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Autore: Redferne    16/02/2018    3 recensioni
A cosa pensa un uomo durante gli ultimi istanti della sua vita?
A che pensa, mentre si trova sul punto di morire?
Genere: Drammatico, Sportivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danpei Tange, Joe Yabuki, José Mendoza, Sorpresa, Yoko Shiraki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 9

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed il miracolo, alla fine, era avvenuto.

Perché le cose CAMBIANO. CAMBIANO DI CONTINUO.

Persino un placido laghetto dalla superficie piatta, lucida ed immota ha decine di correnti impetuose di varie dimensioni, forza e natura che scorrono e si agitano senza sosta sotto di essa. Nel profondo.

TUTTO SCORRE. TUTTO CAMBIA.

E’ il medesimo discorso che sta alla base delle grandi scoperte scientifiche. Il più delle volte capitano e ci si accorge per puro caso. Ma entra ugualmente in gioco il fattore umano.

Come sarebbe andata a finire se il tizio che ha inventato la penicillina non avesse dato un’ultima, distratta occhiata ai suoi barattoli di vetro contenenti intere colture di batteri, giusto un istante prima di distruggerli e buttarli via, dichiarando sconsolato che il suo esperimento era fallito?

Non si sarebbe accorto che sul bordo di quei barattoli era cresciuta una muffa pelosa e di colore a metà tra il grigio ed il verde intenso. E che i tanto temuti batteri, responsabili di malattie mortali e, fino a quel momento, refrattari a qualunque cura che stazionavano vicino a quella muffa ERANO MORTI STECCHITI.

AVEVA TROVATO LA PENICILLINA.

Le cose cambiano di continuo. Quasi senza che ci si renda conto. Ed é proprio qui che sta il punto di tutta quanta la dannatissima faccenda. Bisogna stare sempre all’erta, ed essere pronti a riconoscere il cambiamento, quando accade.

E lui, per sua fortuna, LO ERA.

OH SI, SE LO ERA. LO ERA SEMPRE STATO.

Doveva esserlo. PER FORZA. Altrimenti, da dove proveniva, non sarebbe arrivato nemmeno alla prima comunione. Non avrebbe fatto nemmeno a tempo ad uscire dalla fonte battesimale.

Se c’era qualcosa di buono nella vita che aveva trascorso, era il fatto che tutto ciò che gli era capitato tra capo e collo lo aveva aiutato a stare più CONCENTRATO. A cogliere ogni singolo dettaglio ed ogni singola sfumatura.

C’é da essere svegli, nella vita. E c’é da capirlo alla svelta, gente. La nera signora é sempre seduta dietro di te, e ti accompagna ad ogni passo. Ti guarda E RIDE. Quando meno te l’aspetti allunga uno dei suoi artigli scheletrici e di ghiaccio. E TI PORTA VIA CON SE’. Ma prima ti piazza vicino alla sua faccia, a farti rimirare il suo teschio, le sue orbite vuote, il suo sorriso sdentato ed il suo alito fetido e gelido di fognatura intasata ed esplosa a cielo aperto, di latrine mai pulite e men che meno disinfettate, di cadaveri gonfi ed imputriditi ed esposti al sole dopo un inondazione. O DOPO UNA DEFLAGRAZIONE NUCLEARE.

Ti fa vedere quant’é bella MADAMA MORTE, prima di farti scivolare nell’oblio. L’ultima istantanea, l’ultima foto ricordo che avrai di questo mondo prima di precipitare nell’ade e diventare un’ombra di ciò che eri, rimpiangendo in eterno la vita e la giovinezza perdute e mai sfruttate. O MAL SFRUTTATE, magari. A quel punto, hai solo due possibilità: lasci che ti prenda tutto oppure, con un ultimo e disperato colpo di coda, gli lasci solo un pezzo, una parte del tuo corpo, sperando che sia sufficiente a saziare il suo vorace e mai stanco appetito. Vana speranza, purtroppo. Lo vedi da come ti fissa, mentre si allontana momentaneamente col suo trofeo, con la porzione di te che ha reclamato a suo esclusivo uso e consumo, lasciandoti un moncherino flaccido e sanguinante. E alla vita da menomato, storpio, paralizzato o vegetale che ti si prospetta, che per certi versi é ancora peggio. Perché sai che rappresenta una PROMESSA. Una promessa da parte sua.

Tornerà a farti visita, nel buco dove ti rintanerai a marcire. Questo é sicuro. Tornerà. Ancora e ancora. Fino a rendersi persino desiderabile. Fino a che non giudicherai che varrà la pena affrontare quelle fattezze orrende e quel puzzo nauseabondo, pur di mettere fine ai tuoi patimenti e alle tue sofferenze.

Ma se invece sei veloce, ABBASTANZA VELOCE, riesci a sfuggirle e a lasciarla con un palmo di naso. E ti allontani camminando all’indietro, perché non é mai saggio DARLE LE SPALLE. NEPPURE PER UN SECONDO. Con lei che ti agita il pugno e ti inveisce contro. E con te le fai il gesto dell’ombrello, sberleffi e linguacce con tirate di palpebra. Per poi concludere degnamente con due sonore pacche sul culo, per farla incazzare ancor di più, quando ti ritrovi a debita distanza. Quanto basta per offrirle le terga senza correre il rischio di ricevere qualcosa in cambio PROPRIO LI’, NEL MEZZO.

Tanto, sei fuori pericolo. Sarà pur vero che può ucciderti con un sol tocco, ma a disposizione UN SOLO ISTANTE ALLA VOLTA, per poterlo fare. Una volta perso quell’attimo, non può farti più nulla. ALMENO FINO ALLA PROSSIMA VOLTA.

NON CONCEDERLE MAI QUELL’ATTIMO. Il trucco stava tutto lì.

E lui era stato sempre più lesto. SISSIGNORE. Stava sempre un passo avanti a lei. Per forza. Non faceva altro DA QUANDO ERA NATO. Anzi...da quando era entrato nel mondo della Boxe, aveva pure preso a PROVOCARLA, e di proposito. A fronte dei suoi assalti non scappava più. LE SI GETTAVA ADDIRITTURA CONTRO, schivando le sue dita adunche ed ossute. Ti poteva risucchiare la vita anche solo sfiorandoti, ma...era lenta. E GOFFA. NON VALEVA QUANTO UN PUGILE PROFESSIONISTA.

Non valeva quanto Wolf.

O Rikiishi.

O Kim.

O IL RE DEI RE.

E fotte nulla se troppa spavalderia e sicurezza non sono un buon sistema per sopravvivere al mondo. O nella giungla. O nel mare. O SU DI UN RING.

La volete mettere la soddisfazione, gente?

LA VOLETE METTERE LA CAZZO DI SODDISFAZIONE?!

Comunque, stronzate sul rapporto tutto speciale tra lui e LA MIETITRICE IMPLACABILE a parte qualcosa era successo davvero, verso la fine della dodicesima ripresa.

QUALCOSA DI VERAMENTE STRANO.

Mendoza aveva improvvisamente modificato il proprio stile.

Anzi, a dirla tutta...L’AVEVA PROPRIO PERSO, LO STILE. DIMENTICATO CHISSA’ DOVE.

Aveva cominciato a colpirlo in ogni modo e maniera possibile, dandogli addosso ed infierendo come un invasato.

Colpi dati con il taglio esterno ed interno della mano, a traiettoria ascendente e discendente, neanche fosse un KARATEKA alle prese con un combattimento valido per l’assegnamento dell’ULTIMO DAN della cintura nera; pugni a martello, singoli oppure doppi e sferrati in simultanea, calati dall’alto verso il basso e pesanti come MANNAIE; attacchi di gomito in piena mascella, che ricordavano tanto quelli utilizzati da Carlos, e di cui ben si ricordava; gli aveva addirittura cinto un braccio attorno al collo ed aveva iniziato a percuoterlo violentemente e ripetutamente sulla nuca, con il braccio rimasto libero…

Un attimo prima che l’arbitro si decidesse finalmente ad intervenire, fermandolo ed appioppandogli la meritata ammonizione per condotta fallosa e scorretta, lo aveva persino afferrato per entrambe le spalle e scaraventato al suolo, dopo averlo sollevato di peso sopra la propria testa…

Chissà, forse pensava di essere finito a disputare un incontro di CATCH.

C’era da ammirarlo, però. I guantoni che indossavano, per quanto leggeri e sottili che fossero, non favorivano certo le prese, le strette ed i legamenti.

Cavolo...il giorno che avrebbe deciso di sfilarseli per intraprendere qualche altra carriera sportiva, magari PROPRIO IL LOTTATORE, con mosse simili avrebbe potuto dare dei punti persino al grande GIANT BABA. O ad ANTONIO INOKI. O al leggendario TIGER MASK. Chissà dove si era andato a cacciare dopo quell’ultimo, tragico incontro dove aveva perso la maschera…

Beh, gente mia...CARNEFICINA o no, quell’altro stronzo se l’era meritata in pieno, quella ripassata.

Era davvero un tipo dalle mille risorse, il nostro caro José. Doveva sicuramente appartenere a quella ristretta cerchia di uomini capaci DI RIUSCIRE IN TUTTO. DI FARE TUTTO. E di eccellere senza riserve in qualunque categoria, in qualunque cosa facessero.

 

“VA’ ALL’ANGOLO NEUTRO, MENDOZA!! ALL’ANGOLO NEUTRO, TI HO DETTO!! O GIURO CHE TI ESPELLO!!”

 

Il direttore di gara lo aveva spinto via bruscamente e poi, dopo essersi assicurato che il campione avesse recepito il messaggio si era rivolto ai suoi compari seduti al tavolo proprio sotto ad uno dei lati.

 

“VOGLIO CHE GLI SIA LEVATO UN PUNTO, MI SONO SPIEGATO?! UN PUNTO DI PENALITA’ PER COMPORTAMENTO IRREGOLARE E RIPETUTE INFRAZIONI, SONO STATO CHIARO?!”

 

Così si era rivolto ai giudici, con voce furente.

Nel frattempo, era suonato il gong che annunciava la fine del round. Ed il pubblico, a quella sorta di breve rintocco di campana in miniatura, si era come risvegliato dall’ipnosi. Il minuscolo martelletto di metallo aveva agito da vero e proprio richiamo dallo stato di TRANCE in cui si erano calati, stregati ed ammaliati dai pugni assassini di Mendoza.

Come se avessero tirato addosso a tutti quanti un bel SECCHIO DI ACQUA GELATA per farli riprendere da UN BEL CAZZOTTONE ASSESTATO DRITTO SULLA TESTA.

Metodo indubbiamente efficace, ma alquanto rozzo e rude. E chi lo subisce non la prende molto bene.

Ed infatti nessuno, lì dentro, l’aveva presa bene per ciò che era stato costretto a vedere fino a poco fa.

NO, NON L’AVEVANO PRESA BENE PROPRIO PER NIENTE.

La gente sugli spalti era letteralmente esplosa di rabbia. Sia in tribuna che in platea. Avevano iniziato ad inveire e a sputare ingiurie all’indirizzo del messicano. E, per ciò che riguardava lo SPUTARE, non si trattava solamente di insulti rivolti a lui, ai suoi familiari e a dubbi comportamenti morali di sua madre, chiunque fosse.

NO. Si trattava anche di SALIVA, per chiunque si trovasse alla giusta portata.

Saliva mischiata ad odio, pessimo whiskey, ancor più pessima birra e tabacco proveniente da sigari e sigarette di infima qualità.

 

“PIANTALA, MALEDETTO!!”

 

“BRUTTO STRONZO CHE NON SEI ALTRO!!”

 

“SEI UN BASTARDO, MENDOZA!! VERGOGNATI!!

 

“PEZZO DI MERDA MANGIAFAGIOLI!!

 

“E TU SARESTI IL RE DEI RE? MA VATTI A NASCONDERE!!

 

“SQUALIFICALO, ARBITRO!! NON MI HAI SENTITO?! SQUALIFICALO!!”

 

Agli insulti si era aggiunta una fitta pioggia di cuscini amaranto che aveva finito per invadere il quadrato. Quelli che fino ad un istante prima si frapponevano tra gli spettatori ed i sedili del palazzetto, e che facevano da soffice barriera ai loro molli deretani. Qualcuno di essi li aveva pure raggiunti, centrandoli in pieno sulla zucca. Ma, a conti fatti, sarebbe potuta andare anche peggio.

Meglio quelli che gli sputi, dopotutto.

Era scoppiato il finimondo, con il tizio preposto agli altoparlanti che aveva il suo bel da fare, sgolandosi per invitare tutti quanti alla calma e di darci un taglio con il lancio di oggetti.

Era un sottosopra da non potersi descrivere, mentre i secondi facevano irruzione e procedevano verso di loro quasi zigzagando, per non offrire un facile bersaglio.

Il primo a sopraggiungere era stato il manager del team messicano, che aveva provveduto a trascinare Mendoza via da lì, balbettando e sciogliendosi in scuse e salamelecchi a profusione nei confronti suoi, del vecchio e dell’arbitro, sinceramente mortificato per quanto era appena accaduto. Ci mancava solo che si genuflettesse davanti a tutti.

E ci credo. L’avevano appena scampata bella. E gli era andata pure di lusso, con quel che aveva combinato. Se gli avesse causato dei danni seri, avrebbe perso a tavolino e avrebbero assegnato la vittoria a lui.

Ma era ancora in piedi, nonostante il cruento pestaggio. Se l’era vista davvero brutta, ma ne era uscito indenne. Ancora una volta.

Stava per dirigersi verso il proprio angolo a sua volta, dove Nishi aveva già provveduto a sistemare l’apposito sgabello, quando…

Si era sentito toccare alla spalla destra.

 

“Solo un momento, Yabuki.”

 

Si era voltato. Ma già sapeva di chi si doveva trattare.

Ed infatti.

 

“Ascolta, Yabuki...come ti senti? Sicuro di poter continuare?”

“Ti ringrazio che ti preoccupi per me, ABITRO. Ma stà tranquillo. Posso andare avanti. Ce la faccio.”

“Senti...é inutile che stiamo a prenderci in giro. Lo sappiamo tutti che Mendoza é in vantaggio. Chiunque se ne può rendere conto, di questo. Ma a me NON INTERESSA, capito? E non mi interessa nemmeno se é il campione del mondo. Se ti ha causato dei gravi danni, non hai che da dirmelo. E IO LO SQUALIFICO, ALL’ISTANTE!!”

“Ti ho detto che sto bene, arbitro.”

“Guarda che non hai nulla da temere, Yabuki. Non mi faccio certo intimorire dal fatto che é un incontro valido per il titolo! Anzi, a...A MAGGIOR RAGIONE! Mendoza ha commesso UN GRAVE SBAGLIO, e a questi livelli gli errori si pagano cari! E’ GIUSTO COSI! E’...E’ SACROSANTO, DANNAZIONE!!”

 

Che strano discorso. Già, DAVVERO STRANO. Sembrava quasi che lo stesse INVITANDO A DICHIARARSI FERITO O CONTUSO.

Era alquanto singolare, senza alcun dubbio. Ma era pienamente legittimo. Non bisognava dimenticare che il match si stava disputando IN GIAPPONE. E la tentazione di portarsi il titolo sul suolo nipponico era fin troppo forte. Persino per i dirigenti, nonché per la federazione tutta. Era un’opportunità davvero ghiotta. E poco importava se la si guadagnava per decisione. A chi fregava se la si otteneva per DEMERITO ALTRUI, piuttosto che PER MERITO PROPRIO.

Un certo grado di campanilismo verso i propri connazionali era previsto. SCONTATO, per certi versi. Avessero combattuto in Centro America, sarebbe avvenuta la stessa cosa. A PARTI INVERTITE, ovviamente.

Ma non erano quelle parole, a preoccuparlo. A metterlo in ansia era IL VECCHIO. Era alcolizzato e mezzo rimbambito, ma non era certo sordo. Anche lui aveva ascoltato. Aveva sentito senz’altro OGNI COSA.

Anche lui aveva udito quell’esortazione. Eppure…

EPPURE SE NE RIMANEVA ZITTO.

Forse si aspettava anche lui che se seguisse il consiglio. O forse…

O FORSE STAVA MACCHINANDO QUALCOSA.

Non fa niente. Tanto lo stava tenendo d’occhio. Se davvero aveva intenzione di mettere in atto i propositi che gli aveva illustrato al termine della precedente ripresa, gli avrebbe dato una bella regolata e lo avrebbe rimesso nei ranghi. ALLA SUA MANIERA, s’intende.

LO ASPETTAVA AL VARCO. NON AVEVA CHE DA PROVARCI.

E comunque, come sempre si dice...UNA COSA ALLA VOLTA.

PRIMA OCCUPIAMOCI DELLA PIU’ URGENTE, POI SI PENSA AL RESTO.

 

“Ti ho già detto che sto bene. Discorso chiuso. E adesso lasciami andare a sedere.”

“D – d’accordo, Yabuki. Come vuoi.”

 

L’arbitro aveva capito che non era il caso di insistere ulteriormente e si era quindi diretto dalla parte opposta, in direzione del campione e del suo entourage, per tutto un altro tipo di paternale.

Era davvero pazzesco. AVEVA APPENA RINUNCIATO ALLA VITTORIA. AD UNA FACILE E SICURA VITTORIA.

Chiunque altro, al posto suo, avrebbe fatto carte false. Avrebbe persino FINTO, simulato il dolore, accentuandolo in modo da convincere i giudici ed il direttore di gara nel tentativo di farsi assegnare l’incontro a tavolino.

Già. Tutti. TRANNE LUI.

NON LUI.

Non voleva vincere così, nella maniera più assoluta.

 

No, José.

Non mi rovinare tutto quanto.

Noi non vogliamo ROVINARE TUTTO QUANTO, VERO?

Non farmela, questa CAROGNATA.

Non adesso.

NON PROPRIO ADESSO CHE ARRIVA IL BELLO.

STA’ PRONTO, PERCHE’ TRA POCO IO E TE CI DIVERTIREMO UN SACCO.

 

L’angolo sinistro della bocca gli era deformato leggermente verso l’alto, a quel pensiero, formandogli un lieve e beffardo ghigno.

Un ghigno che é il preludio ad un sorriso interiore ancora più forte e fragoroso.

La ghigna di un delinquente che sta per scatenare qualcosa DI VERAMENTE GROSSO.

La ghigna di un teppista di strada e di quartiere in procinto di dare vita AD UNA RISSA DI QUELLE MEMORABILI.

DI QUELLE DOVE SI PESTA TANTO, A LUNGO E SODO.

Già. Parole sante.

IL BELLO VENIVA ADESSO.

Ce l’aveva fatta.

LO AVEVA FATTO INCAZZARE.

Ci era riuscito. E SUL SERIO, QUESTA VOLTA.

Era iniziato IL VERO MATCH, finalmente.

IL SUO MATCH.

ERA ORA, CAZZO.

Forse non era ancora troppo tardi. O forse si.

In ogni caso, doveva spicciarsi. Non aveva più molto tempo. Ormai erano veramente agli sgoccioli.

Però...sfidando il rischio di essere monotono e ripetitivo, non poteva fare proprio a meno di pensare e ripensare a quella frase nel suo cervello. Proprio come un bambino che ripete mentalmente una cantilena o uno slogan pubblicitario che lo hanno colpito, decine e decine di volte. Fin quasi all’ottundimento.

 

STA’ PRONTO, JOSE’. E’ ADESSO CHE VIENE IL BELLO.

 

Gli davano una sensazione meravigliosa, quelle parole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“QUEL...QUEL PAZZO!! QUEL PAZZO BASTARDO!! MA COME...COME HA POTUTO?! DEVE...SI’ DEV’ESSERE IMPAZZITO! DEV’ESSERE SENZ’ALTRO IMPAZZITO, SENZA ALCUN DUBBIO!!”

 

Il povero Kanichi aveva letteralmente gli occhi fuori dalle orbite. Ed era fuori dalla grazia di Dio. La sua voce era ricolma d’ira e di sdegno, e lui stesso pareva sul punto di traboccare.

Doveva tranquillizzarlo. Occorreva un’ESTREMA CALMA, da lì in poi. Da parte di tutti. Solo così avrebbe potuto riuscire a fare ciò che aveva in mente di fare.

 

“Ah, ah, ah!! Non preoccuparti, MAMMUTH!! Ha solo SPARATO LE SUE ULTIME CARTUCCE, tutto qui. ORMAI E’ DISPERATO.”

 

Nishi lo aveva guardato, ancora più allibito. Le sue pupille erano totalmente sgranate. Di lì a poco i bulbi oculari gli sarebbero davvero schizzati dalle loro sedi naturali, per finirgli addosso. Oppure ad imbrattare il pavimento.

C’era da poterci scommettere sopra, a riguardo.

 

“Come...come hai detto, Joe?!”

“Dai che mi capito benissimo, OTTUSO D’UN BESTIONE. Quello E’ COTTO. ANDATO. NON NE HA PIU’, TI DICO. VEDRAI COME TE LO SISTEMO, DALLA PROSSIMA RIPRESA!! AH, AH, AH!! TE LO CUCINO PER BENINO!!”

 

Gli aveva riso in faccia. E per meglio chiarire il concetto gli aveva tirato una via di mezzo tra un pestone ed un buffetto, all’altezza della spalla sinistra, con il gigante che continuava a fissarlo attonito. Non avrebbe saputo dire se di lì a poco sarebbe scoppiato a ridere a sua volta, oppure avrebbe iniziato ad urlare e a dar fuori di matto, strappandosi i capelli uno ad uno.

La verità era che nemmeno lui ci credeva, ecco. E dire che ne avevano passate di ogni, assieme. Talmente tante da dover sapere che QUANDO JOE YABUKI AFFERMA QUALCOSA, QUELLO E’.

Che gente di poca fede, che erano. Nessuno escluso.

Si era quindi buttato sul seggiolino, tutto intento a pregustarsi ciò che sicuramente lo avrebbe atteso, anzi, CHE LI AVREBBE ATTESI di lì a poco, quando la voce di Danpei lo aveva distolto dai suoi dolci pensieri.

Proprio come aveva immaginato.

Il vecchio pazzo stava per rovinargli la festa. PROPRIO ADESSO.

Aveva fatto bene a curarlo.

 

“E va bene. ORA NE HO DAVVERO ABBASTANZA. DA’ QUA!!”

 

Si era girato giusto in tempo per vederlo maneggiare di nuovo quel cazzo di asciugamano bianco. Lo stesso che gli aveva sventolato sotto al muso durante l’ultima pausa. Anzi, no...era nuovo, stavolta. Intatto e pulito, fresco di lavanderia. Lo aveva visto passare di mano in mano tra i suoi secondi, per poi finire al pugilomane.

 

“Che...CHE CAZZO STAI FACENDO, VECCHIO?!”

“Quello che avrei già dovuto fare da prima, ragazzo. Getto la spugna. Dovevi dar retta all’arbitro. Ma SAPEVO che non lo avresti fatto. PERCHE’ NON E’ DA TE SEGUIRE I BUONI CONSIGLI, NON E’ VERO? Potevi vincere, e non hai voluto. Allora PERDIAMO. NON M’INTERESSA. NON M’INTERESSA PIU’ DI NIENTE, A QUESTO PUNTO. MI BASTA SOLO CHE LA FACCIAMO FINITA, CAPITO?! VOGLIO CHE SIA FINITA, UNA VOLTA PER TUTTE!!”

 

Ed invece non poteva finire così. NOSSIGNORE.

Gli era saltato al collo, afferrandolo con tutte e due le mani, prima che potesse fare qualunque cosa. Qualunque fosse la stronzata che avesse in mente.

 

“MA CHE TI SEI AMMATTITO, PER CASO?! VUOI COSTRINGERMI A MOLLARE PROPRIO ORA CHE STO...PROPRIO ORA CHE SIAMO SUL PUNTO DI VINCERE?!”

“VVINCERE, HAI DETTO?! VINCERE?! MA GUARDATI, SANTO DIO!! GUARDATI COME SEI RIDOTTO!! T – TU...TU DEVI ESSERE COMPLETAMENTE USCITO DI SENNO!!”

“IO?! TU SEI USCITO DI SENNO, VECCHIO BEONE RIMBAMBITO E BUONO A NIENTE CHE NON SEI ALTRO!! MOLLA QUEL DANNATO STRACCIO, MI HAI CAPITO?! MOLLALO SUBITO!!”

“NO!!”

“MOLLALO, TI HO DETTO!! MOLLALO O TI AMMAZZO!!”

 

Ne era nata una breve ed intensa colluttazione, con parecchie spintonate e sgomitate a chiunque aveva anche solo provato a mettersi in mezzo per dividerli, e al termine della quale l’asciugamano si era fatto un bel tuffo giù dal quadrato, terminando sul pavimento sottostante.

Si erano voltati entrambi, seguendolo con lo sguardo e avevano notato che era finito giusto vicino ai piedi di qualcuno. O meglio, DI QUALCUNA. Che avevano riconosciuto al volo.

 

“Yoko...”

 

Era stato lui a riaprire bocca per primo, nonostante lo stupore. Che cosa era venuta a fare, lì?

 

“Ah, SIGNORINA SHIRAKI...l – la prego, me...me lo potrebbe ridare, per favore?”

 

Subito dopo ci si era messo anche il vecchio. Ma sembrava che lei non avesse nemmeno badato. Né alla sua presenza, né alla sua richiesta. Sembrava che non stesse badando a nulla di tutto ciò che la stava circondando. La gente, gli addetti ai lavori...TUTTO SPARITO.

I suoi occhi erano rivolti unicamente nella sua direzione. Come se esistessero solo loro due, in quel momento.

Poi si era chinata a raccogliere il panno, con un gesto lento e solenne. E se l’era portato al fianco destro. Studiava ogni cosa, quella ragazza. Ogni singolo movimento. Non lasciava davvero NULLA al caso, MAI. Ed infine...aveva cominciato a parlare.

 

“Joe...ti prego di perdonarmi. Volevo...volevo solamente dirti che HAI RAGIONE TU. HAI SEMPRE AVUTO RAGIONE TU, SU OGNI COSA. E IO NON HO MAI CAPITO NULLA. NE’ DI RIKIISHI, NE’ DI CARLOS...E NEMMENO DI TE.”

 

Le aveva sorriso.

 

“Stà tranquilla, Yoko. Non ha importanza. NULLA HA PIU’ IMPORTANZA, ORMAI.”

“No, ascolta. Volevo dirti anche un’altra cosa. Ciò che ti ho detto...TUTTO quello che ti ho detto prima vale ancora. PIU’ CHE MAI.”

“Yoko...tu...”

“IO TI AMO, JOE. TI AMO PER TUTTO CIO’ CHE SEI. E TI AMO ANCHE SE HAI DECISO DI FARE QUESTA FOLLIA.”

 

A quel punto aveva alzato l’asciugamano e glielo aveva mostrato.

 

“Non sei obbligato a farlo. Sappi che non devi dimostrare NIENTE A NESSUNO. TANTO MENO A ME. Se vuoi smettere, lo ridarò al tuo allenatore. Poi ce ne andremo via subito, SOLO IO E TE. Ti porterò VIA DA QUI, al sicuro. Lontano da questo posto. Lontano dalla boxe. Proprio come quella volta che ti ho sottratto dalle grinfie di Mendoza, ricordi? Inizierai una nuova vita, e io ti aiuterò a farlo. Farò tutto quanto mi sarà possibile, per darti una mano. Se invece...se invece vuoi ANDARE AVANTI, me ne starò qui al tuo fianco. Sempre se tu mi vorrai. Non chiedo altro. Mi accontenterò di restarti vicina, FINO ALLA FINE. MA DEVI DECIDERE TU.”

“La mia risposta già la conosci, Yoko.”

“Joe...”

“E’ perfettamente inutile aggiungere altro. Sai già quel che voglio fare.”

“Mph. Lo supponevo. Anche se...ti confesso che speravo in un altro tipo di risposta. Speravo NELL’ALTRA RISPOSTA, a dirla tutta. CI SPERAVO TANTO.”

“Sono spiacente, signorina. Ma il qui presente non é il tipo da lasciare DISCORSI IN SOSPESO. PROPRIO NO. NON IO.”

“Signorina...mi ridia quell’asciugamano, per favore. E’...E’ PERICOLOSO, PROSEGUIRE IN QUESTE CONDIZIONI. Lo...lo sa benissimo anche lei...”

 

Danpei si era fatto sotto di nuovo. Ma Yoko non aveva più orecchie per sentirlo. L’unica voce che POTEVA E VOLEVA ascoltare era la sua.

Aveva aperto le dita candide ed affusolate ed aveva lasciato cadere ciò che stringeva fino ad un istante prima, facendolo tornare nel punto esatto da dove lo aveva raccattato.

 

“Ho capito. Allora METTICELA TUTTA, Joe. Coraggio, manca pochissimo.”

 

Aveva ricambiato il suo sorriso, mentre gli occhi le si erano velati di lacrime e la sua voce si era fatta rotta dall’emozione.

 

“Colpiscilo con tutta la forza che hai. CON TUTTO IL CUORE CHE HAI. C’E’ IN GIOCO LA TUA VITA, NON LO CAPISCI?!”

“Lo farò. Te lo prometto.”

 

Le aveva dato le spalle. Ma non per maleducazione, menefreghismo o cattiveria. La breve parentesi con lei si era richiusa, punto e basta. Doveva fare ritorno AL SUO MONDO. Lo stavano aspettando. Il pugilato, gli spettatori, Mendoza...e DANPEI.

Si. Proprio lui. Il caro, vecchio ubriacone con la fissa della Boxe. Tutto quel che avevano appena finito di dirsi lui e Yoko riguardava solo e soltanto loro due. Era a loro esclusivo uso e consumo, ma...non era giusto lasciarlo fuori. Se era vero che Yoko lo amava, beh...anche lui gli aveva dato AMORE, in un certo senso. E lasciamo perdere i discorsi da sdolcinati. E non si parla nemmeno di FINOCCHI, se a qualcuno dovesse venire in mente di fare allusioni idiote e fuori luogo. Il vecchio gli aveva sempre voluto bene, a suo modo. Certo, non si poteva paragonare all’affetto che può donare la propria fidanzata o la propria madre, questo no. E nemmeno il proprio padre. Eppure...era già qualcosa. Il bene che gli dava era quello DELLA FIGURA PIU’ SIMILE AD UN PADRE CHE AVESSE MAI AVUTO. Si, Danpei era la cosa che gli andava piu’ vicino a quel ruolo, da quando era nato e aveva iniziato a muovere i primi passi sulla faccia di questa terra. E forse lo aveva interpretato pure meglio di quello autentico. Pure meglio dei suoi stessi genitori, che se mai si erano accorti di averlo messo al mondo dovevano aver pensato di fare una GROSSISSIMA STRONZATA, visto che lo avevano sganciato al primo orfanotrofio a portata di gamba e di mano. Era...ERA UNO ZIO, ECCO TUTTO. IL CARO, VECCHIO ZIETTO DANPEI. L’UBRIACONE, IL RISSOSO, IL COLLERICO ZIETTO. E non si dice forse che alle volte UNO ZIO FACCIA MEGLIO LO ZIO DI QUANTO IL PADRE FACCIA IL PADRE?

La sua maniera di esprimere i propri sentimenti era alquanto all’antica. Pochi gesti, e ancor meno parole. Ma avevano sempre lasciato tutte quante il segno. Nelle sue orecchie e sulla sua pelle. Pugni, schiaffi e manrovesci, sempre guarniti da una bella ed immancabile dose di improperi, insulti e minacce. Le poche volte che ricorreva a manate e pacche sulle spalle per fornire conforto, erano talmente forti da rientrare anch’esse nella categoria delle PERCOSSE.

Il vecchio beone diceva sempre che un solo occhio ti sbilancia sia in attacco che in difesa. Ma, secondo il suo modesto parere, quella tara aveva finito col sbilanciargli anche il cervello, e gran parte della sua stessa esistenza. Ma guai a dirglielo...avrebbe dovuto dargliene PARECCHIE per ricondurlo alla calma, poi.

C’era di buono che lo zio contraccambiava sempre. Dopo che gliele suonava e gli passavano le scalmane, stava sempre lì buono e zitto a farsele ridare indietro, senza fiatare. E in quantità più o meno identica. Non mancava mai di fornirgli quell’opportunità. Era...com’é che si definisce? Ah, si...DEMOCRATICO, ecco cos’era. Giusto per usare un termine da parrucconi del governo.

In fondo in fondo ci teneva, al vecchio. Voleva sentire anche la sua, di campana. AVEVA BISOGNO di sentirla.

Si era quindi rivolto verso di lui, che nel frattempo aveva seguito tutta quanta la scena, rimanendo immobile. Si era sorbito l’intero siparietto dei due innamorati alle prese con la loro STORIA IMPOSSIBILE, manco si trovasse davanti ad uno di quei baracchini ambulanti con le marionette. Tipo OGON BAT, tanto per intenderci. Che tanto andava di moda a quei tempi nei giardini pubblici, tra torme di mocciosi urlanti ed intenti a fare il tifo per l’uomo pipistrello dorato con tanto di scettro e mantello alle prese con il malvagio DOTTOR ZERO ed il suo fido e nasuto aiutante capellone. Come...come cazzo é che si chiamava? Boh.

 

“In quanto a te, vecchio...sentiamo: TU CHE HAI DA DIRE, IN PROPOSITO? Dici che può andare, per te? E anche se non va...SAPPI CHE SARA’ UGUALE. NON MI FREGA NULLA. QUINDI...TANTO VALE CHE TE LA FAI ANDARE A GENIO.”

 

Danpei aveva scosso la testa, mentre emetteva un sospiro rassegnato.

 

“E va bene...credo che non ci sia altro da aggiungere, proprio come hai detto prima. A parte che su una sola cosa sono d’accordo con la signorina Shiraki. E cioé che stai facendo un’AUTENTICA PAZZIA, a proseguire conciato così. Ma, se é veramente ciò che desideri...SIA COME VUOI TU, FIGLIOLO. FAI CIO’ CHE DEVI. IO NON TI DIRO’ PIU’ NULLA. DA QUI ALLA FINE.”

“Alla buon’ora, vecchio mio. Comunque, ti ringrazio di cuore. Lo sapevo che CAPIVI.”

 

Lo sapevo che AVRESTI CAPITO, avrebbe dovuto dire.

Era riuscito a farsi un’infarinatura di inglese ma coi congiuntivi rimaneva un disastro, nonostante le insistite e pazienti ripetizioni private da parte di Noriko.

 

Ormai sei un personaggio famoso, Joe! SEI UN VIP! Dovrai sempre presentarti in un certo modo, ed imparare a parlare FORBITO!!”

Un...CHE?! E com’é che dovrei imparare a parlare, scusa?!”

Un VIP. VERY IMPORTANT PERSON, caro il mio Joe!!”

 

“Figurati. Del resto...NON E’ PROPRIO DA TE SEGUIRE I BUONI CONSIGLI. Dico bene, no? Oramai ti conosco fin troppo...te lo lascerò fare, ma ad un patto.”

“E sarebbe?”

“Quel discorso che mi hai fatto...sul bruciare tutto quanto...ti restano ancora tre riprese, Joe. E sai anche tu che non ci saranno mai più altri incontri, dopo di questo. Quindi...LIBERATI.”

“L...liberarmi, hai detto?”

“Si, Joe. TIRA FUORI TUTTO. DAI TUTTO QUELLO CHE HAI, TUTTO QUELLO CHE TI E’ RIMASTO, FINO IN FONDO. SENZA REMORE. SENZA PENSIERI. COSI’ NON AVRAI PIU’ RIMPIANTI, DOPO. E...UNA VOLTA CHE AVREMO TERMINATO...FAREMO ALTRO, IO E TE. MAGARI ALLENEREMO I RAGAZZI, OPPURE...OPPURE CHIUDEREMO LA BARACCA O VENDEREMO L’ATTIVITA’ IN BLOCCO E CE NE ANDREMO DAVVERO A FARE I SALTIMBANCHI. TUTTO QUEL CHE VORRAI. A CONDIZIONE CHE NON SI PARLI PIU’ DI COMBATTERE. MAI PIU’, NELLA VITA. DISCORSO CHIUSO. SIAMO INTESI?”

“Siamo intesi, vecchio. Ti do la mia parola. E sai che ne ho solo una.”
“Stammi a sentire...fin da quando ti ho incontrato ho notato che tu hai sempre fatto TUTTO QUEL CHE HAI VOLUTO. COME HAI VOLUTO. Perciò dentro di te, anche stavolta...SAI GIA’ QUEL CHE VUOI FARE E COME LO LO VUOI FARE. MEGLIO DI ME. MEGLIO DI CHIUNQUE ALTRO. E ALLORA FALLO, DANNAZIONE. FALLO, MI HAI CAPITO?! MA POI CHIUDI DEFINITIVAMENTE IL DISCORSO. FINISCILA, OK? VEDI DI METTERCI UNA BELLA PIETRA DA UN QUINTALE SOPRA, UNA BUONA VOLTA!! TI E’ CHIARO, IL CONCETTO?!”

“Ok.”

“Bene. E adesso vai lì E FAGLI SALTARE TUTTI QUANTI I DENTI!!”

“E’ proprio quel che ho intenzione di fare, zietto. IO CI PROVO.”

 

Lo aveva spinto in avanti con un sol movimento di una delle sue enormi palanche da manovale navigato. Ma non poteva andare, non ancora. C’era un altra personcina che non poteva proprio permettersi di piantare in asso così.

 

“Ehi, Yoko.”

L’aveva guardata ancora. Senza nemmeno voltarsi, questa volta. Solo con la coda dell’occhio.

Poi aveva alzato il braccio sinistro e lo aveva piegato ad angolo retto. Infine aveva gonfiato il corrispettivo e smunto bicipite per poi stampargli sopra un bacio, facendo schioccare le labbra.

 

“Chissà...può darsi che quando avrò finito qui mi verrà DAVVERO la voglia di andarmene in qualche posto con te, noi due SOLI SOLETTI. Nel frattempo...RESTA QUI NEI PARAGGI, MI RACCOMANDO. ED OSSERVA BENE COSA STO PER INVENTARMI.”

 

“STATE TUTTI QUANTI A VEDERE CHE SUCCEDE, ORA! GUARDATE CHE VI COMBINO! E NON FATE QUELLE FACCE, SU! NON STATE MICA ANDANDO AD UN FUNERALE!! NON STO MICA ANDANDO A MORIRE!! VI SEMBRA LA FACCIA DI UNO CHE STA ANDANDO A MORIRE, LA MIA?!

 

Aveva pronunciato quella frase rivolgendosi a tutto quanto il suo team per intero, in contemporanea. E anche a LEI, anche se ormai se l’era lasciata alle spalle. Non ci volevano distrazioni, in un momento simile. Nella maniera più assoluta.

AVEVA UN LAVORO DA FINIRE. E aveva tutta l’intenzione di portarlo a termine. Però…

FUNERALE. MORIRE. Quest’ultima l’aveva ripetuta per ben due volte di fila.

Perché aveva detto quelle parole, così all’improvviso? E perché gli erano venute in mente PROPRIO ADESSO?

Mah. Meglio non pensarci. Meglio non pensarci troppo. NON PIU’ DEL NECESSARIO. E poi…

E poi si sentiva strano. Non avrebbe saputo dire il perché, ma…

Era contento di averla rivista.

Quell’immagine di lei, il suo viso, i suoi capelli, ciò che gli aveva confessato...tutto l’insieme gli donava una strana sensazione.

Gli pareva di fluttuare, di galleggiare sul tappeto con le piante dei piedi sollevate a qualche centimetro di distanza da esso. Si sentiva LEGGERO.

STAVA LETTERALMENTE VOLANDO.

Forse era vero quel che raccontavano a proposito degli antichi guerrieri. Che al termine di ogni battaglia campale e sanguinoso conflitto sostenuto in nome del proprio signore, facevano ritorno dalle loro mogli, compagne o fidanzate. O magari qualche prostituta a pagamento o fornita dall’esercito, in mancanza di meglio. E non sempre con l’intento di farci una bella ruzzolata sopra ad un giaciglio. Futon o di fortuna che fosse. Il più delle volte era anche solo...PER PARLARE. PER CONFIDARSI. PER SFOGARSI. Magari tenendo la testa poggiata sulle loro morbide e soffici ginocchia.

Le donne avevano questo potere.

Le donne...le creature più belle, complicate, testarde e cocciute che il padreterno si é divertito a mettere su questo pianeta. Ma, senza di loro, un uomo SAREBBE PERSO. Perché SANNO COMPRENDERE. SANNO ASCOLTARE. SANNO CONSOLARE. Mettendo in gioco il più puro ed antico tra i loro istinti. E a proposito di istinti…

Forse aveva davvero ragione il vecchio. E questa volta non c’entrava nulla il fatto di ritirarsi.

Mendoza aveva perso le staffe. Ma questo, da solo, non sarebbe bastato.

Gli era mancata ancora una cosa. Anzi...DUE. LE PIU’ IMPORTANTI DI TUTTE.

Un lupo selvatico non poteva esserlo davvero finché rimaneva legato a delle corde.

Doveva recidere quei due ultimi legami.

Doveva prima chiarirsi con le due uniche persone che ancora contavano qualcosa, per lui.

E così aveva fatto.

Aveva sciolto i ceppi, finalmente.

ERA LIBERO. LIBERO DI SCATENARE LA BELVA.

 

Coraggio, José.

Vienimi sotto.

Fatti sotto, ti aspetto.

FATTI SOTTO, GRAN FIGLIO DI PUTTANA.

VOLEVI SPEDIRMI ALL’INFERNO, VERO? E CI ERI QUASI RIUSCITO.

QUASI, HO DETTO.

MA SONO TORNATO. E ADESSO ME LO STO PORTANDO DIETRO, CON ME.

E’ INUTILE CHE CI RIPROVI. LA’ NON MI VOGLIONO.

MA TU TI CI TROVERAI A MERAVIGLIA, INVECE.

SONO PRONTO A SCOMMETTERCI.

STA’ IN GUARDIA, MENDOZA.

STO VENENDO A PRENDERTI.

NON STO PIU’ NELLA PELLE.

HO UNA TALE VOGLIA DI PRENDERTI A PUGNI CHE STO PER ESPLODERE.

 

Voleva bruciare tutto in un’unica, intensa fiammata. Fino a lasciare solo le bianche ceneri.

Benissimo.

COSI’ SIA.

Avrebbe bruciato tutto, allora. FINO IN FONDO.

Fino a brillare più del sole, più di MILLE SOLI, fino a risplendere nel firmamento come un’ardente SUPERNOVA.

Lo avrebbero visto tutti, fino agli estremi limiti dell’universo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tredicesimo round.

Aveva ceduto l’iniziativa al messicano, almeno all’inizio. Per lasciarlo scaricare. Ma era concentratissimo. Stava solo aspettando che il suo avversario tirasse il fiato, concludesse l’assalto, prendesse una pausa. QUALUNQUE COSA. Stava solo attendendo che si aprisse un varco, anche minuscolo.

Mendoza continuava ad attaccare, sfoderando combinazioni su combinazioni. Ma era stanco, stremato, impaurito. Non era più lucido. Pensava solo a concludere il match prima possibile, adesso. Perché iniziava a non poterne davvero più. Non si curava della sua difesa. E non badava nemmeno alle sue mosse. E avrebbe finito col commettere un’errore, prima o poi. Doveva solo aspettare. Alla prima occasione utile avrebbe spezzato il suo ritmo e sarebbe passato al contrattacco, dando inizio alla riscossa. E alla fine, il campione aveva trascurato una piccola, insignificante breccia nella sua roccaforte. E lui l’aveva vista. E ne aveva approfittato al volo.

José si era sbilanciato troppo in avanti, convinto di poter dare l’affondo decisivo. A quel punto, lui non aveva fatto altro che schivare l’ennesimo, micidiale pugno a cavatappi con un leggero e millimetrico scarto della testa. Aveva fatto in tempo a sentire la parte interna del guantone sfiorargli i capelli a lato della tempia mentre gli aveva risposto con un cross di destro allo zigomo, pigliandolo d’incontro.

 

Ci siamo, gente.

Si va ad incominciare.

Guardate bene che cosa ho preparato per voi.

SOLO PER VOI.

PRENDETE E GODETEVENE TUTTI.

 

Questo era ciò che aveva pensato, in quel frangente.

Tra i due era partito un furioso ed intenso scambio di colpi, di altissimo livello. La loro intensità agonistica aveva davvero dell’incredibile, considerando che il match si stava avviando verso la conclusione. E tenendo conto di quanto sudore ed energie avevano speso in mezzo alle corde. E da quanto tempo stavano andando avanti a farlo. Lui poi, a giudicare dal boato e dal fragore che udiva tutt’intorno, pareva persino rinato. O RESUSCITATO, a seconda del punto di vista. Nonostante tutte le mazzate che aveva preso, danzava e allungava i pugni come se avesse appena messo piede sul ring.

Gli spettatori, frementi ed eccitati, li acclamavano e li osannavano. Il meraviglioso spettacolo a cui li stavano facendo assistere li stava facendo letteralmente impazzire.

Ma le sorprese non erano ancora finite.

Nel round successivo la scena era mutata ancora, diventando l’esatto opposto di quella vista in precedenza. Avevano ripreso a massacrarsi non appena avevano incrociato i loro guantoni al centro del ring. Ma questa volta era DIVERSO. Non c’era più la tecnica splendida e sopraffina che tanto aveva risaltato in precedenza.

SOLO ODIO.

ODIO, IRA E RABBIA. RABBIA CIECA.

Ormai era davvero la lotta all’ultimo sangue tra due bestie feroci rinchiuse nella medesima gabbia, che si detestavano con tutte quante le loro forze e che volevano vincere a tutti i costi.

Chiunque si trovava lì dentro seguiva lo svolgersi degli eventi col fiato sospeso. Come presumibilmente chiunque altro si trovava, in quel preciso momento, davanti ad uno schermo acceso oppure all’ascolto di una radio a tutto volume a guardare o ad udire ciò che stava accadendo.

Non si poteva fare altro. NESSUNO DI LORO AVREBBE POTUTO O VOLUTO FARE ALTRO.

Volevano soltanto capire chi, tra quei due magnifici atleti che stavano osservando o di cui sentivano narrare le formidabili gesta, avrebbe avuto la meglio, portandosi a casa gioco, premio e partita.

ED IL TITOLO, OVVIAMENTE.

Il vecchio, intanto, era stato di parola. L’aveva mantenuta in pieno. Durante le pause nel mezzo delle due riprese aveva mantenuto il più rigoroso e riservato silenzio. Si era limitato a tamponargli il sudore, sistemargli alla meno peggio le ferite ed i tagli e a fargli coraggio. Aveva aperto bocca solo per limitarsi a chiedere come andava e se l’occhio ammaccato avesse almeno ripreso a vedere un poco.

Lui, dal canto suo, non aveva espresso una sillaba. Non voleva sprecare una sola stilla delle sue forze residue. Nemmeno una in più di quanto fosse necessario. Non aveva la minima intenzione di volersi concedere un simile lusso. Tra poco ne avrebbe avuto un disperato bisogno.

Non si era nemmeno preso la briga di controllare se Yoko ci fosse ancora. Non ne aveva bisogno.

SAPEVA CHE ERA LA’, ANCORA DIETRO DI LUI. PROPRIO DOVE L’AVEVA LASCIATA.

LA SENTIVA. PERCEPIVA LA SUA PRESENZA.

Quella sensazione lo faceva stare bene. Lo faceva sentire tranquillo. Protetto. AL SICURO.

Non poteva accadere PROPRIO NULLA DI MALE, FINCHE’ C’ERA LEI AL SUO FIANCO.

Poi, proprio mentre si stava rialzando…

 

“Ehi, signor Tange! Non sembra anche a lei che in queste ultime riprese i movimenti di Yabuki siano MIGLIORATI? SEMBRA DIVENTATO PERSINO PIU’ RAPIDO!!”

“Mmmhh...sembrerebbe proprio di si.”

 

Era stato Kono a parlare. Ma quella frase all’apparenza così scontata, banale ed innocente e detta al solo scopo di volerlo momentaneamente rincuorare, aveva ottenuto l’effetto DIAMETRALMENTE OPPOSTO.

Una scossa, un brivido improvviso e lancinante gli aveva attraversato il dorso. Come se qualcuno gli avesse versato sopra per scherzo una miriade di minuscoli cubetti di ghiaccio da un apposito secchiello.

Ma non c’era nulla da ridere. PROPRIO NIENTE DA RIDERE.

Li sentiva ancora scorrere, quei cubetti. Serpeggiare lungo l’intera colonna vertebrale, dal collo fino al sedere.

Un’ondata gelida gli era passata sottopelle, fino ad affiorare livello della cute. Persino il vecchio aveva ritratto la mano, a quello strano e sgradevole contatto.

 

“Ehi, Joe!! Che...che hai? STAI SUDANDO FREDDO!!”

“Chi, io? N – niente, zio. N – NON HO PROPRIO NIENTE. E’ TUTTO A POSTO.”

 

No, che non era a posto. NULLA ERA AL PROPRIO POSTO.

O FORSE SI. PERCHE’ STAVA ACCADENDO.

STAVA ACCADENDO DI NUOVO.

Dove l’aveva già sentita, QUELLA DANNATA FRASE?

Proprio dal vecchio Danpei, ecco dove l’aveva sentita.

Subito dopo l’incontro con Rikiishi.

SUBITO DOPO LA TRAGEDIA.

Proprio come la tenue fiammella di una candela sul punto di liquefarsi completamente.

Arde più luminosa e splendente giusto l’attimo prima di spegnersi.

DI SPEGNERSI PER SEMPRE.

Forse non era affatto vero che le cose stavano fuori posto.

Anzi...OGNI COSA SI TROVAVA PROPRIO DOVE AVREBBE DOVUTO STARE.

PERCHE’ OGNI COSA STAVA PER RIPETERSI

STAVA PER RIPETERSI TUTTO QUANTO.

Ah! Al diavolo le fiamme morenti e le candele! Alla larga!!

Doveva solamente pensare a dare il tutto per tutto nel round finale.

Solo di questo si doveva preoccupare.

E DI NIENT’ALTRO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

E finalmente Joe é ripartito alla grande!

E, nel prossimo episodio, si arriverà finalmente a quel fatidico ULTIMO ROUND.

Dove mi sono promesso e ripromesso di RISCRIVERE LA STORIA.

Beh, non proprio. Diciamo che voglio riuscire a far vedere le cose sotto un’ottica diversa.

Chissà se ci riuscirò.

Fatemi gli auguri. Ne avrò bisogno.

Piuttosto...come vi é sembrata la scena con Yoko?

Già ho iniziato con un primo sacrilegio, perché non somiglia molto all’originale.

Ma...sapete che vi dico? Che tutto sommato é meglio così.

La preferisco così, ecco la verità.

Nell’originale ho sempre trovato il suo comportamento INCOERENTE (ma non é l’unica: anche il grande Mendoza ha parecchie e fastidiose cadute di stile, nel corso della storia. Tipo QUELLO CHE HA APPENA COMBINATO. Sono spiacente, caro José, ma stavolta HAI DAVVERO ESAGERATO. Tutto quello che ti sto per far accadere TE LO SEI MERITATO IN PIENO).

Ma come? Piange e si dispera perché non vuole che IL SUO Joe muoia e poi...quando Danpei é sul punto di gettare la spugna, di fatto gli preclude ogni possibilità di arrendersi.

Certo, sono sicuro che Joe non lo avrebbe mai fatto. E, in un certo senso, Yoko ha interpretato la sua volontà di andare avanti fino in fondo.

Ma come ho fatto io...mi pare più giusto. Nel mio racconto la decisione di proseguire é frutto unicamente della scelta di Joe. Yoko vorrebbe che smettesse, e subito. Per portarlo via di lì.

Dal sangue, dal dolore, dalla morte...da TUTTO.

E io lì a pensare...CAZZO, JOE!! MOLLA TUTTO E SCAPPA VIA CON LEI! SUBITO!!

Vi giuro che stavo per scriverlo. DAVVERO.

La tentazione di voler cambiare le cose, almeno UNA MERDOSISSIMA VOLTA.

E’ stata davvero FANTASTICA.

Come dicevamo, il confronto tra loro due non era ancora terminato. E così facendo ho voluto renderle giustizia. Non ce l’ho con lei. Ritengo che sia un grandissimo personaggio.

E che a tutti debba venire concessa una seconda possibilità.

Tutti devono avere l’opportunità di potersi RISCATTARE.

Almeno in questo credo di esserci riuscito.

Aspetto in particolare il parere di innominetuo, a riguardo. Visto che a maltrattare in precedenza la povera Yoko avevo già rischiato grosso.

Volevo inoltre precisare una cosa. Ora, ritengo che qui su EFP ci siano persone mature, responsabili e di buon senso. E forse, volendo fornire una giustificazione, rischio di ottenere l’effetto opposto e di mancare di rispetto, perché qualcuno potrebbe pensare che sto sottovalutando la sua intelligenza e capacità di comprensione.

Ma l’ultima cosa che voglio é urtare la sensibiltà di qualcuno, quindi...

A che mi riferisco? ALLA PAROLA CON LA LETTERA F che compare a circa tre quarti del capitolo (credo che abbiate capito di cosa parlo).

Come dicevo prima, non voglio offendere né discriminare nessuno. E nemmeno ridicolizzare l’orientamento sessuale di un individuo, ci mancherebbe altro.

QUELLA PAROLA va interpretata all’interno del contesto in cui Joe la sta dicendo. E direi che é abbastanza in linea col suo modo di fare.

Ribadisco che non é mia intenzione mancare di rispetto a nessuno. Se così fosse...chiedo scusa.

Comunque...non dimentichiamoci che é solo un racconto!

Ancora una cosa: la citazione del grande TIGER MASK e dei suoi colleghi é voluta. Soprattutto per il fatto che il mitico IKKI KAJIWARA ha dato vita ad entrambe le serie (e ad un sacco di altre: TOMMY LA STELLA DEI GIANTS, ARRIVANO I SUPERBOYS…). Perciò, da come la vedo io...Joe e Naoto POTREBBERO BENISSIMO ESISTERE NEL MEDESIMO MONDO!!

E riguardo ad OGON BAT...quando avrete letto DOTTOR ZERO (Il mondo é mioooo!!!) avrete capito tutti chi é. Il leggendario FANTAMAN, naturalmente!!

Ringrazio intanto i sempre presenti (e gentilissimi) Devilangel476, innominetuo e kyashan_luna per le recensioni.

E, come sempre, un grazie a chiunque leggerà la storia e vorrà lasciare un parere.

Alla prossima!

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

   
 
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