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Autore: GabBeauv    22/02/2018    0 recensioni
È un amore che nasce in Dicembre e termina in Maggio. È una sorpresa che sa di tregenda perché quando il fiore si schiude, Rose emana un odore che sa di passione e sa di morte. È una rosa rossa - di un rosso morente.
[La storia si è classificata seconda al contest "Hotel Supramonte e Cuori infranti" indetto da id_s sul forum di EFP]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Œuvre du rouge mourant

 

Una notte come tante, una notte come poche.
La sua è una passione senza eguali: è nata da un mantello prestato in una giornata bianca di dicembre ed è terminata con il Sole di maggio che scioglie la neve e anche il castello delle fiabe che da sola aveva costruito.

Rose avrebbe voluto somigliare a sua madre: un tetragono di convinzioni e di pulsioni affinate e inscatolate - tenute al riparo dalle indomite tempeste e dall’accecante, fulgido istinto.

È una notte lunga ed è una notte che dura tanto.

È una vendetta che si scaglia sulla campana di vetro da cui è stata lasciata fuori - un mondo che le appartiene di diritto perché ci è arrivata prima.

È una città come tante e una città come poche: l’oscurità spezzata dalle luci sfolgoranti della Città che non dorme mai.

È Parigi, questa - città dell’amore: trovato, curato - perduto e vendicato.

E il rosso è un colore come tanti altri e dagli altri differisce. Della vita di Rose è il vessillo: rosso come i suoi capelli, rosso come Grifondoro, rosso come suo padre e sua zia; rosso come il suo cuore illuso e calpestato; rosso come il sangue che quella notte sarà versato.

Questa notte è rossa e rossa è Parigi.
Questa notte le appartiene.

***

È una notte come tutte le altre: canta di cuori in fremito e menti in fermento.
È una notte che con le altre non ha nulla da spartire: di questa mezzanotte incantata, i padroni sono loro.

Parigi è assopita ed è all’erta: un idillio che spacca il silenzio religioso della Città dei Lumi e muove l’anima che si affaccia alla finestra per la prima volta.

È un’oscurità come tutte le altre: la seducente e macabra silhouette di corpi vivi e vergini di una vita che scorre troppo in fretta e che, cruda, ne esige gli anni migliori.
È un’oscurità che ha qualcosa di diverso: ha il sapore acre di promesse dure a tenersi, di addii indigesti e la salsedine delle lacrime.

Questa notte li appartiene: sono le loro le ombre che sfrecciano veloci per gli Champs - Èlysées  e muti gridano il trattato del loro amore.

Questa notte sa di passato: la Notre Dame di ricordi religiosamente custoditi, di carezze come bibbie e di baci come ostie.

Questa notte non teme futuro: solo per quest’ora, sono veraci, superbi e la più bella città del mondo si inginocchia ossequiosa a salutare l’alba di una gioventù che vive hic et nunc - e che domani saprà già di vecchiaia.

Non ci sono luoghi, né tempi, né buchi: solo due linee rette e un punto in cui si incontrano, scontrano e allacciano e che chiamano mani.

“Oggi è per sempre, giusto?”
Scorpius le bacia il crine biondo con irruenza. I suoi occhi non hanno mai brillato così e il cielo li chiama a sé come sue stelle.
“Oggi siamo noi, a chi importa del per sempre?’’

C’è un velo flebile che li nasconde: è l’oscurità della notte e metafora di quel che verrà.
Una coperta di galassie inesplorate li riscalda e li invita a lasciarsi cullare dalle dolci note di un’alba che sta per arrivare.
No! - Insorgono i pianeti tutti: lasciateli correre, gridare - vivere! Lasciateli vivere, questi figli delle stelle che noi abbiamo abbiamo protetto e guidato perché potessero avere questo momento e solo questo.

La Luna è un satellite benevolo e materno: augura loro buona fortuna e bacia loro le guance rubiconde.

Dominique gli si stringe al braccio e prepotente l’odore di lui l’avviluppa stordendo la mente e infiammando i sensi.
“Io vorrei fosse sempre oggi.’’
“Io vorrei sempre te.’’
Quando arriva, il bacio è la dichiarazione di guerra che non sapevano di aver dichiarato: distrugge le barriere, possiede lembi di carne inesplorati e infuoca labbra che rassegnano la resa e si lasciano bruciare.

Dominique si scosta - la guarda, ride.
“Riesci a sentire questa musica?” Le chiede sornione portandosi una mano all’orecchio.
“È l’antifurto di un’auto, Scorpius.” Polemizza lasciando però che la mano di lui trovi la sua, tirandola a sé in un abbraccio che sa di luna.
“No, mia cara. Questa musica è il nostro valzer!”
E Scorpius la fa volteggiare come una libellula e lui, che di nero è vestito, la rassicura del domani sussurrandole una sinfonia che sentono solo loro.
È la requiem di un’estate dove non ci sono principesse o draghi, maschere o alleanze.

“Dai smettila, mi gira la testa!”
“Non di certo per il valzer!”
È un vorticoso abbraccio che giura: è l’inizio della fine, sovrani della notte!
Abiura il domani, Dominique! Spergiura Settembre che ruberà il meglio di noi! Giura su di me e prendi me come sono, prendimi ora e qui!”

È l’ultimo ballo sul palcoscenico del teatro dell’assurdo: di sentimenti che graffiano e di sintagmi che paralizzano; di voci che non parlano e di amori sbagliati e amori nascosti.

Questa notte è la loro.
Questo ballo è l’ultimo.

 

***

Cominciò con il tessuto della perdizione posato sulle sue spalle - un drappeggio verde-argento.

Scorpius non le toglie mai tolto gli occhi di dosso - non lo faceva mai.
Era la ragazza per cui un dodicenne si era preso una bella sbandata, di quelle innocenti e puerili che solo un dodicenne può prendersi.

“Stai tremando Rose - ti ammalerai!”
È un’accortezza, la sua, che sa di artifizio: un libretto di istruzioni da cui impara a lenire gli ingranaggi del cuore e della mente della ragazza che adora.
È una sinfonia sulle note della piaggeria e che Rosa riconosce come l’inno dei Malfoy: è per questo che non aveva mai ceduto.
“Ti ringrazio.” Gli risponde mesta - e sotto il tocco lieve e indeciso delle mani di Scorpius - cautamente coprendola del suo mantello -, Rose trema.

È una fredda giornata di dicembre.
Bianca era Hogwarts e bianca era Rose - quindici anni e tutta libri, Quidditch e giochi: il corpo di una bambina che vuole diventare donna.
Bianca è la pelle di luna di un ragazzo dal nome macchiato.
Bianchi sono i capelli di grano e i fiocchi su di essi adagiati, quasi a redimire l’erede di una schiatta dal cuore e dallo scettro di ghiaccio.

“Caramelle?”

Bastano dei dolciumi per conquistare il cuore di una ragazza?
Forse sì - ché gli stessi avevano stretto i nodi della fune tra lui e Albus.

Bastano dei dolciumi per lasciarsi conquistare?
Forse no - ma Rose ha quindici anni, il corpo di una bambina in fiore in pieno inverno e le attenzioni di un ragazzo che la venera come il più sacro dei boccioli.

“Sì, grazie.”

Una condivisione che sapeva già di attesa - perché Rose bistrattava quotidianamente l’algido erede Malfoy, soverchiando ogni sua iniziativa.

Una prova, quella: un passo verso il vuoto, un chi-va-là sommesso e già cantava le note di una sciagura.

 

***

Scorpius ha le mani fredde e il cuore caldo.
Un bambino senza tana né rifugio, dalle malelingue avvelenato.
Suo padre desiderava che di amici se ne facesse tanti ma a lui bastava Albus e bastavano le fredde note di disprezzo di Rose.

Scorpius ha lineamenti decisi e allo stesso tempo dolci come zucchero: l’eredità del candido viso materno e la freddezza della schiatta dei Malfoy.
Ha un sorriso letargico eppure fatico: la nostalgia di un passato come coperta, l’entusiasmo per un futuro come possibilità.

A quindici anni Rose è profonda come il ventre dell’oceano - ma il più delle volte si lascia ammaliare dall’intrigante brillantezza della superficie.

Non si accorge, dunque, del ragazzo che dal mondo si lascia ancora incantare senza pretendere a pugni chiusi - ringraziando di quel poco che aveva e che pure era tanto: un padre, un amico, un tetto sotto cui stare, una mente niente male.

Rose soccombe sotto gli occhi plumbei e la velleità di labbra umide che la marchiano come sua.

Fuori piove.

***

Il giorno in cui si innamora sa di rosa e sa di muschio.

È un odore caldo e fresco allo stesso tempo, l’amore, pensa Rose: ti culla dolcemente tra le candide note di una ninna nanna che ti restituisce alla vita; ti gela il sangue ogni volta che dell’amato incontri gli occhi argentei e che suonano tempeste di sogni di sussurri, di notti come guerre.

È il primo amore, il primo di molti - ma per Rose, che ha solo quindici anni e il cuore igneo del più nobile dei felini, è l’unico ed è come la lava: cresce nel ventre di un vulcano fino a esplodere in lapilli e fuoco creando uno degli scenari cromatici più idilliaci a cui l’uomo abbia mai assistito.

 

***

L’amore ha i colori ed è una scala, una scala cromatica.

È una scala, pensa Scorpius, perché ha bisogno di salire lentamente, piano, se una crescita genuina e vigorosa è quello che si vuole.

Quando è con Rose, al suo cuore sussurra: “Va piano, per favore”, perché sa che amori come vulcani sono lisergici come le ceneri: avvelenano i polmoni, il sangue e il cuore e ti uccidono.

È una scala sì, l’amore, perché si sale piano - ma è una scala cromatica: a testa bassa, umilmente, ne percorri i gradini uno ad uno lasciandoti però incantare dai colori pastello che ti regala la salita.

 

***

Le insegna il Sectumsempra un giorno di metà gennaio.
“Tuo zio ha quasi fatto fuori mio padre con questo, una volta.”
“Una ragione in più per non usarlo, non credi?’’
“Voglio solo vedere che succede. Non ho trovato questo incantesimo su nessun libro e sono curioso di conoscerne gli effetti.”
Le prende la mano e la conduce dalla parte opposta della Torre d’Astronomia - oltre l’asticella del lecito: il prologo di un amore che inizia male e termina anche peggio.
“Dove l’hai trovato?” Gli chiede quando nota il passerotto sanguinante.
“Vicino al lago. Ha le zampe e le ali spezzate…Ho provato a fermare l’emorragia, ma…”
Esita, Scorpius, perché non ha potuto fare niente per quell’uccello come non ha potuto impedire l’inesorabile morte di sua madre. La sua vita è rosso sangue e ovunque vada - lui lo sa - non trova altro che morte.
Entrambi, offrono lui la propria vita affinché diventi qualcuno, un giorno. Perché impari.
“Ora ci provo. Vediamo cosa succede.”
Quando la maledizione colpisce in piena testa l’inerme morente passerotto, i tagli sono a malapena visibili, all’inizio: piccole fessure che sembrano quasi innocue se comparate alla frattura delle zampe di cui era già stato vittima. Ma piano, piano, pianissimo diventano sempre più grandi, sempre più rossi.
Nessuno dei due ragazzi sa come fermare il sanguinamento.
“Tagliato per sempre.”
Rose strabuzza gli occhi: guarda Scorpius e poi il passerotto.
“Dovevo capirlo. La maledizione causa un sanguinamento perenne.”
“Oh.”

***

Sanguinano le pareti di una sanità che si perde tra le mura della Stanza delle Necessità.
Sanguinano le cosce di Rose in una fredda notte di inizio marzo.
È l’inverno più lungo che la Scozia abbia mai visto - un gelo che del loro amore è metafora: un gelo pungente, che scotta, che uccide.
Sanguina Rose che lascia l’infanzia e diventa donna.
È l’ultima goccia di linfa pura e linfa sana che contiene la sua apparente compostezza.

È il cuore che pulsa, batte, scalpita: indomito, si impossessa della mente - e dell’equilibrio tra passione e ragione rimane una fune spezzata e una bocca nera e rossa con denti affilati.

È la follia.

“Sei mio.’’ Gli sussurra melliflua all’orecchio prima di succhiargli il lobo famelica. Scorpius ride di fronte a quell’intimità appena scoperta, labbra umide e corpi caldi - ride di quella asserzione perché in quel momento è solida ed evanescente: è un momento che esiste lì, e solo ora.
Ma Rose ci crede veramente: quindici anni e la consapevolezza di non poter rivendicare nulla di suo al mondo.
E mentre le loro mani si intrecciano - ancora fameliche del novizio contatto -, Rose ansima e con gli occhi glielo ripete: Sei mio.

Fuori nevica.

***

Il cuore le batte e le mani le tremano in un giorno di febbraio.
Come un mese prima, si trovano sulla riva del lago e nuvole grigie minacciano una tempesta imminente.
“Dovremmo tornare dentro.” Dice Rose, che in quel momento era ancora perfettamente padrona delle sue pulsioni.
“Per la pioggia? A me non dà fastidio.”
“Ma i tuoni, i fulmini e…”
“Non mi dire che hai paura, Grifondoro.” La sbeffeggia prima di prenderle la mano e trascinarla tra le coltri strette della Foresta Proibita.
Proibita è la loro corsa verso la dipartita - veloci nella notte, lasciano che i rami lacerino la pelle senza curarsene.

Rose capisce che l’amore è quella sera: veloce, sanguinolento come i graffi che la foresta imprime loro.

Per Scorpius, è soltanto una corsa come tante.

 

***

È una corsa a tentoni di corpi inesperti e vergini.
L’ossigeno che manca, le carni che tremano e gli occhi spirati e ciò che di magico c’è in quella prima volta sono solo le loro mani strette e i corpi nudi.
Scorpius è emozionato, Rose ha paura.

È la ragazza per cui ha coltivato quella cotta procastinata, fatta di alti ma soprattutto di bassi. È la sua prima volta, con la sua prima ragazza - e null’altro conta al mondo. Sono le mani sudate per qualcosa che non sia paura; è l’eccitazione del momento che gli si propaga nel corpo e quando la sua pelle nuda sfiora quella della ragazza, Scorpius chiude gli occhi: è un momento, solo un momento - ma che non dimenticherà.

È il ragazzo che aveva deciso di detestare. È una voglia, quella di Rose, che non sapeva di possedere e che ora tuona, graffia, pretende. È la sua prima volta ed ha paura del dolore - soprattutto, ha paura di perdersi.

Non sa quanto quel timore sia vero.

Ma per entrambi, in quel momento, conta l’attimo: racconta loro l’estasi dei corpi, la pace dei sensi. È un luogo nuovo, un tempo inaspettato: sono corpi che si annusano, si sentono, si toccano.

Sul suo corpo - così dolce di fame, così dolce di sete (1) - dispiega, Rose, le ali verso il vuoto e quando si butta, Scorpius la sazia e la disseta senza sapere di aver nutrito il demone che apre le zanne e morde a fior di pelle.

Perché l’ossessione di Rose è un Demone e i demoni uccidono.

 

***

Sonda una cartina e trova il suo posto: è al fianco di Scorpius.
Non c’è passo che con il suo non sia sincronico; non un attimo senza che le mani vaghino tra i capelli di seta.
Quando inavvertitamente Scorpius disegna con il polpastrello le sue vertebre, Rose lo sa: il posto di Scorpius è accanto a lei.
Un giorno, gli scriverà una lettera e gli dirà di averlo sempre saputo.
Ma è una lettera vera di notte falsa di giorno(2) perché sono digitali che la cercano nella penombra di una Stanza che non esiste ed esiste solo per loro; la luce del Sole, tuttavia, mette in luce gli strappi e le toppe di amore che non tiene e che è destinato a sanguinare.

***

Gli lacera la pelle della spalla con le unghie e ne surge il sangue.
È acido e ferruginoso - ma è suo.
Allora, Rose decide che l’amore è il sangue, il suo sangue, il loro sangue; l’amore è rosso come il sangue.

E degli altri colori, non si cura.

***

Pelle di neve e occhi fiordaliso.
Dominique ha labbra di nuvole e un’eleganza scandita dalla leggerezza del suo passo.
La voce è troppo acuta, crede Rose - ma Scorpius la trova dolce e divertente e gli ricorda sua madre, sua madre morta.

Negli occhi liquidi e umidi ritrova la purezza del cuore e un amore pacato, silenzioso, che come un fiore attende di essere colto.
È leggero, il suo tocco - leggero come un amore che non soffoca ma che vuole essere notato.

È sveglia, sofisticata.
Ha delle belle labbra.

***

“Che c’è che non va? Sei strano da un po’ di giorni.”
Scorpius sbuffa, si passa una mano sulla fronte. “È che continua a piovere. Vorrei giocare a Quidditch ma…-“
“Beh, tanto meglio. Possiamo passare un po’ più di tempo insieme, no?’’
“Sì certo, ma…Tu non devi studiare, Rose? I tuoi voti sono calati molto in questo periodo. Mi preoccupi.”
Rose gli sorride perché è preoccupato. Scuote la testa. “Ora non mi va. Preferisco stare con te.”
Scorpius si guarda i piedi e aggrotta la fronte. “Ma i tuoi genitori che diranno? Sei sempre stata un genio, un fenomeno! Non la prenderanno bene, se i tuoi voti caleranno ancora.”
“Sei carino a preoccuparti per me.” Gli sorride posandogli un bacio sulla guancia e non permettendogli di sottrarsi alla stretta attorno al braccio. “Ma io sto bene così. La scuola non serve poi a molto, no? Quel che conta, siamo noi.”

Sotto lo sguardo di Scorpius, il sogno si scioglie e della ragazza di cui si era innamorato non c’è già più nulla.

***

È ossessiva, petulante - e Scorpius teme il modo in cui le guance le diventano purpuree quando si arrabbia.
È pigra, possessiva e gli occhi scuri con cui lo guarda e lo pretende gli fanno gelare il sangue.

È maggio e il tempo è cambiato: il clima mite e umido lascia che i boccioli si schiudano nei fiori che sono destinati a diventare.
Rose rende onore al suo nome: è una rosa rossa con spine fatali.
È rossa come l’amore, rossa come il sangue e rossa come la follia.
È un fiore che Scorpius non vuole cogliere.

***

È un fiordaliso che si muove danzante. È delicata e sa di agrumi.
Capelli lunghi e soffici come terra: perché Dominique è terra - solida, affidabile; è anche aria, però - perché le sue labbra sono davvero soffici come nuvole e quando la bacia, Scorpius sente gli angeli cantare, vede sua madre accarezzarlo - anche se c’è solo Dominique.

Gli carezza i capelli, invece che graffiarlo.
I loro nasi si incontrano e lei, innocente, gli lecca la punta.
“Sai di caramello.” Gli dice ridendo.
“Anche tu sei buonissima.”
Buona, cara, dolce.
È bianca, Dominique - bianca come la luce, bianca come le lenzuola che sanno di loro, bianca come l’amore.

È una rosa, Dominique - una rosa bianca.
E Scorpius intende coglierne la purezza.

***

Maledetta sia Parigi.

Maledetto sia il giorno in cui Fleur chiede ad Albus, a Rose e a Scorpius di unirsi alla vacanza di famiglia.

Maledetto sia il giorno in cui due mani si intrecciano in un camino, inconsapevoli degli occhi scuri e dei pugni stretti che li osservano e gridano vendetta.

***

È un’estate tranquilla che preannuncia tragedia.
La Costa Azzurra regala ai giovani maghi un’abbronzatura invidiabile - non a Scorpius, non a Dominique comunque: gelosi del loro elitario incarnato, badano bene a stare all’ombra di un ombrellone.
Rose riceve una pallonata in testa. “Sta attenta!” Le grida Albus - occhi verdi e vivaci, desiderio di vita e gioia nel cuore.
“Sì, va bene.” Risponde smorta perché non starà attenta: per lei, esistono solo quelle mani intrecciate, spalle che si sfiorano e sorrisi che presto sfioriranno.
Come Rose.

***

“Pensi che ci scopriranno?’’
“Lo faranno.” Annuisce serio e poi le sorride. “Ma a me non importa. Non intendo nascondere più a lungo di così la mia felicità.” La stringe, le annusa i capelli e sanno di Sole, di miele e di limoni.
“Nemmeno io voglio più nascondermi. Sei bello e siamo giovani e ci amiamo: non ne faranno mica una tragedia, dopo tutto.”

Le luci sono accecanti: una prolusione di colori indistinguibili; li nascondono dal pubblico e li espongono ad occhi come carbone che attendono soltanto che li si offra il fianco per attaccare.

Parigi è un turbinio di suoni e rumori - è una melodia leggera e altisonante che li culla nella notte. Si ode la requiem della loro innocenza - anime che ben presto saranno macchiate.

A denti stretti, Rose espira: “Sei mio.’’
L’ultimo rintocco dell’orologio segna mezzanotte: la fine di quella notte e delle loro vite.

***

Le stretta si stringe attorno alle loro dita. È uno strano presentimento, quello che si fa avanti in loro, che li avverte del pericolo quando una chioma rossa e iraconda emerge dall’oscurità.

“Rose, io posso…-“ Si fa avanti il ragazzo dalla pelle di luna, occhi di ghiaccio e cuore insipido.
Puoi spiegare? Pensi che non vi abbia visti? Pensi che sia stupida?” Grida a pugni stretti e occhi secchi perché l’ira non ha bisogno della candida umidità delle lacrime.
“Ho sbagliato, avrei dovuto dirtelo prima ma…-“
“Ma cosa? I suoi occhi ti hanno ipnotizzato?! Le sue gambe ti hanno stretto talmente forte da non lasciarti andare?!”
Scorpius guarda in basso - la mano ancora stretta a quella di Dominique.
“Noi ci amiamo, Scorpius! L’hai dimenticato? Hai dimenticato quanto mi ami?” Non è una domanda ma un’intimazione: Scorpius vacilla perché riesce a carpire una furiosa scintilla negli occhi di Rose che non gli piace affatto.
“Io non ti amo più, Rose. È stato bello, ma…-”
“No! Ho detto che mi ami!’’ E Rose si fa avanti a gambe larghe e con il volto trasfigurato. “Cosa gli hai fatto?!” Grida alla calda Dominique. “Cosa gli hai fatto, stupido scherzo della natura! Tu, tu e quegli occhi, e quei capelli!”
E accade. Come in un vortice di colori in cui il rosso non si distingue dal giallo, o dall’arancio, o dal bianco - perché Parigi è la dimora delle luci tutti, dei sapori e degli idilli; è il tempio delle passioni, quelle che stregano e che fortificano - e che uccidono.
“Però ha ragione, sai?” Si fa seria, Rose, con le mani ai fianchi e il sopracciglio inarcato; tra i pugni ancora tremanti, una bacchetta di tasso. “Sei proprio bella. Hai proprio dei bei capelli.”

Ride, Rose, e non ride affatto perché è mefistofelico quel ghigno e, di nuovo, a Scorpius gela il sangue; una voce preoccupata nella testa - ch’è dolce, forse di sua madre - gli suggerisce di fuggire.

E accade.

Incendio!”

Brucia il cuore di Rose tradito e calpestato, brucia quell’amore che ha la durata di un’adolescenza svanita e di esso non rimangono che ceneri; si incenerisce il manto fulgido e candido di Dominique e le sue urla bucano la notte.
“Cosa fai! Cosa fai! Smettila, ora!” Grida Scorpius in preda allo sgomento e alla paura prima di rinsavire ed agire egli stesso. “Aguamenti! Auguamenti! Auguamenti!” Ripete furente - perché forse, la sanità l’ha persa anche lui.
Dominique si accascia al suolo - le mani in viso a coprirsi le lacrime, singhiozzando in quella notte che è muta e tuona.
“Dominique, ti prego, dimmi che stai bene.” Al suo fianco, Scorpius non la lascia: le passa una mano sulla testa bruciata - e del vessillo della sua innocente bellezza non c’è rimasto nulla. “Dominique”, espira.
“E a me? E a me non chiedi se sto bene?!”
“Tu sei malata! Folle! Guarda cosa le hai fatto! Potevi ucciderla!”
Fa un passo indietro, Rose, quando vede gli occhi brillanti farsi d’antrace e l’amore ch’era stato divenuto ormai folle odio. E quella mano, quella di Scorpius, che non abbandona la testa della cugina nonostante la bellezza ormai svanita.
“Ma dove dov'è il tuo amore? Ma dove è finito il tuo amore?!” (3)

Batte i piedi e stringe i pugni, gli occhi scuri le si bagnano: l’ultima mimica di un’infanzia ormai lasciata e che sa già di vecchiaia.

***

È una mano che non lascia Dominique e che non prenderà più la sua.
È un cuore bruciato, un cuore che sanguina.

Lo sente, Rose, il sangue: urla dentro le vene, le irroga il cervello e il cuore e la bocca ed è troppo.
Scorre veloce come quella volta nella foresta. Sanguina lento, il suo cuore, come le sanguinavano le cosce nella Stanza delle Necessità.
Un passerotto dalle ali spezzate per cui non si può tentare più niente. Rotta. Condannata.

“Ma dove dov'è il tuo amore? Ma dove è finito il tuo amore?!” Mormora di nuovo e la sua voce raggiunge Scorpius per l’ultima volta.

Si punta la bacchetta al petto: non al cuore, ma ai polmoni - perché non respira tanto è il dolore.

“Sectumsempra.”

***

Suo padre gli aveva detto di esserci quasi rimasto secco, a scuola, per colpa di quell’incantesimo.
Peccato non gli abbia mai spiegato come sia sopravvissuto.

***

Al funerale, scappa la rissa.
Rossi sono i capelli di Ronald Weasley che con gli occhi spirati si butta al collo di Draco Malfoy.
“La tua famiglia è una sciagura! È sempre stata una sciagura!” E gli morde il collo staccandogli la pelle; è solo Harry Potter che lo costringe alla ritirata prima che possa lanciargli una Cruciatus.
Tuttavia, nemmeno il Salvatore del Mondo Magico può nulla di fronte al dolore di un padre che ha perso tutto. “Siete una maledizione! Fate morire tutto quello che toccate! Maledetti, siate dannati!”
Malfoy ha gli occhi vacui e si tiene il collo sanguinante con il palmo; Weasley ha la bocca rossa e ferruginosa, sporca di Malfoy e anche la camicia bianca è sporca di lui.

Hermione Granger è morta anche lei con la figlia: ha le mani incrociate e le spalle fremono contenendo i singhiozzi; non c’è traccia di anima negli occhi: è il pianto silenzioso di una madre che ha partorito un aborto, il rimpianto per un figlio che non ha vissuto abbastanza per scoprire che al mondo non c’è solo dolore e guerra e morte.

È l’estremo saluto all’amore in tutte le sue forme: quello casto, insicuro e gentile dell’adolescenza; quello incondizionato della maternità.

Scorpius ringrazia perché Dominique è accanto a lui: una rosa bianca che ha perso i petali ma che rimane, pur sempre, il Paradiso in Terra.
Bella, Dominique, e anche s’è rotta la ama ancora di più.

Tra le mani del giovane, una rosa: di un rosso spento, morente.

 

Fin

 


(1),(2),(3): Da"Hotel Supramonte" di De André.

Questa Oneshot partecipa al contest "Hotel Supramonte e Cuori Infranti" indetto da id_s sul forum di EFP. Ringrazio quindi la giudice per il fantastico prompt che mi ha permesso di esplorare un genere con cui non sono ancora molto familiare :) è stato davvero divertente (nei limiti del possibile, dato il finale). 

Un bacione, 
Gabrielle :)

  
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