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Autore: InsertACasualUsernameHere    13/02/2018    1 recensioni
"Rey Doe, tristezza blu dalla nascita, si smarrì in iridi di cieli privi di stelle e vi trovò una strada, rischiarando ombre oscure creò una via nella notte più profonda.
Kylo Ren, tristezza rossa tramutatasi nel tempo, si perse in iridi di deserti caldi e vi trovò rifugio, guidato da una luce intensa che sporcò trascinandosi dietro tenebre che segnarono percorsi pericolosi.
Preda e predatore, lui in missione, lei la missione.
Sullo sfondo di fili sottili della tela d'un ragno invisibile, pronto a divorare il mondo, e dei ronzii d'ali di libellule, determinate a sfuggirvi e distruggerne l'operato, due anime opposte e simili s'incontrano e scontrano, generando scintille di sofferta passione che ha il sapore d'un gioco pericoloso dal retrogusto agrodolce di purezza sporcata e menzogne sanguinanti sincerità"
[Modern!AU][Criminal!AU][Ovviamente Reylo][Utilizzo creativo di terminologie canon][C'è quasi tutto il canon, in chiave tempi moderni][Il triangolo non l'avevo considerato][Finn & Poe!Friendship][Hux & Kylo!Kind Of Friendship][Finn/Rose][Leia/Han][Futura variazione del raiting][Tutti concordi sul fatto che questi tag sono troppi?]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Generale Hux, Kylo Ren, Leader Supremo Snoke, Poe Dameron, Rey
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter Two : Masquerade Truth

 

[ trouble on my left, trouble on my right
I've been facing trouble almost all my life
m
y sweet love, won't you pull me through?
Everywhere I look I catch a glimpse of you
I said it was love and I did it for life
did it for you ]
 

South Side, Chicago, USA 
Ore 11.28



Se pensava d’aver avuto un’idea brillante ora, messo dinnanzi alla realtà dei fatti, si da del coglione fissandosi intorno con l’aria ebete di chi sembra esser sbarcato direttamente da un altro mondo.
La baracca, perché non può trovargli aggettivo migliore che descriva il precario e devastante stato in cui versa quella che, dagli immobiliari, gli è stata venduta come casa, è un ammasso di mattoni sorretti da cemento eroso, il tetto tegole in legno marcio, il giardino una selva d’erba incolta, le pareti fatte di muffa e gore d’acqua stagna al soffitto, i mobili cadono letteralmente a pezzi, l’anta in cucina gli è rimasta tra le mani e la maniglia della porta è crollata a terra appena se l’è chiusa alle spalle, per aggiustare il pietoso stato in cui versa la dimora Kylo spenderà più di quanto gli è costata, l’unica cosa che gli resta da fare è sospirare; darsi dell’idiota e fissare le scale che non ha ancora avuto il coraggio di salire.

Si ripete, ad ogni scricchiolio prodotto dalle assi, i valorosi motivi per cui sta compiendo l’immenso sacrificio, ma è difficile convincersene quando si è costretti a schivare un topo, sbucato da chissà quale buco alla parete, che sfreccia via sotto lo sguardo sempre più allibito di Kylo, magra consolazione la finestra della camera da letto da sulla fiancata della casa affianco, permettendo di controlle i movimenti dei vicini; le catapecchie popolari si somigliano tutte, vicine centimetri l’una dall’altra, e monitorare Rey non sarà difficile.
Come se l’avesse richiamata a sé col pensiero se la ritrova lì, sotto i suoi occhi, ad armeggiare con qualche rottame di poco valore, nel vialetto a retro della dimora, i castani capelli raccolti in una crocchia scomposta, disordinata come gli oggetti che la circondano, una tuta color sabbia, sporca d’olio per motori e chiazze scure non identificabili, ne circonda l’esile figura vestendole larga, facendola sembrare ancora più minuta, le dita si muovono rapide a smontare pezzi armeggiando con cacciaviti di varie forme; deve ammetterlo crescendo è diventata molto più carina.
Non che sia rilevante, certo è un incentivo sostanzievole al fine del buon esito della missione di recupero dati, la cosa importante però, ora, è presentarsi, scendere in strada, fingersi casuali vicini in cerca di socializzazione e lasciar emergere tutto il carisma di cui è dotato; la voce di Hux, un diavolo appoggiato alla spalla, ridacchia già.

Inspira, trovando il coraggio di ripercorrere a ritroso le scale, che cigolano sempre più insistentemente, si aggiusta la sottile maglietta grigia, arrotola il lembo della corta manica incastrandovi il pacchetto di sigarette, ed esce lasciando che la sottile brezza primaverile ne scompigli le onde corvine, una volta fuori si china a raccogliere uno scatolone, lasciato al ciglio della porta, lanciando casuali occhiate alla vicina che, tuttavia, pare non averlo neppure notato, ragione per cui Kylo pensa bene di far, casualmente, cadere lo scatolone che produce un suono sufficientemente chiassoso da riuscire ad attirare l’attenzione della castana.
Capo sollevato e schiena ritta, ciuffi svolazzanti, sporge la testa oltre la bassa staccionata che divide le due case, sembra una mangusta curiosa con quegli occhietti vispi, nocciola autunnale, strappa quasi un sorriso sincero dalle labbra di Ren, le ricorda ancora la bambina che era la prima volta che la vide, ma si costringe a mantenere un’espressione da bravo ragazzo, tanto impacciato quanto cordiale, la giovane si affretta a sorridergli


“ti serve una mano?”


Non si aspettava di certo un simile altruismo, non sin da subito, ma forse è questione di quartiere, magari nel South Side, una distesa di povertà e case popolari, ci si aiuta spesso, magari le persone qui sono diverse dal sobborgo di ricchi imprenditori e politici corrotti della San. Francisco d’alta società e Kylo scuote il capo, immedesimandosi nel personaggio


“no, grazie – abbozza un sorriso di fasulla timidezza – non vorrei disturbare”

“ma figurati – la voce della castana è squillante, gioiosamente gentile, svanisce oltre la staccionata – sei nuovo, vero?”


Ricompare poi, pulendosi le mani al tessuto logoro dei pantaloni di quella che, ora Kylo riesce a notarlo meglio, è una salopette da meccanico, l’indumento che più detesta al mondo, si forza di apparire imbarazzato dalla presenza solare della giovane che l’affianca rapida, chinandosi ad aiutarlo nel raccogliere gli oggetti caduti a terra


“è tanto evidente?”


Dice, inserendo dell’ironia impacciata nella facciata da bravo ragazzo di periferia, e Rey gli porge un sorriso sghembo in risposta, annuendo soltanto, come immaginava non l'ha riconosciuto, dev'essere davvero cambiato al punto da risultare irriconoscibile, come le disse la madre anni prima, e forse parte del merito è anche da attribuire agli occhiali, squadrati, che si è obbligato ad indossare ed ai capelli corvini, visibilmente allungatesi sino a sfiorargli la base del collo


“non ci sono molti trasferimenti da queste parti – chiarisce la giovane, un pizzico di melanconia a renderle un po’ meno luminoso il volto – da dove vieni?”


Kylo deve rifletterci, questa parte non l’aveva ancora preparata, non ricordava che la castana fosse così espansiva, col senno di poi se lo poteva immaginare, infondo che genere di persona aiuterebbe un estraneo in fuga da un plotone di paramilitari se non una molto, troppo, estroversa?


“Naperville”


È la prima cittadina che gli viene in mente, una delle tante visitate, Rey continua a mantenere quel sorriso gentile, genuino come forse mai ne ha visti prima, così ampio da renderne visibile l’intera arcata dentale, d’un bianco splendente, soffia una risata leggiadra, aiutandolo a sollevare lo scatolone


“non è molto lontano da qui – constata, porgendo il cartone contente gli oggetti raccolti tra le mani del corvino – cosa ti ha portato a trasferirti da lì in un quartiere come questo?”


Le sopracciglia aggrottate ne denotano la sincera confusione e le braccia, allargate a fendere l’aria che li circonda, sottolineano il concetto inespresso, ma reso chiaro, cosa può aver spinto un giovane ragazzo di periferia ad emigrare in uno squallido quartiere di Chicago?


“lavoro”


Non è neppure troppo distante dalla realtà dei fatti, infondo si è davvero comprato una casa nel South Side per motivi strettamente lavorativi, il fatto che includano la sorveglianza del vicinato e, soprattutto, l’infiltrarsi nelle loro vite discretamente ed estrapolare le informazioni necessarie non può certo dirlo, fortunatamente Rey non pare volergli chiedere altro in aggiunta, s’umetta le labbra annuendo


“beh, benvenuto…”


Le esili dita sospese a mezz’aria, in attesa d’un nome, il corvino la sfiora appena, un contatto necessario, che lascia un’impronta calda, una sensazione piacevole, al palmo della mano


“Kylo Ren”


Esclama, nella certezza che nessuno, né nei bassi ranghi dell'Ordine, né tanto meno nella Resistenza, conosca il nome che si è scelto, le iridi ancora a quella stretta, delicata e solida, un congiungimento tra le pelli che, per qualche motivo, lo fa sentire insolitamente rilassato, come se fosse in grado di sciogliere la tensione, merito forse anche del bagliore luminoso che illumina le iridi della castana, pezzi di luce gioiosa ricolmi di speranze e buone intenzioni, occhi che non si vedo di frequente nella folla di persone egoisticamente concentrate alle proprie vite e che lo rimandano, inevitabilmente, nel passato che era certo aver rimosso


“Rey Doe, piacere di conoscerti”


È quando il contatto creatosi si dissolve lento che Kylo se ne rende conto, è la prima volta, dopo anni di cui ha smarrito il conto, che viene sfiorato dal calore umano di sincero interesse, di spontanea gentilezza, il ricordo di una carezza impreme una traccia nella pelle, scavando per insediarsi sin nelle ossa, è patetico, debole, inadeguato lasciarsi cullare da simili pensieri d’irrazionale e pericoloso sentimentalismo; inspira non riuscendo ad abbozzare neppure la menzogna d’un sorriso ospitale


“se hai bisogno di qualcosa – gli dice Rey, mentre si allontana tornando a nascondersi dietro la staccionata – chiedi pure…tranquillo non disturbi”


Lo avverte già, urlandoglielo con il tono di voce frizzante di chi vive avvolta in una bolla d’allegria, la mano sporge oltre le assi in legno gesticolando un segno di saluto e Kylo socchiude gli occhi, lo scatolone stretto all’addome, si trascina la porta col piede chiudendosela alle spalle, tornando ad essere quel che ha finto di non essere, sospira gettando il cartone, ricolmo d’oggetti inutili, al divano malconcio; insidiosi ricordi d’un passato lontano gli suggeriscono che, forse, l’obbiettivo da raggiungere sarà più difficile di quanto previsto. 
 
 

[ We will come to pass, will I pass the test?
You know what they say, yeah
the wicked get no rest
y
ou can have my heart, any place, any time ]
 


Downtown, Chicago, USA 
Ore 16.22



L’attico spazioso, irradiato dalla luce del primaverile sole, arredato interamente sulle sfumature del nero e del bianco, con sprazzi di rosso bordeaux, al centro del quartiere commerciale della Chicago borghese, è ufficialmente suo, dal momento che quel ragazzino testardo ha deciso di traslocare tra gli squallori della povertà più povera; poco male, vorrà dire che Hux si godrà le comodità dell’agio economico e riderà del disagio in cui Ren vivrà per chissà quanto.
Millicent si è già abituata alla nuova sistemazione, probabilmente l’appartamento al terzo piano, della medesima palazzina, non piaceva neppure a lei, di sicuro il chiasso dei coinquilini al piano superiore infastidiva anche la gatta, che passeggia con felina fierezza di stanza in stanza, oscillando la ritta coda, dal manto striato d’arancione e bianco, soffermandosi di tanto in tanto al davanzale di qualche finestra che da sulla strada trafficata d’auto di lusso, imprenditori ed uomini d’affari in giacca e cravatta, miagolando sottile alla vista di uccellini che svolazzano tra i tetti dei palazzi che fendono il cielo terzo di metà marzo.


“e quindi Ren è incastrato nel South Side”


Ridacchia una voce sottile, strozzata, dal tono leggermente basso, alle spalle di Hux che si volta incontrandosi con occhi d’azzurro ghiaccio, distese siberiane che ne ricordano, ancor più dei lineamenti duri del volto, un rotondo dai contorni squadrati e zigomi taglienti, le origini est europee della giovane, le annuisce soffermandosi a guardarne le carnose labbra, così piccole e strette da formare un cuore, distendersi in un ghigno beffardo


“sono certa che ci fosse un metodo migliore – ne conviene lei, incrociando le braccia al minuto petto – sì, lo so…non sono affari che mi riguardano, non è di mia competenza”


Sbuffa, mimando buffe espressioni di goffa imitazione del rosso, avanzando a passo leggiadro, oscillando come una modella in passerella, elegante persino fasciata nei pantaloni della tuta d’allenamento, portandosi al fianco del generale


“ti preoccupa”


Non glielo sta chiedendo, lo sta leggendo come un libro aperto, come soltanto lei è in grado di fare, ed Hux le concede, unica eccezione in un mondo di regole, la libertà di sfiorargli la spalla e stringergli le sottili dita attorno al bicipite


“Ren è un ragazzino viziato ed imprevedibile – soffia il rosso, una punta d’astio a farne vibrare la voce – potrebbe mandare in fumo l’intera operazione e sai…”

“quanto tu abbia faticosamente lavorato per renderla infallibile – ne mozza le parole la donna, concludendo per lui – ma lo stai controllando ed interverrai tempestivamente, impedendogli di rovinarla”


La forza e la sicurezza di una fiducia totale che mai nessuno, neppure Snoke, ha riposto in Hux lo colpisce diritto al centro del costato, scavando uno spazio, ancora più profondo, in quel preciso punto che, i più, chiamerebbero banalmente cuore, ritagliandosi un angolo su misura in quel piccolissimo posto che si è riuscita a creare nel corso degli anni.
Le iridi smeraldo si soffermano a percorrere ogni centimetro della figura che l’affianca, dalla punta dei soffici capelli biondo cenere sino ai piedi incastrati in scarpette da ginnastica, fermandosi poi nello sguardo fiero di ghiaccio inscalfibile, freddezza accogliente, gelo confortevole; Zoya è una bambola rotta che Hux ha trovato nella cesta degli oggetti senza valore dell’Ordine.

Ferita, sgraffiata, lacerata nell’animo, i segni della violenza d’una vita troppo crudele visibili solamente in quelle iridi di sguardi distanti, persi in paure, tormenti d’incubi ad occhi aperti, una bambina di dieci anni terrorizzata dal mondo, troppo debole per l’Ordine, troppo inutile per il padre, venduta in cambio d’una sacca di rupie e vodka d’ottima qualità, Hux l’ha trovata spezzata, una ragazzina come lui, diversa da tutti gli altri, maltrattata da chiunque, e l’ha aggiustata; Zoya è il lato umano, l’unico, in un’esistenza schematica ad inseguire obbiettivi, a vivere d’ordini meccanici, è la flessibilità nella rigidità.

La mano del genere si posa lieve alle nocche della giovane, strette attorno al proprio braccio, un ghigno arrogantemente sicuro di sé ne piega l’angolo delle sottili labbra serpentine e Zoya si sporge in punta di piedi, le bocche s’incontrano in un unione fugace, un gesto umano che rimane racchiuso nell’intimità d’una solitudine condivisa, modellata per essere loro soltanto.

È un segreto, l’umanità che condividono.

È un segreto, una debolezza che Hux mantiene protetta dietro pareti di indifferenza che ne mascherano un bisogno naturale d’umano calore.

È un segreto Zoya, unico punto fermo, unica libertà nella routine di doveri e statiche azioni perfettamente e rigorosamente impeccabili.
 
 

[ Got so much to lose
got so much to prove
God don't let me lose my mind ]

 

Ufficio della Repubblica delle Nazioni Unite, New York, USA 
Ore 17.05



Poe Dameron cammina a passo svelto, ampie falcate che fendono l’aria e lo spazio stretto del corridoio addobbato di ritratti, foto dei personaggi più importanti che hanno contribuito alla nascita della Repubblica delle Nazioni Unite, insieme di Stati sparsi su suolo mondiale unitisi allo scopo di garantire pace, stabilità, uguaglianza e protezione ad ogni popolo.
L’occhio frettoloso si sofferma per un fugace istante ad osservare l’immagine della senatrice, ai tempi giovanissima, Organa Leia la cornice affissa affianco a quella della madre, prematuramente defunta, eterna paladina, divenuta emblema della lotta per la pace e della luce della speranza; la senatrice Padmé Amidala.
Storia triste, travagliata, quella della famiglia Skywalker, forse è per questo che ogni componente dell’albero genealogico è cresciuto così fiero e resistente, forte del coraggio e dell’audacia che aiuta i tenaci, forse è per questo che sembrano tutti destinati a guidare il mondo verso il bene; formatisi nelle tragedie e nei lutti di guerre interne e sotterrane.


“ah sei qui”


Lo ridesta una voce femminile ed un sorriso sbarazzino l’accoglie alla fine del corridoio, poggiata contro lo stipite della porta, chiusa alle sue spalle, Jessika Pava lo incita a raggiungerla


“siamo in ritardo – lo avverte, non appena Poe l’affianca – la riunione è già iniziata, da almeno dieci minuti”


Il pilota inspira, annuendo a cercare di scrutare oltre le finestrelle in vetro oscurato, ovviamente scorgere i membri presenti è impensabile, l’amica ridacchia battendogli un pugno leggero alla spalla


“che diamine avevi da fare? – chiede, abbozzando un risolino curioso – di più importante di questo?”

“siamo in ritardo Jess – gli ricorda con un ghigno beffardo, spingendo il maniglione in acciaio della porta – di almeno dieci minuti, non vorremo perdere altro tempo?”


La scimmiotta amichevolmente e Jessika si limita a mostrargli il medio, mimando un vagamente minaccioso “poi non mi scappi” tra le labbra, varcando l’ingresso silenziosa, seguendo il pilota sino all’ultima fila dell’ampia platea di spalti che creano un cono di sedie in legno che discende sino al centro della sala, gremita di persone, gli occhi di tutti fissi al palco, microfono in mano e sguardo deciso, Leia Organa espone a grandi linee i successi ottenuti dall’esercito a scopo umanitario, la Resistenza, ed informa i presenti dell’unica, significante, novità che per giorni è stata mormorata tra le file dei soldati


“grazie all’eccellente operato dei nostri valorosi piloti – l’ego di Poe si gonfia, carezzato dalle parole della senatrice – siamo stati in grado di proteggere, ancora una volta, l’ex guida dei Jedi, Luke Skywalker, dalle minacce dell’Ordine”


L’applauso che si sprigiona dalla platea è accolto con un sorriso compiaciuto, di speranza ed orgoglio, da Leia che solleva poi la mano, mostrando il palmo a richiedere nuovamente silenzio


“il lodevole impegno della Resistenza ci ha anche permesso di rintracciare e mantenere segrete parte delle coordinate del rifugio in cui, con ampie probabilità, si trova quello che per molti è ancora considerato al pari di un maestro – una sfumatura malinconica ne fa vibrare la voce impregnata d’emozioni trattenute a mantenere l’atteggiamento da generale per cui è nota –e la Repubblica delle Nazioni Unite è pronta a rintracciarne i pezzi mancanti e pregare, ancora una volta, Luke Skywalker d’unirsi alla causa ed aiutarci a mantenere l’equilibrio di pace al fine di proteggere i codici Jedi, l’ammiraglio Holdo vi istruirà per ciò che concerne la missione”


Conclude infine, lasciando il posto e la parola alla donna, dai corti capelli tinti d’uno sgargiante, quanto particolare, lilla che s’erge al centro del palco, figura longilinea, scrutando i presenti alla ricerca degli interessati scelti per il delicato compito di recupero, elencando una sequenza di nomi tra i quali figura, prevedibilmente, anche quello del più esperto tra i piloti della Resistenza e Poe Dameron, orgoglioso e fiero nel sorriso sghembo d’arrogante sicurezza, affianca rapido i restanti componenti del plotone di recupero dati; pronto ad intraprendere la missione decisiva per il futuro del mondo intero.

 
 

[ Trouble on my left, trouble on my right
I've been facing trouble almost all my life ]
 


Luogo imprecisato, nove mesi dopo  


“quello che stai per fare è un atteggiamento che non tolleriamo nel…”


“quello che sto per fare non riguarda né la Resistenza, né l’Ordine” 


Inspira, espira, ghigni di sfida si scontrano per l’ultima volta, maschere di fredda rigidità scivolano infrangendosi al suolo, sono umani, soltanto umani disperati ora 


“siamo traditori, feccia della peggior specie” 

“non ha alcuna importanza” 


Un serpente senza denti ed uno scorpione senza pungiglione, il medesimo sguardo d’ira furente e fiamme combattive, di rivolta e dolore, a generare fuochi incontenibili 


“resti comunque feccia, ragazzino” 

“resti comunque un fantoccio, generale” 


Non è un ghigno, non è una sfida, né una provocazione, è un sorriso sghembo di flebile conforto, alleanza inconsueta, sempre esistita e mai compresa, quel che rischiara una lotta inaspettata che li coglie soldati nello stesso battaglione, uno scontro che nessuno dei due avrebbe mai pensato di dover affrontare l’uno al fianco dell’altro; una luce che è nata nelle tenebre a rischiare vite d’ombre inquiete.

 

My sweet love, won't you pull me through?]
Cage The Elephant -- Trouble 
Innanzitutto ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto tra le seguite, preferite e ricordate tale tentativo di storia; grazie mille per la fiducia. 
Poi mi sento di voler ringraziare anche i selenziosi lettori, nella speranza che vi stia piacendo quel che state leggendo. 

Spero di non essermi dilungata troppo e di non essere stata troppo confusionaria. 
Come avrete notato ho aggiunto un ofc , Zoya, necessaria ai fini della trama perché qui, carissimi lettori interessati, il Generale Hux avrà un ruolo più importante e sarà, probabilmente a rischio ooc e me ne assumo le responsabilità, più "umano" (non posso crederlo una macchina, perdonatemi, ma non ci riesco) spero comunque non vi dispiaccia troppo; più avanti spiegherò meglio questa parte. 
Per quanto riguarda Kylo e Rey, al primo incontro, mi auguro siano ancora un po' IC, anche se per ovvi motivi Kylo deve essere diverso da quel che abbiamo avuto modo di vedere. 
Stesso discorso per Poe e per le cose che ho cercato di trasportare dal canon ad una versione AU ambientata in tempi moderni.

Detto questo spero che qualcuno stia gradendo.
Come al solito qualsiasi commento, suggerimento, critica e quant'altro è sicuramente accetta; incoraggia anche un po'. 

Grazie, 
alla prossima 
  
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