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Autore: pokepony10    17/02/2018    0 recensioni
Alex è un ragazzo calmo è totalmente nella norma, bravo a scuola e circondato spesso dal suo ristretto gruppo di amici. Molte volte però viene perseguitato da una strana ragazza conosciuta da tutti col nome di Morte Bianca. Molti eventi coinvolgono i due in un mistero che ha le sue radici a molti secoli fa. Riusciranno a scoprire il segreto di questo mistero o moriranno provandoci?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dei, demoni e amore '
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[POV Alex] Aprì gli occhi, sentivo sul mio corpo un leggero bruciore. Mi resi conto che ero su di un letto, cercai di alzarmi ma fui bloccato da una voce -alexey! Non alzarti, devi riposare-. Venne verso di me una ragazza dai capelli così chiari da sembrare bianchi, era coperta da una veste color panna, mi ricordava molto gli antichi greci. -sdraiati dai- mi disse, io obbedì. Con la mano mi sfiorai l'addome, ero fasciato - vedo che la cura ti sta aiutando a riprenderti- mi disse lei con un sorriso, doveva essere rassicurante, ma i suoi occhi grigi lo rendevano più inquietante che altro. Io rimasi in silenzio tutto il tempo mentre lei mi cambio le fasce, mi coprì l'addome con una sostanza che puzzava molto di alcol e poi fasciò di nuovo le ferite. -dimmi se hai bisogno di qualcosa okay alexey?- mi disse facendo cenno di alzarsi, io la presi per il polso -vorrei farti una domanda- dissi con un filo di voce e lei mi sorrise - dimmi pure- disse. Cercai dentro di me del coraggio per fare quella domanda, lo trovai, -sono morto?- chiesi con voce meno sicura di quella che volevo avere -no, per fortuna sei vivo. Sei rimasto in coma per un po ma alla fine come ben vedo ti sei svegliato- rispose con un sorriso -ora meglio che vado, il pranzo non si cucina da solo- disse facendomi un occhiolino per poi uscire dalla stanza. Rimasi a fissare il soffitto, due lacrime mi scesero sul viso -quindi… quindi non è vero che eravamo insieme, era solo un illusione- pensai ricordando il sogno fatto durante il coma. Mi ricordai che fino al punto in cui perdevo i sensi stretto al corpo di doppia p era tutto reale, ma che ci eravamo rivisti dall'altra parte, era solo stato un sogno. -io… io non ho mantenuto la promessa….- dissi in lacrime - doppia p, te lo prometto, in un modo o nell'altro saremo di nuovo insieme- dissi con la speranza che lei mi avesse sentito dovunque fosse finita. Mi alzai dolorante, presi una felpa e mi misi le scarpe, poi mi avviai alla ricerca dell'uscita. -sembri anche capace di muoverti, un bel passo avanti- disse una voce, mi guardai attorno, non c'era nessuno. Continuai a camminare -dove vuoi andare alexey? Non sei nelle condizioni di uscire- continuo la voce -ma chi sei? E dove sei?- borbottai infastidito. Mi ritrovai davanti un piccolo cane tutto nero -io sono ciò che tutti chiamano ombra, sono chiunque e nessuno e sono ovunque e anche da nessuna parte, tutto nello stesso momento- mi disse -un cane che parla? Certo che il coma mi ha reso un folle- pensai superando il cucciolo senza dargli attenzione. Lo vidi quindi scappare in un'altra stanza mentre io potei finalmente uscire. La luce del sole per un attimo mi diede fastidio agli occhi, appena riuscì a guardare la strada senza problemi vidi davanti a me uno scenario orribile. Palazzi e strade erano distrutti, intravedevo negli angolini delle strade corpi di persone che non sapevo se dormivano o erano morti. Mi incamminai a occhi sbarrati verso la scuola. Una parte di me non voleva credere a tutto quello, desideravo solo che tutto ciò che era successo, lo scontro tra morte bianca e doppia p, la distruzione improvvisa della città e tutto ciò che comportavano questi due eventi fossero solo un sogno. Un'altra parte di me era cosciente della realtà, che la città andava a pezzi, che lui era stato in coma e che doppia p non ebbe la sua stessa fortuna, non ebbe nessuna a salvarla. Pensando a lei senza accorgermene mi avviai a scuola, il palazzo era ancora in piedi nonostante la gran parte dei danni. Guardai il tetto, non riuscivo ancora a credere che ciò che amavo era oramai solo un ricordo, che l'ennesima persona alla quale tenevo per un maledetto caso, destino, karma, mi aveva lasciato. Salì le scale e mi ritrovai sul tetto. In lontananza vidi solo due pozze di sangue, nessun corpo, nessuna traccia, come se fossero scomparse entrambe nel nulla. Guardai poi la finestra della classe che si affacciava sul tetto, ci entrai. Trovai su di un banco un foglietto col mio nome sopra. Lo presi -"alex, ti prego, qualsiasi cosa accada, ricorda che ti ho amato fino alla morte che il destino mi ha riservato. Buona fortuna, doppia p"-. Quando lessi quel nome caddi in ginocchio sui vetri della finestra rotta, piansi. Non lo feci per il dolore del vetro che mi lacerava lentamente la pelle, ma per quel addio non detto, ma sussurrato, in quel ti ho amato fino alla morte. Senti un forte tremore, vidi da lontano dei palazzi oscillare come alberi mossi dal vento, era un terremoto. Vidi da lontano una spaccatura nel cemento avvicinarsi a me, usci dalla classe e mi misi sul bordo ad aspettare il mio passaggio per tornare da doppia p, senza di lei non volevo più vivere. Il palazzo inizio a tremare e o persi l'equilibrio, un po per caso, un po per scelta. Vidi l'asfalto aprirsi in due e il palazzo finire in pezzi, anche se fossi sopravvissuto alla caduta, il palazzo mi sarebbe crollato addosso mettendo fine a quella vita che mi aveva dato solo tormenti. Negli ultimi istanti pensai a cosa avevo sbagliato per meritarmi di non essere felice, -forse è perché sono nato? Se non fossi nato forse i miei starebbero ancora insieme, doppia p ora sarebbe viva e morte bianca, lei non sarebbe diventata un mostro. Sentì su di me la pressione di tutti gli errori fatti in quasi 19 anni della mia vita, doveva essere proprio per quegli errori che meritavo di essere infelice fino al punto di morire. Sentì il mio corpo colpire con forza l'asfalto, in quel momento ebbi sul volto come un sorriso di sollievo, non ero più un peso per nessuno. Aprì gli occhi, ero circondato da una forte luce rossa, sentivo sul mio corpo un calore immenso, quasi da ustionarmi. Mi abituai alla luce, portai lo sguardo sui punti in cui il calore sembrava non finire, ero in fiamme. -quindi mi sono meritato anche l'inferno…- pensai rassegnato lasciandomi andare a quel dolore inimmaginabile.
   
 
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