Questa è la prima fic che scrivo usando NaruSaku.
E ne sono ESTREMAMENTE orgogliosa, anche perchè si è classificata quarta al Naru sSaku contest.
Si chiama Nirvana, e... il perché si capisce alla fine XD
Nirvana
Il bisturi d’acciaio
incise delicatamente la pelle del cranio del cadavere disteso, ormai immobile,
sul tavolino d’argento della sala autopsie. Il polso della giovanissima donna
assunta come medico nell’ospedale “Saint Carl General” non tremò minimamente,
nonostante conoscesse il defunto che stava iniziando a tagliuzzare.
Soffocò le lacrime,
rimase fredda, si tirò i capelli rosa dietro le orecchie e li legò in una coda
alta, raccogliendoli in una retina, poi indossò una mascherina e riprese il
bisturi.
Operò un’ incisione ad Y
sul torace, lacerando i muscoli e la carne superficiali, fermandosi sopra le
costole. Prese un tronchesino fatto apposta per lo scopo dell’utilizzo, ossia
quello di fracassare la cassa toracica, in modo da non compromettere i preziosi
organi interni del ragazzo. Le costole si ruppero sotto quell’impatto,
liberando gli organi interni.
La donna recise
delicatamente le vene e le arterie che collegavano il cuore al resto del corpo
e lo estrasse, freddo e immobile. Una fitta di dolore la attraversò mentre
pensava che una volta quel cuore batteva a sangue e pulsioni istintive.
- Individuo maschio,
anni venticinque, altezza centosettantacinque centimetri, peso settanta
chilogrammi, nome Sasuke Uchiha. Il cuore non presenta lesioni significative,
se non quelle provocate dall’incidenza della malattia, lesioni che parrebbero
confermare l’ipotesi di morte in seguito all’avanzamento di un’infezione da
streptococco causante embolie e disfunzione delle valvole cardiache. -
La donna, con mano ferma
e guance asciutte, continuò l’autopsia. Registrò il peso del cuore, poi analizzò
i polmoni, trovandovi lievi tracce di infezione, passando poi allo stomaco, al fegato, all’intestino,
trovandoli puliti.
- Sistema digerente
perfettamente pulito, asintomatico da qualsiasi infezione che sia virale o
batterica, colon leggermente infiammato a causa di accumulo di feci e terapia
antibiotica, non interferente con la morte del soggetto. -
Le pareva strano
chiamare “soggetto” quello che una volta era stato il suo amato, poi solo il suo
migliore amico. Il “soggetto” era un nome informale che poteva appartenere a
qualsiasi essere umano o cadavere passante per le sue mani oppure no.
Chiuse gli occhi,
riprese il fiato, si concentrò attentamente sul soggetto, analizzando i reni,
chiave di volta della sua ricerca. Prese i reni, staccandoli dai canali che li
collegavano alla vescica e al sistema urinario ed eiaculatorio dell’uomo.
Sulla loro superficie
erano presenti delle macchie particolari, macchie scure e vistose. La donna
sezionò un rene nella zona macchiata e lo analizzò al microscopio ottico. Nel
tessuto rosato e irrigato di vasi sanguigni, si intravedevano delle macchie di
forma circolare, con un particolare ispessimento delle pareti capillari e
aumento della cellularità mesangiale1, soprattutto nelle parti
periferiche. La donna chinò il capo, si controllò attentamente e con voce
lucida e ferma continuò il referto dell’autopsia.
- I reni presentano la
tipica immunofluorescenza comune nelle sindromi da infezione avanzata da
streptococco, come precedentemente affermato. Cellularità mesangiale e
ispessimento delle cavità capillari, rilevate in seguito a biopsia renale ed
osservazione attraverso microscopio ottico a contrasto. -
L’infezione da
streptococco, anche se avanzata di per sé, non causava la morte, bensì un
accumulo di patologie a carico del sistema organico generale. Nel caso
specifico di Sasuke Uchiha, aveva smesso di chiamarlo “soggetto”: la morte era
stata probabilmente indotta da un embolo, ossia una formazione cellulosa,
gassosa o di altra natura, che aveva ostruito un’arteria.
Probabilmente…
Il medico raccolse l’ultima
dose di freddezza disponibile, estrasse il cervello dalla scatola cranica
aperta in precedenza, lo pesò e l’osservò attentamente, trovando ciò che
cercava senza bisogno di sezionare.
- Il soggetto è deceduto
a causa di un’ischemia celebrale, in altre parole un ictus, causato da un
embolo locato in un’arteria celebrale. L’embolo stesso è stato causato dalla
degenerazione dell’infezione da streptococco. -
La donna depose il
cervello nell’apposito sacchetto, come aveva fatto in precedenza con gli altri
organi, gettò i guanti in lattice inzaccherati di sangue nel cestino, raccolse
i bisturi e le cesoie in un panno, lasciandoli nel rubinetto dell’ambulatorio,
poi spinse il tavolino del defunto verso i congelatori di cui disponeva il suo
laboratorio.
Lasciò le macchie di
sangue sul pavimento, ci avrebbero pensato i cleaner in seguito.
Con le ultime forze lanciò
uno sguardo intorno a sé, lasciando correre finalmente le lacrime che aveva
soffocato durante l’autopsia.
L’ambulatorio di
medicina legale del “Saint Carl General” era una camera dalle pareti bianche e
luminose, quasi in contrasto con la macilenza del luogo, con i pavimenti in
mattonelle grigie e asettiche, facili da pulire. Vi erano allineati sei o sette
lettini di ferro gelido, che avrebbero ospitato altrettanti cadaveri. E poi una trentina di cassettoni scorrevoli
che avrebbero ospitato i corpi in seguito all’autopsia, conservandoli in un
congelatore per un periodo limitato di tempo.
Gli occhi verdi della
donna, che in quel momento nascondevano un animo da bambina, si inumidirono di
calde lacrime, che corsero per il suo volto, mentre pronunciava l’ultima frase
del referto dell’autopsia.
- Referto effettuato dal
medico Sakura Haruno, chirurga di Malattie Infettive. -
Spense il registratore,
il suo corpo fu scosso dai sussulti.
Era un donna, un medico,
conviveva con la morte ogni giorno, non doveva piangere … non doveva …
Sasuke Uchiha era solo
l’ennesimo paziente troppo grave da curare …
No.
Sasuke Uchiha era Il paziente.
Era stato la sua prima
cotta, il primo uomo con cui avesse fatto l’amore, la sua prima delusione, il
primo uomo per cui avesse pianto una singola lacrima. Non era stato l’amore
della sua vita, tuttavia … era stato la persona più vicina ad essere il suo
migliore amico.
Era facile, ragionò il
medico, restare freddi e impassibili quando a spegnersi erano altre vite non
imparentate in alcun modo con la tua. Era facile dire - Andrà tutto a posto -
quando sai che nulla potrà mai andare davvero a posto, semplicemente per dare
un conforto.
È facile, si disse la
giovane tra le lacrime, pronunciare parole di conforto a malati, famiglie,
figli, sapendo la realtà. Sapendo che di speranza non ve n’è alcuna.
Eppure si continua a
mentire, perché è più facile, perché mentire è una via di fuga.
Ma quando ci sei tu al
posto delle famiglie, quando sei un medico al servizio del paziente e il
paziente è una persona a te estremamente cara… non puoi mentire a te stessa,
solo al tuo migliore amico, regalandogli una morte più serena e decorosa.
E così aveva fatto lei.
Quando Sasuke Uchiha chiedeva quando sarebbe morto, lei rispondeva con un falso
sorriso - Tra una cinquantina d’anni!
Non prima di esserti sposato! - . Mentiva. Lei, Sakura Haruno, medico brillante
ed esperto, sapeva benissimo che per il giovane non restava che qualche
settimana, giorno, ora. Non di certo qualche mese, non di certo cinquant’anni.
Sapeva benissimo che Sas’ke-kun, così lo chiamava lei, non si sarebbe mai
sposato e non avrebbe mai avuto figli. Eppure lei continuava, imperterrita, a
mentire. Non solo lei, anche il suo compagno, Naruto.
- Teme che non creperai
prima di aver trovato qualcuna che ti sopporti!! Il che avverrà tra un casino
di tempo!! -
Eppure Sasuke sapeva.
Sapeva che quei sorrisi celavano un alone di falsità, e che la morte era alle porte. Eppure li
ingannava a sua volta, fingendo di essere ingannato, sapendo che la fine era
vicina, essendo orgoglioso e non domandando venia per nulla, perché lui non
sbagliava mai.
Il volto del giovane era
una maschera di dolore e compostezza, sotto la zazzera di capelli neri che aveva qualcosa di
principesco.
Naruto era stato sempre
lì a rallegrare quella spoglia camera con allegria, sul volto del giovane
riuscendo a strappare dal volto del giovane un sorriso quasi grato.
E quando la morte era
arrivata era morto col cuore in pace, perché Sasuke sapeva, perché non aveva
nulla per cui chiedere perdono e nulla di incompiuto.
Il medico pianse, pianse
finché non ebbe lacrime per piangere, desiderando ardentemente la presenza del
compagno per scaldarla tra le forti braccia.
Perché se Sasuke era
l’amico, il primo amore, Naruto era l’uomo della sua vita.
Solare, frizzante,
goffo, semplice, sensibile.
La stringeva tra le
braccia e la baciava con dolcezza in quei momenti che sembravano non avere via
d’uscita. La incoraggiava quando tornava a casa stanca dalle morti che aveva
dovuto sopportare, le regalava un sorriso quando la sua giornata era spenta. E
ancora la faceva ridere con le sue arie da sbruffone che celavano un passato
doloroso e mai dimenticato, sebbene superato.
La sua rabbia così
impulsiva e il coraggio che lo contrassegnavano glielo facevano caro.
Quando Sasuke era morto,
Sakura ricordava le braccia di Naruto che la stringevano cancellando la
solitudine per quanto possibile.
Aveva stretto il suo
coro di donna la notte, mentre tra le coperte e il dolore Sakura piangeva
l’amico perduto.
Era stato una roccia,
Naruto.
Almeno, di fronte a lei.
Ma sapeva, Sakura, che
le sbucciature sulle nocche dell’amato erano i segni dei pugni tirati contro il
sacco da pugilato, che il lividi erano i lividi che si era procurato lottando
in palestra per sfogare la rabbia, che le gocce che le avevano bagnato la
schiena nuda durante quella notte infame, non erano altro che le lacrime dell’uomo.
Ma gli uomini non
piangono, gli uomini sono forti e non mostrano dolore.
Le lacrime continuarono
a scivolare, dolci e sinuose.
Sasuke Uchiha, altro
uomo, era morto con la compostezza di un serafico principe alla presenza dei
suoi guerrieri. Non aveva pianto, aveva detto loro addio con un sorriso
sarcastico.
- Addio Baka, addio
Sakura. -
La voce non aveva
tremato, le ultime parole erano state dette in tono fermo, eppure… non senza un velo di tristezza mascherato da
orgoglio.
- Non dovevi… andartene…
Sas’ke! -
Si strinse le ginocchia al
petto, scossa nell’anima.
Aveva dissezionato il
suo migliore amico con freddezza, la voce che parlava non pareva neanche la
sua.
Cos’era lei, un essere
senza paura?
Un paio di braccia
familiari la strinsero, un bacio scivolò, leggero, sul suo collo.
- Shh, ci sono io ora. -
- Naruto... -
Il giovane biondo
sorrise, la prese tra le proprie braccia forti, stringendola al petto.
- Devo pulire, devo… -
sapeva che il compagno l’avrebbe portata a casa.
- Kakashi-sensei lo farà
per te. - Kakashi era il primario del reparto di medicina d’urgenza.
- Naruto… -
- Passi già troppo tempo
in ospedale, andiamo! -
Non ammise repliche, il
gioviale ragazzo.
Sakura si arrese
all’irruenza del compagno, appoggiando la testa sulla spalla dell’amato mentre
questi [la portava chissà dove.
Naruto le diede un bacio
leggero sulla fronte, asciugò le lacrime della ragazza con altri piccoli baci.
Non poteva sanare il
dolore per la perdita di Sasuke, ma poteva alleviarlo.
Lui aveva già sofferto
in passato e poteva sopportare la perdita di qualcuno, ma Sakura … Sakura era
una ragazza fortunata, non aveva mai perso nessuno di caro, fino a quel
momento.
Conosceva le sensazioni
nel cuore della ragazza, perché in parte erano anche le sue, sebbene le mascherasse
con allegria.
All’inizio era stato
geloso di Sasuke, il bello, il perfetto angelo di pietra, l’idolo di ogni
ragazza, ma ben presto aveva imparato a rispettarlo e a convivere con lui,
anche se a Sasuke non l’aveva mai detto. Sapevano entrambi di nutrire rispetto
nei confronti dell’altro.
Quando il “teme” si era
ammalato non ci aveva fatto neanche caso. Era iniziato tutto con un banale
raffreddore non curato, una febbre leggera.
Ma Sasuke era troppo
orgoglioso.
E l’orgoglio…
Lo aveva condotto alla
morte.
Al letto d’ospedale.
Al dolore.
La morte era solo uno
dei tanti passaggi.
Fottuto orgoglio!
Uscì dall’ospedale con
la dottoressa tra le braccia, entrò in macchina, facendola sedere sul sedile
posteriore della Chevrolet nera.
- Dove mi porti? -
Naruto sorrise, inserì
la chiave ed accese la macchina. - Ora vedrai. -
La ragazza si domandò
che cosa avesse in mente quel pazzo scatenato del compagno.
Le case si susseguivano
veloci, tra gli alberi e le vie.
- Ma stiamo andando a
casa! -
- Mmm… sì. - Naruto rispose
divertito.
La ragazza trovò strano
il comportamento del compagno, di solito non era così laconico, anzi era una
persona estremamente … loquace …
Naruto posteggiò la
macchina in un parcheggio davanti ad un edifico alto, una palazzina a dieci
piani, il loro condominio.
Convivevano da circa tre
anni, ancora prima che Sasuke si ammalasse del morbo che lo aveva portato alla
morte.
Naruto la fece scendere,
chiuse la macchina e le mise una benda attorno agli occhi.
- Guarda che lo so che è
casa nostra. -
- Ma la sorpresa arriva
ora! - La prese in braccio e lei perse la cognizione del tempo.
Un bacio la sciolse,
mentre sentiva l’ascensore aprirsi e Naruto schiacciare il tasto del loro piano…
o almeno così credeva.
L’ascensore si aprì con
un sonoro click.
La donna sentì le chiavi
di casa girare nella toppa, poi Naruto la poggiò a terra e chiuse la porta a
mandate.
La guidò dolcemente fino
al divano, la fece sedere e le mise una scatola alquanto pesante in mano, poi
la sbendò.
- Apri la scatola. -
disse, quasi non trattenendo la sorpresa che la ragazza avrebbe trovato all’interno.
- Spero che sia qualcos...
- la donna cominciò a scartare il pacco rosso, avvolto da un fiocco dello
stesso colore con dolcezza, aspettandosi qualche trovata del partner. La
sorpresa fu enorme quando vi trovò un cucciolo di cane.
Un husky dal pelo
grigiastro e folto, che poteva avere sì e no un mese, due occhi azzurrissimi
che la guardavano insonnoliti.
Lei lo prese con
dolcezza dalla scatola, stringendoselo al petto, carezzando dolcemente quel
pelo setoso e morbido.
- Naruto… -
- Ti presento Sasuke.-
Disse lui, ridendo.
- Sasuke?! - La ragazza
lo guardò sorpresa.
- Non trovi ci sia una certa somiglianza? -
- Sasuke era molto più …
-
- Hai ragione il cane è
molto più bello del teme. -
Le labbra di Sakura si incresparono
di un sorriso amaro, amaro perché Naruto non aveva capito che aveva solo
bisogno di bere ma al contempo dolce, perché qualcosa in quel cane le diceva
che il nome "Sasuke" non era una scelta sbagliata. E ancora indugiò
negli occhi e sul muso marrone del cucciolo, cercando una risposta, senza
trovarla. In fondo Naruto non aveva tutti i torti. Si arrese a quel nome,
restando serena per qualche strano motivo. Il cucciolo era un mezzo lupo … un
essere solitario, proprio come Sasuke. Gli occhi azzurri dell’animale la
guardarono con aspettativa.
- Sasuke. Mi piace … -
Baciò il compagno sulla
bocca, indugiando sulle sue labbra.
- Nulla potrà
sostituirlo ma il cane sarà un ottimo passatempo! -
Il cane si voltò e
azzannò la mano di Naruto.
- Bastardo! -
- Vedi, Naruto? È
proprio identico a Sasuke … -
Il giovane la baciò
ridendo, il cane sorrise e si accucciò, trovando una nuova casa.
Sorrise, come se fosse
possibile.
Sorrise, Sasuke.
Aveva una nuova casa,
una nuova famiglia.
La famiglia dei suoi due
migliori amici.
Secondo alcuni l’anima
di un defunto entra in un circolo di rinascite sino ad arrivare all’illuminazione,
al Nirvana o come lo si voglia chiamare.
L’anima di Sasuke, lupo
silenzioso e schivo, si era reincarnata nel mezzo lupo.
Mezzo, perché quei
sorrisi prima della morte, quel calore umano, l’avevano trasformato in qualcosa
di diverso.
Forse per qualcuno il
Nirvana è l’illuminazione.
Ma, forse, il Nirvana, è
qualcosa di soggettivo.
Il Nirvana per Naruto
era l’amore di Sakura.
Il Nirvana per Sakura
era l’allegria di Naruto.
E per Sasuke?
Per Sasuke, il Nirvana,
era essere felice, senza essere domato.
Il Nirvana, per Sasuke,
era quella famiglia.
Il Nirvana era l’amore e
la libertà.
Il mezzo lupo si addormentò
mentre i due facevano l’amore, riscaldato dalla passione dei due corpi vicini.
Ululò alla luna.
Ululò alla luna, libero
e soddisfatto.
Aveva trovato il suo
Nirvana personale.
Note:
1 Cellule del tessuto intercapillare del glomerulo renale, costituito da una miriade di arterie.
Contest & Co.
Quarta Classificata: 34,5
“Nirvana” di bravesoul
Grammatica e Stile: 6,5
Ci sono un bel po’ di cosette che stonano
nel modo in cui hai scritto. La prima cosa che ho notato è l’uso di aggettivi
non troppo idonei riguardo agli oggetti a cui si riferivano e delle ripetizioni
che potevano essere evitate. In più l’alta presenza dei puntini di sospensione
che una volta, due volte possono essere usati per dare un’idea di sospensione,
appunto, della lettura, ma non troppo spesso, perché onestamente danno fastidio
(a dirla tutta, ho passato un bel po’ di tempo a chiedermi perché tu li avessi
messi, in alcuni punti, quando un punto o una virgola ci sarebbero stati
benissimo). Ma la cosa che mi ha fatto abbassare il punteggio è stata la
presenza due correzioni in rosso lasciati ancora dal betaggio.
Originalità: 8,5
Sakura che fa l’autopsia a Sasuke mi è molto
piaciuta. Ancora una fanfic così la dovevo vedere. Mi ha molto sorpresa, brava.
Anche per come hai svolto la trama dopo, semplice ma delicata e introspettiva
allo stesso tempo. Un buon lavoro.
Attinenza: 7
Troppo
incentrata, alla fine, su Sasuke. Questo mi ha fatto abbassare il punteggio. Sì,
il NaruSaku c’era, ma il tutto mi sembrava fatto apposta per spiegare l’idea di
Nirvana che aveva Sasuke. Non era esattamente ciò che volevo.
Caratterizzazione: 9
Mi sono piaciuti. Oh sì, ma proprio tanto.
Sakura era perfetta, forte e determinata, sicura nel suo lavoro, ma debole e
fragile allo stesso tempo; Naruto così uomo, così lui, perfetto in tutte le sue
sfaccettature. Rincuora Sakura e si mostra forte davanti a lei per darle forza e
coraggio, ma poi appena lei si addormenta, ecco che spunta fuori il Naruto
ragazzino, che piange la morte di un caro amico. Perfetti entrambi.
Giudizio Personale: 3,5
Se non fosse stata incentrata troppo su
Sasuke, l’avrei apprezzata di più: è l’unica che pecca che posso trovare a
livello di contenuto. Però ne sono rimasta affascinata da come hai mosso i
personaggi. Davvero niente male, complimenti.