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Autore: LeaDarco    22/02/2018    5 recensioni
CAPITOLO 10: La Fortezza Oscura - Parte 3 (compagni: Xigbar, Saïx & Axel)
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Missing Moments su come è nata la ribellione di Marluxia e della sua vita all'interno dell'Organizzazione XIII: ogni capitolo racconterà le missioni del numero XI insieme a un compagno, analizzando il suo rapporto con gli altri membri dell'Organizzazione (in particolare con Larxene)
Genere: Dark, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Larxene, Marluxia, Organizzazione XIII
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza | Contesto: Kingdom Hearts, KH Chain of Memories
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Roulette Russa

(Compagno: Luxord)

 

«Cosa sono disposto a fare per la Perla?» domandò puntandosela alla testa.
Marluxia era pronto a vedere il cervello del capitano spappolato sul bancone.
«Per la Perla farei di tutto!».

 

«Tortuga!» esclamò Luxord appoggiando la mano sulla spalla di Marluxia. «Puoi abbassarti il cappuccio, caro mio. Qui nessuno ti direbbe niente anche se andassi in giro con la tua bella falce».

E non aveva torto. Quella città sembrava il posto giusto per chiunque volesse passare inosservato. Uomini che ballavano in mezzo alla strada, musica dai locali gremiti fino a scoppiare, prostitute abbracciate alla peggiore feccia che avesse mai visto. Tutti completamente ubriachi.

«Tortuga?» domandò Marluxia sconvolto da quel caos.

«Tortuga» ripeté Luxord assaporando ogni lettera di quella parola. «Se non venissi qui almeno una volta a settimana, mi sarei già sparato» concluse con un mezzo sorriso.

Marluxia notò che il compagno si faceva strada tra la folla con grande tranquillità, ogni tanto salutava qualcuno con un cenno del capo; una rissa scoppiò proprio davanti a loro e Luxord la superò senza neanche farci caso.

«Siamo quasi arrivati» disse puntando un edificio che traboccava di gente (anche i balconi sembravano vomitare persone).

Una volta superata la fiumana che entrava e usciva, Marluxia si concentrò sulla luce calda di quella bettola cercando di respirare. Luxord aveva ragione: in quel posto nessuno sembrava accorgersi di nessuno, neanche il guercio che serviva birra in fondo alla sala.

Il compagno gli cinse il braccio attorno al collo e Marluxia si sentì trascinato fino al bancone.

«Mastro Luxord!» urlò di gioia il guercio.

«Gull!» rispose lui con un sorriso.

«Qual buon vento?»

«Il solito vento, caro mio». Luxord si sedette al bancone e fece cenno a Marluxia di fare lo stesso.

«Ti vedo stanco» scherzò l’uomo. «Ti do un po’ d’acqua?».

Entrambi scoppiarono a ridere e Marluxia li guardò senza capire; Luxord cercò allora di ricomporsi.

«Ecco il nostro programma» si massaggiò la barba. «Due bicchieri di rum, tanto per cominciare, e appena il mio bicchiere è quasi vuoto ce ne dai altri due, e poi ancora due ogni cinque minuti, finché uno dei due non perde i sensi».

«Ottimo piano» rise il guercio.

«Per me niente» fece Marluxia.

Luxord gli lanciò un’occhiata divertita. «È il suo primo giorno a Tortuga. Diamogli tempo».

Il guercio annuì mostrando i denti marci e si allontanò verso le cantine.

«Allora» cominciò Luxord. «Dimmi un po’… come ci sei finito dentro?».

«Intendi l’Organizzazione?». Marluxia ci penso su. «Xigbar. Mi ha trovato lui».

«Non intendevo quello».

«E cosa intendevi allora?».

Luxord rise. «Come hai perso il cuore?».

Il guercio sbatté tre tumbler bassi sul bancone e li riempì fino all’orlo di rum; poi ne afferrò uno, Luxord fece lo stesso. Marluxia esitò ma infine eseguì il gesto come gli altri due.

«Al cuore!» brindò il numero X guardando il suo compagno.

Marluxia esitò, poi abbozzò un mezzo sorriso. «Al cuore!».

Il guercio sembrò non capire, non che gli importasse, quindi trangugiò in un sorso il rum e tornò al suo lavoro.

«Allora?» domandò Luxord dopo aver bevuto. «Come è successo?».

«È una lunga storia» tagliò corto Marluxia .

«Che immagino tu non abbia voglia di raccontare». Luxord giocava con il suo bicchiere. «Non sei uno che parla molto, vero?».

«Solo quando è necessario».

«Pensa che noia» sbuffò, poi qualcosa attirò la sua attenzione e si fece subito serio. «Il pirata è qui».

Marluxia si accorse della figura che si avvicinava a loro: camminava storto, come se scivolasse sui suoi stessi passi. «Lo vedo» disse.

«Bene» fece Luxord. «Adesso lascia parlare me».

 

L’uomo, un pirata travestito da galantuomo, sosteneva di aver perso la sua nave per colpa di un ammutinamento. Una versione drammatica quanto ridicola.

«So già la tua storia, Sparrow». commentò Luxord finendo il sesto bicchiere. «So tutto quello che c’è da sapere sulla Perla. Anche quello che tu vorresti sapere».

«E immagino che per saperlo, io debba darti la mappa per la serratura» l’uomo riusciva a puzzare di rum anche senza aver bevuto. «Corretto?».

Luxord annuì.

«E ditemi» continuò Sparrow fissandoli entrambi. «Perché v’interessa così tanto questa serratura?».

Nessuno dei due seppe cosa dire e il frastuono della gente fu l’unica risposta.

«Lavorate per qualcuno che non vi dice nemmeno che cosa state cercando». Sparrow si toccò i lunghi baffi e accennò un sorriso. «Cosa siete, seppie di mare… semplici molluschi?».

«Ci stai facendo perdere tempo» s’intromise Marluxia. «Facciamo questo scambio o no?».

Sparrow prese in mano il suo tumbler e finì il rum. «Capitan Barbossa e la sua ciurma d’imbecilli salpano da Isla de Muerta. Quindi, mio caro mastro quel che sia, non ho bisogno del tuo aiuto. So già tutto ciò che c’è da sapere sulla Perla, comprendi?».

Il guercio versò altro rum nel bicchiere di Luxord che adesso fissava Sparrow divertito. «Facciamo un altro brindisi» disse con tono solenne. «Anche tu, Marluxia». Levò in alto il bicchiere, senza staccare lo sguardo dal capitano. «A Bill Turner!». E mandò giù tutto d’un sorso.

Quel nome sembrò congelare il corpo Sparrow e l’aria intorno a loro; il capitano non riuscì neanche a portare il bicchiere alle labbra. «Come conosci Sputafuoco?».

Adesso era Luxord a condurre il gioco. «Dammi quello che voglio e ti dirò tutto quello che so su Sputafuoco Bill Turner… e su suo figlio William».

Ci fu un lungo silenzio, un tempo indeterminato in cui entrambi studiarono la reazione di Sparrow; poi quel nome sembrò scivolargli addosso, si aggiustò il cappello e tornò sul rum. «Continuo a non credervi».

«Ti piace giocare eh» Luxord rise e tirò fuori una rivoltella e un proiettile dal suo cappotto. Che diavolo aveva in mente?

Sparrow lo guardò divertito. «Figliolo, spararmi non ti dirà dove si trova la serratura».

«Conosci la roulette russa?» domandò il numero X caricando l’arma. «È un gioco piuttosto semplice: infili i proiettili in una pistola, non importa quanti, l’importante è che ci sia sempre una camera vuota. Poi ruoti il tamburo… e te la punti alla testa».

«E poi?».

«E poi, amico mio… premi il grilletto».

«Perché dovrei giocare a una cosa così stupida?» domandò Sparrow.

Luxord fece ruotare il tamburo della pistola e se la puntò alla testa. «La verità è come un gioco, Sparrow. Più valore dai al tuo piatto, più le tue parole saranno sincere. Ecco cosa sono disposto a fare per farti credere alle mie parole».

Ci fu un lungo silenzio.

«E tu, invece. Cosa sei disposto a fare per riavere la tua Perla?».

CLICK!

Non ci fu nessuno scoppio e Luxord poggiò la pistola sul tavolo con un sorriso. Lo sguardo di Sparrow era indecifrabile, fece un respiro profondo e afferrò l’arma con cautela.

«Cosa sono disposto a fare per la Perla?» domandò puntandosela alla testa.

Marluxia era pronto a vedere il cervello del capitano spappolato sul bancone.

«Per la Perla farei di tutto!».

CLICK!

Sparrow sorrise mostrando i denti d’oro.

«Tocca a te» disse passando l’arma a Luxord.

Il numero X fece girare di nuovo il tamburo e preparò la pistola. «Passami il rum» disse al compagno.

Fece per passargli il bicchiere ma Luxord lo fermò.

«Dammi la bottiglia» disse. «Se proprio devo morire, voglio essere completamente ubriaco» rise, e solo in quel momento il numero XI si accorse che tutta la bettola si era fermata a guardarli; afferrò la bottiglia dal bancone e la passò a Luxord che se ne scolò metà.

«Perché lo fai?» domandò Marluxia.

Il compagno lo guardò, si puntò la pistola alla testa e fece un lungo respiro.

CLICK!

La camera di scoppio era vuota; gli occhi azzurri gli brillarono. «Ognuno fa quel che può, amico mio».

Fu il turno di Sparrow che afferrò l’arma, chiuse gli occhi e se la puntò alla testa; la mano gli tremava e Marluxia avvertì un brutto presagio: qualcosa gli diceva che quel colpo sarebbe stato l’ultimo.

«Perché vuoi così tanto quella nave?» chiese Luxord all’improvviso.

Sparrow riaprì gli occhi, spiazzato da quella domanda. «Perché la voglio?».

Marluxia intuì che la mente del capitano stava viaggiando attraverso la sua memoria fino a un punto preciso del passato. Se il proiettile lo avesse trafitto adesso, sarebbe uscito dal cranio trascinando come una cometa la sua coda di ricordi e speranze, senza lasciargli tempo per ricordare altro, cose molto più importanti di quello specifico momento che adesso si era fermato lì, al centro del suo cervello, nitido e immobile come una fotografia.

Mostrò i denti d’oro e guardò Luxord, pronto a fare la sua mossa. «Perché la Perla mi ha salvato la vita». Per un attimo il battito del suo cuore fu così forte e vivo che si sarebbe percepito anche in mezzo a una tempesta.

Poi prese la pistola.

Puntò la sua testa.

Sorrise.

E sparò.

BOOM!

Fu un attimo, un movimento impercettibile, una carta era volata dalla mano di Luxord e aveva colpito la pistola che cadendo a terra aveva fatto partire il proiettile, seccando un vecchio specchio in fondo alla sala. Nessuno, eccetto Marluxia, si era accorto di niente.

Tutta la bettola guardava Sparrow in silenzio, sorpresi che fosse ancora in vita; poi Luxord afferrò la sua carta e la girò: sopra c’era scritto William Turner e il nome di una città, Port Royal.

«Lì troverai il figlio di Sputafuoco Bill, la chiave per ottenere quello che vuoi».

Sparrow afferrò la carta e sorrise, poi dal suo cappotto tirò fuori la mappa.

«Ecco il tuo premio» disse. «Hai vinto!».

Luxord la prese e si voltò verso Marluxia. «Mi dai una mano?» domandò esausto. «Sono completamente ubriaco».

Marluxia lo afferrò per una spalla e fece strada verso l’uscita.

«Perché lo hai salvato?» gli domandò una volta fuori dalla bettola.

Luxord gli lanciò un’occhiata. «E tu perché hai salvato Larxene?».

Il numero XI restò in silenzio poi con la mano aprì un corridoio oscuro.

«Ah» fece Luxord trattenendo una risata amara. «Se te lo stavi chiedendo, è così che ho perso il cuore».

 

 

 

   
 
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