Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: emme30    16/02/2018    8 recensioni
[Eren/Levi] [Canon!Verse] [SPOILER DAL MANGA]
Levi schiocca le labbra, ma non è irritato. E’ più che altro un’abitudine, ormai, per quando le parole pesano troppo sulla lingua.
“Una volta mi facevi il saluto quando mi vedevi arrivare,” dice, le braccia incrociate dietro la schiena e la perfetta postura militare a cui non può rinunciare, anche se ha lasciato i gradi dell’esercito fuori da quella porta e su quel corridoio di pietra.
Eren non si volta, continua a guardare lontano, perso nella propria testa. “Già,” è l’unica cosa che mormora, come se non avesse ascoltato veramente quello che gli ha detto Levi, come se fosse la risposta automatica che potrebbe dare a chiunque.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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ATTENZIONE!!!
QUESTA STORIA CONTIENE SPOILER SUGLI ULTIMI 20-30 (O FORSE DI PIU') CAPITOLI DEL MANGA DI ATTACK ON TITAN USCITI IN GIAPPONE

 
 
At Dusk
 
 

Il sole sta tramontando sul Distretto di Stohess.

La fortezza è deserta, tutti gli uomini sono intenti nei preparativi fuori dal castello. Non manca molto ormai. Il rumore dei tacchi dei suoi stivali echeggia per il corridoio di pietra e, se proprio tende l’orecchio, può sentire la voce del comandante urlare ordini a destra e a manca. Dannatissima Hanji e i suoi folli piani.

Si affaccerebbe a una finestra e osserverebbe le cose dall’alto con un cipiglio irritato, se solo ne avesse il tempo.

Prima però c’è una cosa più importante da fare.

Si ferma di fronte alla porta di legno battuto, sospira e bussa educatamente. Nessuno risponde dall’altro lato, eppure lui entra lo stesso.

La stanza è spoglia ma leggermente polverosa. Si vedono piccoli granelli di pulviscolo in controluce che quasi brillano mentre volteggiano nei tiepidi raggi del sole che sta tramontando.

C’è stato un tempo in cui Levi li avrebbe notati e lo avrebbero irritato, ma quei momenti appartengono al passato ormai, a un periodo in cui ancora poteva preoccuparsi di pulire e di rimproverare chi non lo faceva.

La sua attenzione viene catturata dalla figura seduta su una sedia accanto alla finestra e dalla sua espressione persa nell’orizzonte, in qualcosa che solo lui può vedere. Probabilmente sono i ricordi di altre vite ed altri tempi che non gli appartengono e, al tempo stesso, sono suoi e di nessun altro.

Eren si volta quando Levi si chiude la pesante porta di legno alle spalle, ma non si alza, non dice nulla. Si limita a guardarlo fugacemente negli occhi e a dedicare nuovamente la propria attenzione al tramonto. E’ un viso stanco il suo, molto più vecchio dell’età che dimostra, come se avesse vissuto milioni di vite prima di questa e portasse il peso di ogni singola esistenza sulle spalle.

Levi schiocca le labbra, ma non è irritato. E’ più che altro un’abitudine, ormai, per quando le parole pesano troppo sulla lingua.

“Una volta mi facevi il saluto quando mi vedevi arrivare,” dice, le braccia incrociate dietro la schiena e la perfetta postura militare a cui non può rinunciare, anche se ha lasciato i gradi dell’esercito fuori da quella porta, su quel corridoio di pietra.

Eren non si volta, continua a guardare lontano, perso nella propria testa. “Già,” è l’unica cosa che mormora, come se non avesse ascoltato veramente quello che gli ha detto Levi, come se fosse la risposta automatica che potrebbe dare a chiunque.

Levi guarda il suo volto distrutto e sa che in realtà Eren non è più qui, è già partito per il fronte, un’infinità di tempo fa.

Il silenzio pesa sulle spalle di entrambi, perfino più dell’enorme responsabilità che hanno sempre dovuto trasportarsi appresso. Più dei soprannomi cuciti addosso a due ideali che sono stati sempre troppo grandi per due semplici uomini.

Levi gli si avvicina, ma Eren non sembra accorgersene. Rimane immobile, i suoi grandi occhi verdi che hanno visto troppo sangue e troppi orrori fissi sul sole. Si ferma a un passo da lui, ma non prova a capire il mistero del suo sguardo perso lungo la linea dell’orizzonte.

“I capelli sono lunghi,” commenta, facendo una smorfia al suo aspetto disordinato. “Dovresti darci un taglio.”

Eren però non si scompone di fronte al suo tono autoritario o al suggerimento. Levi ricorda con un po’ di malinconia i suoi quindici anni di obbedienza e totale devozione nei suoi confronti. Quei tempi ormai sono finiti da un pezzo. Eren è cresciuto e quel briciolo di innocenza che ancora poteva possedere quando Levi lo ha conosciuto, ormai è sparito nel nulla.

“Vanno bene così,” dice con tono piatto, uno che non ammette repliche. “Saranno più utili per camuffarmi in mezzo a loro.” Sospira e alza un braccio per scostarsi un ciuffo ribelle da davanti agli occhi. “Non devo essere di bell’aspetto.”

Levi rimane in silenzio e lo guarda fissare fuori dalla finestra.

“Una volta mi chiamavi capitano quando ti rivolgevi a me,” dice senza rancore, constatando semplicemente il fatto.

“E tu mi chiamavi moccioso,” è la replica fulminea di Eren, che finalmente alza il viso e incontra i suoi occhi. “Suppongo che le persone cambino, prima o poi.”

Vorrebbe rispondere a tono Levi, ma non lo fa, perché quegli occhi verdi tornano di nuovo a fissare battaglie immaginare a un fronte troppo lontano, uno che non è visibile ad occhio nudo. Uno a cui, per il momento, Levi non può combattere.

Rimane in piedi in silenzio, quindi, soppesando i pensieri e non trovando nulla da dire, nulla a cui pensare. Ogni singola parola sembra vuota e priva di senso in questo momento. Eren è un adulto ormai, con due spalle forti e robuste. Non ha più bisogno dei suoi consigli, della sua preoccupazione, delle sue raccomandazioni. Eppure Levi è lì, in piedi dietro quella sedia, a commentare quell’improbabile taglio di capelli e a ricordare un passato che sembra non essere mai stato vissuto.

“Parto domattina all’alba,” le parole di Eren interrompono il silenzio e sono pesanti come macigni. “Non tornerò.”

Levi capisce bene tutto quello che gli sta dicendo, perché la guerra è crudele, ma gli esseri umani lo sono ancora di più.

“Forse nessuno di noi lo farà,” commenta Levi incrociando le braccia dietro la schiena. “Forse moriremo tutti là.”

Non lo stupisce la risata amara di Eren a quelle parole. “Sarebbe proprio il colmo,” mormora, senza smettere neanche per un attimo di fissare il tramonto. “Pensa quanti di noi sarebbero morti per nulla, se finisse davvero così. Pensa a quanti moriranno per nulla.”

Ride, come se la cosa fosse divertente, e Levi vorrebbe dirgli di smetterla, ma Eren ormai è troppo in là. Eren ormai è già partito per la guerra. Eren, forse, è già morto sul campo di battaglia.

Quello che conosceva una volta Levi, almeno, lo è di sicuro.

Il silenzio torna imperativo a farsi strada tra di loro e Levi sa che il tempo sta per scadere.

Gli mette una mano sulla spalla allora, stringe il tessuto della camicia ruvida tra le dita e sente il calore della pelle di Eren sotto ad essa. Si domanda quanto ci metterà a dimenticare quella sensazione.

“Vuoi?” E’ la domanda pregna di significati che gli sfugge dalle labbra. Non ha bisogno di essere esplicito, entrambi sanno a cosa si riferisce con quella semplice questione.

“Forse tra un po’,” è la risposta flebile di Eren. “Non ora.”

“Potrebbe essere l’ultima.”

Eren sospira e alza il volto per guardarlo negli occhi. “Lo so,” replica deciso. “Ma questo è l’ultimo tramonto che vedrò da casa.”

Levi lo osserva posare lo sguardo sull’orizzonte.

“Potrebbe anche non esserlo.”

“No,” Eren mormora deciso. “Te l’ho detto che non tornerò.”

“La guerra potrebbe essere vinta.”

Eren fa un sorriso amaro a quelle parole, ma non lo guarda. “Io la guerra l’ho già persa.”

In quel momento Levi non riesce a controbattere. Non sa cosa dire di fronte alla maturità di quel giovane e alla consapevolezza che ha di se stesso e di come andranno le cose.

Lo spaventa la realizzazione di quanto Eren sia adulto, dall’alto dei suoi vent’anni. Lo spaventa l’idea che abbia ragione, più di quanto possa spaventarlo la morte.

Forse è per questo che non ribatte, non dice nulla, non lo smentisce e attende che il sole tramonti. C’è ancora una cosa che deve fare prima di lasciarlo andare, prima di dire addio a questa versione di Eren, a questo adulto che non ha ancora smesso di soffrire e che sta morendo sempre di più ogni giorno che passa.

L’unica cosa che può fare è stringere forte la sua spalla, mentre guarda oltre la finestra l’ultimo tramonto da Paradis Island di Eren Jaeger.

 

Dopo aver letto il capitolo 102 ho avuto l'irrefrenabile bisogno di accendere il pc e... questa shot è quello che ne è uscito.
Devo ammettere che ne sono soddisfatta, mi è piaciuto tanto scriverla e farmi straziare il cuore da questi due meravigliosi personaggi. Spero che vi sia piaciuta e di aver straziato un po' il cuoricino pure a voi, adoro farlo ♥

Grazie a chi ha letto e apprezzato ♥


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