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Autore: Myra11    16/02/2018    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 38
 
<< Ora parli la mia lingua. >>
 
Era a Galahd, si rese conto, ma quando si guardò intorno, vide solo grandi fiamme lambire il cielo scuro, e all’improvviso le urla gli invasero le orecchie.
L’Impero stava invadendo la città, e per un istante pensò di stare sognando, ma poi si vide avanzare in una casa, aprire la porta e alzare il fucile, e il panico lo invase.
Cosa stava facendo?
«Nyx, non puoi fare più nulla!»
Preparò il fucile, puntò e sparò alla donna che stava cercando di scappare dalla porta sul retro.
Un insulto urlato da una voce che conosceva lo fece voltare, e incrociò i suoi stessi occhi che lo guardavano furiosi fuori dalla casa.
Vide sé stesso nel caos della sua città che bruciava, e solo in quel momento si rese conto di essere un soldato magitek, di aver appena ucciso sua madre e che si stava guardando.
«Lo sapevo. È colpa tua.»
L’esplosione che distrusse la casa lo spinse indietro, nel buio, e quando riaprì gli occhi c’era odore di sangue, e un tonfo lo spinse ad abbassare lo sguardo. Il corpo davanti a lui gli era così familiare, ma non provò nulla nel vedere il sangue allargarsi sul pavimento.
Ciò che lo scosse di più furono le figure dietro la barriera: Luna lo stava trattenendo, ma lui non si mosse. Lo guardò, rabbioso e ferito. «Sei un mostro.»
E all’improvviso non fu più né a Galahd, ne ad Insomnia, ma ad Altissia mentre la città veniva fatta a pezzi da Leviatano.
Aveva un pugnale in mano, ma non uno dei suoi fedeli kukri, una lama sottile e sconosciuta.
«Uccidila, Nyx. Lo sai che avresti dovuto farlo, che volevi farlo.»
Quella voce…Voltandosi, incontrò il sorriso beffardo di Ardyn e, davanti a lui, Lunafreya, immobile come se nemmeno fosse presente. «Io non…»
«Tu non mi hai ascoltato.» Lo interruppe Ardyn. «E ora la colpa di ciò che hai fatto ti sta schiacciando. Uccidila, Nyx. Lascia andare tutto il resto, ascoltami, per una volta.»
Non rispose, e sollevò lo sguardo sul viso della moglie, sentendo un tuffo al cuore quando lei incrociò i suoi occhi. «L’hai uccisa. Perché hai ucciso la mia bambina?»
Spostò lo sguardo da Ardyn a Luna, che ora era in ginocchio accanto al corpo di Crowe, e il sangue si allargava intorno a loro, e quando abbassò lo sguardo le sue stesse mani erano coperte di sangue, e Luna gli stava urlando addosso. «Perché? La mia bambina…»
Gli stava esplodendo la testa, e le urla di Leviatano dietro di lui non lo aiutavano.
«Uccidila, Nyx.»
«No!»
Continuò ad arretrare, cercando di sottrarsi ad Ardyn, a Luna e alla vista del corpo di sua figlia che si dissanguava, e alla fine gli mancò il terreno sotto i piedi, e cadde. Si aspettava di finire in acqua, eppure continuò a cadere, nel nulla più assoluto, e fu con una strana lucidità che si rese conto che non gli importava molto cosa stava succedendo, né cosa sarebbe successo. Avrebbe preferito continuare a cadere in eterno, se fosse servito a dimenticare tutto ciò che aveva fatto, e perso.
«Svegliati.»
Un lampo argentato, un soffio di vento sotto di lui.
Conosceva quella voce.
Era familiare, affettuosa e bentrovata.
«Aiutami a salvarti.»
Si accigliò, ricordando un altro momento, due immensi occhi celesti, e la stessa voce che gli chiedeva di aiutarla.
La luce lo invase all’improvviso, stordendolo, e quando spostò lo sguardo, vide che c’era qualcuno accanto a lui, qualcuno con lunghi capelli biondi.
Quando un paio di occhi color del cielo si posarono su di lui, e una scintilla dolce vi si accese dentro, Nyx sentì qualcosa contrarsi dolorosamente nel suo cuore.
«Luna…»
Era lì, era lei, presto gli avrebbe detto che aveva fatto qualche cavolata ed era finito in ospedale, e che il tempo non era passato, che erano ancora insieme, che andava tutto bene.
Si abbandonò sui cuscini con un sospiro di sollievo, ma c’era qualcosa che non andava.
Perché indossava quell’armatura viola?
«Non esattamente, mio cuore.»
 

 
Tornare ad Insomnia era stato come mettere piede in un inferno roboante di urla, spari e sangue.
Il corpo tra le sue braccia era inerte, e percepirlo così lontano era la cosa che la feriva di più.
«Sorella, che cosa intendi fare?» Shiva era ancora al suo fianco, una piccola, fredda presenza che però l’aiutava a rimanere concentrata su qualcosa che non fosse quella strana sensazione di perdita.
Abbassò lo sguardo sul suo viso, sul taglio alla gola che ormai era solo più un ricordo, e sulle altre ferite che stavano ancora guarendo.  «Devo salvarlo.»
«Sei sicura di essere abbastanza forte, ora?»
Quella domanda la fece sorridere; lontano o no che fosse, lui era lì con lei.
Niente poteva fermarli.
«Voi mi aiuterete.»
«Come?»
Per tutta risposta sollevò una mano verso la città, e sulla torre più alta del Palazzo comparve una luce improvvisa, che poi si allargò nel cielo, formando lentamente una Barriera argentata e viola che alla fine coprì ogni cosa, chiudendo il caos all’interno.
«Uccidete ogni soldato imperiale.»
 

 
Arrivare fino al Palazzo fu un susseguirsi di urla, soldati furbi in fuga, e soldati così stupidi da cercare di ucciderla. L’ultimo fu davanti alle porte, un giovane ignorante che iniziò a spararle.
Piegò un’ala, parando i proiettili, e abbassò lo sguardo sull’uomo tra le sue braccia: era ancora incosciente, e l’immenso vuoto che il suo crollo improvviso aveva creato nei loro cuori l’aveva costretta in una forma simile a quella umana, e non alle sue mastodontiche, arcane dimensioni abituali.
Non voleva uccidere il ragazzo, pensò, ma la stava infastidendo, e ritardando, così allungò di scatto le ali, e una delle lame che le componeva volò dritta nella fronte del suo assalitore, che si abbatté al suolo come un sasso. Sospirò, spostando il peso del corpo mentre saliva le scale.
Essere praticamente umana era una sensazione nuova, pensò, e limitante.
Da quel punto di vista, non eri tu ad avere il controllo del mondo, ma il mondo che controllava te.
Quando le porte del Palazzo si aprirono, si trovò la spada alata del re poggiata alla gola, e sorrise incrociando gli occhi di Cor; una volta le emozioni umane erano più strane di qualsiasi altra cosa, ma Nyx le aveva insegnato a comprendere la gioia, la curiosità, perfino l’amore.
Così si godette ogni attimo dell’incredulità dell’erede al trono mentre i suoi occhi saettavano dalle sue ali, al suo viso, al corpo che reggeva. «Entra, prima di tutto, non posso rischiare che gli imperiali approfittino del momento.» La incitò, scansandosi per farla passare, e per la prima volta vide l’immensità di quella costruzione come tutti gli altri.
«Ho bisogno di un posto sicuro dove far riposare tuo nonno.»
«Sissignora.» Cor la precedette, rinfoderando la spada, e la guidò lungo i corridoi del Palazzo, tra quadri, affreschi e decorazioni che in quel momento l’affascinarono.
Quando le aprì le porte di una camera da letto spartanamente elegante, ricordò le notti passate n silenzio nel cuore di Nyx, a cercare di capire cosa fosse quella sensazione che provava ogni volta che la donna bionda davanti a lui sorrideva.
Appoggiò delicatamente il corpo sul letto, e poi vi si sedette accanto.
Intrecciò le dita alle sue, e lasciò fluire l’energia che le restava nella sua mente: aveva un disperato bisogno del suo aiuto, ma l’avrebbe accettato?
Quando sentì una stretta al petto, si accigliò, ma poi comprese.
Aveva paura.
Dopo millenni di vita, aveva paura di perdere quel soldato arrogante e sarcastico dall’anima d’oro.
«Mia signora…Se posso chiedere…»
Sollevò lo sguardo su Cor, e annuì. «Puoi chiedere. Ma anche tua sorella deve sentire la risposta.»
«Io… va bene. »
Si congedò con un breve inchino, e Bahamut fu sola nella stanza silenziosa.
La mano stretta sulla sua si contrasse dolorosamente, e lei tornò a guardare il viso tormentato di Nyx, e ricordò com’era stato sereno, quel mattino di più di un secolo prima, seduto tra le macerie ad aspettare di morire. Aveva conosciuto dolore e perdita, e affetto, e lei gli aveva negato la pace che cercava.
«Dovevo salvare il Re della Luce. Avevo bisogno di te, mio cuore.»
Esitò un attimo, analizzando ciò che provava, e alla fine comprese.
«Ho ancora bisogno di te. »
«Sei andato fuori di testa?! Bahamut non può…»
Alzò gli occhi quando le porte si spalancarono, e una disordinata e insanguinata Aulea, completa di armatura e un’invidiabile coppia di spade, fece il suo ingresso, e là si fermò come pietrificata.
« Io…»
Bahamut sollevò la mano libera e la interruppe. «Sedetevi, per favore. Vi darò tutte le spiegazioni che meritate.»
Quando i gemelli furono seduti davanti a lei, raccontò.
Raccontò di come Nyx fosse scappato, tre anni prima, di come fosse stato tormentato dalle sue azioni, da chi era diventato, e di come ciò l’avesse trattenuto dal correre in aiuto della capitale allo scoppio della guerra. Spiegò della telefonata dell’Imperatore, ne raccontò le origini, ma quando giunse alla parte finale, esitò.
Perché faceva fatica a parlare?
Inspirò a fondo, e studiò i suoi interlocutori.
Erano spalla a spalla, le mani strette, in attesa di qualcosa che già si faceva strada nei loro cuori.
<«Mamma… Quando è stata rapita immaginavo che l’avrebbe usata contro di noi, ma non pensavo….» Aulea raddrizzò le spalle, mentre Cor abbassò lo sguardo, e lei comprese la sostanziale differenza tra loro due.
Fuoco, impetuoso, che brucia su tutto, e acqua che vi scorre attorno, accettandolo.
«Mi dispiace. Avrei voluto fare qualcosa, ma non ho potuto finché non è stato troppo tardi.»
Fu Cor a riprendere il discorso, spostandolo su un argomento in parte meno difficile da affrontare. «Nyx, il nonno…Cosa gli è successo?»
Bahamut incrociò gli occhi di Aulea, e vi lesse lo stesso desiderio di sangue che aveva animato Nyx solo qualche ora prima. Era una regina, e una guerriera e per lei, ancora una bambina.
 «Lui ha mantenuto la promessa che aveva fatto all’Imperatore, e l’ha ammazzato come un cane.» Sentire un’espressione così mondana dalla voce di una dea immortale fu abbastanza strano da strappare una breve risata ai gemelli.
«E poi? Il nonno non è uno da crollare così.»
«Hai ragione. Nyx ha aiutato me e i miei fratelli nella distruzione dell’Impero, animato solo da rabbia e dolore. È stato impulsivo, avventato e per niente prudente; quando era tutto finito, le ferite, e soprattutto il senso di colpa, l’hanno distrutto.»
Un attimo di silenzio, e Bahamut lasciò che ponderassero le sue parole. «S’incolpa della morte della mamma?»
«Esatto.  Nemmeno lui può sopportare troppo a lungo.»
« Beh gli conviene muoversi a svegliarsi. Fuori c’è l’Inferno.»
«Lo so, ma è colpa dei miei fratelli. Loro…come direste voi? Stanno facendo pulizia.»
Cor inarcò le sopracciglia. «Vuoi dire che là fuori ci sono gli altri Siderei?»
Bahamut sorrise lievemente, osservando i due gemelli increduli. «Già. Presto sarà tutto finito.»
«Wow. Cioè, volevo dire…Grazie.»
La dea si alzò, lasciando a malincuore la mano dell’uomo nel letto. «Devo ancora fare una cosa, e poi potrete ringraziarmi.»
 

 
«Tu cosa…cosa hai fatto?»
Mormorò Nyx, tirandosi a sedere sul letto.
«Ho guarito Regis dal veleno che gli era stato somministrato, e l’ho informato degli ultimi avvenimenti.»
«Gli ultimi… » Tornarono tutti insieme, mescolati ai sogni che l’avevano dilaniato in quel cupo stato d incoscienza nel quale non ricordava di essere finito, e fu peggio di un proiettile nella fronte.
Si portò una mano al petto mentre la fitta si espandeva a macchia d’olio, stritolandogli gli organi e mozzandogli il respiro. «La mia bambina… »
«Io più di chiunque altro posso capirti, mio cuore. Mi dispiace.»
Le parole di Bahamut sembrarono spingere la parte giusta di lui, e fu quella parte che strappò la lampada dal comodino e la lanciò contro la dea. «Che ne sai tu?!»
La lampada si schiantò contro il braccio coperto dall’armatura, e quando lei lo guardò di nuovo, con quegli occhi così familiari, e quel viso morbido, e quei capelli colore del sole, capì.
«Tu… l’Oracolo… »
Quando Bahamut annuì, e un’antica ombra tornò nel suo sguardo, Nyx si pentì del suo scatto d’ira.
«Il Primo Oracolo era mia figlia. E ogni principessa e regina di Tenebrae aveva parte del mio potere, e del mio sangue.»
Nyx si sforzò di alzarsi dal letto, combattendo contro il fatto che il suo corpo, quasi dissanguato ed esausto si rifiutava quasi d muoversi, e barcollò fino davanti alla dea che gli aveva cambiato la vita.
E ricordò quanto era stato strano, ed esaltante, scoprire che lei era lì, nel suo cuore, unita a lui.
«Mio cuore…»
Nyx scosse la testa, e fece ciò che avevano sempre fatto, comunicare in silenzio ciò che provavano l’uno per l’altra.
Quando un Regis zoppicante entrò nella stanza urlando accuse e interrompendo quella conversazione silenziosa, Nyx accusò il colpo sulla ferita ancora aperta, ma attese, che lui si rendesse conto di cosa stava facendo, e davanti a chi lo stava facendo.
Ma non ebbe il tempo di correggersi, perché Bahamut oltrepassò il letto e schiantò un preciso pugno ben armato sulla mascella del re.
E Nyx scoppiò a ridere quando lei si voltò con aria confusa. «Perché l’ho fatto?»
«Perché io morivo dalla voglia di farlo. Oh, e anche perché Regis è veramente insopportabile, perfino per una dea, a quanto pare.»
Fu bello, pensò, vedere le labbra di Bahamut piegarsi in un sorriso divertito, ma aveva una cosa da fare.
Tirò Regis in piedi, e lo zittì prima che potesse parlare.
«Il giorno che l’hai sposata hai giurato di proteggerla. Perché hai fallito?»
E nonostante il re fosse ormai un uomo anziano, che ne aveva viste di cotte e di crude, Nyx vide un lampo di timore nel suo sguardo: sapeva di non avere scampo, e quella sensazione di potere assoluto gli fece tornare alla mente un avvenimento recente.
Sentì le urla del vecchio, la sua lama che recideva la carne, il suono del sangue che colava a terra.
Aveva detto che l’avrebbe ammazzato come un cane, e l’aveva fatto.
Gli aveva squarciato le braccia seguendo la linea delle vene, e l’aveva lasciato a dissanguarsi dopo avergli spaccato la faccia a pugni. Quel ricordo lo fece rabbrividire di gioia: se la morte della figlia era colpa sua, almeno l’aveva vendicata alla grande.
«Rispondi, re. Perché hai fallito a proteggere mia figlia?»
Era una domanda senza risposta, e Regis si limitò a scuotere la testa con veemenza, pregandolo di non costringerlo a rispondere. E Nyx ignorò il fatto che era stato lui a rimuovere la barriera, e la magia, e strinse le mani intorno al collo del vecchio re, che cercò inutilmente di liberarsi.
Voleva che soffrisse, come lei aveva sofferto tra le sue braccia.
«Mio cuore, calmati.»
Non seppe mai perché si allontanò, ma vedere Regis che tossiva cercando di riprendere fiato mentre il suo viso era quasi viola fu una bella scena. Bahamut gli posò una mano sulla schiena, e lui sentì il loro potere condiviso riaccendersi. Quando si voltò, lei era sparita.
«Sei…sei un mostro fuori controllo.» Gli sputò contro Regis, a carponi sul pavimento.
«Forse. E tu sei un re senza trono.»
Mentre usciva dalla stanza premurandosi di tirargli una ginocchiata in piena faccia, Nyx sorrise.
Aveva la mente leggera, ora, come se fosse ubriaco.
Era stato probabilmente la causa della brutale morte di metà dei suoi conoscenti, eppure in quel momento si sentiva stranamente bene, il tipo di benessere indotto dalla febbre alta, che distorce il modo in cui vedi il mondo.
Quando lui gli comparve accanto, gli fece un cenno di saluto.
«Dove stai andando?»
Si strinse nelle spalle, continuando a camminare; Bahamut, nel suo cuore, si era arresa a ciò che lui le comunicava. Erano stanchi, entrambi, e volevano solo lasciarsi andare.
«Non lo so, veramente. Magari sto andando a prendermi il trono.»
Ardyn sorrise, sornione. «Ora parli la mia lingua.»
  
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