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Autore: Insicura    23/02/2018    3 recensioni
Sono sempre stata interessata alla vita che potrebbe aver avuto la figlia di Christian Grey e voi? Ecco a voi una fanfiction che parla della vita della 18enne Phoebe Grey! Check it out
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Phoebe Grey
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Cerco di sbollire la rabbia, ma proprio non riesco, ho bisogno di uscire. Mi metto un paio di leggins, una maglia, una felpa e le scarpe da ginnastica, prendo le cuffiette e scendo le scale. Metto un piede nell’ascensore, ma arriva mio padre “Dove credi di andare?”, “Voglio andare a correre.”, li sembra abbastanza infastidito “Forse prima non ci siamo capiti: non puoi uscire senza il mio consenso. Se vuoi andare a correre, devi venirmelo a dire prima e inoltre deve venire con te anche Sawyer.” Oh bene, ci mancava solo la guardia del corpo, alzo gli occhi al cielo. “Quindi vai a correre, ma devi tornare presto, alle 19 partiamo per andare a casa dei nonni.”, non rispondo, aspetto che Sawyer arrivi e poi esco dall’appartamento. Dopo la corsa mi sento molto meglio, ho sbollito tutta la rabbia che tenevo dentro. Mi faccio una doccia e inizio a prepararmi controvoglia per quel cavolo di ballo di beneficenza: lo scopo era nobile, nulla da dire, ma le persone a quel tipo di party sono troppo come mio padre. Mentre sono in accappatoio, qualcuno bussa alla porta. “Chi è?” “ Sono Theodore, posso entrare?” “Si si entra pure”. Io e mio fratello non abbiamo mai avuto chissà che rapporti, ma mi avrebbe faceva piacere comunque vederlo. “Ciao Teddy come stai?” esordisco io, “bene e sarei stato meglio se non avessi fatto incazzare papà.” “ Non iniziare anche tu Teddy, poi tu non puoi capire, sei sempre stato il figlio perfetto della famiglia.” “ Perfetto, perché non mi sono mai fatto scoprire” dice lui, facendomi l’occhiolino. Sto scoprendo lati nascosti del mio fratellone. “Mi dispiace che non siamo molto legati, Phoebe, ma dato che tu adesso vivi qui,potremmo legare sicuramente di più.” “Si, hai ragione Teddy, anche io voglio costruire un rapporto più forte con te”. Ci abbracciamo, era da un’eternità che non ci abbracciavamo più, qualcosa di positivo è successo in questa giornata. Dopo che Teddy era andato a prepararsi, cerco di decidere cosa mettermi, mio padre mi aveva comprato una quantità sproporzionata di vestiti, quando li avrei dovuti mettere non lo so, ma contento lui, contenti tutti. Alle 19.00 scendo in salotto, con un vestito lungo nero, con tutta la schiena scoperta e un paio di Jimmy Choo anche queste nere, mi padre e mio fratello mi guardano, ma non riesco a decifrare i loro sguardi. “Dato che siamo tutti pronti possiamo andare” dice mio padre. Il ballo stava procedendo e io stavo per prendere sonno, non c’era nemmeno mia zia Mia a rallegrarmi la serata, era ancora a Parigi. Decido di andare a farmi un giro per il parco, stranamente mio padre non ha nulla da ridire. Da piccola mi piaceva tantissimo passeggiare per il parco e andare nella casetta della piscina ancora di più e anche stasera questa è la mia metà, non appena varco la soglia sento un schiamazzi e urla, chi sarà mai, penso fra me e me. “Phoebe, ma sei tu!!” mi dice una voce maschile, mi ci vuole un po’ per riconoscerla, ma appena vedo anche il volto urlo “ Logan, da quanto tempo! Non sapevo ci saresti stato anche tu stasera!”. Logan era un mio amico d’infanzia, passavamo un sacco di tempo insieme da piccoli. Lui è il classico ragazzo di buona famiglia, che sapendo di aver i soldi e le spalle coperte, non si impegna seriamente in nulla. “Cosa ci fai qui? Credevo studiassi a Portland.” “D’ora in poi studierò qui a Seattle e continuerò a vivere con mio padre” dico io con un tono rassegnato, “hai fatto incazzare il paparino?” chiede lui con fare strafottente, io gli faccio una smorfia. “Non ti ho nemmeno presentato i miei amici, loro sono: Matthew, George, Sam e Ryan.” mi dice indicandomi i quattro ragazzi seduti a bordo piscina. “Piacere, io sono Phoebe” dico io. “I tuoi nonni sanno organizzare proprio delle belle feste” dice Matthew, io con una facci un po’ annoiata replico: “Allora significa che non siete mai andati ad una vera festa”, “O forse tu non sai dove trovare il divertimento in queste feste Phoebe” dice subito Logan tirando fuori una pregiata bottiglia di Champagne, presa dal bar della festa. “Sono sbalordita, credevo che voi figli di papà non sapeste divertirvi, invece un po’ ci sapete fare” dico io ridendo. “Phoebe” sento una voce alle mie spalle, è Teddy, “ stiamo per andare, ti conviene venire con me” dice mio fratello con un tono eccessivamente serio. Senza dire nulla vado con lui. “Non ho fatto nulla di male Teddy, li ho incontrati per caso!”, mi guarda cona aria interrogativa e dice “Mi fido di te Phoebe, ma non di quei ragazzi.” Lascio perdere, non ho voglia di approfondire il discorso. Mio padre ci sta aspettando alle macchine, saliamo e torniamo a casa, tutto sommato non è stata una brutta serata. Dopo essermi struccata e messa in pigiama decido che è arrivato il momento di parlare con Luca, ci eravamo scambiati un po’ di messaggi, ma avevo bisogno di parlargli a voce. “Pronto” mi risponde al secondo squillo, “Ehi, scusami per l’altra sera, non volevo che finisse così” “Nemmeno io volevo finisse così, mi manchi già Phoebe” “Anche tu” dopo un attimo di pausa dico “Quando torni a Firenze?” “Sono in aeroporto, sto partendo adesso, devo tornare per il lavoro… Ma tu non appena puoi vieni a trovarmi vero?” “ Se potessi prenderei un aereo con te stasera, ma sono agli arresti domiciliari per quello che è successo l’altra sera e se solo mi azzardassi a chiedere di venire in Italia andrebbe a finire male, me lo sento” le prime lacrime iniziano a scendere, voglio rivedere i suoi occhi azzurri, voglio sentirmi rassicurata di nuovo da un suo abbraccio, ma purtroppo non posso. “Ti amo Phoebe.” rimango scioccata, non me lo aveva mai detto, non lo aveva mai detto a nessuno prima d’ora. “Ti amo anche io Luca.” “ Vedrai che sistemeremo la situazione, stai tranquilla.” Quella notte non riuscì a dormire tranquillamente, mi mancava qualcosa, mi mancava lui. Era una domenica mattina grigia a Seattle ed era ancora più grigia a causa della lontananza di Luca e il tutto in più era aggravato dalla mia quasi assenza di libertà. La giornata passò, mio padre a volte mi lanciava ancora delle frecciatine in merito a ciò che era successo venerdì sera; ad un certo punto mi arriva un messaggio di Luca, che mi avvisa di essere atterrato a Firenze e nulla arriva finalmente ora di cena e poi mi ritiro in camera mia, decido di andare a letto presto: domani avrei iniziato i corsi all’università di Seattle e poi avrei passato il resto della giornata nell’ufficio di mio padre.
  
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