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Autore: PrincessintheNorth    22/02/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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RYAN
 
 
 
Almeno ero riuscito a ferirla. Con tutte le guardie che aveva intorno, oltre che quei due draghi a fissarla, non ero riuscito a fare molto di più.
L’importante era quello: farle capire che saremmo potuti sempre, sempre arrivare a lei. Il fatto che fosse sposata non cambiava le cose, in fondo il matrimonio era solo un pezzo di carta.
Ricordare a lei e alla famiglia di usurpatori che ora sedeva sul trono di Winterhaal che la loro preziosa figlia non era poi così intoccabile, questo era l’obiettivo.
Ero riuscito a provocarle una ferita sanguinante alla guancia, oltre che reperire un’informazione che Lord Grasvard avrebbe di sicuro trovato pregevole ai nostri fini: la giovane, che una volta debitamente ucciso il marito sarebbe andata in sposa a lui, aspettava un figlio.
Non di molto, certo, ma era difficile non notare il leggero gonfiore del suo ventre.
Al mio Signore, questo bambino avrebbe dato scomodi: doveva essere eliminato, anche prima del Cavaliere.
Se fossi riuscito a notare prima il suo stato interessante, sarebbe stato lì che l’avrei colpita, in modo da uccidere il bambino ma non lei: purtroppo, avevo realizzato della sua gravidanza solo durante la fuga, mentre ripercorrevo i passaggi dell’attentato.
-     NON CI SFUGGIRAI!
Una risata selvaggia mi raggiunse, e imprecai tra me e me.
Quelle voci erano perfettamente riconoscibili: il re mi aveva scatenato contro i suoi mastini, ovvero fratello e sorella.
Non il maritino della bambina? Curioso.
Per un attimo, un’ombra oscurò il sole, e questa volta mi sfuggì una bestemmia.
La ragazzina cavalcava il suo drago. Mi sarebbe stato molto più difficile sfuggire, in questo modo, ma lei non aveva considerato un particolare: non poteva atterrare in mezzo agli alberi.
Raggiunsi in fretta uno dei principali ingressi ai passaggi segreti, che mi avrebbe consentito di fuggire da lì indisturbato, sparendo nel nulla e facendo fessi i due Shepherd.
Quanto mi sbagliavo.
Avevo calcolato erroneamente la distanza che mi separava dal Generale: e avevo, in torto, ritenuto che la ragazzina non potesse atterrare.
Lui arrivò nello stesso momento in cui lei, con grazia, saltava giù dal drago, di ramo in ramo, fino ad arrivare da me.
Insieme a lei, il cugino, Sìgurd.
Merda, pensai.
Se inizialmente credevo di avere una chance di fuggire, ora dovevo ricredermi.
Sconfiggerne uno, potevo farcela. Anche due, dato che lei era debole.
Ma tre …
Non avevo nemmeno un’arma magica, solo spada e pugnale, nient’altro.
A quel punto, non potei far altro che voltarmi e guardare i volti dei miei avversari.
Sui loro visi era dipinto un identico ghigno feroce, quello di un lupo che si trova davanti un agnello. O, per costruire un paragone più calzante, un drago che trova una pecora di fronte a sé.
Il più grande, Alexander, montava uno stallone nero, palesemente nato per la guerra, e dello stesso colore aveva i capelli, in contrasto con gli occhi blu scuro: completamente l’opposto di sua sorella, dai capelli biondo scuro, con qualche riflesso ramato, e gli occhi di un nocciola caldo, e di suo cugino, dagli occhi azzurri e i capelli biondi, tenuti lunghi e intrecciati.
Lei non indossava i tipici abiti con cui la vedevo a Lionsgate: invece del vestito blu dai ricami argento che amava mettersi, vestiva dei pantaloni di pelle neri, con stivali dello stesso colore alti fino al ginocchio: una cotta di maglia leggera, sprovvista di maniche, adatta ad una donna, era coperta da una casacca imbottita. Dal fianco, in un fodero violetto, pendeva la sua spada: potevo notare l’elsa di un pugnale spuntare da uno degli stivali e il luccichio della lama di un altro fare capolino dalla manica della giacca.
Oltre che, certo, il bagliore blu scuro intorno alla sua mano.
Non che gli uomini che l’accompagnavano fossero meno armati di lei: entrambi indossavano pezzi d’armatura, e se il cugino aveva sguainata una lama dalla punta leggermente ricurva, simile a quella che usavano i pirati, il fratello aveva già incoccato una freccia dall’impennaggio verde sull’arco intarsiato.
-     Guarda un po’ chi si rivede. – sogghignò lei. L’espressione sul suo volto … non mi era mai capitato di provare una paura del genere, e l’idea che fosse una donna a provocarmela era rivoltante.
-     Hai deciso di concederti, ragazzina?! – ridacchiai. Non potevo, in fin dei conti, farmi mettere i piedi in testa da una bambina.
E poi, se dovevo morire, che lo facessi con onore. Di certo non ero pentito delle mie azioni.
Fu per questo che la freccia che mi ferì di striscio il braccio, poco dopo, mi provocò più una risata che dolore.
E che senso aveva piangere e strillare, se di lì a poco sarei finito sotto terra?
-     Attento a come parli, cane. – sibilò Alexander. – E non permetterti di usare quei toni con mia sorella.
-     Chi, la troietta di Lionsgate?
-     Il Comandante della Marina. – ringhiò Sìgurd.
-     Ragazzi, calma. – rise Katherine. Era una risata malvagia. – Vale la pena fomentarsi per le parole di un idiota?
-     Vale la pena proteggere una puttana?! – riattaccai.
-     Modera il linguaggio, non ti si può sentire. – sospirò, muovendo pigramente la mano.
Provai ad insultarla, a dirle qualunque cosa di offensivo, ma le parole che intendevo usare mi rimasero bloccate in gola.
-     Mi toglierai la libertà di parola come ad un animale, dunque?! – urlai.
Inizialmente, strinse gli occhi. Poi l’espressione le si aprì in un ghigno perverso.
 
 
 
 
 
 
 
 
ALEC
 
 
L’avevamo preso, alla fine, il bastardo che si era permesso di attaccare me e Katie.
Dopo la lite avvenuta tra lei e Audrey, era successo il finimondo: Katherine aveva avuto una perdita di magia, era fuggita e, a quanto Murtagh mi aveva detto, aveva cercato di far sì che lui accettasse di prendersi cura del bimbo in esclusiva. Audrey, invece, era miracolosamente rinsavita e si era pentita talmente tanto di tutto ciò che le aveva detto, in faccia e alle spalle, da fare esattamente come lei: mollarmi Annabeth e scappare.
Murtagh sapeva più di mia figlia di me, quindi avevo preso l’abitudine, oramai, di chiamarlo per ogni cosa: non ero ancora riuscito ad andare a recuperare mia moglie, perché Annabeth protestava se la lasciavo dai suoi nonni per cinque minuti. Con Murtagh ci stava più volentieri, e adorava il fatto che ora fosse ufficialmente suo zio (ogni sera mi raccontava per filo e per segno della loro avventura a Ilirea, con tutti i dettagli della sua amichetta Ismira e di suo padre, Roran Fortemartello, il cugino di Murtagh), ma non più di mezz’ora. Ad Audrey, comunque, avevo scritto, anche se ero piuttosto sicuro che la lettera non le fosse ancora arrivata.
Quel mattino, Murtagh era dovuto andare a fare una ricognizione, e a quanto aveva detto a Katherine, aveva trovato un gruppo di soldati nemici e li stava inseguendo: ovviamente, lei era scoppiata in lacrime dalla paura (uno dei tanti effetti della gravidanza che ancora si ostinava a celare), e l’avevo accompagnata in città, per una passeggiata che speravo l’avrebbe tranquillizzata.
E quel sicario ci aveva attaccati.
Era stato più l’inseguimento che la passeggiata a “calmare” Katie: dalle lacrime, era passata ad una furia tremenda e silenziosa, per cui avevo capito che conosceva l’uomo che l’aveva ferita.
Non mi ci era voluto niente a contattare Murtagh con la mente e mostrargli l’immagine dell’uomo: la sua prima reazione era stata l’odio, e mi aveva spiegato in fretta che era uno degli uomini che avevano umiliato pesantemente Katie mentre questa era rinchiusa a Lionsgate, durante la ribellione. Non ammazzatelo prima che arrivi io, aveva detto.
Ora che avevo davanti quel bastardo, mi era difficile mantenere la promessa fatta.
Aveva rinchiuso e umiliato mia sorella, verso cui sapevo e sentivo di avere una responsabilità pari a quella che avevo verso mia moglie e mia figlia. Era una delle donne della mia famiglia, aspettava mio nipote, e dei, era mia sorella.
Sul viso di Katherine crebbe l’espressione più cattiva che le avessi mai visto.
E seppi che per quel bastardo non stava per arrivare nulla di buono.
Tanta era la voglia di ucciderlo, che mi prudevano le mani: ma avevo fatto una promessa a Murtagh, e non era solo questo.
La vendetta non spettava a me, e in realtà nemmeno a lui, ma a Katherine.
-     Tu, seppur per poco, hai privato me, mia sorella e mia nipote della dignità. O non sei forse tu quello che ha espresso indecenti apprezzamenti sul mio corpo? Che mi ha dato dell’isterica perché volevo che mi fosse detto cosa fosse successo ad Annabeth? Certo che sei tu. – Katie usò una voce dolce e melensa, che fece ancora più paura. – Non dimentico mai un volto, sai? Soprattutto se il suo possessore non è una brava persona.
Perché dovrei concedere ad un animale la possibilità di atteggiarsi ad uomo? Non sarebbe rispettoso verso gli uomini, non credi?
Ti sei fatto grande sulle spalle di due bambine di un anno, facendole soffrire e sfruttando l’affetto che provo per loro per controllarmi, insieme ai tuoi amichetti. Spiegami perché dovrei concederti una morte onorevole. Oh! Aspetta. Mi sono ricordata una cosa. Vedi, amico, io ho degli animali a casa. Un lupo, un cane e un gatto. E tutti e tre mi parlano, capisco cosa vogliono, se hanno fame, se vogliono coccole, cose così. Lasciare che tu comunichi qualcosa a me sarebbe insultare la loro intelligenza, quindi …
Di nuovo, Katherine mosse la mano, e il sicario non poté parlare.
-     Che sta succedendo?
Quasi non mi ero accorto che Murtagh fosse arrivato.
-     Si sta scatenando. – fu tutto ciò che commentai, perché volevo godermi la scena.
Volevo vedere come, finalmente, mia sorella, che per anni era stata tiranneggiata e minacciata da Grasvard e i suoi, si sarebbe vendicata.
E come avrebbe vendicato nostra sorella.
-     Ed è un bene o un male?
-     È la cosa migliore del mondo.
-     Il mio piano originale. – continuò Katherine. – Prevedeva il trasformarti in una lumaca e schiacciarti. Questo prima di ricordarmi quanto io abbia ribrezzo delle lumache, e di quanto io non voglia avere resti di lumaca sugli stivali. Inoltre, sarebbe un insulto alle lumache.
-     Una cimice. – ridacchiò Sìgurd.
-     Mi fanno più schifo delle lumache. Poi dovresti prenderla tu. – gli ricordò. – No, potrei …
-     Katie. – le suggerii. Un’idea brillante mi era saltata alla mente, e sapevo quanto lei l’avrebbe adorata. – Ce l’ho io la soluzione.
Riuscii ad interessarla. – Ebbene?
-     Rimettiamolo alla giustizia di nostro padre. – sogghignai. Sapevo benissimo che, quando a papà veniva toccata la sua famiglia, si trasformava da uomo ragionevole e tollerante ad una belva. – Di certo vorrà squartare l’uomo che ha imprigionato April e BabyKatherine. Inoltre, sarebbe una soluzione legale. Otterresti ciò che vuoi legalmente. Sicuramente papà ti farà scegliere il tipo di pena. A quel punto, lo ammazzerai a mani pulite.
Lo sguardo le si illuminò, e il sorriso perfido sulla sua bocca si allargò ancora di più.
-     Dopotutto. – proseguii, mentre sapevo che il mio sorriso era eco del suo. Quel bastardo aveva separato mia figlia da sua zia, dall’unica figura a cui Annabeth si potesse riferire per avere protezione. E dei, uccidimi Katherine ma non sfiorarmi Annabeth. Sapevo che anche per Katie era lo stesso: avrebbe volentieri dato la sua vita per quella di mia figlia o di nostra sorella. E sapevo quanto avesse odiato che la prigionia, seppur breve, le avesse impedito di esercitare la responsabilità che sentiva verso le piccole.
-     Perché dovremmo abbassarci al suo livello?
 
 
 
Perché, io mi chiedo. Perché.
Ovviamente, doveva essere l’anniversario di matrimonio di mamma e papà.
Ovviamente, dovevano essersi sposati venticinque anni fa.
Ovviamente, dovevano uscire a cena solo loro due: io avevo intenzione di partire per raggiungere Audrey, quella sera (magari chiedendo ad Antares il permesso di cavalcarla per arrivare prima da mia moglie), e lasciare Annabeth ai miei genitori, e invece no. Mi sarei tenuto la nanetta (non che coccolare la mia cucciola mi dispiacesse).
L’unica consolazione?
A Katherine e Murtagh era toccata April, di gran lunga più pestifera di mia figlia.
-     Papi fai le tleccine come lo zio? – mi pregò la mia piccola, facendo la faccina da cucciolo.
-     Ma … amore, io non è che sono molto bravo …
-     E allola mi potti dallo zio Multy che le sa fale?
-     Adesso è con la zia Katie e April, piccola, e la zia deve riposare un po’ …
-     Pecché?
Grande, Alec.
Ottimo fratello.
Katherine doveva riposare perché aspettava un figlio, ma quello era un segreto.
-     Ehm …
-     Pecchè papi? Pecchè?
-     Perché ha sonno, e sicuramente anche tu hai mooooolto sonno, cucciola …
-     Non è velo! Io volio le tlecce!
Purtroppo, o per fortuna, Annabeth aveva preso il carattere di sua madre: era estremamente determinata, e purtroppo, sapeva benissimo come manipolarmi per ottenere ciò che voleva. Audrey aveva ottenuto (seppur temporaneamente) che smettessi di definire mia sorella una nana, e Annabeth ottenne che la portassi da Murtagh per le trecce.
Perciò, la presi in braccio e andai a bussare due porte più in là.
Ma prima di bussare, ascoltai.
April doveva essersi addormentata, perché i due stavano parlando del bambino.
-     … a dei nomi per il bambino.
Falla ridere, ricordai il suggerimento di papà.
Ed ebbi un’idea geniale, più brillante di quella del bosco.
-     KATHERINE ASPETTA UN BAMBINO?! – gridai entrando.
Entrambi, neanche a dirlo, arrossirono come due pomodori maturi, e in un attimo lei tese il braccio verso Murtagh.
-     No, lui! – mentì spudoratamente.
Certo, nana. Un uomo aspetta un bambino.
Tra tutti e tre noi scese un silenzio imbarazzante, mentre lei si rendeva conto di aver detto una stupidaggine grande quanto Winter Manor. O il Tridente, che era più grande.
-     Oh, già … è un maschio, non può … - sussurrò, abbassando il braccio.
Scatenando l’ilarità di tutti.
-     Ma … chi appetta un bimbo papi? – fece Annie.
-     La zia Katie, tesoro. – e ormai Katherine non provò nemmeno a negarlo. – Presto avrai un cuginetto.
-     Una cuginetta. – precisò Murtagh.
-     Incantesimo? – commentai.
-     No, convinzione. – sospirò Katherine. – L’idiota è convinto che sia una bambina, senza aver praticato mezzo incantesimo.
-     L’idiota sarai tu. – fece lui. – Mi hai appena detto che sono … incinto.
-     E che cos’è una cuginetta? – chiese April.
Non ci eravamo nemmeno accorti che si fosse svegliata, e si arrampicò in braccio a Katherine.
-     Vuol dire. – spiegai alle bimbe. – Che la vostra tata avrà un bimbo suo.
Per un po’, le due stettero zitte, fissandosi.
Poi, fecero due gran sorrisoni.
-     OH MA CHE BELLA COSA! – strillarono, iniziando a saltare ovunque.
-     Non dirlo ancora alla mamma e al papà. – mormorò Katie, ma aveva un sorriso dolce a rischiararle il viso.
-     Promesso, BabyKatherine. Ma … aspetta. No, qui abbiamo un problema serio. Se tu sei BabyKatherine, questo, o questa, come diavolo la chiamiamo? BabyBabyComesichiamerà?
-     Magari … - tentò Katherine. – Potreste smettere di chiamare me BabyKatherine …
A quel punto, sia io che Murtagh scoppiammo a ridere.
-     Ma potessi ammazzarvi, a voi due! – imprecò BabyKatherine.
Ma rideva.
   
 
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