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Autore: Sistxh    11/02/2018    3 recensioni
La prima cosa che dovete sapere leggendo queste pagine è che non vi è un vero e proprio inizio.
Né una vera conclusione, a dirla tutta. Questa è la mia versione dei fatti.
Questi sono i miei pensieri riguardo tutto quello che è successo e se state leggendo, quasi sicuramente è perché sono morto.
Qui non ci sono bugie -che è poi quello che vi aspettavate da me- solo la realtà dei fatti.
Diffidate di quello che vi è stato detto, l'Oscurità è una forza cosmica troppo vasta per comprenderla.
Datemi del cinico, freddo e disumano ma io non sono mai stato tipo da accettare le cose sulla parola,
e si dà il caso che sappia che la mia storia non è altro che trama e metafora, che è poi ciò di cui sono fatte tutte le storie.
E ciò che le rende un successo o una leggenda, è come la storia viene raccontata, e da chi.
Altri hanno già avuto l'occasione di raccontare la loro versione dei fatti.
Questa è la mia. Partiamo dal giorno in cui sono nato...
-Benjamin Solo.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Kylo Ren, Luke Skywalker, Nuovo personaggio, Principessa Leia Organa
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Klelia and Kylo Trilogy.'
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                                                                                                           VI.
 
 "Ho trascorso anni a scrutare nella notte, aspettando un segno, al punto di ritrovarmi col collo dolorante.
Quando nessuno poteva vedere o sentire, quando ero lì da solo, freddo e silenzioso,
esprimevo desideri sui sentieri più deboli, sperando nel loro ritorno.
Ci vollero settimane per comprendere che ero stato abbandonato.
Non c'era più traccia di loro.
Ho gridato in agonia, non i loro nomi, non parole, no...
l'unico suono fu quello dell'urlo provocato dalla spaccatura della mia anima.
Avevo perso ciò che amavo.
Ora che ci penso mi mancano le stelle cadenti; l'ultimo scintillio morente prima che tutto diventi buio.
Gli astri hanno tracciato il passato, ed ora le mie mani sono vuote ma coperte di polvere di stelle..."
 
I suoi genitori gli avevano detto di metterci il cuore in tutto quello che faceva e lui gli aveva dato ascolto, aveva versato, versato e riversato. Era stato prosciugato; forse è per questo che ora si sentiva così vuoto. Aveva visto andare via coloro che l'avevano sempre amato, era come se una parte di lui non ci fosse più.  Si sentiva vuoto eppure così pieno di emozioni, come se anche la più piccola cosa potesse spingerlo oltre e iniziare ad urlare e piangere come un bambino, perché voleva i suoi genitori indietro. 
 Subito dopo averli visti andare via fu pervaso da emozioni negative; era stato abbandonato, ormai non provava altro che dolore. Ma dovette ricordare a sé stesso che loro lo avevano lasciato lì, con lo zio, per il suo bene per fargli conoscere la Luce e presto sarebbe divenuto un Jedi. Ma a volte più cerchiamo l'aumento nella luce più le nostre radici lottano verso il basso, verso il buio profondo, verso il male.  
 Ed è proprio il male che Luke percepiva in quel momento, il ragazzo a fianco a lui emanava forti sensazioni; il suo cuore aveva subito una piccola spaccatura, Luke avrebbe dovuto aiutarlo a controllare la rabbia e il dolore.  
"Ben, non sono andati via per sempre." cercò di rassicurarlo e gli poggiò una mano sulla spalla. 
Il ragazzo girò il capo di scatto e lo guardò, i suoi occhi color nocciola erano ormai neri, come l'oscurità che si propagava nel suo cuore. Non era un amante del contatto fisico, quando le persone che non conosceva lo toccavano, si ritraeva sempre, disgustato dal loro tocco. E lo zio per lui era uno sconosciuto, ma avrebbe prima o poi dovuto imparare a conoscerlo. 
"Temo di non rivederli mai più."  confessò a bassa voce, e guardò la mano dell'uomo, ancora sulla sua spalla. 
Ma Luke riuscì a sentirlo lo stesso e ritrasse la mano "Non è vero, li vedrai il prima possibile, ora vieni, ti faccio conoscere i miei discepoli."  

I due si girarono e percorsero i pochi metri di distanza che li dividevano dai ragazzi. Li raggiunsero, Luke si fece avanti mentre Ben rimase un passo dietro di lui. "Questo è mio nipote Ben Solo, nuovo allievo dell'Accademia e vostro futuro compagno d'allenamento." pronunciò l'uomo a voce alta. 
Nessuno dei sei proferì parola; rimasero lì fermi, le braccia incrociate dietro la schiena dritta e a testa alta guardavano Ben con uno sguardo di sfida. Lui era l'ultimo arrivato, l'ultimo della catena. Quei ragazzi erano disciplinati, rispettosi ed educati, ben presto si rese conto che avrebbe dovuto lavorare sodo per raggiungere il loro livello. 
"Ora gli farò fare un giro dell'Accademia, voi tornate ad allenarvi." disse Luke indicando un punto lontano. 
"Sì, Maestro!" urlarono all'unisono i tre ragazzi e le tre ragazze, poi corsero verso il grande prato verde, dove a coppie ripresero il loro allenamento fisico. Ben rimase un attimo a guardarli, esterrefatto, erano così violenti mentre lottavano eppure i loro movimenti erano aggraziati, sembrava stessero danzando.
"Vieni ragazzo ti mostro i luoghi principali del tempio." gli disse lo zio e il ragazzo prese il borsone che aveva precedentemente lasciato a terra. 
 
Attraversarono il grande giardino esterno e una volta passato un piccolo ponte di legno, che collegava due parti di terra separate da un ruscello, si ritrovarono di fronte alla grande porta del tempio. Luke sollevò la mano a mezz'aria sotto lo sguardo stranito del nipote, con l'uso della Forza aprì la porta ed entrarono nella grande sala principale.  Il pavimento era in legno chiaro e le pareti di pietra bianca, sulle quali scorrevano immagini olografiche di famosi Jedi, affiancate da statue in legno, mantenendo un'aura di riflessione silenziosa.  
Vi erano quattro colonne in marmo, sormontate da capitelli decorati con motivi floreali, che sostenevano il peso di una grande cupola, dalla quale ondeggiavano antichi stendardi; all'interno vi era un monumento. 
"Che cos'è quello?" chiese Ben curioso, mentre camminava all'interno della grande sala, ampia e luminosa. 
"Quello è l'Occhio di Zallow." rispose Luke indicando l'enorme dodecaedro che ricordava un Olocrone. 
"Venne chiamato così in memoria del Maestro Jedi Ven Zallow, caduto durante il Sacco di Coruscant." spiegò brevemente. 
Ai lati del monumento si diramavano le due scalinate principali, di colore rosso che portavano alla sala da bagno centrale, affiancata dalle camere da letto. Al piano terra invece vi erano altre due sale, a destra quella da pranzo e a sinistra una grande biblioteca contenente anche gli archivi Jedi. 
"Seguimi, ti mostro la tua camera."  entrambi iniziarono a salire la scalinata. Una volta in cima girarono a destra e si fermarono dinanzi ad una porta di legno. 
"Eccoci, purtroppo le coppie di coinquilini già sono formate, quindi starai da solo... spero non sia un problema." disse l'uomo con uno sguardo tenero e il ragazzo fece spallucce. 
"No, nessun problema" rispose subito e una linea apparve tra le sue sopracciglia, voleva dirgli che lui preferiva stare solo e che ormai ci aveva fatto l'abitudine.  
Luke mise la mano sul pomello dorato e aprì la porta, facendosi di lato per far passare il ragazzo. Ben titubante entrò nella stanza e rimase sorpreso dalla sua semplicità. Il rumore dei passi sul pavimento in legno riecheggiò per tutta la camera, le pareti erano beige, su quella centrale vi era una grande finestra che dava sulla grande radura che circondava il tempio; riusciva a vedere gli alberi e i cespugli muoversi, si era alzato il vento.  
 Posò il borsone sul letto e si sedette, il materasso era morbido, guardò fuori dalla finestra, i raggi del sole lo colpirono in volto e per riuscire a vedere dovette alzare una mano cercando di coprire gli occhi. Di fronte a lui vi era un altro letto, per un ipotetico futuro coinquilino, inoltre vicino vi era una cassettiera dove avrebbe potuto riporre i suoi vestiti. Poi notò che sotto la finestra c'erano una scrivania e una sedia; già si vedeva lì a scrivere nei giorni in cui non avrebbe avuto nulla da fare. 
"Ti piace?" chiese Luke entrando nella stanza. Era rimasto fuori tutto il tempo per dare spazio al nipote e lasciarlo prendere confidenza con l'ambiente. 
Ben lo guardò, i lati della sua bocca si piegarono in un timido sorriso "Molto, è perfetta per me, ho tutto quello che mi serve." 
"Bene, ne sono felice." rivelò Luke sorridendo, poi incrociò le braccia al petto "Ora ti spiegò in cosa consisterà l'allenamento."  
Ben annuì, pronto ad ascoltarlo.  
"Tutte le mattine ci svegliamo all'alba e facciamo colazione insieme. Ci sono lezioni di gruppo tutte le mattine e i pomeriggi, dove si impara e si fa pratica tutti insieme," iniziò a spiegare Luke "una volta a settimana vi è una lezione individuale con me, lo faccio per definire i bisogni specifici di ognuno." 
Perfetto, pensò Ben. Se avesse avuto qualche problema avrebbe potuto parlarne con lui in privato.  
"Il sabato, si fanno le escursioni di gruppo, mentre la domenica avete la giornata libera per fare quello che volete." terminò e si rese conto che il ragazzo lo guardava pieno di speranza. 
"Il mio allenamento comincia domani?" 
"Sì, ma dato che gli altri sono qui da più tempo, si alleneranno da soli invece tu farai lezione con me, quando sarai pronto poi ti unirai a loro." rispose Luke sorridendo.  
Il ragazzo abbassò il capo "Non sarò mai al loro livello." 
"Ascolta Ben, non ho intenzione di andare piano con te solo perché sei mio nipote," la solita dolcezza di Luke era stata strappata per rivelare la rigidità al di sotto "Lascia che te lo dica semplicemente: se non hai intenzione di provare, non vali il mio tempo." 
Ben inghiottì un groppo di saliva, quasi come volesse mandare giù anche tutto il panico che l'aveva invaso per lasciar posto al coraggio, quel coraggio che gli serviva per affrontare la durezza dello zio. Si alzò in piedi, era più giovane e ingenuo dell'uomo di fronte a lui ma più alto e questo gli diede sicurezza. 
"Io farò tutto quello che devo, mi impegnerò più degli altri, non per raggiungere il loro livello ma per superarli."
Luke spalancò gli occhi, era come se stesse guardando sua sorella.
Scoppiò in una fragorosa risata "Quanto vigore, è proprio quello che volevo sentire... ora vieni andiamo a pranzare con gli altri."  
"Preferirei restare qui a sistemare le mie cose." spiegò Ben.  
"Questa volta la scampi, ma stasera dovrai cenare con gli altri ragazzi e io non ci sarò." commentò Luke girandosi, pronto ad andarsene. 
"Mi sta bene, ma ora voglio stare solo."                                      
"Se è quello che vuoi... ci vediamo domani." lo salutò Luke. 
"A domani." rispose il ragazzo un attimo prima che la porta si chiudesse. Lui rimase lì al centro della camera, si guardava intorno, regnava il silenzio; ma pochi sanno che è proprio il silenzio ad essere il più potente degli urli. 
 
                                                                                                                   *** 
La prima cosa che fece fu mettere a posto le sue cose, poi il resto del pomeriggio lo passò a leggere e a scrivere; proprio mentre scriveva si rese conto guardando fuori dalla finestra che si era fatto buio. Osservò il paesaggio contornato da straordinarie montagne, erano in penombra, ma poté captare la loro maestosità.  Il cielo era tetro e tenebroso, le nuvole sembravano gocce di carbone... una tempesta stava per arrivare. 
Ben provò una sensazione di estrema oppressione, di un imminente crollo terreno, tutto ciò gli diede un brivido... quel brivido dell'ignoto e dell'irraggiungibile. Era giunta ora di cena, avrebbe fatto la conoscenza di persone nuove; si alzò e si sgranchì le gambe mentre si massaggiava i polsi per facilitare la circolazione. Era nervoso, gli sudavano le mani. 
Si avvicinò allo specchio, e diede un'occhiata all'immagine riflessa. Aveva le occhiaie, una caratteristica di famiglia, si passò una mano tra i capelli cercando di aggiustarli poi si sistemò la tunica. Era pronto, quindi uscì dalla stanza e percorse il lungo corridoio che portava alla scalinata.
 
Scendendo gli ultimi scalini, sentì voci e risate provenire dalla sala da pranzo, si avvicinò a passi lenti e senza fare rumore entrò. Scrutò l'ambiente e notò che la sala era più piccola di quanto avesse immaginato. Il pavimento era in aragonite bianca e le pareti dello stesso colore dell'emimorfite, sul soffitto vi erano grandi archi a la base dei quali nascevano colonne con il fusto in marmo bianco. Lungo la parete destra della sala c'erano delle ampie finestre circolari e al centro tra una e l'altra delle lanterne, unica fonte di luce. Ma quest'ultime riuscivano a svolgere bene il loro compito, la luce arrivava fino al centro della sala dove erano posti i tavoli, ora occupati dai sei allievi intenti a mangiare e a scherzare. 
 L'obbiettivo di Ben era di non farsi notare, ma fallì miseramente, insomma come si fa a non notare un ragazzo alto un metro e settanta? Infatti appena entrato, rubò l'attenzione di una ragazza dalla carnagione chiara e i capelli rossi che lo aveva scrutato con i suoi grandi occhi verdi.  
Subito si era girata verso gli altri "Ragazzi, silenzio, è qui!" disse cercando l'attenzione dei suoi amici. 
La ottenne e in un attimo nella sala piombò il silenzio, tutti si girarono e lo fissavano curiosi. Lui se ne stava lì e cercava di evitare il contatto visivo mentre si torturava le mani. 
D'un tratto una voce lo costrinse ad alzare lo sguardo "Ehi, Solo!" lo chiamò un ragazzo. Quest'ultimo si alzò e si avvicinò pericolosamente a lui; era alto quasi quanto Ben, di carnagione scura con gli occhi neri e i capelli mori. "Io, mi chiamo Jai." si presentò, squadrandolo da capo a piedi.
"Piacere, io sono Ben." 
"Sì, questo lo sanno tutti." commentò il ragazzo con fare altezzoso "C'è una cosa che tutti noi vorremmo farti sapere..." 
"Ovvero?" 
"Se pensi di essere trattato come un animale domestico solo perché sei il nipote di Luke e tua mamma è una principessa, resterai sorpreso," rispose Jai "Dovrai lavorare sodo come chiunque altro, forse più duramente... a volte il talento salta una generazione." 
Ben non riusciva a credere alle sue orecchie, non lo conoscevano e già facevano supposizioni su di lui, lo disprezzavano e lo insultavano... che cretini.  Era quello che pensavano tutti, avevano solo scelto un portavoce mentre il resto restava lì ad assistere alla scena, complici. 
"Se non sono il benvenuto qui, preferisco mangiare da un'altra parte." sibilò, serrando la mascella e di corsa uscì dalla sala.
Era furioso; in fondo anche le persone più gentili hanno dei limiti perché sanno in prima persona che la vita non lo è. Le persone gentili non nascono così, non inciampano nella gentilezza, le persone gentili sono forgiate nel fuoco, nell'oscurità e nelle stelle che implodono. 
   
 
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