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Autore: ErZa_chan    15/02/2018    1 recensioni
Lancio un altro grido, mentre percepisco il dolore che attraversa il mio corpo, sempre più forte.
Tengo gli occhi chiusi, il buio mi sommerge completamente: tutto quello che sento è l'orribile squarciarsi della mia pelle e lo scricchiolio disumano delle mie ossa. [...] Il cuore mi batte all'impazzata e perdo totalmente la concezione della realtà: il mondo intorno a me diventa solo un ammasso indistinto di suoni e odori e sento di poter cedere da un momento all'altro.
No.
Devo resistere al dolore.
Non voglio morire.
Non posso morire.
Io voglio vivere.
________
Due ragazze francesi, prive di memoria, vengono ritrovate in un bunker sotterraneo durante una missione dello S.H.I.E.L.D. Non ci vuole molto perché scoprano di essere state vittime di orribili sperimenti e, affiancate dai migliori agenti del paese, cominceranno a scoprire che, nascosto nel loro passato, c'è qualcosa di molto più temibile di quanto pensino.
[Post-Avengers, Pre Capitan America TWS]
[OC(s)xAvenger(s)]
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dodici

Runaway while you can
Everything is coming to an end
Please don’t swear
This story can not begin again

Runaway-Urban Strangers

 
 
Natasha distoglie un attimo lo sguardo dalla strada deserta per osservare la sua compagna di viaggio, normalmente fin troppo loquace, che si è addormentata come una bambina, con la testa appoggiata al finestrino e i piedi sul cruscotto dell'automobile.
La russa sorride, pensando a come Camille sia stata vigile per tutto il viaggio in quinjet, durato fin troppe ore, per poi crollare non appena aperto lo sportello di quella carcassa anonima con cui sono partite da poco.
Come Natasha aveva previsto, Camille non aveva smesso un secondo di tartassarla di domande, con la curiosità insaziabile che la caratterizzava, ma non l'aveva trovata fastidiosa: ormai si è abituata alla sua esuberanza, al suo modo di non rispettare assolutamente i limiti e le decisioni altrui, come quella di Maria di mandarla in missione in Russia.
Se ci ripensa, Natasha non è molto sicura del perché abbia accettato di portarsi dietro un'agente inesperto come Camille, ma il modo in cui la francese si era preoccupata per lei l'aveva fatta sorridere, sopratutto per la sua ingenuità. Camille non l'ha mai vista veramente in azione e, in un certo senso, Natasha ne è contenta: sa che Camille la ammirerebbe ammirata, già lo fa, ma, per il momento, è l'unica a vederla come una persona, non come una super spia straordinaria.
Averla accanto è un po' come avere una radio costantemente accesa, ma Natasha si è resa conto che quando Camille non c'è, non può fare a meno di mancarle.
Fino a quando non le piomba nel soggiorno nel cuore della notte, allora si ricorda del perché si rifuta di condividere il suo appartamento con qualcuno.
Natasha sorride e torna a concentrarsi sulla strada, scorgendo il paesino dove sono dirette sbucare in lontanaza, tra le valli.
La russa si porta una mano all'auricolare e lo accende:

"Hill, ci siamo" comunica poi, senza esitazione.
 

È ora di iniziare.
 
**

Pensavo che Natasha mi avrebbe scaraventata giù dall'auto con violenza, riprendendomi per essermi addormentata, invece quando mi sveglia sembra che non abbia nessuna fretta.
 
"Buongiorno a te, biscia" mi dice, sfoderando un sorriso del tutto inaspettato.
 
"Tutto questo buon'umore mi spaventa" -sbadiglio, stiracchiandomi e uscendo dalla vettura con andatura traballante.-"A cosa è dovuto?"
 
Natasha si stringe nelle spalle e mi rifila una delle sue occhiate indecifrabili, così mi limito a ricambiare il suo sorriso e tutto il malumore accumolato durante il viaggio sembra svanire mentre ci incamminiamo verso l'entroterra.
Il nostro contatto si chiama Vladimir Sokolov, ma adesso è conosciuto come Olaf Dahl, un mite pescatore norvegese che abita a Bleik, un paesino a nord delle isoleVesteralen, sopra il circolo polare artico. Natasha mi ha spiegato che dopo il crollo dell'Unione Sovietica gran parte degli uomini che facevano parte di progetti segreti come la Red Room si sono uniti alla malavita: molti di loro sono invischiati in traffici umani, di organi, di bambini e di droga, altri gestiscono dei mercati neri e delle reti sotterranee di informazioni private.
Natasha mi ha detto di aver venduto lei stessa segreti di vario genere all'offerente più alto dopo che la Russia aveva perso il suo controllo su di lei, cosa che non mi ha sorpreso più di tanto.
 
Vladmir, a quanto pare, è stato tra i pochi a cambiare identità e a condurre una vita apparentemente normale, ma Natasha mi ha detto di sapere per certo che i suoi contatti con il mercato nero non siano cessati e che le sue informazioni possano essere discretamente affidabili.
Vivere così a nord, secondo lei, lo fa sentire protetto da eventuali minacce esterne, soprattutto in periodi come questo, quando d'inverno la neve sotterra ogni cosa, la notte dura per mesi e Bleik diventa un paese pressoché inaccessibile se non si possiede un jet privato come ilnostro che atterri nell'areoporto più vicino, nonostante le lastre di ghiaccio sulla pista.
 
Già, non è stato un bell'atterraggio,
 
Io e Natasha seguiamo le strade illuminate, uniche luci in quella notte perenne, fino a raggiungere una piccola casetta in legno rosso, costruita su palafitte proprio accanto al porticciolo dove sono attraccate barche di diverse dimensioni.
 
"Non ti ho ancora chiesto perché lui si fidi così tanto di te" le dico, poco prima che bussi alla porta dell'abitazione.
 
Natasha mi scruta un secondo con i suoi grandi occhi verdi per poi rispondermi molto brevemente.
"Mi deve un favore."
 
Vorrei domandarle cosa sia successo esattamente, ma Natasha batte due pugni sulle assi di legno prima che io possa aprire bocca. La porta si socchiude e posso intravedere la figura di un uomo, ad occhio e croce sulla cinquantina, che ci osserva con fare sospettoso attraverso lo spiraglio.
Un sorriso illumina il volto di Vladmir nel momento in cui riconosce Natasha e spalanca la porta, facendosi da parte per farci entrare.

"Natalia!"- dice, sorridendo a Natasha-"Bella come sempre."
 
La russa sfodera un mezzo sorrriso di convenienza e scuote la testa:
"Ciao anche a te, Vladmir."
 
Li guardo un attimo, stranita: penso di aver appena scoperto il vero nome di Natasha, ma non posso esserne sicura. Natalia è...un bel nome, nel complesso, forse addirittura più di Natasha e le calza alla perfezione quindi decido che, perché no, mi piace!
Sono così assorta nei miei pensieri che non mi accorgo di Vladmir che mi scruta, alzando un sopracciglio.


"Lei?" domanda poi con tono sospettoso, in direzione di Natasha.
 
"E' con me"-risponde lei, sbrigativa.-"Puoi fidarti."
 
"La Natalia che conoscevo lavorava da sola" ribatte l'uomo con un ringhio.
 
"La Natalia che conoscevi aveva smesso di credere di essere una ballerina da pochi anni e faceva quello che doveva per sopravvivere" dice Natasha, algida.
 
"Farai sempre quello che serve per sopravvivere, Natalia, lo sappiamo entrambi." sospira l'uomo, facendoci accomodare in cucina, sedute al grosso tavolo di legno.
 
Ascolto lo scambio di battute in silenzio, osservando il cambiamentodi Natasha da gentile e cordiale a gelida e spietata al primo accenno al suo passato e alle persone a lei care. Forse non dovrei sentirmi così tanto lusingata dal fatto che Natasha abbia dichiarato di fidarsi di me, ma non posso fare a meno di sentire qualcosa al centro del petto, come un calore crescente che mi spinge a incrinare le labbra in un sorriso che tento di nascondere alla meno peggio.
 
"Può essere"-gli concede Natasha, alla fine.-"Adesso per andare avanti ho bisogno di tutte le informazioni possibili che sei riuscito a reperire in merito ad una possibile riattivazione della Red Room."
 
Anche se non me l'aveva mai detto chiaramente, sapevo che il punto saliente dell'intera indagine era proprio quello: Natasha temeva che, in qualche modo, la Russia avesse ricominciato a sperimentare su delle ragazzine indefese, proprio com'era lei.
Vladmir accede una sigaretta e aspira a lungo prima di risponderle.

"E' un terreno rischioso Natalia, adesso che ne sei fuori dovresti goderti la tua libertà."
 
"Pensi veramente che io ne sia fuori, Vladmir?"-ribatte lei, incalzante-"Non ne sei mai fuori" aggiunge, con tono fermo.
L'uomo sembra rifletterci su un attimo, poi accavalla le gambe e giocherella con la sigaretta tra le sue mani.

"Ti risponderò, ma solo perché sono ancora in debito con te per la vita della mia piccola Yuliya" esala finalmente e tiro un sospiro di sollievo.
 
Ce l'abbiamo fatta, avremo le informazioni mancanti, forse riusciremo davvero a rimettere a posto i pezzi di questo puzzle infernale.
 
"Ti ringrazio, Vladmir" Natasha sorride e l'uomo annuisce, prima di cominciare a parlare.
 
"Ho cominciato a sospettare che la Red Room fosse tornata in azione anni fa, quando lui è ricomparso e le sue foto hanno cominciato a circolare nel mercato nero." -A quelle parole vedo Natasha irrigidirsi impercettibilmente, poi annuisce, silenziosa-"Ma tu questo lo sai già, vero Natalia? L'hai incontrato, ad Odessa durante una missione con Occhio di Falco, o mi sbaglio?"
 
Okay, mi sto decisamente perdendo in questo discorso, così rimango in silenzio ad ascoltare.
 
"Si"-risponde finalmente Natasha.-"Mi ha sparato. Proiettili di fattura sovietica, nessuna rigatura. 
È un fantasma, ho provato a rintracciarlo, ma non lascia tracce. Se non sapessi che è lui, penserei di essere impazzita."
 
Sembra pronunciare quelle parole con uno sforzo immenso, come se quest'uomo di cui sta parlando fosse qualcuno a lei molto caro. Per la prima volta mi trovo a considerare l'idea che Natasha possa aver avuto qualcuno nel suo passato di cui sono all'oscuro, qualcuno che ha amato, a cui ha tenuto particolarmente. L'idea mi urta con violenza e non posso fare a meno di sentire una spiacevole sensazione attanagliarmi lo stomaco, con mia grande sorpresa.
 
"Abbiamo cominciato tutti a farci domande da quel momento in poi"-sospira Vladmir.-"Chi lo manovra? Qual è il loro scopo? Ci saranno altre sperimentazioni?"
 
Natasha annuisce: "Si, ci ho pensato a lungo Vladmir. Dopo Odessa ne ho parlato con lo S.H.I.E.L.D, poi ho raccolto quante più informazioni possibili, ma sono frammentate e in nessun fascicolo compare il suo nome."
 
Quelle parole mi cospiscono come un pugno in pieno volto: Natasha mi aveva detto di aver scartato questa possibilità a priori, che lo S.H.I.E.L.D. Sarebbe stato a conoscenza di un'associazione come la Red Room, che lei stessa non credeva fosse possibile.
Sento il suo sguardo posarsi su di me e serro la mascella, deglutendo.
Forse avrei dovuto capirlo, una spia non fa che mentire, evidentemente.
Evito accuratamente di guardarla e serro le mani in un pugno, resistendo alla tentazione di prendere a pugni il tavolino davanti a me fino a fracassarlo in mille pezzi e torno a concentrarmi sulle parole di Vladmir.
 
"Lui è solo una marionetta nelle mani di qualcuno di ben più potente, Natalia. E' come cercare un ago in un pagliaio, adesso ne sono sicuro. Qualsiasi cosa ci sia sotto, è ben più della Russia o dell'Unione Sovietica dove siamo cresciuti: ci deve essere qualcuno che tiene uniti tutti i fili e non si parlo solo di San Pietroburgo o di Lione, potrebbero esserci basi ovunque."
 
"Se questo fosse vero, vuol dire che non si tratta più solamente del progetto Vedova Nera, ma di sperimentazioni di ogni tipo: potrebbero esserci più branchie con chissà quale fine."
La voce di Natasha adesso freme di rabbia e, molto probabilmente, di disgusto.
 
"Esatto."-risponde Vladmir, spegnendo la sua sigaretta-"
È quello che ho pensato anche io, così ho collegato un po' di pezzi, notando che l'unica cosa che accumuna tutti questi eventi è la perdita di memoria dei soggetti coinvolti. Il Soldato d'Inverno ti ha sparato, non si è ricordato chi tu fossi, le ragazze che avete ritrovato si sono scordate ogni cosa che le riguardasse, tu stessa hai sperimentato il lavaggio del cervello dell'Unione Sovietica. C'è una metodicità di fondo, un modo di agire e di lavorare che si ripete in maniera quasi sistematica..."

"Prendono dei ragazzi o delle ragazze, li addestrano e poi ci sperimentano sopra con differenti sieri o tecniche di addestramento." -conclude Natasha per lui-"Stanno cercando di creare un'arma perfetta e non si tratta più di una superspia ma di veri e propri mutanti, geneticamente modificati."

"Ogni settore potrebbe generare un'arma perfetta e sommandole tutte insieme otterrebbero un esercito, agendo in totale silenzio" ci spiega Vladmir.
 
"Un guardiano"-mormoro. Sia Natasha che Vladmir mi fissano, con aria interrogativa.-"Il progetto Guardian mirava alla creazione di qualcuno con dei...poteri, se così si possono chiamare, che supervisonasse, che vegliasse sugli altri."
 
"Un leader"-mi viene incontro Natasha.-"Qualcuno che ubbedisca a chiunque sia dietro a questo complotto e abbia abilità sovrannaturali da sfruttare a loro vanataggio."
 
Annuisco, certa della mia affermazione:
"
È solo un pezzo del puzzle"-cerco di spiegare.-"Chissà quante basi piene di cavie e differenti sieri ci sono in giro per il mondo." esalo, sconcertata.
 
"Il Soldato d'Inverno potrebbe essere soltanto una prima arma, reduce dai tempi dell'Unione Sovietica, che quest'associazione usa per portare avanti i suoi progetti"-mi spiega Vladmir.-"Chissà da come e da quanto agisce sotto coperturna, modifica il corso della storia, plasma gli eventi a loro favore."
 
"Come le troviamo prima che lui trovi noi?" domando, concitata.
 
"Non puoi"- È Natasha a rispondermi, alzando lo sguardo su di me e scuotendo la testa-"Il Soldato d'Inverno è un'ombra, appare e scompare senza lasciare traccia come ci è stato insegnato, esegue gli ordini. Non c'è nulla di umano in lui, niente che potrebbe tradirlo."
 
"Qui ti sbagli, mia cara Natalia"-le parole dell'uomo incuriosiscono sia me che Natasha, che cerchiamo di capire cosa intenda.-"C'è una persona che potrebbe riportarlo indietro, un uomo di cui sia io che te conosciamo il nome."
 
Un mercenario, ipotizzo. Qualcuno di così forte da riuscire a sfidare una tale macchina da guerra, qualcuno ancora più forte di lui.
 
"Vladmir, lui a Odessa non mi ha riconosciuta"-gli fa presente Natasha.-"Dopo tutto quello che abbiamo passato, non aveva la minima idea di chi io fossi: mi ha sparato. Cosa ti fa pensare che tornerebbe indietro questa volta?"
 
"Non sono uno scienziato, Natalia. Sto solo ipotizzando che, spesso, abbiamo bisogno di qualcuno che amiamo per far si che la nostra mente torni a funzionare correttamente."
 
"
È vero"-asserisco.-"Spesso quando guardo Anaëlle ho sprazzi di ricordi, azioni che compievamo insieme, modi di dire, di guardarci, di parlare che mi riportano sempre e comunque a lei."
 
"Un'ancora" -mi fa eco Vladmir.-"O un'esca, se preferisci. Se riuscite ad avere Il Soldato d'Inverno, sareste un passo avanti a chiunque tenti di far sprofondare il mondo nel caos. Sai bene quanto me che servirebbero anni per trovare un rimpiazzio, qualcuno alla sua altezza che non sia la Vedova Nera."
 
Natasha annuisce:
"Vorrei che fosse così facile, Vladmir."
 
"Nulla è facile in questa vita, ma tu sei Natal'ja Al'janovna Romanova e se qualcuno può mettere fine a tutto questo sei proprio tu."- afferma Vladmir con sicurezza-"Qui puoi trovare varie informazioni che ho raccolto sul Soldato d'Inverno: alcune le conoscerai già, in altre sei addirittura coinvolta, ma forse potrebbero essere un punto di partenza per un'indagine più approfondita. Inoltre ci sono un paio di pagine anche su delle voci che girano su delle possibile sperimentazioni, sparizioni di bambini e contrabbandi di steroidi, sieri e la morte di numerosi scienziati che vi erano invischiati" dice, tendendole un fascicolo.
 
"Fammi indovinare, suicidi?" dice Natasha, sorridendo tristemente.

"Tutti quanti"-risponde Vladmir.-"Li fanno sparire non appena sanno troppo...pillole, impiccagioni, una pistola puntata alla tempia..:" l'uomo si porta due dita alla testa e simula il gesto di uno sparo.
 
"Bum" mormoro, pian piano.
 
"Bum" mi fa eco lui, asserendo.
 
"Ti ringrazio infinitamente, Vladmir" -dice finalmente Natasha, dopo diversi attimi di silenzio, alzandosi e stringendo a sé la cartellina. La seguo e sorrido all'uomo in un gesto di gratitudine.-"Salutami tua figlia" aggiunge.
 
"Yuliya ne sarà felice"-borbotta Vladmir.-"Ti adora da quando era bambina."
 
Per a prima volta da quando abbiamo messo piede in quella casa vedo Natasha sorridere genuiamente alle parole dell'uomo.
"Addio Vladmir" lo saluta poi.
 
Mi giro un'ultima volta indietro mentre varchiamo la soglia della piccola casa in legno e vedo l'uomo fare un cenno della mano nella nostra direzione, che ricambio.
Poi seguo Natasha nell'oscurità.
 
**
Vladmir li sente arrivare ancora prima che possa vederli. In un gesto rassegnato aspira per l'ultima volta dalla sua sigaretta appena iniziata per poi spegnerla nel piccolo portacenere in vetro sopra il caminetto, in attesa.
Sapeva che sarebbero venuti sin da quando aveva scelto di incontrare Natalia, non si era mai illuso di essere al sicuro, ma non rimpiange neanche per un momento la decisione presa.
La porta viene sfondata con violenza e Vladmir si ritrova a pensare che, per quanto lo riguarda, avrebbero potuto bussare, tanto non sarebbe comunque andato da nessuna parte tra la neve e i mari gelidi della Norvegia.
Cinque o sei uomini irrompono in casa sua, uno di loro è persino in giacca e cravatta, calvo e ha l'aria decisamente stupida.
 
"Siete arrivati tardi" sorride Vladmir, vittorioso.
 
L'uomo lo guarda per qualche istante, poi fa un cenno della testa ad uno dei suoi scagnozzi, che tira fuori una pistola dalla fondina legata alla vita. Vladmir socchiude gli occhi, cercando di intravedere il badge appeso alla giacca di tutti quei sicari e, nel momento stesso in cui riesce a mettere a fuoco, un proiettile esplode nel suo petto.
Vladmir si accascia a terra, un barlume di stupore che ancora illumina i suoi occhi ormai immobili.
 
Jasper Sitwell lo osserva morire gustandosi ogni secondo della sua agonia, poi afferra il cellulare e sorre la rubrica, fino a trovare il nome del suo capo.
"Lo abbiamo ucciso"-comunica.-"Ma l'agente Romanoff non è più qui."
 
"Non importa"-gracchia una voce, in risposta.-"Adesso, abbiamo un problema ben più grave. Capitan America e il suo team sono riusciti a prendere una delle bambine, a San Pietroburgo. Non possiamo lasciare che parli."


"Ricevuto, ci mettiamo all'opera" conclude Sitwell, chiudendo la conversazione.
 
Dall'altra parte del mondo, il direttore dello S.H.I.E.L.D Alexander Pierce sospira, preoccupato.
Ha cercato di lasciare una scia di briciole di pane per illudere gli Avengers: la base a Lione, poi quella a San Pietroburgo, tutti luoghi accuratamente ripuliti, privi di qualsiasi indizio che potesse tornare a loro utile. L'unico modo per nascondere l'HYDRA, per non far capire che fosse infiltrata così in profondita in una delle società spionistiche più potenti al mondo era dirottare l'attenzione di Fury e del suo gruppo di pupilli.
Eppure, questa volta, qualcosa li aveva traditi. Le bambine non avrebbero dovuto avere ricordi del loro passato, né tanto meno un'autonomia tale da decidere di scappare, eppure una astupida quattordicenne era riuscita a metterlo in difficoltà e non poteva permettersi che parlasse, che affondasse il loro piano accuratamente studiato per anni.
 
L'HYDRA non falliva mai.


chiacchiere inutili dell'autrice:
Salve a tutti! A rilento e con mesi di ritardo, pian piano porto avanti questa storia che, forse, è quella che mi sta più a cuore tra tutte quante. Spero che aprezziate questo capitolo!
Un bacio

Erza

 
  
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