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Autore: Marra Superwholocked    12/02/2018    0 recensioni
Crossover tra P!ATD e Supernatural ("Il demone che voleva diventare cantante" e "Take a chance on me") nonché sequel delle mie ff citate in parentesi.
(Undicesima stagione)
Lucifero è alla ricerca di un nuovo tramite, presumibilmente per vendetta, ecco perché Crowley, il Re, deve temporaneamente lasciare il Trono. Chiederà dunque aiuto a due persone ...speciali, senza aspettarsi che dalla loro collaborazione possa nascere quel qualcosa che chiamiamo Amore.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Brendon Urie
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Annabeth, la saga'
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Chapter Tenth

Lights

 

Annabeth guardava la pioggia cadere pigra sull'asfalto rovente. Era stata una giornata estremamente calda, quella, ed ora si godeva il cielo giallo del tramonto coperto da nuvole piene d'acqua che tardavano a svuotarsi. Brendon le arrivò alle spalle, cingendole i fianchi. Com'era successo? Solo un attimo prima era una cacciatrice di taglie e ora... Aveva lasciato tutto per lui, un demone. Se ripensava alla prima impressione che ebbe nel vederlo, le veniva da sorridere, si sentiva in colpa. Staccò le mani dal davanzale dell'appartamento e si voltò. «Questa casa è bellissima.»
«Tu lo sei» le disse Brendon sollevando un poco un angolo della bocca.
Annabeth arrossì. Si voltò di nuovo e dette un altro sguardo alle nuvole sopra New York. «Sai, Brendon» disse la ragazza, timidamente. «Quando l'incantesimo di mio padre mi ha portata in quell'universo parallelo, ho avuto modo di ascoltare molta musica e...» Annabeth lasciò la frase un poco in sospeso, giusto il necessario per farlo incuriosire. «Sei un artista davvero incredibile, Brendon. Anche dall'altra parte.»
Lui chiuse gli occhi, sorridendo, l'aria tiepida gli scompigliava i capelli. Nessuno mai glielo aveva detto, non così perlomeno. Annabeth custodiva dentro sé una sincerità disarmante. «Grazie» sussurrò. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che erano stati all'Inferno? Forse era passato un mese, forse di più, chi lo sa? Crowley, tuttavia non si faceva sentire, il che era una cosa molto positiva: non gli interessava se loro due andavano a letto insieme. O era forse tutto un suo progetto?
Brendon si accigliò in un millesimo di secondo e Annabeth lo notò.
«Cos'hai?»
Il demone aprì la bocca, ma non trovava le parole; non voleva interrompere la magia. Eppure, nel profondo, avvertiva che qualcosa non andava... «Nulla.» Ed un sorriso della ragazza di cui s'era innamorato spazzò via tutto.


L'ultimo raggio di sole se ne era andato ormai da parecchi minuti quando Brendon stappò la seconda bottiglia di vino della serata. «Un brindisi a noi due!» esclamò con gli occhi un po' stanchi.
«Un altro?» rise Annabeth prendendo il bicchiere. «Non staremo esagerando?»
Brendon fece spallucce. «N'ah... La notte è giovane!»
«Ma noi un po' meno» esclamò lei. Già. Anche se Un po' meno era riduttivo per un demone ed una nephilim nata in Mesopotamia.
Brendon poggiò il bicchiere sul tavolino davanti al divano su cui erano mezzi sdraiati e si aprì un bottone della camicia bianca e immacolata: aveva caldo, tremendamente caldo. Si alzò. I resti di una cena thailandese vennero presi e portati sul lavandino della cucina, poi il demone si passò le lunghe dita d'una mano tra i capelli umidi e increspò le labbra. Pensò ad uno scatolone abbandonato in cima ad un armadio nel ripostiglio delle scarpe. Erano anni che non lo apriva e questo perché le festività erano diventate ormai prive di senso per lui. «Aspettami qui» le disse con un sorriso. «Torno subito.»
Qualche minuto dopo, Brendon era di nuovo in sala, a pochi passi dalla ragazza.
Annabeth posò il bicchiere. «Tutto bene?»
«Balliamo» propose lui.
Lei si alzò, incerta e un po' brilla. Non era ubriaca, no, solo un po' leggera, barcollante, priva di tutta quella pesantezza che si sentiva sulle spalle ogni dannatissimo giorno da quando era tornata dal Paradiso. Era così felice, ora, tra le mura di quell'appartamento, sotto il cielo di New York, lontana da qualsiasi porta dell'Inferno, tra le braccia di Brendon... Si dondolavano girando in tondo, lei con la guancia poggiata sul petto di lui, come due liceali al ballo scolastico, senza musica, eppure Annabeth sentiva un motivetto lieve, appena sussurrato...


Whether near or far
I am always yours
Any change in time
We are young again


Annabeth sollevò lo sguardo e vide Brendon cantare ad occhi chiusi.


Lay us down
We're in love


Annabeth si lasciò prendere dalle emozioni e attirò a sé il viso di Brendon per poterlo baciare. Un altro bacio caldo, lungo e umido. Si staccarono e si guardarono a lungo nelle iridi scure fino a che Brendon non prese l'iniziativa: svelto ma dolce, fece scivolare le sue calde mani sotto la maglietta di lei, sulla sua schiena rovente.
Annabeth avvertì un brivido dalla testa ai piedi e tremò leggermente quando sentì le palme di Brendon salire fino alle ascelle. Allora lei sollevò le braccia e chiuse gli occhi e Brendon lanciò in aria la sua maglietta. Non le staccava gli occhi di dosso e le pupille gli si ingrandirono all'inverosimile: la voleva più di ogni altra cosa.
Bottone dopo bottone, anche la camicia del demone venne sfilata e alla fine lanciata in aria. E poi le cinture e i pantaloni e le scarpe, tutto. Rimasero con addosso solo la propria carne e la biancheria intima.
Ansimanti, si guardarono per dei minuti che sembrarono ore, poi Brendon camminò piano all'indietro, un passo alla volta. Tese una mano ed Annabeth l'afferrò seguendo i suoi passi verso la camera da letto. Una strana luce di un colore indefinito li stava attendendo dietro l'angolo e più li attirava a sé, più si poteva distinguere il rosso dal blu dal verde dal giallo dall'arancio...
Annabeth si accorse della scenografia luminosa solo una volta messo piede nella camera buia e colorata; dietro di lei, Brendon le sfiorava i ganci del reggiseno. Guardò affascinata il letto: lo spinotto della piccola lampada posta sul comodino era stato staccato per far spazio ad un lungo cavo il quale serpeggiava tutto attorno alla testata in legno, lasciando pendere da esso circa un metro di lucine abbaglianti; ai piedi del letto, poi, un secondo cavo di lucine colorate era stato semplicemente posato lì, a formare una spirale piatta.
Ad Annabeth scappò un sorriso. «Per chi sono?» chiese imbarazzata.
Brendon, per tutta risposta, le afferrò i capelli senza tirarli e le girò attorno fino ad arrivarle nuovamente di fronte. La attirò di più a sé e le mordicchiò il lobo di un orecchio, facendola rabbrividire. Dopodiché, camminando ancora all'indietro, la portò verso il letto e ce la fece sdraiare sopra. Fulmineo seppur gentile, legò i polsi della nephilim con il cavo di lucine che pendeva dalla testata del letto e le caviglie, tenendole un po' separate tra loro, con l'altro cavo posto ai piedi del materasso. Dato che il cavo era molto lungo, avanzavano all'incirca un paio di metri e sarebbe stato uno spreco lasciarli penzoloni. Senza pensarci due volte, dunque, Brendon prese il cavo in più e lo passò attorno ad una gamba di Annabeth salendo fino alla vita; arrivato lì, si accorse di un errore e si sentì stupido. Si accasciò a sedere sul morbido materasso ed esclamò: «Crowley ha ragione!»
Ed ecco che tutta la magia si era dissolta nell'aria all'istante. «Come, scusa?» fece Annabeth tirando un po' su la testa per vedere meglio Brendon che rideva tra sé e sé.
«Sono un idiota» sussurrò lui. Notò poi la confusione e l'irrequietezza della sua amante e indicò le sue mutandine. «E ora come facciamo?»
Annabeth si rese conto della situazione imbarazzante e rise; un paio di lacrime le scesero fino a raggiungere le orecchie, ma non erano lacrime tristi: era divertita, una sensazione che, ultimamente, provava assai raramente e solo grazie a quella faccia da schiaffi che faceva smorfie stupide mentre lei rideva. Riaprì gli occhi e lo vide giocherellare con l'elastico dei suoi boxer; ci stava guardando dentro e al buio, Annabeth avrebbe giurato che una promettente protuberanza era pronta a spuntare fiera e orgogliosa dall'unico indumento che egli indossava. Ritrovata una buona serietà, anche se sempre sorridente, Annabeth gli accarezzò una coscia con un piede. «Ehi» disse per attirare la sua attenzione e funzionò. «Sei un demone. Non ti ferma niente e nessuno. Usa il tuo potere.»
Brendon si era quasi dimenticato di cosa fosse. Un demone. E un demone non dovrebbe avere ostacoli, specialmente così stupidi. Sorrise, ma più che un sorriso sembrò un ghigno e fece uno strano verso. Stava ringhiando? Gattonò fino a raggiungere il bacino di lei col suo e ci si appoggiò sopra delicatamente. Alzò una mano e schioccò le dita. La biancheria intima di entrambi sparì e ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, fino a che Annabeth non sollevò le gambe legate contro la schiena di Brendon e lui cadde in avanti.
La pelle rovente di lei si scontrò con quella fresca di lui che le baciava ora le labbra ora il collo e poi scendeva fino ai seni, un'aureola, poi l'altra, lo sterno, tornava sui seni e li umettava di baci sensuali facendola ansimare dolcemente. Si soffermò a lungo su un capezzolo o forse fu solo un'impressione di Annabeth; comunque sia andata, la nephilim sentiva solo che Brendon stava facendo un giro troppo lungo e moriva dalla voglia di arrivare al dunque.
Ed ecco che Brendon, come se le avesse letto nella mente, scese sul ventre di Annabeth e lo baciò, poi mordicchiò leggermente i fianchi, infine, dopo istanti lunghi un'eternità, Annabeth urlò di piacere.

   
 
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