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Autore: CHAOSevangeline    22/02/2018    2 recensioni
{ Soukoku | Questa storia partecipa al “Rainy Time” a cura di Fanwriter.it! }
A Chuuya la pioggia non piace, lo infastidisce e preferirebbe non esistesse. Non si tratta solo di nervosismo dovuto all'inzaccherarsi, all'umidità e al bisogno di portare con sé l'ombrello: no, la pioggia rovina il suo umore, lo rende pensieroso e triste. Scava in ricordi passati che riporta a galla e preferirebbe lasciare sopiti.
Sta a Dazai cercare di risolvere questo problema come può e tentare di far sorridere Chuuya.
Dopotutto se la pioggia ha un effetto su di lui, Dazai non può esserne immune come vorrebbe.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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★ Iniziativa: Questa storia partecipa al “Rainy Time” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 1232
★ Prompt/Traccia: 10. Quando piove, ad A tornano in mente ricordi spiacevoli.



 
2. Downfall
Una pioggia forte


 
 
Dazai era sempre stato intuitivo: gli era sufficiente uno sguardo per comprendere con facilità le intenzioni delle persone, o per crearsi delle aspettative non troppo lontane dalla realtà su di loro.
Era anche empatico, a voler proseguire con gli elogi, ma se c’era una cosa in cui era carente, quella era di certo la volontà di conoscere gli altri.
Un’occhiata e notava lo sguardo tipico di una persona, ciò che trasmetteva muovendosi e parlando. Gli sarebbe stato infinitamente utile nei rapporti sociali, ma beh, non gli era mai interessato davvero sfruttare la propria acutezza in quel campo.
In questo senso, ecco, Dazai Osamu sembrava del tutto insensibile.
Non lo era davvero però: era solo selettivo.
Se conoscere una persona di cui non gli importava non serviva per lavoro allora che senso aveva sprecare energie?
Chuuya era una persona da conoscere per le proprie mansioni di dirigente alla Port Mafia, dopotutto doveva lavorarci insieme. Ma Dazai non osservava le sue espressioni e i suoi movimenti per questo, non prestava un’infinita attenzione alle sue parole – pur ostentando il contrario – solo perché il Doppio Nero funzionasse al meglio e fosse l’invidia di tutti: Dazai lo faceva perché, e mai lo avrebbe ammesso, teneva a Chuuya.
Non lo diceva, ma glielo dimostrava.
Gli importava di lui.
Era una di quelle persone per cui valeva la pena impegnarsi e che valeva la pena conoscere.
Dazai già era conscio della ragione per cui Chuuya fosse seduto nel suo ufficio da dirigente, quel giorno. Ci andava spesso, quasi quotidianamente, ma c’erano troppi denominatori in quell’occasione: Chuuya era giù di corda e fuori pioveva.
Già solo svegliarsi con la pioggia aveva fatto suonare un campanello d’allarme nella mente di Dazai, che giurava di aver udito anche qualche tuono nel dormiveglia prima di alzarsi, ma non era riuscito a rintracciare Chuuya.
Il rosso era adesso rannicchiato su una delle poltroncine vicino alla scrivania quando normalmente si appropriava del divano nella sua interezza quasi fosse solo suo. Voleva stargli vicino il più possibile, le poltrone per questo erano la scelta migliore, e sembrava volersi fare tanto piccolo da sparire contro il cuscino dello schienale.
Chuuya non aveva parlato, non gli aveva rimproverato il fatto che fosse seduto alla scrivania per “grattarsi” un luogo un po’ volgare del corpo che però a Dazai era mancato sentire quel giorno: erano abitudinari e come due gatti si riconfermavano costantemente la propria routine.
Certo, entrambi apprezzavano una piacevole ventata d’aria fresca, che di solito corrispondeva ad una nuova e fantasiosa volgarità da parte di Chuuya, ma lo stesso rosso giù di corda non era affatto un cambiamento piacevole.
Dazai lo aveva osservato diverse volte.
L’ultima battuta di Chuuya era stato un pigro “posso stare qui?”
L’aveva pronunciata quasi mezz’ora prima. Troppo sottomesso. La situazione era più grave del solito.
Alzò lo sguardo ancora e lo vide con gli occhi azzurri e vacui fissi sulle goccioline che correvano sulla finestra.
Dovevano essere una pugnalata per lui.
Quando pioveva Chuuya era sempre più nervoso ed irrequieto del solito. Con gli anni era divenuto anche pensieroso e triste, ma almeno era stata smentita la sua infondata convinzione che nessuno se ne accorgesse.
Se cercava Dazai era proprio perché sapeva di non dovergli dare spiegazioni ogni volta, che era “così e basta” e che se gli si doveva concedere l’incapacità di reagire, voleva fosse in quelle particolari occasioni.
Dazai era riuscito a farsi spiegare a stralci cos’era accaduto, collezionando frammenti di informazioni quasi fossero un puzzle. Il riassunto ultimo era giunto da un Chuuya ubriaco durante una notte piovosa, che si era messo a raccontargli la storia della propria vita senza che nemmeno Dazai lo avesse chiesto.
Era ciò che voleva però, quindi era stata una fortuna.
Quando Kouyou lo aveva trovato, Chuuya era sotto un acquazzone scrosciante, zuppo e infreddolito. Il solo immaginare quella scena faceva sempre stringere il cuore di Dazai in una morsa di ferro. L’ultimo giorno che Chuuya aveva trascorso solo, pioveva; sarebbe forse dovuta essere la giornata più felice della sua vita essendo stato salvato, ma rimaneva anche il suo picco di tristezza e di solitudine.
Chissà quanti altri giorni così aveva vissuto e chissà quanto si sforzasse di non parlarne pur avendone bisogno.
Ogni volta che pioveva si sentiva ancora così.
Dazai lo vide alzarsi e raggiungere il vetro.
« Chuuya », lo chiamò, la voce ferma.
« Mh? »
« Basta. »
« Non sto facendo nulla », rispose il ragazzo, sorpreso come se non sapesse di cosa Dazai stesse parlando.
« Stai pensando da ore », gli fece notare. « Non sono certo che il tuo cervello possa sostenere tutto questo. »
Fu il primo momento della giornata in cui Chuuya si voltò verso Dazai con gli occhi infiammati di risoluzione.
« Ascoltami…! »
Prima che potesse continuare però si ritrovò Dazai alle spalle, le braccia avvinte intorno ai suoi fianchi e il mento sulla sua spalla.
« Basta… » ripeté Dazai, ondeggiando piano quasi volesse cullarlo come se fosse un bambino.
« Non serve che tu lo ripeta, ho capito… »
« Lo so, ma non mi hai ascoltato. »
« Non è così facile… » brontolò Chuuya, rilassando la schiena contro il petto di Dazai.
« Per questo sei venuto qui. »
Dazai non lo aveva detto per rimarcare la propria importanza, né per sottolineare una qualche propria bravura nel distrarlo: era un dato di fatto.
Chuuya si ritrovò ad annuire sommessamente prima di sospirare. Era davvero lì per questo, perché Dazai provasse a renderglielo facile.
« Ti ricordi quella volta in cui siamo usciti sotto la pioggia e tu sei caduto in una pozzanghera? »
Il rosso non capì subito il nesso con quell’improvviso ricordo. Si voltò appena verso Dazai.
« Anche tu ci sei caduto. »
« Mi ci hai trascinato tu. »
Non era riuscito a raccontarla come voleva, come un vincitore.
Chuuya appoggiò la nuca sulla spalla di Dazai, voltandosi appena.
« Quindi? »
« Eri arrabbiato quel giorno, per questo siamo usciti. Ti ricordi che pioveva? »
Chuuya iniziò ad aver più chiaro dove volesse arrivare Dazai. Puntò gli occhi castani nei suoi.
« Mi ero accorto che qualcosa non andava. Per questo sono uscito. »
Le sue guance si erano imporporate? Chuuya sperava vivamente di no.
Distolse lo sguardo.
« Dazai… » lo chiamò, senza sapere davvero cosa dire. « Io… credo di averlo saputo. »
Lo aveva saputo dopo, gli anni avevano instillato in lui il dubbio e aveva capito, senza mai trovare il coraggio di chiedere.
Dazai sorrise.
« Però siamo cresciuti, non ho intenzione di portarti a saltare nelle pozzanghere anche oggi per distrarti! »
Era bastato quel piccolo cambio di programma che li aveva visti entrambi inzaccherati perché Chuuya si sentisse abbastanza bene da voler ridere.
« Basterebbe del vino rosso », scherzò Chuuya.
« Preferiresti del vino rosso a me? »
Silenzio.
« No », rispose Chuuya scuotendo la testa.
Fu inaspettato per entrambi.
« Chuuya! Hai detto che mi preferisci al vino? »
« Sta zitto, non farmene pentire! »
Chuuya si rivoltò nella sua presa, iniziando a pizzicare qualsiasi lembo di pelle fosse a sua disposizione.
Aveva dato le spalle alla pioggia e si era scordato fosse lì senza nemmeno accorgersene.
Se Dazai poteva risolvere il problema tenendolo stretto a sé allora non si sarebbe tirato indietro.
Quel piovoso pomeriggio estivo non faceva più paura a Chuuya.
   
 
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