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Autore: Roiben    18/02/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Ventuno


Nel momento in cui apre gli occhi si accorge di non essere in grado di muoversi, nonostante i suoi vani tentativi di divincolarsi dalla posizione rannicchiata a ridosso della parete. Sebbene abbia gli occhi aperti si rende conto di non riuscire a distinguere nulla attorno a sé, solo il buio e un irreale silenzio che permea lo spazio all’apparenza vuoto.


«Si è ridestato» commenta una voce monocorde nelle vicinanze.


«Era tempo che lo facesse, dopo quasi un intero giorno. Si vede che è abituato a poltrire, il signorino» replica di rimando una seconda voce in tono di scherno.


«Chi siete? Dove siamo?» pretende allora di sapere.


«Siamo nel mio mondo» lo informa la prima voce, sempre priva di particolari inflessioni.


«Non dirci che non ti va a genio» aggiunge la seconda voce, quasi con allegria. «E noi che avevamo preparato una così bella accoglienza; una sorpresa tutta per te».


Rabbrividisce e digrigna i denti, spaventato ma anche molto in collera. «Che cosa volete da me? Chi siete?» insiste, deciso a capire qualche cosa in più di quella situazione che si prospetta davvero pessima.


Una risata che, tutto sommato, non sembra nemmeno molto divertita accoglie le sue richieste ancora insoddisfatte. Lo spostamento d’aria, seppur fievole, che avverte accanto a sé lo persuade che almeno uno dei proprietari delle voci si sia avvicinato.


«Vuoi davvero saperlo? Non preferiresti, invece, rimanertene beatamente nell’ignoranza? Potrebbe essere preferibile» soffia proprio contro il suo viso, facendolo sussultare impreparato. «Fratello, che ne pensi, gli diciamo come stanno le cose?».


Un piccolo sbuffo proveniente da più lontano precede un breve silenzio, riempito poco dopo da una risposta un po’ annoiata. «Fa come credi. Per quello che conta, l’importante è che resti dov’è, in quali condizioni non mi interessa affatto» è il poco rassicurante responso.


«Ah, sei sempre così noioso, fratello. Il tuo problema è che non ti sai divertire, ecco perché sei sempre così cupo e sembri perennemente arrabbiato con il mondo».


«Non ti è mai passato per la testa che in verità io lo sia realmente?».


«Il mondo non ce l’ha con te, perché mai tu dovresti avercela con il mondo? Ah, ma tanto che ci ragiono a fare con te? Nemmeno mi stai ad ascoltare, con la scusa che io sono quello stupido e ignorante».


«Non è una scusa, lo sei veramente» replica, e questa volta nel suo tono c’è evidente derisione.


Il disgraziato prigioniero si chiede, con un pizzico di preoccupazione, se la loro sia una tattica per innervosirlo ulteriormente o se siano seriamente così folli da mettersi a discutere fra loro quando al contrario dovrebbero, in teoria, assicurarsi che lui sia sotto il loro controllo. O no?


«Ehm… Chiedo scusa» prova con un po’ d’impaccio. «Uno di voi vorrebbe, cortesemente, illuminarmi sul motivo della mia presenza qui?».


«Non usare quella parola nel mio mondo!» scatta il proprietario della prima voce, ora palesemente contrariato.


«Sai, dovresti proprio farti curare per questa storia della fotofobia. Non ti fa bene scattare in questo modo alla minima parola sbagliata» interviene la seconda voce con fare curiosamente amabile. «Comunque abbiamo un ospite, adesso. Allora, signor ospite, al mio fratellino non piace molto la luce e nemmeno sentirne parlare. Ma in fondo come dargli torto: vive quasi sempre in questo… posto in cui non si vede mai nulla di interessante; ma che dico, qui non si vede assolutamente nulla. Ma sto divagando; parlavamo di noi. Ebbene, io sono Ba’al e lui è mio fratello Mot, e quanto a te sei qui perché abbiamo bisogno di scambiare un paio di parole con il tuo caro nonnino, se per te non è troppo disturbo naturalmente».


I pensieri vorticano furiosamente nella sua testa. Se prima era tutto assurdo, adesso è pura follia. Suo nonno? Nessuno lo vede più da… beh, millenni. Come sperano, quei due mentecatti, di poterci addirittura parlare?


«Le vostre pretese non hanno il minimo filo logico, e non ve ne rendete nemmeno conto! Non avete speranze di parlare con Phanês, nessuno sa come mettersi in contatto con lui, neppure io» precisa seccamente.


«Oh, ma questo lo sappiamo bene, cucciolo» mugola Ba’al, strattonando fra le dita i ricci del loro prigioniero. «Ma, vedi, tu sei semplicemente un’esca, e non per tuo nonno come potresti credere».


Sgrana gli occhi, continuando comunque a scorgere unicamente il buio insondabile. Se ha ben interpretato le parole di Ba’al, presto saranno guai seri per tutti.


*


Un minuscolo oggetto volante e piumato non meglio identificato finisce a cozzare contro il suo naso mentre sta procedendo pensieroso, aggirandosi per i lunghi corridoi stranamente silenziosi della fabbrica di giocattoli. Solleva distrattamente un braccio e agita la mano a scacciare l’irritante molestatore, ma è presto costretto a prendere atto della testardaggine del sopracitato molestatore quando questi torna alla carica, apparentemente deciso a staccargli il naso a beccate. Affila lo sguardo, irritato, e afferra fra due dita le frenetiche ali che sbatacchiano sotto i suoi occhi, scostando la palla di piume da sé quel tanto che basta per identificare l’assalitore. Una maledetta fatina dei denti, che altro se no?


«Irritante creatura» sbotta seccato, «si può sapere che vai cercando?».


Per tutta risposta quella torna ad agitarsi, cinguettando come un’ossessa e tentando invano di liberarsi dalla sua presa, con l’evidente intenzione di riprendere a punzecchiarlo con rinnovato accanimento.


«La fai finita tu, immediatamente, o preferisci forse che ci pensi io a farti desistere?» minaccia, scrollandola leggermente.


La cosetta piumata, affatto persuasa dalle sue minacce, lo fissa invece con profonda indignazione e agita i minuscoli pugni al suo indirizzo, rendendo indelebilmente chiaro quanto non sia affatto disposta a passare sopra alla sua sgradita presenza in quel posto.


Pitch la fissa truce, poi sbuffa scocciato e, inaspettatamente, molla la presa sulle sue ali, lasciandola un attimo basita per la sorpresa.


«Sparisci all’istante dalla mia vista, insulsa seccatura» sibila, incrociando le braccia. «E già che ci sei, fai il favore di avvertire le altre tue compari che non tollererò ulteriori azioni sovversive ai miei danni. Vi saranno gravi ripercussioni se mai ciò dovesse accadere» dichiara serio, muovendo poi una mano in un veloce e perentorio gesto di congedo.


La fatina schizza da una parte all’altra del corridoio, agitando ancora un momento i pugnetti, poi si allontana senza mai smettere di vociare, allertando con il suo soave passaggio tutti gli abitanti del palazzo.


*


«Si può sapere con chi ce l’avevi questa volta?» chiede Nyx, spuntando senza preavviso alle spalle dell’Uomo Nero.


Lui, per tutta risposta, sbuffa e fa schioccare la lingua sul palato. «Una delle seccanti aiutanti della fata dei dentini. Pare intendesse avanzare le sue rimostranze perché la mia presenza qui rovina l’arredamento luccicante del posto» bercia sarcastico.


Nyx si lascia involontariamente sfuggire una mezza risata, ma subito si interrompe all’occhiata assassina che Pitch le riserva.


«Oh, suvvia, sono certa non ti infastidiranno oltre» tenta, per nulla certa delle sue stesse parole.


«Me lo auguro. Ci sono questioni molto più urgenti e rilevanti che richiedono l’attenzione di tutti. Di certo una discussione su quanto il nero stoni sulle varie nuance di rossi e verdi non dovrebbe affatto essere in cima alla lista delle priorità!» protesta veemente e un pizzico offeso. Si blocca però all’improvviso, occhieggiando perplesso e impensierito l’occhiata languida che gli sta indirizzando Nyx in quel momento. «Cosa?» chiede incerto.


«Sono piuttosto sicura che si possano senz’altro trovare modi creativi per accoppiare il nero e il rosso, tesoro» miagola, accostandosi lentamente e posando le piccole mani sul suo petto.


Pitch socchiude le labbra e aggrotta le sopracciglia, interdetto e allarmato, piuttosto certo di essersi perso qualche importante particolare, che ora come ora sembra sfuggirgli, riguardo alla nuova e imprevista direzione presa dalla situazione. Non è più molto sicuro di cosa aspettarsi, ma trattandosi di lei di certo non ci può essere nulla di buono in vista.


«Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando, ma preferirei di gran lunga se evitassi di fissarmi in quel modo e di mettermi le mani addosso. Metti i brividi» ammette, angosciato e decisamente a disagio.


Nyx sfarfalla le ciglia per lunghi istanti, poi emette un lungo sospiro un po’ deluso e sbatte piano e brevemente la fronte contro il petto dell’Uomo Nero, scostandosi in fretta e fissandolo di traverso.


«Un bel giorno ti ritroverai con le mani in mano e senza il minimo indizio su cosa farne» commenta, osservando con profondo sconforto la sua espressione ancora piuttosto perplessa e decidendo di lasciar cadere l’argomento per il bene della sanità mentale di entrambi, almeno per il momento.


L’Uomo Nero solleva comunque un sopracciglio, scettico e piuttosto confuso dal bizzarro comportamento della donna. Tuttavia pensa bene di evitare di approfondire la questione, nell’illusoria speranza che si risolva da sola se non stuzzicata.


«Quindi, desideravi qualcosa in particolare, oppure sei qui solo per divertirti come al solito alle mie spalle e passare il tuo tempo in modo gradevole?» si informa, con un eccesso di acidità perfino per i suoi canoni.


Infatti lei lo fissa interdetta e un poco impensierita. «Quella fatina doveva essere più aggressiva di quanto immaginassi. Che problema hai? Ti è appena venuto il ciclo? Sei piacevole come un alluce contro lo spigolo del comodino». Una rapida sbirciatina alla sua espressione la informa che, forse, potrebbe aver appena detto qualcosa di sbagliato. «Pitch?».


«Non… osare. Sono stanco di essere deriso. Credi di avere il diritto di insultarmi? Ti diverte mortificarmi ogni volta che ti senti annoiata? Ebbene, trovati qualcun altro che ti allieti, io ne ho abbastanza» sibila, prima di scomparire nell’ombra.


Nyx per un lungo momento si perde in un batter di ciglia, attonita, senza riuscire a capacitarsi di cosa mai possa essere accaduto in quegli ultimi minuti di tanto grave da giustificare una reazione così violenta. Scuote la testa senza trovare una risposta.


«Uhm… Mi dispiace disturbarti in questo momento, ma…» borbotta un po’ imbarazzato Jack Frost, il quale ha svoltato l’angolo del corridoio nel quale stavano discutendo Pitch e Nyx giusto mentre l’Uomo Nero perdeva definitivamente le staffe.


La donna, ancora piuttosto confusa, solleva lo sguardo sul nuovo venuto e silenziosamente lo interroga per capire il motivo della sua presenza lì.


«Di là nel salone sono arrivate altre pixies con qualche novità; così dicono, almeno. Ma insistono nel voler parlare direttamente con te. Così… ecco, mi hanno spedito a cercarti» prova impacciatamente a spiegare Jack, sbirciando prudentemente il cipiglio serio della donna. «Stai bene?» chiede dunque, spostandosi a disagio da un piede all’altro e spandendo rivoli di ghiaccio per il corridoio.


«Potrebbe andare meglio, in effetti» ammette Nyx, turbata prima dall’imprevedibile reazione dell’Uomo Nero e poi dalla richiesta delle pixies. Se desiderano parlare con lei, allora forse la situazione sta nuovamente cambiando; forse già gli eventi hanno preso una direzione precisa dalla quale potrebbe essere difficile tornare indietro. Già, ma per scoprirlo dovrà infine decidersi a incontrare i nuovi messaggeri. «D’accordo, Frost, fai strada. Ti seguo e vediamo che novità hanno per noi».


Così, insieme, i due si incamminano per raggiungere nuovamente il salone di Nicholas ed essere finalmente aggiornati. Nel frattempo, dietro una delle numerose porte identiche l’una all’altra, un’ombra ascolta ciò che accade nel corridoio e riflette. Lunghe dita, pallide a sottili, scorrono lente fra i capelli neri. Un sospiro abbandona tremolante le labbra esangui.


«È iniziata».

  
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