~Diari~
Poi non è che la vita
vada come tu te la immagini. Fa la sua strada.
E tu la tua. E non
sono la stessa strada.
Così, io non è che
volevo essere felice, questo no. Volevo salvarmi, ecco: salvarmi.
Ma ho capito tardi da che parte bisognava
andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che
siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere
giusti.
No. Sono i desideri
che salvano. Sono l'unica cosa vera.
Tu stai con loro, e ti
salverai.
Però troppo tardi l'ho
capito.
Se le dai tempo, alla
vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel
punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.
È lì che salta tutto, non c'è verso di scappare,
più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.
Non se ne esce.
Quando era troppo
tardi, io ho iniziato a desiderare.
Con tutta la forza che
avevo.
Mi sono fatto tanto di
quel male che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.
Alessandro Baricco
1918 ~ Rinascere
Mi risvegliai nello studio del
dottor Carlisle. Non sapevo esattamente cosa mi fosse capitato.
Avevo dei ricordi confusi. Avevo
passato gli ultimi anni della mia giovinezza nell’esercito.
Volevo essere un buon soldato. Ero
ansioso della gloria bellica.
Avevo diciassette anni quando fui
ricoverato nell’ospedale di Chicago, Illinois.
Ricordavo di essere in ospedale
perché l’ondata di spagnola aveva colpito anche me, come d’altronde tutta la
mia famiglia. Mio padre morì subito, mia madre non ricordavo; era in ospedale
affetta dalla mia stessa malattia e adesso non era con me.
Ricordavo che il dottor Carlisle si
avvicinò a me dicendomi che non dovevo preoccuparmi, che tutto si sarebbe
risolto in fretta. Diceva che avrei avuto una nuova vita.
“Mi dispiace. Spero che con il tempo
imparerai a perdonarmi.” furono le ultime parole che sentii pronunciare da
quell’uomo di una generosità infinita.
Si era sempre preso cura di me come
fossi suo figlio.
Ricordavo poi la corsa dopo essere
usciti dall’ospedale. Carlisle mi teneva in braccio.
Non capivo. La malattia mi stava
uccidendo e iniziai a non avere più la cognizione del tempo e dello spazio
intorno a me. Stavo per scivolare nell’abisso della morte quando sentii delle
labbra fredde avvicinarsi al mio collo.
Poi sentii solo dolore.
Mi sentii bruciare.
Bruciava tutto. Il mio corpo, i miei
organi, la mia mente, il mio cuore.
Volevo scappare da quell’incendio ma
non riuscivo a muovermi. Quando capii
che era troppo tardi per scappare iniziai ad urlare.
Pregavo perché la morte arrivasse
più in fretta, quel dolore tremendo mi rendeva totalmente inutile. Poi il
dolore pian piano scomparve.
Il mio cuore palpitava più forte.
Stavo morendo lo sentivo.
Il mio cuore tacque e riaprii gli
occhi.
Vidi un angelo. Assomigliava tanto
al dottor Carlisle.
“Finalmente” disse l’angelo. “Non
aver paura. Sei vivo. Non hai nulla da temere adesso”. Sgranai gli occhi ancora
di più e con un balzo scattai in piedi.
“Cosa mi è successo. Dove sono.
Parla!” ringhiai.
Dovevo capire. Tutto il dolore
provato non era niente in confronto al rischio di impazzire per il non sapere
nulla.
Rimasi a fissarlo in attesa di una
sua risposta.
“Come
faccio a dirglielo, da dove posso
iniziare. È così difficile, ancora non
so se ho fatto la cosa giusta. È così giovane” . Che strano eppure non l’ho
visto aprir bocca.
“Cosa stai dicendo? Non capisco” gli
dissi.
“Non ho detto nulla” mi
rispose. “Edward, tu mi conosci come
il dottor Carlisle, ma in realtà io non sono quello che tu credi.” iniziò a
parlare e rimasi ad ascoltarlo con attenzione.
Sapevo che quel momento avrebbe
fatto luce su tutta la vicenda.
“Sono nato a Londra, negli anni
quaranta del diciassettesimo secolo. Mia madre morì dandomi alla luce. Mio
padre era un pastore anglicano. Non tollerava che esistessero razze diverse da
quella umana e così iniziò a cacciare le streghe, i maghi, i vampiri e tutti quegli esseri che
appartenevano al male.
Quando fu troppo vecchio per
continuare a guidare le persecuzioni mi cedette il suo posto.
Fui molto più bravo di lui. Non
condannavo chicchessia solo per il gusto di farlo.
Non volevo che gente innocente
perdesse la vita senza un vero motivo.
Così una notte del 1663, mentre ero
di guardia, vidi un vero vampiro uscire dalla fognatura. Raccontai a tutti cosa
avevo visto e la gente iniziò ad organizzare l’attacco. Fui io a guidarlo e
sapevo anche che il rischio che correvamo era alto.”
Ma di cosa diavolo stava parlando. Vampiri.
Non esistono i vampiri.
Cercai comunque di non perdere il
filo del discorso.
“Il vampiro uscì dal suo rifugio per
sfamarsi e quando si accorse di noi ci attaccò. Probabilmente era troppo
affamato per scappare. Si scagliò su di me e mi morse. Gli altri uomini
accorsero in mia difesa e il vampiro per difendersi mi lasciò andare
avventandosi su di loro. Fu una notte lunga.
C’erano grida di dolore e di paura.
Due uomini morirono.
Il vampiro ormai sazio scappò nelle
fogne da dove era uscito. Sapevo cosa mi aspettava se avessi fatto ritorno a
casa. Nessuno si avvicinò a me.
Forse perché credevano fossi morto.
Così quando mi accertai di essere
rimasto solo strisciai verso un viottolo buio.
Mi nascosi sotto dei sacchi di
patate andate a male e ci rimasi per tre giorni, in silenzio.
Quando il fuoco si spense e il
dolore cessò, ebbi la consapevolezza di ciò che ero diventato.” Rimase in
silenzio a fissarmi.
Aspettava che dicessi qualcosa. Non
sapevo cosa pensare.
Il suo racconto mi era sembrato un
sogno. Vedevo le scene nella mia mente come se quella notte fossi presente
anch’io.
“Stai cercando di dirmi che ora
anch’io sono un vampiro? Che ora sono un mostro? Perché mi hai fatto questo?”
gli urlai. Lui mi guardò.
Mi sentii in colpa per il tono che
avevo usato. Era evidente che anche lui era preoccupato per ciò che aveva
fatto.
“Perdonami,
non dovevo, ma avevo bisogno di qualcuno che mi capisse, qualcuno che mi
aiutasse a rendere più lieta la sorte che mi è toccata. Avevo bisogno di un fratello, di un amico , di un figlio!” Non capivo.
Come faceva a dire quelle cose senza aprir bocca. Cosa mi stava succedendo?
Sentivo la sua voce ma non era lui a
pronunciare quelle parole. E per di più erano sincere.
Lentamente si insidiò in me la
consapevolezza che ciò che avevo appena sentito erano i suoi pensieri. Rimasi a
riflettere per qualche secondo cercando di realizzare ciò che ero.
“Sarai tu a decidere se essere un
mostro o se continuare ad essere quel ragazzo che fino a qualche giorno fa
giaceva morente in un letto di ospedale.” Mi disse, spezzando il silenzio.
Lo guardai sbalordito. Sentivo e
sapevo leggendo i suoi pensieri che la storia non era finita.
Gli feci cenno di continuare il racconto.
“Dopo aver capito ciò che ero sapevo
che per sfamarmi avrei dovuto uccidere gente che non aveva nessuna colpa.
Provai ribrezzo per me stesso.
Cercai di distruggere quello che
ero. Mi gettai dalle cime delle montagne, cercai di annegare. Ero troppo forte
e giovane e il mio nuovo corpo non subiva danni.
Ogni tentativo era inutile. Decisi
di morire di fame.
Mi allontanai dalla città e iniziai
a vagare nei boschi, il più lontano possibile da vite umane. Ero stanco e ormai
la fame era insopportabile. Fiutai una scia deliziosa e senza pensarci attaccai
il corpo che emanava quel profumo caldo e invitante.
Dopo essermi saziato mi accorsi che
mi ero nutrito di sangue animale.
Capii che esisteva un’alternativa al
sangue umano. Capii che potevo non essere un mostro.” Ora comprendevo le sue
parole.
Potevo scegliere tra l’essere un
mostro e l’essere una creatura con una coscienza.
Assimilavo le parole di Carlisle e
rivivevo le scene dell’attacco al branco dei cervi attraverso la sua mente.
D’un tratto mi accorsi di avere sete. Avevo la gola secca, bruciava.
“Continuerò a spiegarti tutto,
abbiamo l’eternità davanti. Prima però devi nutrirti così ti sarà più facile
capire.” Disse Carlisle. Annuii.
“Seguimi.” mi disse “non ti sarà difficile fare quello che faccio io.” Mi
prese per mano e iniziammo a correre.
Mi portò nel bosco. Era strano
correvamo in modo tutt’altro che normale.
Eravamo velocissimi. Tutto era
cambiato. Carlisle mi indicò un branco di alci.
“Sii te stesso, segui il tuo
istinto.” mi disse. E in un secondo mi trasformai nel mostro che ero realmente.
Gli diedi ascolto. Mi abbandonai ai miei istinti.
Allargai le narici e mi lasciai
invadere dall’intenso profumo di sangue delle alci.
Lo sentivo scorrere nelle vene.
Liberai la mente da tutti i pensieri e mi accovacciai, pronto a balzare sulla
preda. Studiai la loro posizione e in meno di un secondo calcolai tutte le
possibili vie di fuga degli animali.
Contai “Uno, due, tre! ”. Tre
secondi e l’alce tra le mie mani smise di vivere.
Sentii il veleno riempirmi la bocca
e i miei nuovi denti trapassarono il suo corpo fino a raggiungere la vena più
grossa. Ne succhiai il sangue.
Quando ebbi finito mi accorsi che la
mia sete non si era placata. Ne volevo ancora.
Allargai i miei sensi e fiutai una nuova
scia. Mi lanciai nella corsa. Scorsi un puma.
Mi acquattai e in un secondo gli fui
addosso. Mentre bevevo il suo sangue una piccola parte del mio cervello
valutava i due diversi sapori.
Prosciugato il puma mi misi in cerca
di Carlisle. Lo vidi osservarmi.
Si avvicinò a me. Mi guardava in
modo strano, sembrava orgoglioso.
“Figliolo, sei stato una sorpresa.
Non pensavo riuscissi a comprendere tutto così in fretta. Sei stato anche più
bravo di me. Torniamo a casa ora così potrò raccontarti il resto della storia.”
mi disse.
Annuii e tornammo insieme a casa.
Quando rientrammo passai per caso
davanti allo specchio e non riuscii a resistere alla tentazione di guardarmi.
L’uomo che vi trovai riflesso era un mostro. I suoi vestiti erano sporchi di
sangue, la sua pelle era bianchissima e i suoi occhi erano di un rosso cremisi
intenso.
“Con il tempo il colore cambierà.”
mi disse Carlisle “Il sangue animale ti aiuterà a farli sembrare uguali ai
miei.” Distolsi lo sguardo dallo specchio e mi sedetti.
“Cosa vuoi sapere?” chiese.
Non sapevo cosa dirgli. In realtà
aveva già risposto a tutte le domande.
Avevo letto le risposte nella sua
mente. Feci la scelta di chiedergli comunque qualcosa.
“Allora. Cosa hai fatto dopo aver
trovato una soluzione per sfamarti?” chiesi e rimasi calmo ad aspettare
che raccontasse il resto della storia.
“Questa soluzione divenne la mia
filosofia di vita. Cibarmi di animali mi permetteva di controllare i miei
istinti quando avevo contatti con gli esseri umani.
Mi sono iscritto all’università. Ho
studiato per diventare medico.
Ora, dopo molti anni di allenamento,
sono immune al sangue umano.
Andai a studiare in Italia, dove
conobbi un gruppo di antichi vampiri chiamati Volturi.
Aro, Caius e Marcus.
Erano molto più raffinati dei
vampiri londinesi.
Diventammo amici ma il loro stile di
vita non si sposava con il mio. Loro cacciavano sangue umano e cercarono di
convincermi che il mio stile di vita invece fosse sbagliato.
Passammo insieme qualche anno. Soffrivo la solitudine,
così decisi di andare alla ricerca di qualcun altro come me. Decisi di girare
il mondo.
Così partii per il Nuovo Mondo. Ho
iniziato ad esercitare la professione di medico nell’ospedale di Chicago.
Negli anni di solitudine ho spesso preso in
considerazione l’idea di crearmi da solo un compagno, ma non ho mai trovato il
coraggio per farlo.
Ciò che mi ha spinto a farlo ora, dopo tanti
anni, sono state le ultime parole di tua madre.” Ascoltai con attenzione
tutta la storia.
I tasselli iniziavano ad andare al
loro posto.
Capii perché Carlisle l’aveva fatto.
“Salvalo,
ti prego, salvalo come solo tu puoi! Fai ciò che agli altri non è concesso.” Nella sua mente rivedevo mia madre
morente che lo pregava di salvarmi la vita, e non riuscii ad essere arrabbiato
con lui.
“Cosa sono in grado di fare adesso?”
chiesi.
“Puoi fare tutto. Sei
indistruttibile e immortale. Sei veloce e i tuoi sensi sono mille volte più
sviluppati di quelli umani.
Tutto è amplificato, anche le tue
emozioni. Cerca di stare attento.
Devi saper equilibrare le tue sensazioni.
Voglio che tu sappia che sei libero di andare per la tua strada. Sei anche
libero di bere sangue umano se per te risulta difficile resistere.
Io ti ho offerto un’alternativa.
Sta a te scegliere cosa è più giusto per te.”
Rispose.
Feci un’altra domanda.
“Quali altre regole ci sono da
rispettare?” dissi.
“Solo una: nessuno deve sapere della
nostra esistenza. Ora perdonami ma devo andare in ospedale. L’influenza miete
ancora vittime e c’è bisogno di medici ti spiegherò meglio tutto al mio
rientro.” Mi salutò e corse via dai suoi pazienti.
Ero sbalordito. Tre giorni e la mia
vita era di colpo cambiata. Mi guardai attorno e rimasi immobile come una
statua, aspettando il ritorno di Carlisle. Quando arrivò mi trovò intento a
fissare le pareti. Si sedette accanto a me e rimase in silenzio per un po’.
Pensava a quello che doveva dirmi.
“Il tuo aspetto, il suono della tua voce e il
tuo profumo ti aiuteranno ad attirare le prede, nel caso tu decida di andare
per la tua strada.
Sei dotato di veleno che ti permette
di immobilizzare gli animali, anche se credo che tu ti sia accorto che una
volta catturati non possono più liberarsi.
La tua mente è molto più spaziosa e
sarai in grado di imparare molte cose senza difficoltà.
Non puoi dormire. Non puoi esporti alla luce
del sole perché la tua pelle la riflette rendendoti più splendente di un
diamante. Per questo a volte siamo costretti a nasconderci. Il resto lo
scoprirai da solo.”disse infine.
Non risposi nulla.
Capii che
il giorno più lungo della mia vita era appena iniziato e non sarebbe mai
finito.
Edward