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Autore: Blue Poison    15/02/2018    3 recensioni
[YoongixSuran]
«Rilassati.»
Yoongi si lasciò andare a una risata vuota, che si generò e si estinse velocemente, con le sue onde sonore di struttura che si distesero fino a scomparire, come i grossi anelli prodotti da un sasso gettato in un ruscello; gli parve quasi di poterle vedere tuffarsi nell’oceano e venire trascinate via dall’acqua che andava ritirandosi.
«Ho la certezza che quella parola non esista nel mio vocabolario.»
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un ringraziamento speciale va a
Vavi, Margherita, Leyla, Simona e Noemi,
che nonostante la distanza fisica mi hanno
dato una grosse dose di incoraggiamenti;
un grazie anche alle mie care compagne di scleri in uni<3
 
 
 
 
Silently subtle
 
Il Tempo era scandito secondo le onde pigre della riva sottostante, con il riverbero della luce che incrostava la spuma biancastra e l’ondulata lastra di rena umida lasciata dai flutti precedenti: divoravano le impronte dei fantasmi che passeggiavano sulla baia e si ritraevano con lentezza esasperante, spezzando i ritmi dei rigidi intervalli del divenire.
L’oceano dialogava indisturbato con chiunque fosse disposto ad ascoltarlo, invitando alla quiete e alla riflessione: uno sciabordio singolare, delicato, seguito da un basso fruscio di granelli di sabbia e frammenti di conchiglia che si accatastavano e scivolavano uno sopra l’altro in miriadi di microscopiche valanghe, che continuamente venivano afferrate e rilasciate dalla mano gentile dell’acqua.
Senza fretta, Yoongi procedeva sulla passerella translucida prodotta dalle onde sfuggenti: il sole, debole e fiacco nella foschia di nuvole, calava dall’alto del tetto celeste, e si specchiava nel vasto e gelido oceano, gettandone sulla superficie e ai piedi del ragazzo un riflesso tremolante simile a un sentiero per il paradiso.
Era tutto statico lì.
Una sfera ritagliata nella caotica vita di Seul, fragile come una bolla di sapone, ma efficace quanto un’abile bugia, progettata per inglobare la mente in uno stato di torpore onirico, per sanare l’anima ammaccata a causa del brusco trascinamento del Tempo verso un futuro di doveri, responsabilità, capolinea e per estirpare da essa l’ansia crescente a ogni sguardo ai numeri imperativi dell’orologio e ai conti alla rovescia, veri e propri incubi a occhi aperti.
Ma lì, ora, la vita aveva il permesso di essere lasciata in standby, cosicché la realtà, abitualmente composta da unità temporali, fosse invece assemblata da respiri e parole.
La prima delle quali, pronunciata da una voce soave e fresca, ne incoronò ufficialmente l’inizio.
«Rilassati.»
Yoongi si lasciò andare a una risata vuota, che si generò e si estinse velocemente, con le sue onde sonore di struttura che si distesero fino a scomparire, come i grossi anelli prodotti da un sasso gettato in un ruscello; gli parve quasi di poterle vedere tuffarsi nell’oceano e venire trascinate via dall’acqua che andava ritirandosi.
«Ho la certezza che quella parola non esista nel mio vocabolario.»
Ed era tristemente vero.
Probabilmente era stata cancellata dalle immacolate pagine bianche dal Tempo inesorabile che corrodeva l’inchiostro tanto quanto la ruggine faceva con il metallo; o, forse, non era mai stata trascritta, manifestandosi unicamente sottoforma di sinonimi deboli e non pienamente appaganti.
Di una cosa Yoongi era certo: lo stress era diventato il suo personale, inquietante animale da compagnia.
Per lui, non ne esisteva l’opposto, ma solo un negativo, uno stato di allerta che risultava in un promemoria pressante all’altezza del petto, una fonte inestinguibile per gli impulsi in nuce di preoccupazioni future.
La ragazza accanto a lui, le pupille annebbiate dalla luce smorzata del giorno e i capelli resi pallidi come se fossero fili di perla, inclinò appena la testa verso di lui, assimilando le sue parole; il suo orecchino di piume oscillò verso la guancia in un pigro dondolio e la mano libera, non addetta alla custodia dei sandali, guidò con naturalezza dei ciuffi vaganti lontani dal viso.
«Sei tanto nervoso?»
Yoongi ricambiò lo sguardo di Suran, la risposta già pronta all’uso sulla punta della lingua; tuttavia, un secondo dopo, si perse a guardare le dita minute di lei infrangere quei boccoli di neve e riemergere immacolate solo per sfoggiare un brillante contrasto cromatico fra quelle onde e i suoi anelli dalle pietre arcobaleno.
«Mi sento come un ordigno pronto a esplodere.» disse, lentamente, prima di rallentare il passo e voltare nuovamente la testa e avvolgendo l’intera baia in un’ampia occhiata «E sarebbe un peccato trasformarmi in polvere senza essermi goduto questa uscita con te.»
Non la vedeva spesso, Suran; come, d’altronde, la maggior parte degli altri.
Recentemente, il Tempo si era plasmato in una minacciosa ascia affilata che gli graffiava il collo, ma che ancora non lo aveva in pugno; la dedizione e la fretta con cui si dedicava a programmarlo creava un circolo vizioso, da cui risultava che “organizzare il tempo non fa che consumarlo” ed era doloroso vederlo ricavare qua e là momenti di svago razionati senza nemmeno poter decidere il Quando, schiavo dell’orologio com’era diventato.
Erano per lo più rare ore scarse, frammentate in minuti durante il giorno, fruttuose per la libertà di animo solo se composte come tali, e ricavate dalla velocità dell’esecuzione delle priorità; il cellulare era abbandonato da parte, gravido di chiamate in arrivo e messaggi, che compivano il loro dovere soltanto quando Yoongi, finalmente a riposo sulle morbide piume del materasso, leggeva veloce i riquadri colorati delle chat e si addormentava ascoltando le voci modulate e consolatorie dei suoi amici, incapace di rispondere con lucidità e la giusta attenzione fino al mattino successivo.
Gli mancavano le chiacchierate di mezzanotte con Namjoon, incentrate sul tutto o sul niente, superficiali come una ferita da carta o così profonde da riuscire a intravedere i meccanismi, gli schemi e la linfa della vita.
Gli mancavano le partite a biliardo con Hoseok e Jimin, prive di qualsiasi tecnica che non fosse puro talento naturale e pratica improvvisata di imitazioni di professionisti.
E gli mancavano le serate quiete, tranquille, quelle potenzialmente vuote e noiose quanto tele bianche da dipingere a suo piacimento con brani diversificati del suo repertorio musicale e Suran al suo fianco, un canto grezzo e dolce che si incastrava come un puzzle con le sue note; l’aria impregnata dalle emozioni interpellate dalle melodie tornate a vivere, troppo personali, troppo evocative per fare a pezzi quel piccolo mondo segreto e lasciarsi strattonare nella realtà con frasi banali.
Si sarebbe ripreso presto la sua vita?
«Che polvere sia.» disse Suran, senza indugi «Le fenici rinascono dalle loro ceneri.»
«Eppure l’ultima volta che ho controllato non avevo le ali.» commentò subito Yoongi, ripiegando sul sarcasmo come se dovesse difendersi da un nemico invisibile.
La ragazza sorrise appena, lo dedusse dal tono con cui pronunciò il suo nome un attimo dopo.
«Yoongi-yah.» lo chiamò lei, un divertito rimprovero misto a un affetto non celabile.
«Sì?» fu la replica, immediata, un effetto di regola a una causa fin troppo ben nota e potente; esitando, si portò faccia a faccia con lei, ora smettendo di camminare.
Sullo sfondo, il sole sbirciava da oltre gli scogli, l’unico baluardo di luce sopraffatto dalle tenebre incombenti, segno inconfondibile del Tempo che scorreva.
Il Tempo, il Tempo, il Tempo
«Ti batte forte il cuore.»
Destato da un trance improvviso, Yoongi tornò in sé e sbatté le palpebre un paio di volte; Suran aveva guidato una mano sulla stoffa sottile della camicia che gli proteggeva i polmoni, ancora rigonfi di un respiro mai portato a termine.
I battiti erano violenti contro il suo palmo, sulla buona strada per culminare in una crisi, imperversando contro quella soffocante tensione spirituale concentrata nel suo petto e contro la gabbia toracica fino a sfondarla.
Yoongi dischiuse le labbra ed espirò totalmente: espulse l’aria di riserva in modo così secco che le spalle si abbassarono di scatto e la sua intera postura si afflosciò su se stessa come il gambo di un labile fiore malato; quasi al rallentatore, forse dovuto all’accenno di un crollo, inclinò il capo verso il basso e posò la fronte contro quella di Suran, ultimo argine capace di bloccare il fiume in piena del caos che si sentiva dentro.
Di riflesso chiuse gli occhi, serrando le palpebre per non lasciar trasparire altro simbolo del continuo fluire di istanti irrecuperabili.
A che punto della giornata siamo? Quanto ci resta? E’ già tardi, è così ingiusto, i doveri incombono…
«A quanto vedo stai già annaspando nelle ceneri.»
«No…» soffiò Yoongi, che ancora si sentiva inviluppato nell’ansia «Sto ancora combattendo con le fiamme.»
Non si mosse, né attese che il dialogo proseguisse.
Semplicemente si concentrò sul regolarizzare il respiro, indirettamente, pensando al luogo in cui si trovava, a Suran e alla loro giornata.
Quasi subito, percepì chiaramente lo sguardo turbato della ragazza scivolare via dal suo viso come lacrime, poi un tocco delicato, ma non insicuro, che gli solleticò la base del collo, una carezza prolungata fino a insinuarsi fra i labirinti di ciocche arruffate in un silenzioso segno di conforto; i polpastrelli si facevano strada fra intrighi di mezzelune color carbone, indirizzandole in altri versi con disinvoltura.
L’accozzaglia di pensieri nella sua mente seguiva le dita di Suran come attratta da una calamita e si estinse a breve, ogni riflessione mischiata ad altre fino a perdere la propria logica; tutti i sensi, fatta eccezione per il tatto, parvero disattivarsi.
Sarebbe rimasto lì ore, così, cullato dalla calma in persona.
«Plachiamo quel fuoco prima che ti divori dall’interno.» mormorò Suran, la voce bassa ma ben chiara e decisa «Siamo anche nel luogo ideale. Ti va di salire sul pontile?»
Yoongi esitò, come se si fosse dimenticato che esistesse un mondo al di fuori di lui e della ragazza.
«L’oceano sarebbe fuori portata da lì.»
«Dipende da come pensi di raggiungerlo.»
Ed eccoli lì, in men che non si dica, impegnati a salire adagio sulle pietre massicce che fungevano da scudo al pontile a un limitare della spiaggia; con le mani ben salde l’una nell’altra, procedevano con un meccanismo cauto per cui Yoongi era come un chiodo, avanzava e si fermava ben saldo sulla roccia e in l’equilibrio stabile, pronto ad avvolgere un braccio attorno alla vita di Suran in fase di slancio.
La pedana di legno si estendeva dunque dinnanzi a loro, a pochi metri di elevazione dallo specchio d’acqua, un triangolo delimitato da ringhiere bianche con vertice sfiorante l’orizzonte; le travi della passerella tremarono sotto i loro piedi, ma Yoongi non vi fece caso, gettando invece un’occhiata curiosa alle intricate venature impresse sulle assi, che sembravano pulsare di vita come sulla corteccia di un albero grazie ai riflessi rosati dei raggi morenti.
Non c’era nessun’altro lì ed era un sollievo poter pensare -anche solo per una volta- che fosse l’universo a dover tenere il passo con loro e non viceversa: gli schemi, oggi, stavano venendo riscritti con il loro ritmo personale.
Giunti al capolinea del pontile, troncato di netto da un muro invisibile, Yoongi si ordinò di respirare a fondo, raschiando dall’anima quanta più oscurità potesse per liberarsene una volta per tutte.
Suran si accovacciò sul bordo senza timore e vi si sedette come una bambina, le gambe a penzoloni e una stretta alla mano del ragazzo per invitarlo a imitarla.
Così fece.
I muscoli a metà fra il teso e il rilassato, il bel viso di Suran nell’incavo del suo collo e una pace che si stava cautamente avvicinando a lui, sospesa nell’aria in attesa di essere accolta.
«Lo senti?»
«Che cosa?» chiese Yoongi, in un sussurro; c’era un’atmosfera tale da fargli pensare di poterla spezzare con un solo tono errato, frammentare a terra in una cascata di schegge di imbarazzo.
Si mise in ascolto.
In quell’angolo solitario, riuscì a cogliere soltanto le grida lamentose di un gabbiano, prima che il flusso ingarbugliato dei suoi pensieri strisciasse fuori dalle crepe della superficie della sua fragile concentrazione; purtroppo, il polo della sua mente frettolosa era opposto rispetto a quello della melodia del luogo e ci volle poco a respingerla senza nemmeno percepirla, come due calamite che divergono una dall’altra.
«A che cosa ti riferisci?» domandò allora a Suran e nel dirlo abbassò gli occhi su di lei; il suo respiro sulla pelle, poco sopra il colletto allentato della camicia, gli provocò dei brividi immediati.
Sulle prime, Suran restò muta, le labbra sottili appena dischiuse, pronte per dire qualcosa, ma derubate delle parole per farlo.
«L’oceano.»
«L’oceano…?» ripeté meccanicamente Yoongi e finalmente iniziò a capire e a sentirlo.
L’acqua che gorgogliava poco più sotto simile a un mormorio pieno di segreti, la sua vastezza che andava al di là della vista, raggomitolata in onde al tocco con la spiaggia e la sua forza a mala pena tenuta a bada che stava sgorgando nella sua mente come un fiume che filtra dalle brecce di una diga; goccia dopo goccia, un sibilo che presto esplose in uno scroscio potente che lo inondò completamente, sommergendo preoccupazioni, paure, ansie e trascinandole giù, negli abissi del subconscio, lontano dalla cassa di risonanza corporea.
Si sentì svuotato da riuscire quasi a udire l’eco del suo battito cardiaco rimbombare in ogni angolo contro le proprie ossa; forse per la prima volta da quando era giunto lì, Yoongi prese coscienza di dove si trovasse e in che situazione.
«All’improvviso non sono più sordo.» affermò, lucido più che mai e ammaliato al tempo stesso; le sue orecchie stavano ancora rincorrendo quel suono altalenante, il suo cuore il ritmo della quiete «Sempre che sia l’espressione giusta.»
Suran si raddrizzò per guardarlo dritto negli occhi e gli sorrise, magnetica: si ritrovò incapace di distogliere lo sguardo, il cervello in frenetico movimento grazie allo stimolo immediato; a quanto pare, non era più nemmeno cieco.
Le sue dita scivolarono sul fianco nudo della ragazza, danzando come in punta di piedi sul suo ventre piatto, un attimo prima di baciarla soavemente: una, due, più volte, con piccoli intervalli ben scanditi per alimentare il desiderio di quel contatto a lungo atteso; erano baci un po’ imprecisi, vigorosi e istintivi nella loro pura naturalezza, così come le braccia di Suran agganciate al suo collo in un abbraccio molle.
In quel preciso istante Yoongi poté giurare che, da lì in poi, nella sua testa tutto tacque.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Ciao a tutti, nuovi e vecchi lettori, se ancora ci siete ahahahah
Dopo quasi un anno di blocco più o meno costante, sono riuscita a combinare qualcosa, una one-shot che, stavolta, ha come protagonisti Yoongi e Suran, una coppia un po’ particolare che ho voluto provare a dipingere a modo mio :33
Non vorrei attirarmi sfortuna in qualche maniera, ma penso e spero che sarò più attiva con nuove fanfiction e sviluppi di trame, d’ora in poi.
Grazie a voi che avete letto e alla prossima!
 
Blue Poison

 
  
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