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Autore: Tinkerbell92    18/02/2018    0 recensioni
STORIA IN REVISIONE
Emma Bennett è una trovatella, educata e molto intelligente, che ha passato diciannove anni nell'Orfanatrofio di Volterra.
Il suo tragico passato sembra, ormai, soltanto un lontano ricordo, quando, un giorno, assiste, per caso, al brutale omicidio di uno stranissimo essere umano dalla pelle fredda come il ghiaccio.
I giustizieri altri non sono che i Volturi, i quali, dopo aver discusso sul destino della scomoda testimone, invece che ucciderla, decidono di portarla in dono alla viziatissima figlia di uno dei tre capi.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Twilight Saga according to Tinkerbell'
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Nulla può tornare come prima quando attraversi l’Inferno.
Per giorni avevo camminato nuda tra le fiamme del tormento, gridando e contorcendomi senza che nessuno potesse sentirmi. O almeno così credevo.
Col tempo acquisii la consapevolezza di non stare per morire, bensì di essere in procinto di mutare, trasformarmi in qualcosa di eterno e quasi invincibile.
Il dolore cominciò a svanire lentamente, il fuoco si concentrò in un unico punto, una palla incandescente attorno al mio cuore che batteva sempre più rapido.
Nell’istante in cui credetti che il petto mi si sarebbe squarciato, la sfera infuocata si consumò, portando via con sé il mio ultimo battito.
Aprii gli occhi, trovandomi in un mondo completamente diverso da quello che ricordavo: riuscivo a vedere i minuscoli granelli di polvere che fluttuavano nell’aria, udivo suoni che un normale orecchio umano non sarebbe mai riuscito a percepire.
Serrai le mani a pugno, emettendo un grugnito stizzoso: ero legata per polsi e caviglie a una tavola di legno inclinata a circa settanta gradi, in una piccola stanza umida che ricordava vagamente il deposito di un sotterraneo.
Marcus e Rowena erano in piedi di fronte a me e mi fissavano carichi di aspettativa, mentre Aro sedeva composto su una poltroncina dall’aria antica.
Non appena incrociai i loro sguardi, un enorme sorriso si dipinse sul volto di Milady, che mi piombò addosso, abbracciandomi: - Emma! Ti sei svegliata finalmente!
Il contatto con la sua pelle non mi fece rabbrividire: le nostre temperature corporee ormai si equiparavano.
- Come ti senti? – domandò Marcus, lasciando trasparire una nota apprensiva nella voce sgranata.
Mi presi qualche secondo per riordinare le idee, poi risposi con sicurezza: - Bene. Mi sento bene.
- Meraviglioso! – miagolò Aro, alzandosi in piedi deliziato. – Non vedo l’ora di testare le tue abilità!
- Che cos’è successo? – domandai, senza prestargli troppa attenzione. – Perché sono legata?
I tre vampiri si scambiarono uno sguardo eloquente, poi Milady mi rivolse un sorriso amaro: - I ragazzi si sono lasciati prendere un po’ troppo dal gioco, mentre pattinavamo. Felix stava scappando da Corinne, si è dato uno slancio esagerato e non si è accorto che tu fossi proprio in mezzo alla sua traiettoria. Non sono abituati a giocare in quel modo con… umani nelle vicinanze. Ha provato a rimediare facendoti sputare l’acqua che avevi bevuto ma…
- Mi ha sbriciolato le costole – continuai. – Questo me lo ricordo.
La bionda annuì: - Stavi morendo e… non sapevamo se ti avrebbe fatto piacere essere salvata o meno. Tu hai sempre detto di non voler diventare un vampiro, solo che… non ce l’ho fatta, non volevo che mi lasciassi. E quindi ti ho morsa… spero che tu non ce l’abbia con me per questo.
Sospirai, scuotendo la testa: - No, non ce l’ho con Voi. A dire il vero… non so ancora come sentirmi riguardo a tutto questo…
- Noi speriamo che tu voglia unirti alla famiglia – s’intromise Marcus con fare esitante. – In modo… ufficiale. Permanente.
La sua voce mi provocò una sensazione di tranquillità. Gli sorrisi, rilassando le mani che tenevo ancora strette a pugno: - Devo ancora darVi il mio regalo…
Il vampiro si lasciò sfuggire una timida risata, accarezzandomi la testa: - Non preoccuparti, figliola. Né io né il tuo regalo scapperemo via. Me lo darai non appena sarà tutto… sistemato.
- Tutto cosa? – domandai, lanciando un’occhiata sospettosa ad Aro che mi si era avvicinato.
Il capo dei Volturi mi rivolse uno dei suoi soliti untosi sorrisini: - Emma cara, ti dispiacerebbe conferire con me in privato per qualche minuto? Sono sicuro che tu abbia molte domande da farmi…
- Ci vediamo tra poco – salutò Milady uscendo dalla stanza, seguita a ruota da Marcus che si limitò a farmi un piccolo cenno con la testa.
Non appena la porta fu chiusa, Aro afferrò la mia mano destra, domandando cortesemente: - Permetti?
Alzai gli occhi al soffitto, ma annuii. Poteva pure frugarmi nella testa, in quel momento ero talmente confusa che dubitavo avrebbe capito qualcosa.
I suoi occhi cremisi, velati da una patina lattiginosa, si illuminarono: - Certo! Come immaginavo! Non vedo l’ora di vederti all’opera mentre utilizzi il tuo dono… e…
Intuii piuttosto rapidamente quale mio ricordo l’avesse lasciato tanto stranito.
Mi schiarii la voce, muovendo le dita per ritrarmi dalla sua stretta: - L’hai vista, vero? Tua sorella Didyme, nel boschetto vicino al lago. Io non credo sia stata un’allucinazione…
- Questo non saprei dirtelo con certezza – ammise, sedendosi nuovamente sulla poltroncina. – Ma hai commesso un comprensibile errore: la fanciulla che hai visto, o che pensi di aver visto, non è chi credi. Vedi, Emma, suppongo tu possa conoscere tutta la verità, ora che sei a tutti gli effetti una di noi. Devi sapere che Didyme non era la mia unica sorella: lei aveva una gemella quasi identica, che purtroppo ci lasciò prima che potessi trasformarla. Il suo nome era Roxane. Morì dando alla luce la sua unica figlia, senza che io potessi confortarla nei suoi ultimi momenti su questa terra: non sarebbe stato piacevole se la mia sete mi avesse spinto a bere il sangue della sua dolce bambina. Non che fossi privo di autocontrollo, naturalmente, ma preferii non correre il rischio.
- Il sangue della bambina? – domandai con un lieve presentimento. – E… quello di tua sorella? Non ti avrebbe indotto egualmente in tentazione?
Un ghigno soddisfatto si dipinse sul volto del leader dei Volturi: - È proprio adesso che arriva il bello, mia cara Emma: il sangue di Roxane aveva un odore nauseabondo per noi vampiri, esattamente come te.
La sua ultima affermazione fu seguita da alcuni istanti di silenzio. La mia mente aveva cominciato a posizionare correttamente molti tasselli mancanti di un puzzle che fino ad allora mi era sembrato troppo complicato da costruire.
Eppure, c’erano ancora molte cose che mi risultavano poco chiare: - Che cosa significa questa faccenda del sangue maleodorante?
- Ecco – Aro esitò, cercando le parole giuste. – Si tratta di una malattia piuttosto rara che la medicina umana non ha mai diagnosticato per varie ragioni; innanzitutto, l’unico sintomo riconoscibile è proprio l’odore  del sangue, che però soltanto i vampiri e i licantropi riescono a percepire. Per venti, trenta o anche quarant’anni, la malattia evita di manifestarsi, senza però interrompere il proprio corso e indebolendo il fisico dell’infermo in maniera quasi impercettibile. Giunti a un certo punto, la persona affetta si ritrova completamente vulnerabile senza saperlo, fino a quando non contrae altre malattie già note, come polmonite o tubercolosi, che vengono registrate come causa della successiva morte del malato. Un altro motivo per cui gli umani non conoscono questo morbo mortale riguarda il suo essere estremamente raro: nel corso di millenni, soltanto una decina di persone, tutte appartenenti alla mia famiglia, sono venute al mondo ereditando la malattia del sangue chiamata Silentium Vermiculus.
- Silenzio… cremisi? – tradussi, scioccata dalla rivelazione. – Quindi… ero malata…
- Ti ho tenuta all’oscuro perché non mi sembrava il caso di aggravarti con un simile fardello – si giustificò, senza smettere di sorridere. – Ma ora è tutto diverso: sei fuori pericolo, Emma, e potrai vivere con noi per l’eternità.
- E perché tenere all’oscuro le persone che ne soffrono? – ringhiai. – Gli esseri umani non conoscono questa malattia: non sarebbe il caso di avvisarli? Quanto vive in media una persona afflitta dal Silentium Vermiculus? Non c’è una cura?
- Rivelarne l’esistenza potrebbe metterci in pericolo – spiegò pazientemente. – A dire il vero, nemmeno la maggior parte dei vampiri ne è a conoscenza, siamo io e pochi altri a sapere. Purtroppo non è ancora stata trovata una cura: l’aspettativa media di vita si aggira intorno ai trenta o quarant’anni, ma, in ogni caso, non mi preoccuperei troppo: le persone che la contraggono sono rarissime, probabilmente tu sei stata l’unica a soffrirne, nel corso di questo secolo. E in caso dovessero essercene altre in futuro, sarà chi possiede le competenze a occuparsene, se ne avrà voglia.
- Quanti, oltre a noi, sanno qualcosa?
Aro rifletté per un istante: - I miei due fratelli, il dottor Cullen, Mary Anne e un paio di altri fidati vampiri che non hai avuto il piacere di incontrare. Mi auguro non te la prenderai con loro per averti tenuta all’oscuro, sono stato io a impedire di rivelarti questo piccolo segreto, per il tuo bene e quello della mia… beh, nostra razza.
Cercai di replicare qualcosa, quando una forte fitta alla gola mi strappò un rantolo rabbioso: un istinto feroce e animalesco si impadronì di me, portandomi a contorcere gli arti per scaricare (invano) quell’improvvisa ondata di nervosismo.
- Ho sete – ringhiai, strappando con uno strattone le manette di ferro che mi tenevano inchiodata alla tavola. – Ho bisogno di bere…
- Ma certo – mi interruppe il vampiro, alzandosi in piedi e indicandomi la porta con fare mellifluo. – Vai pure a dissetarti, mia cara. Ti abbiamo portato un regalino che siamo certi apprezzerai: vai a prenderlo.
Non avevo torto: lo stanzino in cui ero stata rinchiusa si trovava proprio nel sotterraneo.
Salii le scale alla velocità della luce, guidata da un impulso violento e accecante: la scia di un odore invitante mi attirava a sé come il canto di una sirena.
Ora che la mia sete di curiosità era stata sufficientemente appagata, un altro tipo di sete spingeva il mio corpo verso i piani superiori del grande castello, una sete che mai mi sarei aspettata di provare.
Sangue. Volevo sangue.
Ero talmente impegnata a fiutare la fonte di quel profumo delizioso che per poco non mi scontrai con Demetri nel corridoio che conduceva alla sala del trono.
Mi fissò per qualche istante, incredulo, poi si lasciò sfuggire un sorriso: - Mi hanno appena detto che ti sei svegliata. Sei bellissima.
Anche se l’arsura mi stava tormentando la gola, risposi sorridendo a mia volta, osservando ogni dettaglio della sua persona con i miei nuovi occhi.
- Questo non te lo so dire – replicai. – Non mi sono ancora vista.
- Allora devi rimediare – disse lui, sfiorandomi la guancia con le dita pallide.
Accettai il contatto di buon grado, scuotendo però la testa: - Non adesso. Ho bisogno di bere.
- Giusto!
Il suo sorriso si trasformò in un ghigno: - Il tuo pasto ti sta aspettando.
Senza indugiare oltre, ricominciai a fiutare, seguita a distanza dal mio… beh, compagno.
L’odore si concentrava esattamente nello stesso luogo in cui, mesi prima, ero rimasta sconvolta alla vista dei cadaveri dissanguati.
Con fare bramoso spinsi uno dei portoni socchiusi e scivolai all’interno della grande stanza, che in quel momento era illuminata dai flebili raggi solari che filtravano attraverso le spesse tende grigio perla.
Due individui dall’aria grezza mi fissarono stupiti: erano corpulenti, accigliati e sporchi, ma emanavano un aroma sublime.
Umani. Umani pieni di sangue. Due. Tutti per me.
Inspirai a fondo e mi lasciai sfuggire un ringhio soddisfatto. Uno di loro avanzò verso di me con aria minacciosa: - Ehi tu, puttana! Si può sapere dove cazzo mi trovo?
- Secondo me si tratta di uno scherzo del Grosso – replicò l’altro, sputando per terra. – La porta è aperta e non mi pare ci sia più nessuno là fuori. Pestiamo questa troia e andiamocene.
- Un momento – ghignò l’umano più vicino, allungando una mano. – Prima voglio divertirmi un po’. Sei pronta a gridare, dolcezza?
Nell’istante in cui le sue turpi dita si serrarono attorno al mio collo, scattai in avanti, affondando i denti nella sua gola.
Bevvi avidamente, lasciando che il meraviglioso elisir placasse un po’ il bruciore che mi tormentava il cavo orale, poi, quando ebbi svuotato del tutto quel corpo flaccido e inerte, mi avventai sul secondo umano prima che egli avesse il tempo di reagire.
Dopo le ultime lunghe sorsate mi sentii decisamente meglio.
Demetri mi raggiunse nell’istante in cui mi alzai in piedi: tirò un fazzoletto di seta pulito fuori dalla tasca dei pantaloni e me lo passò sulle labbra.
- Che te ne pare?
Trassi un profondo sospiro: - Erano deliziosi. Da come parlavano, suppongo fossero dei criminali…
- Assassini, ladri e stupratori – annuì. – Abbiamo pensato che per te sarebbe stato più facile uccidere qualcuno della loro risma… essendo la tua prima volta…
- Ora che la mia sete si è placata e sono di nuovo lucida, apprezzo il vostro gesto – risposi, afferrando le sue mani con le mie, pallide e fredde.
Sapevo che si sarebbero prospettati tempi duri: la mia innata razionalità doveva lottare contro l’istinto di vampira neonata violenta e assetata di sangue. Sperai che la mia nuova famiglia mi fornisse tutto l’aiuto di cui avevo bisogno fino a quando non fossi stata in grado di controllarmi, tornando la persona ponderata e coscienziosa che ero.
- Ce l’hai con noi per averti resa immortale? Vedi… io non ero sicuro che Milady facesse bene a salvarti… egoisticamente ho avuto l’impulso di trasformarti nel momento in cui ti ho tirata fuori dall’acqua, ma mi ha frenato l’idea di prendere una simile decisione al tuo posto… è stato davvero orribile…
Il discorso del mio compagno mi risvegliò dalle riflessioni in cui la mia mente andava perdendosi. Alzai lo sguardo, guardandolo dritto negli occhi: - Tu… saresti stato disposto a perdermi… per evitare di andare contro il mio volere?
- Beh, naturalmente – rispose. – Non sapevamo cosa fare… forse avresti preferito morire piuttosto che diventare una creatura sanguinaria e fredda…
Ponderai a fondo prima di rispondere.
- Ammetto che è un po’ strano – sospirai infine. – Però… in fondo sono contenta di essere ancora viva, di essere ancora qui, con voi, con te…
Un sorriso mi affiorò spontaneo: - Sì, ti toccherà sopportarmi per un bel po’ di tempo, temo.
Gli occhi cremisi del vampiro si illuminarono, pur mantenendo un velo di malizia: - Sarà un vero piacere.
Senza aggiungere altro, strinsi le braccia attorno al suo collo, baciandogli le labbra con foga.
Niente più limiti, niente più esitazioni.
Sì, tutto sommato non ero scontenta della mia nuova natura.



Esitai per qualche istante prima di portarmi davanti allo specchio della stanza di Milady: sì, come previsto, ero più attraente rispetto alla mia forma mortale; i miei capelli castani non erano mai stati tanto lucidi e la mia pelle aveva un aspetto incantevole ed etereo.
Le mie iridi, prima verdi, erano tinte di rosso acceso e, in qualche modo, si intonavano bene all’ombretto sfumato che mi era stato applicato mentre ero ancora incosciente.
Nonostante tutto, però, sospirai di sollievo dentro di me: ero più bella, più forte, più avvenente, eppure ero sempre io, non vedevo un’estranea attraverso il riflesso.
Indossavo un abito attillato color verde scuro e la mia chioma era stata parzialmente raccolta sulla nuca con un fermaglio a forma di fiore.
Rowena mi affiancò, poggiando il mento sulla mia spalla: - Ti piace quello che vedi?
- Credo di sì – replicai distrattamente.
La bionda sorrise in modo enigmatico, restando in silenzio per un po’, quasi stesse riflettendo su un’importante questione.
- Senti, Emma… adesso che sei diventata una di noi… pensavo che forse potremmo rivedere la tua posizione all’interno della famiglia…
La fissai con aria interrogativa, così si affrettò a spiagare: - Quello che intendo è… ci ho pensato a lungo e sono arrivata a una conclusione: a me non serve una serva o una dama di compagnia, c’è tanta gente qui che può provvedere a me. Quello che desidero, quello di cui ho veramente bisogno è un’amica, una sorella… o anche una cugina… avevo riflettuto su questa cosa quando eri ancora umana, ma penso che adesso potremmo seriamente metterla in pratica…
- Mi state licenziando? – scherzai, voltandomi per trovarmi faccia a faccia con lei.
La vampira abbassò lo sguardo, sorridendo appena: - Voglio… vorrei che tu fossi mia amica. Vorrei che la smettessi di darmi del Voi, di servirmi.. vorrei che mi chiamassi con il mio nome invece che Milady… vorrei che tu facessi parte della mia vita in modo diverso.
Non risposi, non emisi un fiato. Mi limitai ad abbracciarla, sorridendo non appena avvertii le sue esili braccia serrarsi a loro volta attorno al mio corpo.
- Non stringere troppo – si raccomandò. – Al momento sei la più forte. Dovrai fare attenzione a non farci male.
Mi lasciai sfuggire una risatina, sciogliendo l’abbraccio e permettendole di prendermi per mano.
- Mi sa che dobbiamo andare, ora – dissi. – Aro ci sta aspettando.
Ci avviammo insieme fuori dalla stanza, dirette verso la sala del trono che era stata ripulita in tempo record. Nonostante fossimo ancora distanti, riuscivo a percepire il parlottio dei membri della famiglia che si stavano radunando al cospetto dei tre capi.
Restai piuttosto sorpresa quando, giunte dinnanzi ai due grandi portoni, mi trovai faccia a faccia con Heidi che, appoggiata alla parete con le mani nascoste dietro la schiena, si guardava attorno, aspettando chissà chi.
Non appena si accorse di noi, mi squadrò dall’alto al basso con fare impassibile.
- Ah, siete già arrivate. Hai gradito il pasto?
- Ho gradito – replicai senza battere ciglio. – L’hai procurato tu?
- È il mio lavoro -  disse, con un’alzata di spalle.
C’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento: ogni traccia di odio o disprezzo nei miei confronti sembrava svanita, lasciando il posto a una cortese indifferenza.
- Io vado dentro, intanto – avvisò Milady, varcando rapida la soglia della grande sala.
Osservai a lungo la vampira dai capelli color mogano senza emettere un suono, fino a quando lei non incrociò le braccia, socchiudendo appena gli occhi dalle lunghe ciglia.
- Ti aspetti che ti attacchi di nuovo? Adesso che sei un vampiro non ho più motivo di farlo.
- Quindi il tuo unico problema riguardava il mio essere umana? – domandai scettica. – Tutto qui? Niente gelosia nei confronti di Demetri? Niente “grande amore” ostacolato da una stupida mortale?
- Di Demetri mi importa poco o niente, da quel punto di vista – ammise, sistemandosi la scollatura. – Mi sono finta una povera ex fidanzata ferita solo per darti fastidio. È più forte di me, voglio vedere ogni singolo umano soffrire in tutti i modi possibili. Puoi immaginare quanto poco potessi tollerare la presenza di una di loro al castello. Ma ora non provo più sentimenti di alcun tipo nei tuoi confronti: puoi tenerti Demetri e fare tutto ciò che ti pare.
Non ero ancora sicura di potermi fidare di lei, ma mi parve sincera.
- Quindi tutto risolto? Divento una di voi e le tue ostilità cessano all’improvviso?
- Dubito fortemente diventeremo amiche – mormorò stoica. – Ma, come ho appena detto, la tua presenza non mi crea più alcun problema.
- Avessi saputo prima che sarebbe bastato questo per evitare quei tuoi attacchi isterici, mi sarei fatta trasformare subito - feci eco in tono sarcastico.
Heidi alzò gli occhi al soffitto: - Tu non hai idea di quello che mi hanno fatto passare gli umani quand’ero ancora una di loro. Puoi chiedere a Milady o a chiunque di raccontarti la mia storia. Puoi chiedere direttamente anche a me, a dire il vero: di certo, una volta che avrai saputo ogni cosa, capirai il motivo del mio odio.
Lo ammetto, ero piuttosto curiosa, ma proprio mentre stavo per domandare qualche dettaglio in più, Rowena si affaccio sulla soglia, chiamandomi con fare spiccio.
La raggiunsi all’istante, entrando in sala a passo un po’ incerto: tutti i membri della famiglia, avvolti in eleganti abiti scuri, erano radunate al cospetto dei tre capi. Marcus e Caius sedevano sui rispettivi scranni, mentre Aro stanziava al centro della stanza, tutto intento a parlottare con una vampira dall’aria famigliare.
Dietro di lui, Renata posava una mano sulla sua spalla con fare protettivo.
- Oh, Emma! – mi salutò il viscidone, non appena si accorse della mia presenza. – Solo un minuto e sarò da te! – promise, tendendo poi la mano verso la giovane immortale dai lunghi capelli neri.
- Mostrami ciò che sai, Clarice.
Il silenzio regnò sovrano all’interno delle quattro mura, obbiettato solo dai commenti frammentati del sommo leader.
- Oh, capisco… bene, bene, così è questa la loro decisione… mi fa molto piacere e… oh, vedo che con la tua amica speciale non è andata come speravi…
- Questi non sono affari tuoi! – sbottò Clarice, ritraendo la mano con un guizzo fulmineo. – Ti ho fatto un favore solo perché me l’ha chiesto Ninì, la mia vita privata non ti riguarda.
- Oh, ma certo, ti chiedo di perdonarmi: il flusso dei pensieri non ha un ordine preciso, quindi può capitare che legga anche qualcosa di estremamente intimo e personale.
Il sorriso untuoso del vampiro si allargò: - Ti assicuro che non era mia intenzione infastidirti, anche perché mi hai fornito informazioni utilissime. Sei sempre stata così efficiente, mia cara Clarice…
- Non farti illusioni, comunque. Si è trattato soltanto di un caso isolato. Tutto qui.
- Come desideri.
La ragazza fece un passo indietro, eseguendo un piccolo inchino, poi si voltò, esitando per un momento quando Renata la chiamò, tradendo un tono sofferente e apprensivo.
- Clary…
Gli occhi cremisi della misteriosa fanciulla parvero velarsi di tristezza, ma fu solo questione di pochi attimi: a passo svelto uscì dalla sala, facendo ticchettare le suole degli stivali sul pavimento.
Nel momento in cui osservai più attentamente la guardia del corpo di Aro, notai diverse somiglianze tra le due vampire: Renata portava i capelli corti e dimostrava qualche anno in più, tuttavia, la chioma corvina e i lineamenti del volto si avvicinavano molto a quelli di Clarice.
Ebbi conferma del mio sospetto non appena il capo dei Volturi si rivolse alla propria protettrice: - Questa volta ho letto un accenno di dubbio nella mente di tua sorella. Che ne dici di andare a salutarla prima che parta? Prova a parlare un po’ con lei…
Renata annuì, attraversando la sala come un fulmine per raggiungere l’asociale consanguinea.
- Vieni, cara Emma! – mi chiamò Aro, scuotendomi dai miei pensieri.
Afferrai la mano che il Sommo Anziano mi stava porgendo, scambiando d’istinto un’occhiata con Marcus.
Lui mi sorrise debolmente.
- Molto bene – sentenziò Mister Viscidone. – Vedo… vedo la possibilità di un grande talento.
I suoi occhi color sangue si specchiarono nei miei, lasciando trasparire un guizzo di entusiasmo.
- Vediamo se funziona… ti dispiacerebbe imitare la mia voce?
Esitai: non avevo mai provato a riprodurre una voce maschile prima di allora, eppure percepii una, seppur flebile, forza nuova dentro di me, una forza che lavorava sulle mie corde vocali e sulla mia capacità di memorizzazione del suono.
- Ti dispiacerebbe… imitare la mia voce?
Non ero sicura del risultato, ma capii di aver svolto un lavoro discreto non appena il volto pallido di Aro si illuminò, mentre una risatina acuta usciva dalle sue labbra cineree.
- Straordinario! Ti prego, fallo ancora!
- Anche la risata?
- Sì, sì! Anche la risata!
Obbedii. Il capofamiglia dal sorriso untuoso era letteralmente in brodo di giuggiole.
- Ora imita Caius!
- Ora imita Caius! – dissi con la voce del vampiro biondo, il quale contrasse il viso in una smorfia.
- E ora Marcus!
Guardai alla mia sinistra, dove l’anziano immortale sedeva svogliatamente sul proprio trono.
- E ora… Marcus.
Ci scambiammo un piccolo sorriso, ignorando i sibili eccitati di Aro che ormai pareva sull’orlo del collasso.
Fosse stato umano, ero sicura che se la sarebbe fatta addosso per l’emozione.
Mi chiese di imitare ancora un paio di membri della famiglia, poi, soddisfatto, lascio andare la mia mano, congiungendo le proprie davanti alle labbra con fare estasiato.
- Straordinario! Il tuo dono può rivelarsi estremamente utile… per ironia della sorte, pare quasi complementare a quello di Rowena…
Annuii, mentre la vampira bionda mi strizzava l’occhio.
Il leader dei Volturi inclinò leggermente la testa di lato, osservandomi con aria sognante: - Oh, mia giovane e preziosissima Emma… mi piacerebbe rendere le cose ufficiali qui e ora. Ti andrebbe di darmi la tua risposta definitiva? Vorremmo sapere se desideri unirti a noi anche in questa nuova forma, entrando a far parte della più potente e antica famiglia di immortali esistente al mondo.
Non mi servì rifletterci troppo: i Volturi erano l’unica famiglia che avevo conosciuto dopo Miss Collins e i miei compagni dell’orfanatrofio.
Era chiaro che non potessi tornare indietro, senza contare il fatto che, all’interno del ricco clan dei Volturi, avrei potuto offrire anonimamente un sostegno economico alla donna che mi aveva cresciuta.  
Sospirai a fondo, nonostante non avessi realmente bisogno di ossigeno, poi risposi in tono deciso: - Sì, lo desidero.
- Bene! – esclamò il mio interlocutore, in visibilio. – È un vero piacere per noi poterti accogliere… di nuovo.
Marcus si alzò lentamente dal proprio scranno, afferrò una piccola scatola che Alec gli stava porgendo e avanzò verso di me, estraendo un medaglione dall’aria preziosa.
Osservando meglio, capii che il ciondolo appeso alla sottile catenina era la riproduzione in oro dello stemma della famiglia Volturi.
Gli permisi di allacciarlo al mio candido collo, trattenendo a stento l’impulso di abbracciarlo, e sfiorai con le dita il prezioso cimelio.
- Diamo il benvenuto a Emma Alexandra Bennett! – annunciò Aro, invitando i presenti a festeggiare con un applauso.
Feci scorrere lo sguardo ovunque per incontrare i volti di coloro con cui avevo trascorso gli ultimi mesi: Caius, Jane, Alec e Heidi rimasero impassibili, Athenodora mi rivolse un’occhiata intenerita, Sulpicia annuì con fierezza, Felix alzò il pollice verso l’alto, Demetri mi strizzò l’occhio, Marcus mi sorrise affettuosamente, mentre Rowena, mandando a quel paese qualsiasi etichetta, mi corse incontro, abbracciandomi.
Gli occhi di Aro erano illuminati da una luce avida ed entusiasta, ma non ci detti troppo peso.
Non appena i presenti distolsero l’attenzione da me, ne approfittai per sgattaiolare fuori dalla stanza, affacciandomi a una delle grandi vetrate che davano sul giardino: sotto di me, Renata e Clarice stavano ancora parlando tra loro.
Non avevo intenzione di origliare, ma facevo un po’ fatica a controllare i miei sensi super sviluppati, così afferrai buona parte dei loro discorsi.
- Se non vuoi farlo per loro… fallo per me – supplicò la maggiore. – Mi manchi, Clary. Da quando te ne sei andata abbiamo avuto pochissime occasioni per vederci…
- Lo sai che non mi piace essere sfruttata. Il mio dono e le mie abilità voglio da sola, non sono nata per servire. Tanto meno per servire quell’impiccione…
- Sai che è fatto così… - sospirò Renata, sfiorando con una carezza la guancia della sorella non appena cambiò discorso. – Quindi è andata male con lei…
- Dovrei ringraziare Aro per aver spiattellato davanti a tutti la mia vita privata – ringhiò stizzita la minore. – Che poi hai sentito come l’ha chiamata? “La tua amica speciale”. Adesso è così che si dice? Sono sicura che a lui non farebbe piacere se qualcuno definisse Sulpicia  “la sua amica speciale”.
- Non voleva offenderti…
Clarice abbassò lo sguardo, perdendosi in dolorosi ricordi: - Comunque sì, è andata male. Le nostre differenze erano troppo… inconciliabili. A partire da quella stronzata del nutrirsi con sangue animale… non che gli occhi color ambra non le donassero, però…
Per un attimo avrei giurato che l’ex guardia dei Volturi avesse sorriso, per tornare, però, cupa e risentita all’istante.
- Certo, la questione della dieta è soltanto uno dei tanti motivi per cui è finita. Ero disposta a sopportarlo, così come lei provava a sopportare il fatto che preferissi continuare a bere sangue umano… almeno fino a quando quella cretina di sua sorella non cominciava a frignare e farmi osservazione, intromettendosi. In parte credo sia anche colpa sua, è sempre stata una palla al piede.
- Anche l’altra sorella creava problemi?
- No.
Clarice incrociò le braccia, stringendosi nelle spalle: - No, Kat a dire il vero provava a farci ragionare quando discutevamo.
- È stata… lei a lasciarti?
- Lei… in un certo senso sì. Abbiamo deciso in comune accordo ma è stata lei a tirar fuori il discorso per prima…
Seguì qualche istante di silenzio, interrotto poi dalla maggiore delle due, che serrò l’altra in un abbraccio: - Mi dispiace, Clary. Quando sarai pronta mi racconterai tutto con calma. El come sta? Si trova bene con loro?
- Sì, lui sta bene. Ha trovato il tipo di vita che stava cercando. Se Aro ha poche possibilità con me, figuriamoci con lui…
Una mano sulla spalla mi fece sobbalzare, interrompendo il mio piccolo momento da impicciona: Mary Anne sorrideva con il suo solito fare sinistro.
- Ciao – la salutai, un po’ incerta. – Quando sei arrivata?
- Giusto un momento fa – rispose senza scomporsi. – Ma non mi intratterrò a lungo, Victoria mi sta aspettando fuori dal cancello. Devo ammettere che l’immortalità ti dona, Emma. Come ti senti a riguardo?
Diedi un’alzata di spalle, sorridendo appena: - Devo ancora abituarmi, ma non è male.
La vampira ricambiò il sorriso e fece per congedarsi, ma un barlume di curiosità mi portò ad afferrarle un braccio, fermandola.
- Aspetta, vorrei chiederti una cosa che mi frulla in testa da tempo. Se… se non hai troppa fretta…
- Cosa desideri sapere?
Qualcosa di leggero e sibilante mi sfiorò la nuca, ma non ci feci caso: ormai ero preparata al contatto con i suoi spiriti.
- Tu e quella donna, Victoria… in che tipo di relazione siete? All’inizio sospettavo foste sorelle ma, osservandovi meglio, mi sono resa conto che non vi somigliate affatto, se non per il colore dei capelli…
La medium emise una lieve risatina: - Non puoi fare a meno di sapere sempre tutto…  Victoria non è mia sorella, naturalmente. Mi pare tu sappia già qualcosa sul mio compagno, Tomàs…
- Quello che è stato ucciso dai cacciatori di vampiri? – domandai, mordendomi la lingua all’istante. Per un secondo temetti di averla offesa, ma lei si limitò ad annuire.
- Esatto. Tomàs era il figlio biologico dell’attuale compagno di Victoria. James lo concepì quand’era ancora umano, con una prostituta francese, per poi trasformarlo lui stesso ventun anni dopo.  Visto che Tomàs non interferiva in alcun modo con la loro relazione, Victoria intrattenne sempre rapporti amichevoli con lui e, di conseguenza, con me quando ci conoscemmo. Unendosi al mio clan, Tom le aveva addirittura fatto un favore, visto che… beh, le dava modo di rimanere sola con James. Il resto… lo sai.
Mi limitai ad annuire, mentre lei sorrise, indicando la sala del trono: - Aro mi sta aspettando. Avremo occasione di parlare spesso in futuro, noi due.
- In senso letterale… un’eternità di tempo – risposi, mentre lei mi strizzava l’occhio, allontanandosi.
Mi ricordai improvvisamente di una cosa, così, rapida come il vento, mi recai nella stanza di Rowena, afferrai il pacchetto incartato che tenevo nascosto nel guardaroba e tornai altrettanto rapidamente nei pressi del grande salone, fermandomi giusto in tempo per evitare di scontrarmi con Demetri.
Il giovane vampiro si lasciò sfuggire una piccola risata: - Ammettilo, questa cosa dello spostarsi a velocità sovraumana ti diverte.
- Puoi biasimarmi? – replicai ironica, per poi fare un passo indietro. – Sei in partenza?
- Ho una piccola missione, ma tornerò presto – disse, sfiorandomi la guancia con una carezza.
Portai istintivamente la mano sul medaglione donatomi dai tre capi e sogghignai: - Guai a te se osi approfittare della faccenda dell’immortalità per sparire nel nulla.
Ridacchiammo assieme, poi lui si chinò su di me, mi baciò e disse semplicemente: - Non lo farò. Promesso.
Lo guardai allontanarsi lungo il corridoio, con le labbra piegate in un sorriso, poi varcai la soglia della sala del trono, cercando Marcus in mezzo ai presenti. Non mi ci volle molto tempo per individuarlo: se ne stava in disparte appoggiato a una parete, assorto in chissà quali pensieri.
Lo raggiunsi in meno di un secondo, porgendogli il pacco che avevo appena recuperato.
- Scusate il ritardo – mormorai.
L’anziano vampiro sorrise benevolo, scartando il mio dono con cautela. La sua espressione si rilassò ulteriormente non appena si ritrovò tra le mani una spilla d’argento di forma ovale, con su incisa una piccola dedica.
“Family by choice. Forever.”
 - Sul retro, in piccolo, ho fatto incidere il mio nome – spiegai. – Non avevo idea che quel “per sempre” sarebbe rimasto effettivamente tale. Volevo che Vi ricordaste di me anche quando… me ne fossi andata.
- Emma…
La voce di Marcus sgranò appena: - Io… non ho parole per tutto questo, se non una… proposta. Rowena mi ha detto che d’ora in poi smetterai di darle del Voi e chiamarla Milady… non pretendo che tu cominci a chiamarmi nel modo che desidero di più, ma mi piacerebbe che cominciassi a rivolgerti a me in modo informale… tu… tu sei come una figlia per me…
- E Voi… tu – mi corressi. – Tu sei senza dubbio come un padre per me, Marcus…
Lo abbraccia, senza preavviso, e sorrisi non appena avvertii le sue braccia serrarsi attorno al mio corpo di neonata.
- Padre – sussurrai.
- Figlia- rispose.
Mi scostai dopo diversi secondi, permettendogli di posarmi un bacio sulla fronte, voltandomi poi verso Rowena che, a qualche metro da me, stava chiacchierando allegramente con Corinne, Afton e Chelsea.
Ripercorsi mentalmente l’insieme di istanti trascorsi assieme, dal primo incontro: ricordai l’odio iniziale per una ragazzina viziata e prepotente che si era gradualmente trasformato in qualcosa di diverso, qualcosa che aveva spinto quella stessa ragazzina ad azzannarmi la gola per salvarmi la vita.
Milady.
Padrona. Amica. Ora cugina.
Sì, in fin dei conti ero contenta che avesse preso quella difficile decisione al mio posto.
Non appena avvertì il mio sguardo su di sé, Rowena si voltò, unendo in due lunghe linee immaginarie i suoi occhi color ghiaccio con i miei, rossi come il fuoco.
Entrambe sorridemmo.



***
Angolo dell’Autrice: Ed ecco qua il capitolo conclusivo della storia, ufficialmente l’ultimo prima dell’epilogo.
Molti misteri sono stati svelati, spero di non aver deluso le aspettative di nessuno o reso qualche vicenda poco credibile.
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto e, se vorrete, ci rileggeremo nell’epilogo e poi nella nuova storia.
Un bacio,

Tinkerbell92
  
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