Capitolo nono
Il
colpo di scena era stato anche ben architettato, ma forse il servitore con la
faccia da assassino prezzolato si sarebbe dovuto muovere con un tantino di
anticipo per permettere al suo Lord di sfuggire a Jon Snow in condizioni appena
un po’ meno miserevoli… Preso a pugni, a calci e dopo essersi beccato un colpo
di scudo in testa che gli aveva spaccato il sopracciglio destro, nel momento in
cui Ramsay cercò di rialzarsi in piedi e di allontanarsi si accorse che, in
qualche momento non meglio specificato, Snow doveva avergli lussato la spalla
sinistra, forse era stato quando lo aveva preso a calci, chissà. Ad ogni modo,
mentre il patibolare servo mostrava a tutti Rickon prigioniero e con una lama
puntata alla gola e mentre Jon, Sansa e tutti gli altri si erano immobilizzati
per impedire che quel maniaco lo sgozzasse e chissenefrega degli accordi,
Ramsay era riuscito a malapena a mettersi in piedi senza usare il braccio
sinistro che era, appunto, inservibile. La sua idea originale era stata quella
di prendere un cavallo e scappare da Grande Inverno, ma in quelle condizioni
nemmeno era in grado di salirci, su un cavallo… Gli girava la testa e capiva
ancora meno del solito, così prese un’altra delle sue decisioni geniali: avrebbe raggiunto la sua stanza
e ci si sarebbe chiuso dentro. Che cosa intendesse fare poi, nemmeno gli
Antichi Dèi lo sapevano… barricato nella sua camera, avrebbe potuto soltanto
buttarsi dalla finestra!
“Jon,
dobbiamo pensare a Rickon prima che ad ogni altra cosa” affermò Sansa, con
decisione.
“Ma
non possiamo fidarci di Ramsay” obiettò Jon, che nonostante l’espressione era
molto più sveglio di quanto sembrasse. “Potrebbe dare l’ordine di uccidere
Rickon non appena si sia messo in salvo.”
Sansa
guardò il giovane Bolton che arrancava disperatamente su per le scale che
conducevano all’interno della fortezza, ansimando, sanguinando e cercando di
non poggiare il braccio sinistro da nessuna parte. Nemmeno lei si fidava del
Bastardo di Bolton, certo, ma l’espressione con cui lo fissava era la stessa
con la quale avrebbe guardato una cacca appiccicata al suo stivaletto.
“Dove
vuoi che vada? Non può scappare” disse, in tono grave. “L’unica cosa che può
fare è rintanarsi come lo scarafaggio che è in un angolo di Grande Inverno… ma
noi conosciamo la fortezza molto meglio di lui. Non ci sfuggirà. Adesso
liberiamo Rickon!”
Sì,
avete capito bene, tutte le sofferenze subite avevano trasformato Sansa Stark
da damina con la puzzetta sotto il naso a guerriera con i controcazzi… insomma,
una perfetta signora per Grande Inverno. La sua sicurezza tranquillizzò anche
Jon che, in men che non si dica, ideò un piano per salvare il fratello.
“Va
bene, il tuo signore non sarà toccato. Vedi? Ci stiamo avvicinando a te, Ramsay
è libero di andare” disse Jon al malintenziona… al servitore che teneva in
ostaggio Rickon. “Consegnaci nostro fratello, adesso, e non ti sarà fatto del
male.”
Ma,
mentre Jon e Sansa si avvicinavano al patibolare individuo da una parte,
Tormund lo aggirava dall’altra per prenderlo alle spalle (non ci si poteva
fidare di Ramsay, nemmeno dei suoi servi e tanto meno di uno con una faccia
così…). Il servo era un delinquente, ma per fortuna non era tanto intelligente
nemmeno lui e la sua attenzione restò concentrata su Jon e Sansa.
“I
miei ordini non sono quelli di uccidere il mocciosetto” rise quel tizio
inquietante, “anzi, lui deve restare vivo, per dare al mio Lord il tempo di
scappare. Voi credete che siamo scemi, ma siamo più furbi di voi!”
E,
tanto per provare a tutti quanto fosse furbo (tra lui e Ramsay avrebbero vinto
l’oro e l’argento alle Olimpiadi dei Cretini), il servitore affibbiò una
pugnalata al braccio di Rickon e poi gettò il ragazzino dal camminamento. Jon
lo prese al volo e, insieme a Sansa, si adoperò per curarlo: la ferita era
profonda e sanguinava molto, ma nessun organo vitale era stato colpito e il
ragazzo si sarebbe salvato. Intanto, il servo intelligente, si era voltato dopo aver mollato l’ostaggio, per
scappare anche lui… ma si ritrovò faccia a faccia con Tormund che lo decapitò
senza nemmeno batter ciglio.
“Devo
andare a cercare Ramsay?” chiese poi il bruto a Jon.
“No,
non potrà andare da nessuna parte, Sansa ha ragione. Raduna gli uomini rimasti
dei Bolton e imprigionali” ordinò Jon.
E,
mentre tutto questo psicodramma era andato in scena nel cortile di Grande
Inverno, che ne era stato di Ramsay?
Il
giovane, sempre più intontito e confuso, col sangue che gli colava dal
sopracciglio nell’occhio destro rendendogli difficile vedere, con la spalla e
il braccio sinistri che gli causavano delle fitte atroci ad ogni passo
facendogli venire perfino la nausea dal dolore, era riuscito comunque a
trascinarsi in qualche modo fino alla sua stanza. Probabilmente è quello che si
dice la forza della disperazione e
chissà quale parte del suo neurone gli suggeriva che là sarebbe stato al
sicuro, mentre i suoi nemici si impossessavano della fortezza senza nemmeno
scomporsi.
Riuscì
ad entrare nella camera e a sbarrare la porta in qualche modo, poi si buttò
alla disperata sul tavolino e lo spinse contro il portone usando il peso del
suo corpo (visto che usare le braccia era fuori discussione); nella sua
confusione, si attaccò poi a un pesante cassettone che non avrebbe spostato
nemmeno in un migliaio di anni e tentò di spingere anche quello contro la
porta, tra gemiti di dolore, singhiozzi di rabbia e di paura e quant’altro, ma
quello non si smosse di un millimetro. Ramsay si lasciò scivolare a terra,
mezzo aggrappato al cassettone, scosso da lamenti soffocati e ansimando
disperatamente.
“Lord
Ramsay, cosa ti hanno fatto?” gli chiese Theon, facendogli venire un mezzo
infarto.
Eh,
già, Theon! Ramsay in tutto quel casino si era dimenticato ancora una volta
della sua esistenza, e adesso tutto si sarebbe aspettato meno che di essersi
rinchiuso nella stessa stanza con lui!
Era
indifeso, ferito, spaventato e temeva che Theon cogliesse finalmente la sua
occasione per vendicarsi. E, in effetti, Theon voleva vendicarsi… ma non nel
modo che pensava Ramsay. Theon aveva superato gli istinti più biechi e aveva
compreso che il modo migliore di godersi la sua rivincita sarebbe stato quello
di fare l’opposto di ciò che ci si sarebbe aspettati da lui. Questa volta
sarebbe stato un vero eroe positivo,
non più il burattino di un padre che non lo voleva o la caricatura di un
guerriero.
Prese
un panno bagnato da un catino sopra il famoso cassettone che Ramsay non era
riuscito a spostare e, con pazienza e delicatezza, si dedicò a ripulire le
ferite sul viso del suo Lord che Lord ormai non era più. Quando ebbe finito, il
sangue aveva smesso di scorrere: a Ramsay restava il sopracciglio spaccato, un
livido su uno zigomo e un taglio sul labbro inferiore, ma gli era andata ancora
bene…
“Avevi
promesso” mormorò Ramsay, cercando in qualche modo di arrivare a prendere il
coltello che teneva infilato alla cintura senza muoversi troppo, per non
rinnovare quel terribile dolore alla spalla. Con grande sforzo ci riuscì e,
senza tanti complimenti, mise l’arma in mano a Theon (che per poco non ebbe un
collasso, avendo frainteso la situazione…).
“Avevi
promesso che non mi avresti lasciato catturare da quelli. Devi essere tu a
uccidermi, io non posso, non ce la faccio. Mi devi uccidere tu, me lo avevi
giurato” insisté Ramsay. E qui i suoi discorsi confusi iniziarono ad avere un
senso. Ramsay sapeva bene che in quelle condizioni non sarebbe riuscito a
scappare e sapeva altrettanto bene che la sua morte, se fosse stato lasciato
nelle mani di Snow e Sansa, non sarebbe stata né facile né veloce. Una parte di
lucidità gli era rimasta ed era chiaro che si aspettava di subire tutto quello
che aveva inflitto tante volte agli altri… ed era questo a terrorizzarlo. Stare
dall’altra parte del coltello, letteralmente, non era poi quel gran
divertimento.
E
Theon? Era vero, aveva giurato di ucciderlo. Mesi prima lo avrebbe fatto con
gioia e immensa soddisfazione; qualche settimana fa, quando aveva giurato, era
ancora convinto che non si sarebbe fatto poi tanti problemi a colpirlo. Eppure,
in quel momento, sentì che non era ciò che voleva fare.
Ramsay,
portato per deformazione professionale
ad attribuire agli altri i suoi sentimenti infidi e sleali, fraintese subito
l’esitazione di Theon.
“E
allora? Uccidimi, non è questo che hai sempre voluto? O invece vuoi… vuoi
vendicarti davvero di me, lasciandomi straziare come vorranno farmi quelli? E’
questo che vuoi, vero?”
Theon
lo fissò. Il suo sguardo si era fatto grave e maturo, molto diverso da quello
dell’idiota viziato che mesi e mesi prima aveva tentato di fare la storia invadendo Grande Inverno. Ora era diventato un vero
uomo… e alla fine era anche merito delle sofferenze subite. Quando si dice che
non tutto il male viene per nuocere!
“No,
non voglio vendicarmi di te e non voglio nemmeno ucciderti” replicò con calma.
“So che è quello che faresti tu, ma c’è una cosa che non sei riuscito a fare,
Lord Ramsay. Nonostante tutto, non sei riuscito a farmi diventare un mostro ed
è per questo che io adesso non ti farò alcun male, ma anzi ti aiuterò a
scappare, ti porterò via con me. Perché io non
sono come te e non lo sarò mai.”
Allibito,
Ramsay restò a guardarlo come se non avesse capito niente di quello che Theon
aveva detto (e in buona parte, in effetti, era proprio così).
“Non
possiamo scappare da quassù e poi… io ho una spalla slogata, non riesco a
muovermi, io…”
“Io
sono cresciuto a Grande Inverno, non dimenticarlo” rispose Theon con un lieve
sorriso, “e conosco tutti i passaggi segreti della fortezza. Ce n’è uno anche
in questa stanza e useremo quello, però dobbiamo fare in fretta, perché anche
Jon e Sansa sono cresciuti qui e conoscono gli stessi passaggi. E per quello
che riguarda la tua spalla, so io come fare.”
Era
assurdo. Un rovesciamento di potere come quello, Ramsay non se lo sarebbe
aspettato nemmeno in un milione di anni… eppure quel Theon così risoluto e
sicuro lo faceva sentire, in qualche modo, più tranquillo.
Ramsay
cominciò tuttavia a sentirsi molto meno tranquillo quando Theon si inginocchiò
davanti a lui e, posandogli una mano sulla spalla lussata, gli prese il braccio
con l’altra per riposizionare l’articolazione fuoriuscita.
“No,
no, senti, che accidenti vuoi fare?”
“Dovrò
farti un po’ male, ma sarà una cosa veloce e ti permetterà di guarire. Se
lascio il braccio in questo stato, finirai per perderlo” ribatté Theon. Non
poté evitare un lievissimo fremito di piacere vedendo Ramsay impallidire ancora
di più sia alla prospettiva del dolore sia a quella di perdere il braccio.
Voleva sentirsi superiore a queste cose e per la maggior parte del tempo lo
era, ma pensare all’assurdità di quel rovesciamento
di parti era sinceramente troppo divertente! “Al mio tre, va bene?”
“No,
aspetta, ma non c’è un altro modo? Io…”
“Al
mio tre” ripeté Theon. “Uno, due…”
E
aveva appena finito di dire due che,
tenendo ben salda la spalla con una mano, tirò il braccio con un colpo deciso e
improvviso, che scaricò una vampata di dolore acuto su Ramsay ma rimise l’articolazione
dove doveva stare. Il giovane Bolton, che aspettava il tre, lanciò un grido che
Theon si affrettò subito a soffocare, stringendolo forte a sé. A quel punto si
sentì davvero strano: lo aveva afferrato perché il suo grido non giungesse a
Snow e agli altri e gli aveva tenuto il volto contro il suo petto per soffocare
lamenti e gemiti, ma poi aveva continuato a tenerlo abbracciato, provando una
sensazione che non sapeva spiegarsi ma desiderando confortarlo.
“Va
bene, è finita, adesso starai meglio, Lord Ramsay. Ti farò una fasciatura alla
spalla e pian piano potrai muovere di nuovo il braccio” gli disse. Poteva
essere che si sentisse così bene perché si era dimostrato più forte di Ramsay,
perché gli era indispensabile? Certo, anche quello aveva la sua parte, però…
“Avevi
detto al tre!” protestò Ramsay con
una voce spezzata che non sembrava nemmeno più la sua.
“E’
andata meglio così, non te lo aspettavi. Ora è passato” rispose Theon,
strappando un lungo lembo da un mantello per inventarsi una fasciatura per la
spalla del suo non più Lord.
Una
volta che lo ebbe fasciato, Ramsay dovette ammettere che andava davvero meglio:
il dolore era diminuito e poteva muovere appena un po’ il braccio. Theon lo
aiutò a rimettersi in piedi e poi prese un fagotto che era stato messo da parte
su un baule e che Ramsay non aveva ancora notato.
“Che
hai lì?” domandò il giovane Bolton. Ora che si sentiva un po’ meglio stava
riprendendo il tono petulante e insistente di sempre… forse avrebbe dovuto
rompersi più spesso?
Theon
glielo mostrò: aveva una bisaccia con delle provviste e due spessi mantelli.
“Ci
serviranno per la fuga. Conosco bene i boschi di Grande Inverno e avremo
bisogno di tenerci al caldo” spiegò, con la tranquilla risolutezza di chi ha
già pianificato tutto. Aver ribaltato i rapporti di potere con Ramsay stava
regalando a Theon un’invidiabile aria da leader
che per anni aveva potuto soltanto sognarsi! “E prima di poterci fermare in
qualche locanda dovremo aspettare di essere molto lontani da qui: né tu né io
siamo così amati al Nord, per questo ci serviranno provviste.”
Ramsay
era sbalordito.
“Quando
hai preparato tutto questo?”
“Stamattina,
quando il vostro esercito è partito per la battaglia.”
“Quindi…
saresti potuto scappare fin da stamattina” commentò Ramsay, dimostrando una
sorprendente capacità di ragionamento. “Perché non sei scappato?”
“Perché
ti aspettavo” rispose semplicemente Theon. “Bene, il passaggio segreto è da
questa parte, io direi di fare in fretta.”
Ramsay,
sempre più allibito, non trovava niente da dire e riusciva soltanto a seguire
Theon, attraversare il passaggio segreto e guardarlo mentre lo richiudeva.
Aveva la vaga sensazione di non essere più lui a reggere il gioco, ma in quel
momento non gli importava poi tanto e, a dirla tutta, sembrava che niente
avesse più una vera importanza.
Insomma,
le prospettive ti cambiano quando il tuo esercito viene massacrato, tuo padre
ti abbandona, il tuo castello viene invaso e i tuoi nemici stanno per farti a
pezzi, no? Esperienze simili potrebbero perfino… quasi… far ritornare il senno
anche a uno come Ramsay!
Il
passaggio attraversò la fortezza e fece sbucare i due fuggitivi nella parte
posteriore di Grande Inverno. Jon Snow, Sansa e tutti gli altri si stavano
occupando della ferita di Rickon, che stava già molto meglio. Baelish si era
autoincaricato di organizzare le nuove difese della fortezza utilizzando i
soldati degli Arryn e a nessuno passava per la testa di sorvegliare delle zone
che non avevano alcun valore strategico. Jon, in realtà, aveva espresso il suo
desiderio di andare a cercare Ramsay ma Sansa aveva risposto, sbrigativa, che
se si era nascosto in qualche angolo di Grande Inverno lo avrebbero trovato
presto e, in caso contrario, prima o poi sarebbe dovuto sbucare fuori se non
voleva morire di fame. E allora sarebbe stato nelle loro mani…
Invece,
proprio in quel momento, Ramsay stava seguendo Theon fino a una radura vicina,
dove il giovane aveva nascosto un cavallo quella mattina, durante i preparativi
per la partenza. C’era stata così tanta confusione di soldati, eserciti e quant’altro
per muoversi contro Snow che nessuno aveva fatto caso a Theon, il quale aveva
potuto organizzarsi con tutta calma e con tutto comodo. Era stata un’altra
bella prova della mitica
organizzazione di Bolton & co.,
tuttavia adesso quella negligenza tornava proprio comoda per una fuga che
Ramsay non avrebbe mai immaginato. Quella mattina era tanto convinto di vincere
la battaglia che figurarsi… e adesso si ritrovava a dipendere da Theon in
tutto, guardandolo come se fosse una sorta di apparizione miracolosa.
Beh,
in fondo gli aveva salvato la vita, no? Non c’era da stupirsi che lo fissasse
così!
Fine capitolo nono