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Autore: whenyouwishuponastar    10/02/2018    1 recensioni
Breve one shot sul rapporto di Sirius e Remus attraverso gli anni, dall'incontro ad Hogwarts fino alla Prima Guerra Magica.
Dal testo: Sirius l’aveva sempre guardato, nel corso degli anni, in ogni momento possibile, a volte di sottecchi, altre più sfacciatamente. Gli piaceva in particolare coglierlo in quei momenti in cui credeva di non essere osservato da nessuno, quando sembrava che si levasse di dosso un velo ed iniziasse davvero ad essere se stesso.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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A Chiara.



Lunghe corse, unghie morse, lune storte
Qualche notte svanita in un sonno incerto
Poi l'incendio
Potessi apparirti come uno spettro lo farei adesso
Ma ti spaventerei perché sarei lo spettro di me stesso





 
Sirius l’aveva sempre guardato, nel corso degli anni, in ogni momento possibile, a volte di sottecchi, altre più sfacciatamente. Gli piaceva in particolare coglierlo in quei momenti in cui credeva di non essere osservato da nessuno, quando sembrava che si levasse di dosso un velo ed iniziasse davvero ad essere se stesso.
Lo ricordava bene, ancora undicenne, con addosso una maglietta sformata troppo grande per lui e un paio di jeans strappati; i primi tempi aveva sul viso un’aria di costante spaesamento, un’espressione diffidente e vulnerabile allo stesso tempo.  Poi aveva iniziato a conoscerlo e gli si era attaccato addosso. Quel ragazzino pelle e ossa con la schiena piena di cicatrici in qualche modo era riuscito ad entrargli dentro.
E insieme a lui aveva trovato altri due grandi amici con cui condivideva tutte le sue giornate. La partenza per Hogwarts era stata un sollievo per Sirius, che non sopportava la sua famiglia, ma mai si sarebbe aspettato che in quella scuola avrebbe trovato un’altra famiglia di gran lunga migliore della prima. Ricordava pomeriggi interi passati a razzolare per i prati, la beata innocenza di quattro ragazzini che pochissimi anni dopo, ancora non lo sapevano, sarebbe stata spazzata via a forza dai loro occhi.
E mentre correvano uno accanto all’altro, quattro cuori che pompavano sangue all’unisono, Sirius lanciava sguardi in tralice al ragazzo smilzo dai capelli color sabbia accanto a lui. Voleva un bene particolare, a Remus: era molto protettivo nei suoi confronti (ti comporti come se fossi sua madre, lo prendeva sempre in giro James) e sentiva suo dovere personale quello di difenderlo da qualunque cosa e persona che potesse fargli del male. Una volta resosene conto, Remus si era inalberato come suo solito:-Non sono una bambola di vetro, Sirius. So badare benissimo a me stesso.
Nel mentre lo guardava con un’espressione risoluta, gli occhi scuri fermi e decisi, e Sirius non era riuscito a sopportare il peso di quello sguardo.
Dannazione, riusciva sempre a vincere.
La testardaggine di quel ragazzo lo aveva sempre fatto impazzire: come quando, subito dopo aver rivelato ai suoi amici di essere un lupo mannaro, si era convinto di essere troppo pericoloso per loro e che dovessero troncare i rapporti all’istante. C’erano voluti giorni prima che lo convincessero del contrario.
Ma d’altronde erano ben riusciti a dimostrare quanto ci tenessero a lui, studiando come matti e riuscendo infine a diventare degli Animagi.
Le notti alla Stamberga Strillante, le lunghe corse con gli altri tre al suo fianco, erano per Sirius fra i ricordi più belli che avesse; la libertà che provava in quegli attimi, la ferinità che lo coglieva, istinto animale allo stato più puro: ecco cos’era davvero la felicità, condivisa con le persone a cui teneva di più al mondo.
 


Poi, all’improvviso, qualcosa era cambiato nel loro rapporto.
Poteva essere iniziato tutto dagli sguardi di Sirius, troppo intensi e prolungati per non significare nulla, oppure da Remus, che durante l’ultima estate era cresciuto in altezza e ora aveva un viso da uomo che faceva girare più di una testa.
Fatto sta che qualcosa si era incrinato fra loro, e nessuno riusciva a capire cosa fosse.
Nessuno, tranne una persona.
Andiamo, è chiaro a tutti che vi piacete!, aveva sbottato un giorno Lily mentre era in biblioteca in compagnia di Remus, facendo trasalire il povero ragazzo. Non riesce a guardarti in faccia senza arrossire, non potrebbe essere più palese di così! Per non parlare di te, con quell’aria da pesce lesso ogni volta che incroci il suo sguardo.
Remus aveva borbottato che no, lui non aveva uno sguardo da pesce lesso, e si era affrettato a riportare il discorso sulle difficili tecniche di Trasfigurazione che stavano studiando al momento.
Quella stessa sera però, steso nel suo letto nel dormitorio che condivideva con i suoi tre migliori amici e Frank Paciock, aveva ripensato alle parole di Lily. Spostando leggermente la tendina del baldacchino, aveva posato lo sguardo su Sirius, già addormentato da un pezzo. Aveva la matassa di capelli scuri sparsa sul cuscino, le ciglia folte che arrivavano quasi a sfiorargli le guance e il respiro pesante.
Gli mancava, parlare con lui.
Era da qualche settimana ormai che si evitavano, passando sempre del tempo assieme quando erano con James e Peter ma evitando di rivolgersi la parola e di rimanere da soli. Il solo pensiero che ciò potesse succedere aveva mandato un brivido lungo la schiena del ragazzo.
Da quando quello era successo le cose erano diventate davvero imbarazzanti fra loro.
Eppure era stato un incidente, soltanto uno stupido incidente. O no?
Ricordava bene quella sera di poche settimane prima: era in Sala Comune, a leggere un interessante libro dal titolo Origini della magia oscura che gli aveva passato Frank. Peter era già a dormire, mentre James e Sirius si erano diretti sotto il mantello dell’invisibilità verso le cucine, intenzionati a rubare qualcosa dalle provviste.
Remus si era aspettato di vederli tornare carichi di barrette di cioccolato (sentiva già l’acquolina in bocca) e dolci di tutti i tipi, ma certo non barcollanti e – se ne era reso conto subito – alquanto brilli.
-Lunastorta, amico mio! Non ci crederai mai … hic…-aveva iniziato James.
-Avete trovato alcol nelle cucine?
-Questo ragazzo è un genio, cazzo!-aveva biascicato Sirius, sedendoglisi affianco, mentre James, colto da un conato di vomito, si affrettava a raggiungere le scale per accedere al dormitorio.
-E’ per questo che… hic!... ti amo tanto.
Remus aveva avvertito per un attimo la terra mancargli da sotto i piedi e il principio di un capogiro, quindi aveva alzato la testa dal libro, voltandosi verso il suo amico. Questi non aveva fatto complimenti e, dopo una sonora risata simile a un latrato, si era sporto e aveva avvicinato la bocca a quella dell’altro ragazzo, facendolo rimanere di sasso.
Era durato tutto pochi istanti, un semplice toccarsi di labbra, ma Remus aveva sentito una scossa scuotergli tutto il corpo, e si era allontanato subito, tanto era sconvolto.
L’altro si era limitato a scuotere le spalle, borbottare un peccato e allontanarsi, sempre barcollante, verso il suo letto al piano di sopra.

Sirius sedeva con la sedia in bilico, un gomito appoggiato al banco posteriore, quello di James.
Il professor Rüf stava parlando da quelle che sembravano ore a proposito delle battaglie fra non ricordava più quali tribù di goblin in non ricordava più quale secolo, e tutti gli studenti lo fissavano con uno sguardo vacuo di cui lui non sembrava nemmeno rendersi conto.
Persino Remus aveva gli occhi semichiusi, il mento poggiato sulla mano sinistra. Concentrandosi meglio su di lui, aveva assorbito tutti i dettagli della sua figura: la curva della spalla, le unghie morse fino alla carne viva, il golfino scuro il cui collo usciva fuori dalla divisa.
D’un tratto lo aveva visto voltarsi e i loro occhi si erano incrociati per un nanosecondo: iridi castane perse in quelle grigie, pupille dilatate al massimo. Sirius aveva sentito un brivido percorrergli tutto il corpo.
Non poteva andare avanti così. Loro due avevano bisogno di parlare.
Aveva atteso con una certa urgenza la fine della lezione, che sembrava prolungarsi all’infinito; quando alla fine il momento era arrivato, si era fatto coraggio e si era diretto veloce verso il banco di Remus, con il timore che riuscisse a fuggire via dalla classe prima che gli parlasse.
Ma non era il caso.
Il ragazzo, infatti, non aveva esitato nemmeno un istante nel dirgli:-Sirius. Parliamo un po’, ti va?
-Certo-aveva annuito, sentendosi all’improvviso nervoso.
Erano usciti dall’aula spalla contro spalla, svoltando lungo un corridoio stretto e poco frequentato che portava all’aula di Aritmanzia.
-Senti, riguardo a quello che è successo quel giorno…
-Mi dispiace. Non avrei dovuto farlo. Il Whisky Incendiario mi ha annebbiato la mente e non sono riuscito più a… pensare razionalmente, ecco tutto.
Aveva visto Remus abbassare la testa e stringere le labbra in una linea sottile, come faceva sempre quando era contrariato o deluso. Sembrava non avere la minima intenzione di replicare, quindi Sirius aveva continuato.
-Non avrei mai voluto che succedesse così, sarebbe dovuto essere tutto diverso. Mi dispiace davvero.
Questo aveva catturato l’attenzione dell’amico, che aveva sorriso leggermente, mordendosi poi il labbro inferiore. Dio, com’era attraente quando faceva così.
-Perché sorridi?
Sirius si sentiva le ginocchia deboli.
-Allora prima o poi l’avresti fatto lo stesso? Baciarmi, dico.
-Cazzo. Lo rifarei anche ora-la sincerità della risposta, quasi sfacciata, era controbilanciata e resa quasi adorabile dal rossore che gli aveva tinto le gote.
Remus gli si era avvicinato leggermente. Un movimento minimo, ma che gli aveva spezzato il fiato in gola.
-Fallo, allora.
-Fallo tu.
Stronzo, aveva sussurrato appena Remus, prima di chiudere definitivamente la distanza fra di loro e con una mano prendere ad accarezzare quei ricci maledetti che fino ad allora aveva solo sognato.
 


La guerra li stava uccidendo.
Entrambi se ne rendevano conto, giorno dopo giorno, specchiando se stessi nel corpo dell’altro; erano sempre più sciupati, invecchiati prematuramente a causa di quella situazione straziante in cui si erano, loro malgrado, ritrovati.
Ogni giorno c’era un morto in più da piangere, ogni giorno una falla ritrovata nella loro difesa.
E ogni giorno Lord Voldemort appariva sempre più imbattibile.
Loro erano ancora dei ragazzi poco più che diciannovenni, ma sentivano gravare sulle spalle un peso enorme, che veniva moltiplicato piuttosto che diviso dal profondo legame che li legava. Perché avere qualcuno a cui tieni, in guerra, significa temere il doppio, il triplo, non solo per te ma anche per il tuo ragazzo, i tuoi migliori amici e la tua famiglia.
Sirius si stropicciò piano gli occhi, cercando di non lasciare entrare nella sua testa tutti quei pensieri: non ancora, ti prego. Per qualche altro minuto voleva essere un giovane normale che si godeva una mattinata tranquilla.
-Caffè?-gli chiese Remus sulla porta, una vestaglia sopra il pigiama e una tazza sbeccata in mano. Gli si avvicinò, porgendogliola, e poi gli spostò i capelli dalla fronte, lasciandoci un bacio.
-Buongiorno.
Prese qualche sorso e sentì la caffeina scendergli lungo il corpo, rendendolo realmente cosciente del mondo attorno.
-E’ arrivato un messaggio di Silente. Oggi pomeriggio riunione.
Sirius fece un verso ironico:-Tanto per cambiare.
Remus sospirò e si lasciò cadere a peso morto sul letto, gli occhi in alto, verso il soffitto macchiato di umidità di quella casa minuscola dove vivevano. Deglutì lentamente, quindi iniziò a parlare:-Lo so come ti senti. A volte penso che preferirei non svegliarmi più piuttosto che vivere in questo stallo che mi fa impazzire un po’ di più ogni giorno che passa.
Sirius lo guardò stupito: era raro che il suo ragazzo si lasciasse andare ad una confessione del genere. Sapeva che soffriva anche lui, naturalmente, ma l’aveva visto crescere in un uomo forte e maturo e non aveva mai pensato che potesse aver bisogno di conforto anche lui.
All’improvviso si vergognò di se stesso.
Gli sembrò di vederselo davanti per la prima volta: gli occhi cerchiati di occhiaie come chi dorme poco e male, pallido e scarno. Si era comportato come l’egocentrico che sapeva di essere e non si era preoccupato minimamente di cosa stesse passando Remus. Conosceva tutto di lui: il suo corpo, le sue abitudini, i suoi cambiamenti d’umore, le sue lune storte e più di ogni altra cosa il suo amore.
Eppure era stato cieco fino a quel momento.
Gli prese la mano e gliela strinse fra la sue. Remus lo guardò interrogativo, sorpreso da quelle affezioni che non erano affatto da lui.
-Scusami.
L’altro aggrottò ancora di più le sopracciglia.
-Sono stato un coglione e ultimamente ti sto trattando male perché sono nervoso, ma lo sei anche tu, lo siamo tutti.
Remus sorrise e gli si avvicinò, appoggiando la spalla alla sua.
-L’unico modo in cui possiamo sopravvivere a questa guerra è restando uniti, Sirius. Promettimi che lo faremo.
-Te lo prometto.

 



Note: Grazie a voi se siete arrivati fino a qui. Ascoltando la canzone "Una chiave" di Caparezza mi è venuta l'ispirazione per questa one shot, e da lì ho iniziato a scrivere, arrivando ad a malapena 2000 parole in una settimana. Un parto, insomma. Ma almeno sono uscita da quell'odiosissimo blocco dello scrittore che avevo da mesi, anche se non sono pienamente soddisfatta del risultato, che mi rendo conto avere molti difetti. Fatemi sapere, comunque! A presto!
   
 
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