano ancora ad Ascantha. Nel bosco di Ascantha. Saperlo era un bene, ma comunque una magra consolazione, poichè chiedere aiuto non sarebbe servito a nulla. Nel frattempo, i compagni delle donne stavano setacciando il campo di battaglia alla loro ricerca. Stefan guidava il gruppo attraverso la fitta boscaglia partendo dal punto in cui aveva visto i cavalli dei Ladri sparire con sua moglie. "Rain..." Sussurrò il nome dell'amata, preoccupato a morte per la sua sorte, ma anche determinato a ribaltare l'intera Ascantha pur di ritrovarla. Lontana miglia e miglia da lui, Rain stava seduta in quello schifoso carro a pensare. Era grande quanto una gabbia per orsi,e  le dava modo di muoversi, ma ciò non l'aiutava. Si conosceva, e sapeva bene di avere un solo desiderio. Tornare da Stefan. Sconsolata, afferrò una delle sbarre di ferro alle sue spalle, e scuotendola senza successo, sospirò. "In che guaio mi sono cacciata? Sono troppo forti per noi." Pensò, mentre di minuto in minuto, la sua sanità mentale sembrava vacillare. "Trovato niente?" Chiese Stefan a gran voce, parlando con Maddox e con i compagni sparpagliati. Silenziosi, cercavano altre tracce appartenute ai cavalli, ma l'unica cosa che parvero trovare fu una serie di impronte, appartenute però a un carro, a un grosso carro. "Giuro che li farò a pezzi, personalmente." Biascicò l'uomo, con gli occhi che brillavano di minaccia. "Ehi, principino, sta calmo. Arrabbiarti così non serve a nulla." Replicò Maddox alle sue parole, sboccato e in questo simile alla sua compagna. A quella risposta, Stefan si trattenne a stento dall'aggredirlo in quell'istante. Nervoso, strinse i pugni dalla rabbia. Lui non poteva capire! Che ne sapeva uno come Maddox di ciò che provava Stefan per Rain?" Digrignando i denti per la rabbia e la preoccupazione che saliva man mano che il tempo passava, fu fermato da Yuri, che, capendolo, lo aveva trattenuto con una mano sulla spalla, stringendo la presa. "Sta calmo." Gli disse il lottatore con voce pacata, pur avendo la sua stessa preoccupazione riflessa nello sguardo. "Yuri, ti capisco, e ci provo, ma non è facile. Io adoro la mia Rain, e per quello che ne so... beh, la tua ragazza non soffre d'ansia, nè di cuore, come la povera Samira!" Sbottò a quel punto Stefan, sfogando l'astio che in quel momento provava per Maddox. Prendendo da chissà dove una pazienza che stentava ad avere, Yuri tolse con calma la mano dalla spalla dell'uomo e lo guardò dritto negli occhi. "No, è vero, ma anch'io voglio riaverla indietro. Noi tutti rivogliamo le nostre compagne lontane da quei maledetti." Disse poi, indicando con il pollice gli altri uomini che, con i volti tesi, continuavano a darsi comunque da fare senza esplodere nella rabbia. "Non dar peso alle sue parole e cerca di rimanere lucido, non possiamo permetterci di litigare tra di noi, no?" "Hai ragione." Rispose Stefan con un sospiro, riprendendo a camminare con passi lenti ma decisi. Intanto, il tempo scorreva, e non pensare alla sua dolce sposa e a quello che quei mostri avrebbero potuto farle gli era pressochè impossibile. Intanto, ancora bloccata in quell'orribile situazione, Karon aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte, non si era neanche accorta di essersi addormentata, esausta. Si guardò attorno e capì di essere in una specie di abitazione, legata mani e piedi così che non scappasse. Era stata gettata in un angolo senza tante cerimonie e, sbattendo la schiena sul pavimento lurido, poté finalmente vedere ciò che accadeva intorno a sè. Tutte le altre erano riunite accanto, stesse condizioni. Vedeva la testa corvina di Rain fare capolino nella sua visuale. "Principessa?" La chiamò, preoccupata. "Karon?" Rispose lei, confusa e stordita da quel secondo colpo, ricevuto dritto su una tempia da uno di quei vermi, abbastanza forte da metterla di nuovo fuori combattimento e alla loro completa mercé. "Niente di rotto spero." Disse Karon in un sussulto mentre il dolore alla schiena diventava fastidiosamente più acuto.  "Siamo sole? Non vedo niente con questo buio." Aggiunse infine, sconfitta. "No, o almeno lo spero... Neanch'io vedo nulla, e non riesco a muovermi!" Piagnucolò Rain in risposta, mentre, cercando di sollevare una mano, sentì un dolore acuto e improvviso. Ci volle tempo prima che i suoi occhi si abituassero all'oscurità, ma quando accadde, le vide. Catene. Era stata incatenata al muro, ma perché? Non lo sapeva, e con la mente annebbiata da mille pensieri, non volle neanche immaginarlo. A mano a mano, Karon iniziò ad abituarsi al buio, notando che erano tutte quante stipate lì, incatenate come Rain o soltanto gettate a terra senza alcuna corda a legarle. Desiderando liberarsi, la strega cercò di allentare il nodo della sua, che le teneva strettamente i polsi insieme, ma sussultò dal dolore. Però, dei loro carnefici nessuna traccia. "Ragazze?" Sussurrò, chiamando le amiche all'appello per controllare che fossero tutte coscienti. "Sì?" Risposero in coro Nora e Nola, ancora stordite dal dolore della caduta su quel pavimento così duro e freddo. "Tutte intere anche voi?" Chiese, per poi capire di non aver sentito un'altra voce e sbiancare diventando pallida come una morta. Si trattava di Samira. Era più debole di loro per più di un motivo, e fino a quel momento avevano sempre cercato di proteggerla al meglio. "Samira?" Azzardò, con voce spezzata. "S-Sì?" Rispose lei, faticando a mettersi seduta e calmare i violenti tremori che le scuotevano il corpo. In quel momento, nella testa di Karon passavano mille pensieri, e lei cercava un modo per far scappare le altre. A quello scopo, si guardò attorno, ma notò solo i contorni di due finestre sbarrate. Se solo avesse potuto aprirne una... Pensa in fretta, ti prego..." Biascicò Samira al suo indirizzo, diventando con lo scorrere dei minuti sempre più debole. "Ci sto provando, ragazza mia." Rispose lei, tentando di strattonare di nuovo le corde, ma queste segarono ancora di più la pelle delicata e sentì uscire il sangue, macchiandola, ma facendola anche infuriare. Spesso quelli della sua specie si autoinfliggevano dolore al solo scopo di far esplodere la bestia che covavano e in quel momento ci provò anche lei. Un ringhio animalesco le uscì dalla gola quando si costrinse ad accentuare il dolore."Stai... stai bene, vero?" Azzardò la donna malata, preoccupata sia per sè stessa che per Rain, persa in uno stato di semicoscienza. "Mai stata meglio." Mentì per non farla preoccupare ulteriormente mentre sentiva i brividi iniziali della mutazione in atto. Arrabbiata, affondò con forza le unghie dentro i palmi e, con un ringhio bestiale, le braccia divennero zampe e gli occhi affilati come quelli di un gatto. Ansimando e sbavando, il lupo aveva preso il posto della donna. Barcollava dalla stanchezza, ma andò ad appiattirsi nell'angolo più buio della stanza, pronta a saltare alla gola del primo Ladro che avesse avuto la spiacevole idea di avvicinarsi a loro.Disturbato da tutta quella confusione, uno degli uomini entrò nella stanza dove le prigioniere erano segregate, e vedendo quel grosso animale sbavare e ringhiare minaccioso, quasi sbiancò. "Com'è entrato un lupo qui?" Chiese ad alta voce, sorpreso e intimorito. Sentendolo, alcuni compagni si unirono a lui, e insieme, estrassero le spade, pronti ad affrontare o quantomeno accerchiare quella bestia. Minaccioso, il lupo iniziò a camminare verso di loro, girando in tondo e muovendo la folta coda come una frusta. La bava colava dalle labbra nere mentre ringhiava e abbassava le orecchie, segno che stava per scattare verso il più vicino per morderlo e dilaniarlo a morte.Seppur spaventato, uno degli energumeni si avvicinò alla lupa, brandendo minaccioso la spada e menando fendenti alla cieca per riuscire a farla indietreggiare. Karon era furiosa, ma in quel momento, l'istinto animale prese il sopravvento, e guaendo, fece qualche passo indietro, sentendo poi il dolore di una piccola ferita al fianco. Cercando di respirare normalmente, Karon buttò fuori il fiato dal naso e, digrignando i denti un'altra volta, provò l'ennesimo attacco in corsa verso un altro dei Ladri, accecata dalla rabbia e dal dolore, desiderava soltanto affondare le sue zanne nella loro morbida carne umana. Colto alla sprovvista, uno dei nemici si ritrovò i denti della lupa conficcati nel braccio. Muovendolo, tentava in tutti i modi di liberarsi, ma era tutto inutile. Ogni mossa peggiorava quella ferita, che ora, grondante di sangue, simboleggiava per Karon una vera vittoria. Purtroppo per loro, un altro nemico andò in soccorso del primo, che, cogliendo la lupa del tutto alla sprovvista, fece schiantare l'elsa della spada sulla schiena dell'animale, facendolo rimanere senza più fiato e, con un calcio ben assestato sul fianco, la fece rotolare sul pavimento. Tremante di dolore, Karon non si arrese e si sforzò di reggersi sulle zampe deboli. I suoi occhi viola cercarono quelli di Rain per farle capire che mai si sarebbe arresa. Per il bene di tutte. Con il cuore pieno di speranza, Rain guardò l'amica, e con un movimento del polso spezzò una delle catene che la costringevano al muro. Aveva paura, era libera, ma non poteva intervenire. Che cosa avrebbero pensato quei bruti se l'avessero vista difendere una bestia selvaggia? Così, incerta sul da farsi e di nuovo in preda all'ansia, si appoggiò con la schiena al muro, scivolando fino a sedersi per terra. Poi, con le ginocchia vicine al petto, iniziò a piangere, soffrendo in silenzio. "Basta... Basta... Lasciateci andare." Ripeteva, non riuscendo a dire altro nè a smettere di tremare. Proprio quando erano riusciti a mettere all'angolo l'animale furioso, gli uomini iniziarono a torturarlo procurandogli nuove ferite e strappi al pelo. Uno dei Ladri, proprio quello che aveva ancora la katana di lei in pugno, notò del movimento alle sue spalle, e  voltandosi, rimase a torreggiare su una piccola donna rannicchiata a terra. "Hai paura, bambolina?" Le chiese, provando per lei solo finta compassione. Non sapendo cosa rispondere, Rain rimase in silenzio, ma non ebbe timore di mostrare le sue lacrime. Erano persone orribili, e la sua ormai conosciuta ansia non deponeva certo a suo favore, ma spostando lo sguardo, lo fissò su una porta chiusa, sperando che il suo Stefan arrivasse in tempo per salvarla. "Io lo sarei se fossi in voi." Continuò lui, spietato, mentre faceva passare delicatamente la lama su una spalla tremante della donna, ma senza ferirla. Provò il malsano impulso di vederla piegata, la mente traviata dalla paura che lui poteva infonderle solo con uno sguardo. Paralizzata, Rain non riusciva a muoversi, non aveva neanche la forza di guardare quel mostro negli occhi. Odiandosi per la sua debolezza, fece uno sforzo, e alzando lo sguardo, provò ad affrontarlo. "Noi... noi non siamo da sole. Siete solo dei vigliacchi, e non ci fate paura!" Dichiarò, con la voce spezzata dal dolore e da un pianto che tentava in tutti i modi di trattenere. Abbattendo la porta con una sonora spallata in quell'esatto momento, Stefan e Maddox entrarono per primi  in quella che appariva come  una casa fatiscente e abbandonata, ma le tracce del carro erano inequivocabili e quando sentirono rumori dall'interno, non pensarono neanche per un secondo di tentennare, e ora, a spade sguainate, puntarono contro i loro nemici, seguiti dal resto della squadra. "Stefan! Grazie al cielo sei qui! Aiutami! Gridò Rain, allietata e ammaliata come sempre dalla sua stessa vista. "Rain! Stai bene? Chiese lui con un enorme sollievo a farsi spazio nel suo cuore, ma sostituito subito dalla rabbia. Puntando gli occhi infuocati sul Ladro che torreggiava sulla moglie, Stefan gli puntò contro la spada, posizionando proprio la punta sotto il mento di quel verme. "Lasciala andare." Sibilò a denti stretti, infuriato. Per nulla sorpreso dalla galanteria dell'uomo, il Ladro lo costrinse a mettere giù l'arma, ignorando la ferita alla mano che ne conseguì. "Lasciarla? Perchè dovrei? È appena arrivata!" Disse poi, cercando di difendere la sua prigioniera. Strabiliato dalla forza che l'uomo riuscì a usare con una mano sola contro di lui, Stefan rimase un attimo spiazzato, ma cercò di lottare contro quella mano che a poco a poco abbassava l'arma senza alcuna difficoltà. "Lei è mia moglie. E io proteggerò sempre la donna che amo da sporchi assassini briganti come voi!" Replicò con calore mentre strattonò via la spada, liberandola così dalla presa dell'uomo. "Moglie? Hai per caso detto moglie? Non ti credo. Se lo fosse, credi che farebbe questo?" Rispose quel lurido verme a muso duro, voltandosi verso Rain e prendendole con forza il viso fra le mani, intrappolando le sue labbra in un bacio aggressivo, che, inutile dirlo, le fece schifo. Sentendo la sua dolce amata, Stefan si fermò all'istante, lasciando a terra l'uomo con la faccia imbrattata di sangue e, senza neanche darle il tempo di respirare, l'abbracciò di slanciò, tenendola stretta a sè e e nascondendo lacrime silenziose fra i suoi capelli. "Tesoro, grazie al cielo... aiutaci ad uscire da qui, per favore." Rispose lei, lasciandolo fare e ricambiando quell'abbraccio con calore e trasporto insieme. Tenendola stretta a sè, Stefan si guardò attorno, anche gli altri Ladri erano stati uccisi dai suoi compagni. Vide Nihlus riparare velocemente gli impianti di Nora con una specie di ologramma arancione che gli fuoriusciva dal braccio, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Yuri aveva già tra le braccia Nola e aspettava solo un suo comando per trascinarla fuori da quell'incubo. Soren cercava di svegliare la moglie, svenuta nel momento della battaglia e Maddox rimaneva chino sul lupo che non riusciva più ad alzarsi. "Sì, andiamo via. Non voglio rischiare di trovare altri mostri nelle vicinanze." Sorridendo, Rain fu finalmente felice, e liberandosi anche dell'altra catena che le teneva fermo il polso, seguì il marito camminando al suo fianco, abbracciata a lui solo per essere protetta. "Dici che è finita?" Chiese a bassa voce, non volendo farsi sentire che da lui. "Lo spero." Rispose lui con lo stesso tono. "Non credo che riusciremmo ad affrontarne altri in queste condizioni." Aggiunse poi lanciando una breve occhiata a tutti gli altri accanto a loro. Preoccupata, Rain si guardò intorno, e pensandoci, dovette dare ragione al marito. Karon era tornata umana ma camminava appena, e Nola aveva rimediato numerose escoriazioni e tagli sul corpo, senza escludere una vistosa coltellata alla mano. Chiudendo il pugno aveva cercato di difendersi, ma senza successo. Capendo di essere ben lontani da quella maledetta casa e che la battaglia era finalmente finita, Karon si fermò per riprendere fiato e, con uno sguardo d'intesa con Nola, capì che ognuno di loro desiderava soltanto starsene per conto proprio a leccarsi le ferite a casa propria. Così, con uno sforzo enorme, aprì alcuni portali per i suoi amici e ne indicò uno a Maddox, che lo avrebbe riportato al castello di Fatima in un attimo. "Non so cosa ne pensi, ma io non ho alcuna voglia di tornare indietro a piedi." Disse a malapena, con un filo di voce. "Allora seguimi e andiamo, streghetta." Rispose Maddox, prendendole la mano e sorridendo con dolcezza. "Ecco un ordine che eseguo volentieri." Provò a dire la donna, cercando di ritrovare la sua solita leggerezza e ironia mentre posava la guancia sulla spalla dell'uomo e, poco prima di attraversare il portale, salutò tutti gli altri con un pigro gesto della mano. Intanto, Stefan era rimasto insieme alla moglie a vedere la partenza di ogni loro compagno e, sentendo anche lui il bisogno di tornare a casa il prima possibile, sussurrò qualcosa a Rain. "Tesoro, andiamo." Le consigliò, offrendole romanticamente la mano. "Certo, amore. Subito." Rispose lei prendendolo per mano e iniziando a camminare verso il secondo portale, aperto da Karon appositamente per loro. Con un braccio a circondare le spalle della moglie, Stefan la condusse a passo sicuro al di là del portale e, in un battito di ciglia, erano di nuovo nel loro salone. Nel buio e nel silenzio, Stefan lasciò cadere a terra spada e scudo e abbracciò di slancio la moglie, stringendola a se' e affondando il viso nell'incavo caldo del collo. Tremava impercettibilmente. Silenziosa, Rain accettò quell'abbraccio, poi scoppiò a piangere. Era finita, e si erano salvati entrambi, ma il pensiero, il ricordo di quello che quei mostri avevano fatto a lei e alle sue amiche era rimasto. Impresso a fuoco come il marchio di una bestia da macello nella sua mente e nel suo cuore. Travolto emotivamente dall'angoscia della moglie, anche Stefan lasciò sfogare le proprie paure e il sollievo, enorme, di riaverla viva. Le sussurrò parole d'amore per calmarla, l'accarezzò tra i capelli e la schiena, cercando di mettere un freno a quel tremore. Le diceva di amarla e che l'importante era che fosse viva, con lui. Non riuscendo davvero a parlare, lei si crogiolò in quell'abbraccio, e accompagnandolo sul divano, si sedette, finalmente tranquilla. Posando per un attimo la testa contro lo schienale, alzò gli occhi al cielo, pensierosa. Per fortuna le bambine dormivano al sicuro della loro cameretta, e non avevano visto nè sentito nulla che potesse turbarle. "Vuoi andare in camera?" Le chiese il marito,preoccupato sia per il suo aspetto fisico, che riportava ferite e lividi, sia per il suo essere così fragile che emanava la donna in quel momento. "Sì, se a te non dispiace." Rispose lei con voce flebile quanto la luce di una candela, rifiutando però di alzarsi da sola dal divano in quanto troppo stanca per farlo. "Vieni tesoro, così ti curo anche quelle ferite." Rispose a quel punto Stefan con tono gentile mentre la prendeva fra le braccia e la portava senza alcuno sforzo nella loro camera, posandola poi con dolcezza sul letto. Senza neanche rispondere, Rain annuì e lo lasciò fare, riuscendo finalmente a calmarsi e far cessare quei tremori. "Stefan... grazie." Sussurrò poi, immensamente felice di essergli di nuovo accanto.  Sorridendole con amore mentre si sedeva al suo fianco, Stefan le accarezzò una guancia con tenerezza. "Non avrei dovuto farti catturare da quei vermi..." Disse poi, pieno di vergogna e sensi di colpa." "E io avrei dovuto sapermi difendere." Rispose lei, giocando a quello che definiva gioco delle colpe e addossandosene una parte a sua volta. "E come avresti potuto? Eravate circondate!" Replicò lui con rabbia al solo ricordo. Perfino Karon trasmutata era stata messa fuori gioco. Ho giurato di proteggere la donna che amo da qualsiasi male del mondo, ma questa volta ho fallito. Perdonami Rain." Continuò poi, abbandonandosi a un sospiro rassegnato e gli occhi bassi, sempre pieni di vergogna. "Ti perdono, Stefan. Una principessa perdona sempre il suo cavaliere." Sussurrò lei, avvicinandosi al solo scopo di posare le labbra sulla sua guancia. Abbozzando un sorriso di gratitudine, Stefan si lasciò baciare e, dopo un momento d'incertezza, decise di sdraiarsi sul letto, troppo stanco per fare altro. In quel momento, chiamò a se la donna, desiderando soltanto sentire il suo calore sulla pelle. Facendosi più vicina, Rain si accoccolò al suo fianco come una gatta, e posando la testa sul suo petto, ascoltò il battito del cuore dell'uomo, addormentandosi poco tempo. Lo amava, lo rispettava e lo capiva, e ora non desiderava che dormire e tenere viva la speranza di vedere il sole spuntare ancora, squarciando definitivamente l'oscurità di quest'assurda guerra.


Nono racconto, che mostra cosa può succedere se non si esce vincitori da un attacco dei famigerati Ladri, schifosi vermi unicamente assetati di ricchezza e potere.

Emmastory :)
 
   
 
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