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Autore: Reginafenice    13/02/2018    1 recensioni
Ho immaginato come, qualche mese dopo la morte di Elizabeth, Ross avrebbe potuto reagire ad un incontro non pianificato con il frutto della suo adulterio, Valentine, e quali sentimenti avrebbe suscitato in lui l’avere a che fare concretamente con quel figlio mai riconosciuto una volta messo finalmente di fronte alla realtà che, per quanto dolorosa, lui non è mai stato in grado di accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Demelza si riprese dallo svenimento trovò le sue dita intrecciate in quelle di Ross, il quale aveva sperato inutilmente che con quel gesto avrebbe potuto convincerla ad abbandonare il rancore nei suoi confronti e perdonarlo più facilmente, una volta ripresa conoscenza.

Ben presto, infatti, le sue aspettative furono deluse dal momento che Demelza sfilò rapidamente le dita dalla sua presa, facendogli intuire che non aveva alcuna intenzione di riappacificarsi con lui. Si raddrizzò, alla ricerca di una posizione più confortevole, evitando qualsiasi forma di contatto.

“Ti sembra un atteggiamento maturo?” Chiese lui.

“Senti chi parla!” Rispose Demelza, decisa, questa volta, a non concedergli una vittoria facile.

Ross si passò una mano sul viso, “Non ho nessuna voglia di fare la guerra con te, Demelza. E sinceramente mi preoccupa il fatto che ti sia sentita male. Perciò, se non hai niente da obiettare, vado a riprendermi Prudie. Non puoi fare tutto da sola!”

Demelza fece per rispondere ma, quando intravide la testolina di Jeremy sbucare da dietro la porta semi aperta, preferì trattenersi.

“Entra pure…” lanciò un’occhiata di fuoco a Ross.

Jeremy avanzò lentamente verso il letto, fermandosi a qualche centimetro di distanza, poi sua madre gli tese una mano per incoraggiarlo a sedersi vicino a lei.

“Ho sentito che stavate litigando e poi, tutto d’un tratto, non ho sentito più niente e…”

“Non devi preoccuparti, tesoro. E’ tutto a posto, vedi?” Jeremy si tranquillizzò.

Mentre continuava a parlare con lui, Demelza si sporse leggermente in avanti per osservare Ross, il quale, nel frattempo, aveva chiuso in una busta la lettera appena redatta con l’intenzione di portarla a Trenwith.

“Jeremy, pensi tu alla mamma mentre io sono fuori?” Gli posò una mano sulla piccola spalla ma, prima di raggiungere la porta, la voce di Demelza lo costrinse a fermarsi.

“Forse faresti bene a non scendere, se non vuoi ritrovartelo davanti. Anzi, credo proprio che sarebbe meglio se ti rinchiudessi nella tua torre d’avorio, finché qualcuno non si deciderà a liberarti da questo impiccio…”

Ross evitò di rispondere alla sua provocazione, limitandosi a scrollare la testa in segno di disapprovazione, quindi si precipitò giù per le scale e, dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno, prese giacca e cappello e uscì in fretta da casa.

Si incamminò, in groppa al suo cavallo, verso la tenuta che ora apparteneva a George Warleggan, riuscendo con fatica, a tenere a bada i nervi mentre pensava a quanto sarebbe stato spiacevole dover ritornare ad avere a che fare con lui.

Mentre si avvicinava alla staccionata che delimitava i confini della proprietà, notò la luce di una lanterna che si faceva sempre più intensa, illuminando il suo profilo contro uno sfondo completamente buio.

Quando gli fu chiaro di chi si trattava, il fedele servitore di George prese a ridere sotto i baffi unti, una mano ferma sulla pistola che aveva nella cintura, “Chi si vede! Non siete un ospite gradito da queste parti, sapete?”

Con un vago ghigno ironico, Ross gli porse la lettera, “Lo immaginavo. Sono venuto solo per consegnare questa. E’ molto importante.” Desiderò con tutte le sue forze che quell’idiota facesse in modo di tenere la bocca chiusa.

“Perché, siete troppo codardo per consegnarla di persona?” Riprese a starnazzare, questa volta ancora più sonoramente di prima, mischiando le risate ad una tosse spaventosa, che finì per impietosire Ross e convincerlo a passare oltre quell’offesa.

“Vedremo chi tra noi due sarà quello più spaventato…” con una certa soddisfazione, rimontò sul suo cavallo, lasciandosi quel bifolco e tutte le sue ridicole insinuazioni alle spalle, per partire alla volta di casa Enys.

In lontananza, riconobbe la figura di Dwight che si faceva strada tra la neve a ritmo serrato, probabilmente ansioso di ritirarsi dalle sue ultime visite e rifugiarsi nella comodità di un salotto riscaldato apposta per lui. Ross gli andò incontro, raggiungendolo a pochi metri dal cancello principale.

Quella giornata aveva messo Dwight a dura prova, non tanto come medico quanto come amico, perché aveva compreso benissimo quanto fosse difficile per Ross avere a che fare con quella situazione e quanto potesse essere insopportabile il dover riaffrontare i fantasmi del passato, proprio quando ogni cosa sembrava rifiorire nella sua vita e indirizzarlo verso un meritato riscatto.

“Ross, il bambino si è sentito male?” Non appena lo individuò, gli urlò contro, sovrastando il suono impetuoso del vento, per sperare di farsi sentire.

“No, lui sta bene. E’ Demelza che mi ha fatto spaventare, in effetti credo che abbia bisogno dell’aiuto di Prudie. Sono venuto per liberarvi della sua presenza.”

Dwight annuì in maniera non del tutto convinta, “Cosa è successo? Non credi piuttosto che abbia bisogno del mio di aiuto, visto che…” rimase in silenzio per un po’ e poi ricominciò “Senti Ross, io te lo devo dire…” non fece in tempo a completare la frase che il cancello massiccio fu aperto, concedendogli una breve tregua, almeno fino a quando non avrebbe avuto l’occasione di valutare meglio la situazione con Caroline.

Invitò il suo amico a sistemarsi vicino al fuoco, intrattenendosi con lui per un po’, mentre qualcuno tentava di convincere Prudie a ricongiungersi col suo padrone, ma quasi immediatamente preferì lasciarlo da solo a contemplare le proiezioni di luce, create dalle candele degli opulenti lampadari di cristallo che scintillavano sopra la sua testa, per mettersi alla ricerca di sua moglie.

La trovò intenta ad imboccare Horace, seduta su una poltrona damascata proprio all’ingresso della loro camera da letto. Quando lei si accorse della sua presenza lasciò che il cagnolino scivolasse lungo le sue gambe.

Dwight le prese le mani calde, “Mia cara, temo di doverti scomodare per un po’. Ross è venuto a riprendersi Prudie, perché Demelza non si è sentita bene e crede che, condividendo con lei la fatica, possa rimettersi più facilmente, ma non ha fatto alcun accenno al…”

Caroline balzò in piedi, “Non riesco proprio a comprenderla a volte! Cosa aspetta a dirglielo?”

Insieme si incamminarono verso la sala in cui Dwight aveva lasciato Ross, trovandolo in piedi a discutere con Prudie. Attesero in silenzio fuori scena, nascosti dal drappo cremisi della tenda, per godersi quel momento esilarante prima di affrontare una questione particolarmente delicata.

All’ultima supplica di Prudie, affinché Ross le concedesse un’altra settimana di dolce far niente in quella casa così bella, Dwight si fece sfuggire una risata e, solo dopo una discreta gomitata da parte di sua moglie, ammise di aver fallito e uscì allo scoperto accompagnato da Caroline.

“Caro Ross, Dwight mi ha accennato all’indisposizione di Demelza. E’ qualcosa di preoccupante?” Ross non l’aveva mai vista così nervosa.

“Non ha perso l’uso del sarcasmo, quindi sono sicuro che sta bene.” Guardò nella direzione di Dwight, come a voler cercare una sorta di spiegazione all’agitazione che percepiva in entrambi. Iniziò a sospettare che loro sapessero qualcosa che lui invece ignorava, qualcosa sulla salute di Demelza che, da quando era tornato, continuava a gravare nell’aria che respirava quando si trovava in loro compagnia e che cominciava ad allarmarlo.

A Caroline non sfuggì quell’espressione confusa, perciò si sedette al suo fianco, pregandolo di ascoltarla, “Mi dispiace moltissimo dover tradire la fiducia di un’amica, ma questo segreto doveva pur essere infranto prima o poi e, visto che lei stupidamente persiste a tenertelo nascosto…” si torturò le mani, sperando che Ross riuscisse a capire prima che potesse macchiarsi dell’onta di tradimento, quindi fece una pausa per prendere tempo.

Dwight la stava osservando attentamente, con una calma rassicurante negli occhi, mentre Prudie saltellava impaziente, appoggiata con un gomito sulla mensola del camino, in preda ad un’eccitazione incontenibile.

Ma Ross continuava a non capire.

Resosi conto della difficoltà in cui si trovava Caroline, il medico si assunse tutta la responsabilità del caso, preparandosi ad esordire, ma fu bloccato all’istante da un commento del tutto inaspettato da parte di Prudie.

“Insomma, quante storie! Ve lo dico io capitano Ross, la padrona aspetta un bambino e non ha voluto dirvelo. E questo è tutto!” Dwight la rimproverò con lo sguardo, ma non poteva negare il sollievo che provava e che leggeva negli occhi di Caroline, dopo aver ascoltato quelle parole da una bocca estranea all’accordo che invece vincolava le loro.

Ross scoppiò in una risata liberatoria, abbandonandosi contro lo schienale del divano su cui era seduto, “Perché mai non me lo hai detto prima?” Si rivolse a Dwight, poi continuò, “Per una volta, devo riconoscere l’utilità dell’intervento di Prudie. Altrimenti, saremmo andati avanti così almeno fino all’alba!”

La signora Paynter annuì, smoderatamente compiaciuta di se stessa.

Tuttavia, ben presto, fu chiara a tutti l’inclinazione malinconica che assunse l’espressione di Ross, come se soltanto allora fosse riuscito ad assimilare il contenuto reale della rivelazione di Prudie. A quel punto, infatti, le risate si dissolsero nell’eco prodotto dall’immensità dell’ambiente che ospitava tutti loro, cedendo il posto al silenzio, ritenuto la scelta più appropriata alla situazione.

Caroline arrossì mentre si accarezzava il ventre piatto, “Mi sento in dovere di liberare Dwight da qualsiasi colpa. Io e Demelza avevamo deciso di comunicarvi la notizia insieme, ma avere un marito medico non aiuta a celare i sintomi di una gravidanza, quindi ho dovuto ammetterlo prima del dovuto. Lei, invece, non aveva altra scelta se non quella di aspettare che tu tornassi da Londra. Solo, non capisco perché non l’abbia ancora fatto…”

‘Non ha avuto il coraggio di dirmelo…’ pensò tra sé e sé Ross, poi indirizzò a Caroline un sorriso incerto e si congratulò frettolosamente con Dwight, il quale ricambiò le felicitazioni, tendendogli la mano, in maniera così impercettibilmente imbarazzata che chiunque, ad eccezione di Ross, avrebbe avuto difficoltà a notare. Ma anche a Dwight non sfuggì il disagio che accompagnava i modi di Ross, il cui umore era cambiato radicalmente nel giro di pochi minuti.

Ross decise, pertanto, di togliere il disturbo, invitando Prudie a seguirlo senza fare troppe storie. La donna obbedì svogliatamente, avendo già intuito che, nello stato d’animo in cui si trovava il suo padrone, il viaggio di ritorno sarebbe stato alquanto difficile da sopportare per entrambi.

   
 
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