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Autore: hotaru    29/06/2009    4 recensioni
"Sulla soglia di una nota casa di piacere, situata in una strada dal nome contraddittorio come i propri abitanti, si stagliava quella sera una figura sottile, i lineamenti simili a quegli stessi felini cui sembrava aver rubato gli occhi. Questi ultimi unica nota di verde in una via che sembrava promettere piante e boccioli, ma dove in realtà non cresceva nemmeno un filo d’erba.
Tale mancanza di colori- volendo escludere il variopinto bucato che veniva a volte steso da un lato all’altro della strada- faceva risaltare ancor più le sue iridi color di foglia e i capelli di un rosa a metà tra il cielo all’alba e i fiori di pesco a primavera."
Racconto sulle note di “Via del Campo” di Fabrizio De André
Pairing Sasuke/Sakura, accenni Itachi/Hinata e Kiba/Hinata
Prima classificata al contest "Scegli tu la traccia" indetto da Rota23
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Hatake no michi Avvertimento iniziale: spero abbiate sottomano la canzone “Via del Campo” di Fabrizio De André. Bene, mettetela su e ascoltatela mentre leggete questa storia.


Hatake no michi (*)



Via del Campo c’è una graziosa
Gli occhi grandi color di foglia
Tutta notte sta sulla soglia
Vende a tutti la stessa rosa



Gli occhi magnetici che nella notte si incrociavano per la strada non erano solo quelli dei gatti vagabondi, così numerosi in quella città sul mare. Tale verità era ben chiara a tutti gli uomini che vi risiedevano, e in modo particolare alle loro mogli.
Sulla soglia di una nota casa di piacere, situata in una strada dal nome contraddittorio come i  propri abitanti, si stagliava quella sera una figura sottile, i lineamenti simili a quegli stessi felini cui sembrava aver rubato gli occhi. Questi ultimi unica nota di verde in una via che sembrava promettere piante e boccioli, ma dove in realtà non cresceva nemmeno un filo d’erba.
Tale mancanza di colori- volendo escludere il variopinto bucato che veniva a volte steso da un lato all’altro della strada- faceva risaltare ancor più le sue iridi color di foglia e i capelli di un rosa a metà tra il cielo all’alba e i fiori di pesco a primavera.
D’altra parte, cosa le diceva quel capitano che veniva spesso a “trovarla”, quel giovane dalla pelle chiara, i capelli corvini e gli occhi simili a fuoco nero colato?
-    Haruno Sakura… significa “ciliegio di primavera”, no? – mormorava, facendola precipitare in un abisso d’estasi che non riusciva in alcun modo a controllare – Allora fammi sentire che profumo hanno i petali del tuo fiore…
Ma quelli di Sakura non erano gli unici occhi in grado di calamitare frotte di uomini… il bordello di quella strada era tanto famoso proprio grazie alle iridi di tutte le sue occupanti. Certo, ai clienti interessava tutt’altro, ma per una buona manciata di minuti, prima di arrivare al letto, non riuscivano a guardare altro che quegli specchi profondi sui loro volti. Anche se, nel caso di Hinata, l’effimera tenerezza che quelle pozze perlacee erano state in grado di donare aveva firmato la sua condanna a morte.
Gli uomini potevano trovare sorniona intelligenza negli occhi verdi di Sakura, fredda sensualità in quelli azzurri di Ino, caldo rifugio fra le iridi castane di Ten Ten e fascino energico negli occhi color cobalto di Temari. Potevano perdersi negli inferni infuocati di Kurenai dagli occhi di brace, languire di fronte alle iridi color del miele di Tsunade, cadere negli abissi di pece di Shizune.
Ciascuna di loro poteva portare alla salvezza e alla perdizione, senza nemmeno rendersene conto, limitandosi a fare il proprio mestiere. Ma gli uomini ne erano soggiogati, e lo dimostravano esprimendo ampia predilezione per il bordello della “Hatake no michi”. E per le sue donne.
D’altronde, come si dice? Che in ogni puttana ciascun uomo cerca un po’ sua madre…  





Via del Campo c’è una bambina
Con le labbra color rugiada
Gli occhi grigi come la strada
Nascon fiori dove cammina


Nei giorni di mercato si vedeva spesso una ragazzina uscire presto al mattino dalla soglia del bordello, e tornarvi poi carica di pesce e verdura, stipati nella grande borsa di maglia intrecciata appesa al braccio. Era un peso non indifferente per una ragazzina della sua età, ma Hanabi non si lamentava mai, e sbrigava tutte le commissioni di cui ci fosse bisogno, ansiosa di rendersi utile.
Malgrado quel posto le facesse schifo, era grata che dopo la morte di Hinata non l’avessero sbattuta in mezzo alla strada, e cercava di dimostrarlo in ogni modo.
Tuttavia quel giorno la borsa le pareva decisamente più pesante del solito, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Cercava di tenere il braccio più sollevato che poteva, ignorando il formicolio che l’attraversava, mordendosi le labbra pallide e lasciando che i capelli le finissero in faccia, attaccandosi alla pelle ormai umida di sudore.
Sembrava non far caso a niente e a nessuno, concentrata sul proprio sforzo, ma non mancò di scostare bruscamente la testa all’indietro non appena avvertì una mano toccarle i capelli.
-    Ehi, tranquilla – fece una voce profonda a lei ben conosciuta – Volevo solo tirarteli un po’ indietro, non ti mangio mica.
Alzando lo sguardo cenerino, dello stesso colore del cielo nuvoloso di quella mattina, e incrociò due occhi sottili e un ghigno che voleva forse essere un sorriso gentile, ma che non mancava di trasmetterle ogni volta un fastidioso senso di turbamento. E di metterla inconsciamente sul chi va là.
-    Perché ti ostini a tenerli così? – proseguì l’uomo, allungando di nuovo la mano, ma stavolta più lentamente, come si fa con un animale un po’ selvatico - Se tirassi indietro quei capelli arruffati saresti molto più carina, con gli occhi che hai… - così uguali ai suoi…
-    Buongiorno, Inuzuka-san, posso fare qualcosa per lei? – la voce di Sakura, apparsa sulla soglia, gli fece distogliere immediatamente l’attenzione da Hanabi.
-    No grazie, passavo per caso – rispose, con un timbro più squillante di quello usato con la ragazzina – Anzi, Hanabi con la sua borsa della spesa mi ha fatto venire in mente che potrei andare a rimediare qualche osso per il mio Akamaru… si rende utile la piccola, eh?
-    Già, ci aiuta molto – assentì freddamente Sakura, non smettendo di puntargli addosso i verdi occhi inquisitori.
-    Bene, allora vado… - fece Kiba, arruffandosi distrattamente i capelli e tentando una battuta – In fondo qui di giorno non ho niente da fare…
Vedendo che tuttavia il suo umorismo non sortiva l’effetto sperato, decise di allontanarsi sul serio da quella tensione nell’aria, che per i suoi gusti stava diventando fin troppo palpabile.
-    Arrivederci – disse, all’indirizzo di Sakura. E poi, voltandosi verso la ragazzina: - Ciao, Hanabi…
Dopo averlo osservato andarsene, rientrarono entrambe, la giovane donna chiedendo alla più piccola se al mercato fosse successo qualcosa di interessante, e dandole una mano con la spesa. Le veniva naturale comportarsi un po’ come una sorella maggiore, da quando l’altra non ne aveva più una.  
Per quel che riguardava Kiba, Sakura lo teneva costantemente d’occhio, attenta come un falco che non toccasse Hanabi. Quel giovane di solito veniva per Ino, ma aveva amato perdutamente Hinata- amato sul serio- e forse per questo non l’aveva mai sfiorata. Avrebbe voluto consumare il loro amore dopo averla portata fuori di lì, dopo averla fatta veramente sua di fronte a Dio e alla legge. Perché Hinata, malgrado il mestiere che faceva, conservava un non so che di puro che Kiba per primo non aveva voluto in alcun modo contaminare.
Avrebbe voluto essere lui il suo salvatore. Ma non aveva fatto in tempo.
Questo suo grande amore finito ancora prima di cominciare, oltretutto così tragicamente, aveva poi assunto una nota distorta, quasi malata.
E il giovane Inuzuka aveva finito col dirottare i propri sentimenti verso colei che ai suoi occhi appariva come una Hinata in miniatura.
Sakura sapeva che era un bravo ragazzo, e data l’approfondita conoscenza che aveva dei desideri maschili, era convinta che le forme ancora acerbe di Hanabi non lo attraessero più di tanto. Tuttavia c’era qualcosa nella sua espressione, nello scintillio che gli guizzava negli occhi ogni volta che si portava dietro il suo grosso cane per far divertire la ragazzina, che non la facevano stare tranquilla.
Sakura era per natura piuttosto razionale, ma il suo sesto senso le diceva di non fidarsi. Per questo motivo cercava di tenere Kiba il più lontano possibile da Hanabi.    





Via del Campo c’è una puttana
Gli occhi grandi color di foglia
Se di amarla ti vien la voglia
Basta prenderla per la mano


Capitava che a un certo punto i padri ci portassero i figli, in quel posto. O che due fratelli avessero una particolare predilezione per la stessa donna, a volte arrivando addirittura a contendersela. Ma le inquiline della casa di piacere della “Hatake no michi” vantavano una certa esperienza, e sapevano sempre come calmare gli spiriti più violenti e rissosi. Non c’erano mai stati episodi di “disordine” che avessero richiesto l’intervento delle autorità. Tranne una volta. La peggiore.
-    Buonasera, capitan Uchiha – disse ammaliante Sakura al giovane che, per la seconda volta in quella settimana, si era trovata di fronte. Era stato nominato Capitano delle Guardie qualche tempo prima, e da allora la ragazza aveva iniziato a salutarlo utilizzando sempre tale appellativo, con la voce più seducente che riusciva a sfoggiare.
Raramente l’uomo rispondeva al suo saluto- e quando avveniva, si limitava a un cenno del capo- ma quella sera la sua espressione, sempre così cupa e seria, si distese impercettibilmente.  
C’erano voluti il tempo e Sakura per farlo tornare in quel posto, dopo quello che era successo. E se prima era uno di poche parole, ora la sua personalità si era fatta quasi completamente ermetica.
Tuttavia la giovane donna, con l’infinita pazienza che solo un amore gratuito può dare, era riuscita a farsi prendere di nuovo per mano e a farsi condurre su per le scale, fino alla stanza in cui era solita ricevere i clienti.
Quando raggiungevano il pianerottolo, un freddo glaciale scendeva su di loro, come se quella porzione di edificio fosse in realtà in balia dei più gelidi venti siberiani. Ma durava poco, finché non raggiungevano la stanza di Sakura. Accanto a quella che era stata la camera di Hinata.  




E ti sembra di andar lontano
Lei ti guarda con un sorriso
Non credevi che il paradiso
Fosse solo lì al primo piano


A volte Sakura si chiedeva, quando era con un cliente che non fosse Sasuke, sdraiata sul letto mentre il maschio di turno si muoveva ritmicamente dentro di lei, dove si trovasse ora quella ragazza dai capelli corvini che aveva sempre una parola gentile per tutti.
La loro era un’esistenza che difficilmente poteva venir considerata “vita”, e sicuramente né lei né le sue coinquiline potevano meritare qualcosa di anche solo lontanamente simile al paradiso. Ma Hinata… forse, in fin dei conti, avrebbero dovuto aspettarselo che non sarebbe rimasta con loro a lungo. Persone come lei venivano portate via prima.
Le molle del materasso cigolavano ad ogni spinta, e i suoni rochi che udiva nell’orecchio erano più simili a quelli emessi da una bestia che da un essere umano. Oltretutto l’odore dell’alito era nauseante, e per sfuggire a quella puzza disgustosa Sakura voltò la testa verso la parete. Cosa di cui il suo cliente non si accorse nemmeno.
Ogni volta che puntava gli occhi verso quel muro, le sembrava di vederci attraverso. Di vedere di nuovo Hinata distesa sopra il letto, scomposta eppure in qualche modo aggraziata, il pallore della morte in contrasto con il sangue sparso dappertutto, colato giù dal letto e rappresosi sul pavimento. Accanto a lei il suo assassino, che in quella notte di pazzia omicida o folle lucidità aveva massacrato la propria famiglia- ad eccezione del fratello più giovane, neo Capitano delle Guardie- e aveva poi raggiunto quella che chiamava il suo “angelo della Hatake no michi”. Portandola via con sé.
Sakura si era tormentata a lungo, chiedendosi come fosse stato possibile che Hinata non avesse notato macchie di sangue sui suoi abiti, o lampi rossi nei suoi occhi, e non avesse chiamato aiuto. Possibile che avesse provato compassione per lui persino in una circostanza del genere? Che avesse deciso di non lasciare sola quella che per lei era magari solo un’anima infelice?
Quella tragedia aveva lasciato sconvolta l’intera città, e il fatto che ora non se ne parlasse più era solo perché vi era stata coinvolta anche una prostituta. Come dire… dalle stelle della prestigiosa famiglia Uchiha alle stalle di un covo di puttane.
Il bordello aveva seriamente rischiato di venire chiuso ma, dato che quel posto era tanto speciale e tanto caro a coloro che stavano ai vertici dell’autorità, per quella volta si chiuse un occhio.
Le lenzuola erano state buttate, tanto il sangue ne aveva intriso i tessuti. Sul pavimento erano rimaste macchie scure che non venivano più via. Hanabi non aveva più una famiglia… ma per il resto, tutto era tornato come prima.
E, sebbene solo dopo qualche tempo, alla fine era tornato anche lui.    
-    Dimmi una cosa – le aveva detto una volta Sasuke, stranamente in vena di fare due parole senza importanza dopo un orgasmo decisamente soddisfacente – Sakura Haruno… è il tuo vero nome? O è una specie di nome d’arte?
Piacevolmente sorpresa da tale interessamento, ma cercando di non darlo a vedere e osservandolo sorniona, Sakura rispose: - Chi lo sa? Ma come mai questa domanda?
-    Perchè è troppo poetico per essere autentico… - mormorò lui con voce roca, leccandole delicatamente il lobo di un orecchio, mentre la ragazza sprofondava di nuovo nel mare di sensazioni che solo lui, tra tutte le decine di clienti che aveva avuto, riusciva a destare.
-    Ma d’altra parte… - commentò bloccandosi, come giunto al termine di un arguto ragionamento - … chi sceglierebbe un nome che significa “cinghiale” per la propria attività di meretrice?
All’udire quell’affilato commento riferito a Ino, Sakura scoppiò a ridere con voce acuta.
-    Sta’ zitta – la apostrofò lui, ottenendo immediato silenzio e due occhi mortificati – Mi dai fastidio quando fai la gallina.
Detto questo la trascinò nuovamente sotto di sé, senza incontrare alcuna resistenza. Ricominciò a sfiorarle il collo con le labbra, mormorandole all’orecchio: - Non preoccuparti, pagherò il doppio…
Anche se per Sakura, persa nel piacere, non avrebbe fatto alcuna differenza.




Via del Campo ci va un illuso
A pregarla di maritare
A vederla salir le scale
Fino a quando il balcone è chiuso


Quel ragazzo le stava simpatico. Non le dispiacevano le chiacchierate con lui prima e dopo il “servizio”... solitamente molto più breve rispetto al tempo passato a parlare. Le raccontava di grandi progetti, grandi scrittori, grandi editori…
-    Sakura, non ho ancora i soldi per comprarti un anello, ma vedrai che quando pubblicheranno i miei scritti… Sakura!
Però quella mattina non era venuto per scopare. L'aveva chiamata dabbasso, serio ed entusiasta, e in breve le aveva fatto quella proposta. La proposta.
–    Lo so che non ho niente da offrirti, ma io... sono sicuro che ce la faremo! Non dovrai più lavorare qui, vivremo insieme e...
Ma Naruto non aveva potuto concludere, perché un dito di Sakura gli si era posato lentamente sulle labbra. Lei non aveva detto niente- non aveva ancora parlato, a dire il vero, perché Naruto l'aveva immediatamente travolta col proprio fiume di parole-, ma aveva sorriso. Lo stesso sorriso che si rivolge ai bambini quando dicono che vorrebbero volare con un aquilone. Il sorriso degli adulti che conoscono le cose impossibili.
Se c'era qualcuno in grado di zittire Naruto con un gesto soltanto, quella era Sakura.
La ragazza si voltò e salì piano le scale, lasciandolo lì al piano terra. La porta d'entrata era ancora aperta, e la luce e il calore che arrivavano dalla strada contrastavano nettamente col freddo della delusione nel cuore di Naruto.




Ama e ridi se amor risponde
Piangi forte se non ti sente
Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior


Diamine, era un uomo! Non avrebbe certo pianto per questo!
Provò a chiamarla ancora un paio di volte, gridando forte il suo nome, ma non servì a nulla. La porta del piano di sopra non si aprì più.
A Naruto non rimase altro da fare che uscire all’aria aperta, dove il sole splendente sembrò farsi gioco del suo misero risultato.
In fondo lo sapeva, mica era stupido. Ma ci aveva provato comunque.
Fuori in strada calciò qualche sasso, poi alzò il viso verso un paio d’occhi che avevano osservato ogni cosa.
-    Oh, ciao Hanabi! –disse.
-    Ciao – fece lei.
Qualche minuto dopo si poté vederli seduti sui gradini d’entrata della casa, Naruto a testa alta ad osservare il cielo di quel giorno, Hanabi con gli occhi abbassati a guardare distrattamente la strada.
Blu nel blu. Grigio nel grigio. Ciascuno con i propri simili.
Rimasero in silenzio per un po’, poi Naruto esclamò:
-    Eh, sì! È proprio dura per un povero poeta sbarcare il lunario.
-    Non solo per i poeti – borbottò lei.
-    Già, non dev’essere un bel periodo neanche per voi – si voltò verso la ragazzina – Lo so che non è facile, quello che stai passando.
La ragazzina si irrigidì. Ma di che stava parlando, quel perditempo?
-    Sai, non conoscevo bene Hinata, ma mi stava molto simpatica. La incontravo sulle scale, qualche volta, e mi salutava sempre.
Hanabi stava per ribattere qualcosa, ma il ragazzo continuò:
-    Pensa che un paio di volte è anche stata a sentire qualche mia poesia. Aveva detto che le piacevano, e sembrava sincera.
Incrociò le braccia dietro la testa, stirando bene la schiena.
-    Era l’unica, sai? Nessun altro mi è mai stato a sentire così.
Hanabi pensò che forse doveva dirgli qualcosa, prima che iniziasse un monologo interminabile su sua sorella. Una cosa qualunque, anche un semplice “ah” di conferma. Invece quando aprì bocca si ritrovò a dire:
-    Voglio bene a Sakura, ma penso che sia una stupida.  
Naruto la guardò sorpreso, aspettando che chiarisse tale uscita. Hanabi non si fece attendere.
-    Potrebbe venire con te – disse dura - Andarsene da qui, da questo… questo letamaio… e invece…
-    Venire con me in un mondo di porcellane e diamanti, dici? Perlomeno qui è sicura di avere un pasto caldo tutti i giorni, io a volte nemmeno ce la faccio.
Hanabi fece spallucce. Non aveva mai avuto né il tempo né la voglia di guardarsi dentro e capire come si sentisse, però sempre più spesso sentiva una specie di grumo umido e fastidioso all’altezza del petto. Quando si faceva insopportabile, sentiva di dover tirar fuori qualcosa. E allora sputava veleno.
-    Non sta qui per il pasto caldo. Sta qui per l’Uchiha.
Naruto non si accorse con quanto disprezzo la ragazzina aveva pronunciato quel cognome, o forse finse di non farci caso.
-    Un motivo in più per darmi per vinto. Lui sì che potrebbe prometterle diamanti, altrochè.
-    Tanto non lo farà mai – constatò lei – Verrà qui a scoparsela ogni volta che ne avrà voglia e la lascerà nella sua montagna di letame.
Naruto la guardò, vedendola forse per la prima volta. Una ragazzina che aveva perso ogni fiducia nelle persone e nel futuro, già schiacciata dalla vita.
E lui che, malgrado tutto, non perdeva il suo ottimismo. Si può fare un travaso di speranza?
-    Beh, magari è meglio così – commentò con aria indifferente - I diamanti sono sterili. Il letame invece è un ottimo concime, soprattutto per i fiori...
Hanabi gli lanciò una lunga occhiata, cercando di capire se fosse stupido davvero o ci facesse soltanto.
-    Ti intendi anche di botanica? - chiese acida.
Naruto sorrise, dandole un buffetto sulla guancia e continuando come se nessuno l’avesse interrotto:  
-     … guarda infatti che splendido fiore dalla corolla infuocata è sbocciato proprio qui.
La ragazzina dagli occhi grigi come la strada tacque un momento. Non per trovare qualcosa di velenoso da ribattere, né per chiudersi nel mutismo assoluto.
Tacque perché era la prima volta che qualcuno le faceva un complimento. Sincero e disinteressato.
E, quasi a confermare ciò che il giovane aveva appena detto, subito dopo arrossì, scarlatta come un papavero, sorridendo sincera dopo tanto tempo.


Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior




Nota finale: come probabilmente sapete, “Hanabi” significa “fiori di fuoco”.

(*) Hatake no michi: “Via del Campo”, in giapponese



Non ci possono credere. Prima!! È fantastico, davvero incredibile!
Al contest “Scegli tu la traccia” di Rota23 siamo rimaste solo in tre, alla fine, ed è un peccato perché secondo me si trattava di un’idea davvero bella. Ma forse ha ragione Rota, è stato un contest sfortunato.
Comunque sono soddisfatta di questa storia, che a me personalmente ha dato molto.
Mi piace la fine, con Naruto e Hanabi assieme. Non so perché, ma questa coppia mi piace. Non come pairing, ma come… boh, due persone sedute su un gradino a parlare ciascuna della propria vita, che malgrado tutto finiscono per confortarsi a vicenda. Anche se non lo avrebbero mai immaginato.
Sono momenti che nessuno immaginerebbe mai, ma che accadono di continuo.

È la prima volta che tratto veramente Sakura, e sono rimasta stupita che la giudice abbia detto che ci ho azzeccato. Chi l’avrebbe mai detto!
Comunque ho trovato che le parole della canzone fossero perfette per una storia con i personaggi di “Naruto”: insomma, trovatemi una “graziosa con gli occhi color di foglia” meglio di Sakura e una “bambina con gli occhi grigi come la strada” più perfetta di Hanabi!

Faccio i complimenti a Urdi e Arwen88, compagne di contest; ringrazio inoltre la giudice Rota23 per i giudizi!
   
 
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