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Autore: Shedir_    20/02/2018    2 recensioni
Per mesi avevano continuato ad incontrarsi, tacitamente e senza nessun accordo, sulla Torre di astronomia; da quella notte in cui lui, incapace di ritrovare sonno e soffocato dal caldo di un autunno in eccessivo ritardo, aveva pensato di recarvisi in cerca di pace e refrigerio. L’aveva trovata seduta con le spalle al muro di pietra, il volto rivolto al cielo stellato e un qualcosa di Babbano che bruciava, sollevando volute di fumo, tra le dita.
-Una Nata Babbana che armeggia con un aggeggio Babbano, tipico-
Genere: Commedia, Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Il nero della pupilla.

Il cielo plumbeo, al di là di una delle tante vetrate del castello, catturò per un momento il suo sguardo. Rivolgeva l’attenzione a quella quiete assoluta, a quell’immobilità inquietante che notoriamente precede una bufera. Non un alito di vento, non un solo suono proveniva dal parco e tantomeno dallo spettacolo che le si apriva di fronte e in cui si era imbattuta per caso; niente che non fosse silenzio, calma… attesa. La sensazione di dover assistere, a breve, all’ennesimo scenario apocalittico e infantile le fece correre un brivido di stizza lungo la schiena, la rese fremente, come a ribellarsi a quel silenzio innaturale fatto di sguardi in cagnesco che è l’estrema conseguenza di una competizione lunga anni. Non credeva sarebbe successo ancora in così poco tempo, eppure erano schierati, Grifoni e Serpi, gli uni contro gli altri come se l’ultima sua scenata non avesse sortito nessun effetto, come se non fosse stata minimamente recepita da nessuna delle due fazioni, che anzi sembravano promettere che quel comportamento sarebbe stato la normalità. E fu per questo che decise di non intromettersi, di lasciare che gli eventi facessero il loro corso -anche a costo di dover ricostruire per intero quel corridoio del quarto piano- tanto che rese chiare le sue intenzioni dando loro le spalle e dirigendosi nel verso opposto. Nessuna parola, nessun monito. Per Merlino, non avrebbe mosso un dito neppure se fossero volate maledizioni. 
-Mione, dove stai andando?- la voce profonda, e leggermente dubbiosa di Ron le arrivò chiara alle orecchie nonostante avesse messo tra loro più di qualche metro di distanza, così lei si limitò a rivolgergli un veloce gesto della mano per far comprendere quanto poco le importasse della famosa “questione di principio” per la quale ora si trovavano tutti sul piede di guerra, di nuovo. Avrebbe approfittato del tempo guadagnato per un ultimo ripasso, prima di concedersi un momento di riposo magari leggendo, ancora una volta, Storia di Hogwarts al riparo nella sua adorata biblioteca. Aveva già sceso le scale quando, distintamente, udì volare Schiantesimi e fatture varie insieme a una lunga serie di insulti che più che offendere avevano, come scopo, il provocare per il solo gusto di farlo. La quiete era infranta, e la sua unica reazione fu uno sguardo stizzito di fronte a tanta puerilità. Le Serpi e la loro lingua lunga, i Grifoni e il loro orgoglio. 


Per mesi avevano continuato ad incontrarsi, tacitamente e senza nessun accordo, sulla Torre di astronomia; da quella notte in cui lui, incapace di ritrovare sonno e soffocato dal caldo di un autunno in eccessivo ritardo, aveva pensato di recarvisi in cerca di pace e refrigerio. L’aveva trovata seduta con le spalle al muro di pietra, il volto rivolto al cielo stellato e un qualcosa di Babbano che bruciava, sollevando volute di fumo, tra le dita.
Una Nata Babbana che armeggia con un aggeggio Babbano, tipico.
Fu quello il pensiero che sorse spontaneo nella sua mente, eppure era privo della cattiveria di cui un tempo l’avrebbe pregnato: la guerra lo aveva cambiato, adesso la cosa lo divertiva addirittura un po’. La osservò in silenzio, senza l’ostilità che aveva deposto già dalla Battaglia di Hogwarts, mentre con tranquillità e naturalezza portava il bastoncino alle labbra ed aspirava quel fumo dall’odore acre e poco piacevole; la osservò in silenzio, sempre mentre con tranquillità e naturalezza faceva vagare lo sguardo fino a raggiungere la sua figura.
-Da quanto sei qua, Malfoy?- una domanda diretta, senza fronzoli, che non nascondeva al suo interno nessuna irritazione: la genuina curiosità di chi non si era accorto di essere osservato. Non ottenne risposta, quella sera, né lei disse più una parola. Rimasero seduti, insieme e in silenzio, a condividere una notte, una Torre, un pensiero non detto ma palese: quello di essere cresciuti e aver cambiato opinione e ideali.


Hermione, seduta a gambe incrociate sul suo letto, ripensava a quella sera di settembre sulla Torre, quando nessuno dei due credeva che quell’appuntamento sarebbe diventato dapprima un’abitudine, poi una necessità. Le sfuggì un sorriso dalle labbra, di cui subito cancellò le tracce in preda a un moto d’orgoglio. Mai avrebbe accettato quel comportamento da cavernicoli che i suoi amici e Draco assumevano ogni qualvolta si incrociassero per i corridoi, quando puntualmente usavano lei come pretesto per pungolarsi e affatturarsi, soprattutto da quando, seppur nolente, era stata costretta dalle circostanze a mettere anche Harry e Ron al corrente della situazione creatasi.
-Razza di Furetto, se le torci un capello io…
-Sfregiato, se non fosse per lei…
-Harry, fermami o lo ammazzo! 
-Ragazzi, vi prego. Siate tutti più educati.
Inutile dire che le frasi tipo provenivano rispettivamente da Harry, Draco, Ron e, incredibile dictu, Theodore Nott, che con i suoi modi affabili tentava di placare le acque. Era poi doveroso aggiungere che quelle, di frasi, risultavano essere le più rispettose e meno volgari dell’intero repertorio. Ad ogni modo le era assolutamente chiaro quanto quei quattro non avrebbero mai smesso di darsele -dirsele?- di santa ragione nonostante le sue ramanzine, motivo per cui si lasciò andare con la schiena sul letto emettendo uno sbuffo contrariato e rassegnato e, in barba a tutte le regole cui tanto era ligia fino a qualche tempo prima, accese una delle sue adorate sigarette, unico vizio che si era concessa. Almeno, pensò, la finestra era aperta. 


L’inverno inoltrato, con il suo freddo pungente, non permetteva più loro di incontrarsi sulla Torre priva di ripari efficaci, ed è superfluo dire come il loro nascondiglio, in breve tempo, fosse diventato la prima aula vuota a disposizione. Certo, si sentivano un po’ come prede facilmente raggiungibili, soprattuto nei giorni di ronda, tuttavia badavano poco a quella sensazione e cercavano di sfruttare al meglio il poco tempo che avevano a disposizione, dacché, al mattino, avrebbero dovuto ricominciare ad ignorarsi. Era stato un tacito accordo il loro, un segreto che custodivano gelosamente lontano da occhi indiscreti, almeno fin quando Harry e Ron, durante il solito controllo da Caposcuola, non li avevano sorpresi a ridere di cuore in una stanza imperturbata male e a poco erano valse le scuse tirate su dai due al momento. Magari potevano essere ingenui, ma non stupidi e infondo Hermione apprezzò che non le avessero sottratto neppure dei punti, presi com’erano dalla disperazione. Da quel momento erano ricominciate le scaramucce che la guerra aveva fatto cessare e, insieme a quelle, erano ricominciate le argomentazioni saccenti -e pressoché inutili- di Hermione su quanto fossero sciocchi e via discorrendo. 
 
Come quando, nella notte, 
guardi il nero della mia pupilla
e vedi accendersi una scintilla.
Una scintilla.
(Lorenzo Jovanotti Cherubini, Una Scintilla)


Era tardissimo, si era addormentata e soltanto la voce squillante di Ginny che le annunciava di averle portato qualcosa da mangiare la riscosse da quello stato di stordimento. Stava pensando sul suo letto, e senza neppure accorgersene, vinta dalla stanchezza, si era abbandonata a quel sonno di cui ultimamente aveva piuttosto bisogno: se al mattino era preda delle lezioni e dello studio, la sera e la notte era preda di Draco, e questo non contribuiva di certo al riposo. 
-Grazie Gin, ma avresti potuto svegliarmi! Per Merlino, corro a fare una doccia- 
-Dubito che tu dorma molto ultimamente, così ho pensato di farti un favore- un tono ammiccante accompagnato da un occhiolino fece comprendere ad Hermione quanto quella risposta fosse intrisa di malizia. Ah, già: anche Ginny sapeva. 


L’aspettava già da dieci minuti accanto alla statua di Barnaba il Babbeo, alzando gli occhi al cielo indispettito e guardandosi intorno ripetutamente per scorgerla. Aveva saltato la cena e pensò che avrebbe saltato anche il loro incontro se non avesse avvertito un improvviso spostamento d’aria accanto a lui. Era arrivata, protetta da qualsiasi sguardo, anche dal suo. L’improvvisa utilità di Potty lo sconvolse un momento, quel suo Mantello era piuttosto gradito. Perso in quel pensiero senti Hermione fare qualche movimento strano e soffocare un suono di dolore prima che articolasse qualche imprecazione sottovoce, e lui fu costretto a mettersi una mano davanti alla bocca per non ridere rischiando di farsi sentire da tutto il castello: era riuscita ad incastrarsi anche con un mantello. 
-Tutto bene, lì sotto?- il suo ghigno canzonatorio non doveva esserle sfuggito, perché con un gesto di stizza riuscì a liberarsi guardandolo in cagnesco. 
-Certo che sì, grazie per averlo chiesto- il tono orgoglioso mentre cercava di sistemarsi quel groviglio che erano diventati i suoi capelli. Continuavano a guardarsi a vicenda, Hermione con gli occhi ridotti a fessure, Draco con una tranquillità che ormai sembrava esser diventata veramente parte di lui. Spezzò il silenzio salutandola, con una nota di adulazione che a Hermione non sfuggì: non avrebbe mai lasciato correre sulla rissa di quel pomeriggio, lo sapeva, eppure ci aveva sperato per un momento e aveva cercato di arginare il suo dispetto con uno sguardo più amorevole del solito. Tutto inutile, il tempo di prender e fiato e lei iniziò la sua ramanzina. 
-Per l’amor del Cielo, Draco! Come vi salta in mente? È già la terza volta questa settimana, e quei due sono anche Caposcuola! Mi farete diventare pazza, lo so. Mai una volta che abbiate un minimo di rispetto, se non per me, almeno per le regole- la diga era rotta, e aveva iniziato a parlare come un fiume in piena. Inarrestabile, travolgeva qualsiasi tentativo di metterla a tacere, così a Draco non restò che continuare a guardarla in silenzio fin quando non avesse finito. In fin dei conti era divertente guardarla mentre si anima, mentre il sangue le fluiva alle guance, i capelli seguivano i movimenti bruschi del capo sfuggendo in parte dallo spillone che li teneva legati in alto, le mani erano impegnate in gesti che rafforzavano i concetti che stava esprimendo e lui, totalmente indifferente alle sue parole, pensò che quell’indifferenza non si estendeva anche al corpo della ragazza. 
-Insomma, mi stai ascoltando?!- sbraitò improvvisamente cogliendolo di sorpresa. 
No, non la stava ascoltando e non sprecò neppure fiato per dirglielo apertamente, si limitò solo a prenderla per mano e a trascinarsela dietro fino alla prima aula vuota, che imperturbò -correttamente stavolta- e chiuse con un Colloportus. La guardava come si guarda qualcosa di bello e letale, sublime, tenendole i polsi stretti nei pugni gentili, un monito per invitarla a tacere: fu quasi un miracolo quando l’unica cosa che iniziava a sentire era il silenzio. Il silenzio dell’attesa, che si propaga come piccole particelle di polvere spinte da un alito di vento, che attraversa le ossa e vi si insinua. Hermione guardò in basso le sue mani bloccate, le divincolò dalla stretta che le teneva prigioniere e, con la consapevolezza dell’abitudine, gliele posò sul petto, facendole scivolare fino all’orlo del maglione, fin sotto di esso, a contatto con la pelle chiara del ragazzo. Lo sentì rilassare i muscoli al suo passaggio, mentre lo attirava a sé in un abbraccio e lo invitava a poggiare la testa sulla sua spalla. Non erano nuovi a dimostrazioni d’affetto, anche se queste duravano il tempo di una notte e poi lasciavano di nuovo spazio alla loro natura.
Le Serpi e la loro lingua lunga, i Grifoni e il loro orgoglio. 
-Smettetela di comportarvi da bambini- in quella posizione, con la testa nell’incavo del collo di Draco, sembrava più una richiesta che un ordine, e lui vi rispose alzando il capo e guardandola dritta negli occhi, con le mani ai lati del suo volto.
-Ogni volta che mi azzuffo con quei due scemi diventi vagamente suscettibile, ma poi ti abbandoni. Hai pensato che potrei farlo di proposito?- 
La scintilla che scorse nel nero della sua pupilla la fece vacillare, rispose a quell’arroganza e a quella schiettezza come lui aveva previsto: baciandolo con foga nella notte rischiarata dalla flebile luce di una fiaccola.


Spazio dell'autrice:
Una storiella senza pretese, scritta in un giorno in cui, a fronte di uno studio matto e disperatissimo dell'anatomia umana, c'è stato bisogno di quacosa di ancora più umano.
Un altro tentativo, dopo anni di assenza.
Un altro saluto, sapendo, ma non sperando, che prima di qualcosa di nuovo passeranno altri anni.
  
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