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ALLEATI
La
mappa
degli Inferi era aperta e distesa sul grande tavolo della sala dei
ricevimenti.
Tutt’attorno, molti demoni stavano discutendo animatamente.
Keros, seduto
capotavola, fissava quella piantina con aria lievemente smarrita. Le
voci in
quella stanza erano davvero molte e la tensione iniziava a farsi
sentire. La
notizia di un attacco era circolata in fretta e la situazione era
peggiorata.
La città alleata di Sheol era stata colpita da un esercito
ostile e sotto di
esso era caduta. Ora quell’esercito si muoveva in fretta,
diretto verso i
territori della capitale. Non riuscendo a comprendere chi fossero i
nemici, il
principe aveva convocato i diversi reggenti delle città
alleate e conosciute.
Molti avevano risposto a quell'appello e stavano riempiendo la sala dei
ricevimenti. Ci si guardava attorno, cercando di capire chi mancasse.
“Inaudito
un tale attacco” commentava qualcuno.
“Chiunque
sia, lo annienteremo” si aggiungeva qualcun altro.
“Ma
il re
dov'è? In un momento come questo…” si
sentì.
“Signori!”
alzò la voce Asmodeo, in piedi accanto a Keros
“Cerchiamo di darci una
calmata”.
“Direi
di
fare l’appello” propose Azazel.
“Sì”
annuì
il principe “Vediamo chi ha risposto alla nostra adunata e
chi manca”.
“Ho
qui un
paio di risposte da assenti giustificati” continuò
il messaggero, porgendo a
Keros delle lettere.
Il
giovane
lesse con attenzione ed annuì.
“Segnate
già sulla cartina dell’Inferno l'alleanza con chi
ha scritto queste risposte”
ordinò poi “E ora…”.
“Ma
scusate…” interruppe un grosso demone con una
profonda cicatrice su buona parte
del viso “…non sarebbe il caso che a dare ordini
sia il re? Perché devo
obbedire alle parole del più giovane della
stanza?”.
“Il
re è
impegnato in altre faccende" rispose Keros, cercando di nascondere il
suo
fastidio.
“Quali
faccende? Cosa c'è di più importante di
questo?”.
“Non
credo
siano affari tuoi, Mammon” arricciò il naso il
principe.
Il
demone
fece per ribattere ma fortunatamente qualcosa lo distrasse. Lilith
entrò dalla
porta, invitando tutti ad abbassare i toni. Poi informò che
Furcas e Malaphar,
i due demoni guaritori, non erano presenti perché impegnati
a curare i feriti
della battaglia di Sheol.
“Ma
dunque
chi manca?” domandò Zagan, un demone alchimista.
“Iniziamo
a
fare l’appello e…”.
“Scusate
il
ritardo!” interruppe tutti Alukah, piombando nella stanza
“Perdonate, altezza.
Ero in missione nel mondo umano. Sono arrivato il prima
possibile”.
“Stavo
già
per inserirti nell'elenco dei traditori” scherzò
Asmodeo ed Alukah gli mostrò
la lingua.
“Sono
lieto
di vedervi, maestro” sorrise Keros.
“Maestà… Non
sono il vostro maestro da un sacco di tempo!”.
“Sarete
sempre il mio maestro”.
“Siparietto
carino ma ora vediamo chi manca?” si stizzì Hammon
“Se c'è una guerra alle
porte, meglio muoversi. Troviamo di chi è la
colpa!”.
“Sarà
quel
cagacazzi di Samyaza” ipotizzò qualcuno.
“Quel
cagacazzi di Samyaza è seduto qui”
sibilò il demone chiamato in causa.
“Per
favore, non litighiamo” alzò di nuovo la voce
Asmodeo “Iniziamo l’appello”.
Uno
dopo
l’altro, i convocati furono chiamati ad alta voce da Azazel.
Ogni alleato
presente veniva segnato sulla mappa. Si delineavano i confini dei
fedeli
all'impero di Lucifero e si evidenziavano le zone scure, quelle dove
non vi
erano certezze a riguardo. Poi, alla fine, tutti vennero congedati, per
permettere l’organizzazione degli eserciti in vista della
guerra ormai
prossima.
Rimasto
solo con Azazel ed Asmodeo, Keros si concesse qualche sorso di
tè.
“Asmodeo…”
domandò poi “In quanto tempo saremo pronti a
partire per la battaglia?”.
“L'esercito
imperiale è sempre pronto. Lo guiderò in vostra
vece con orgoglio” rispose il
generale.
“Non
ho
bisogno di qualcuno che combatta in mia vece”.
“Con
tutto
il rispetto…. Non accadrà mai che io vi conceda di
andare in guerra”.
“Scusa…?”.
“Se
dovesse
accedervi qualcosa, il re non me lo perdonerebbe mai. E nemmeno io me
lo
perdonerei. Siete ancora molto giovane e…”.
“Ma
lo hai
visto anche tu! Prima gli altri demoni non facevano che esprimere dubbi
sul
fatto che sia io a regnare e prendere decisioni. Come apparirei ai loro
occhi
se dessi inizio ad una guerra e rimanessi qui a far niente? Devo
dimostrare
loro che sono un degno principe!”.
“Comprendo
il vostro discorso ma non conosciamo il nemico. Siamo realisti,
analizziamo per
un attimo i fatti. Escludendo i convocati, i demoni rimasti sono ben
pochi. E
così pochi demoni non possono organizzare
l’esercito che ha attaccato Sheol!
Questo può voler dire che si nascondono dei traditori fra
chi ha giurato
fedeltà. Perciò non so chi mi troverò
davanti in battaglia, non conoscerò
preventivamente i suoi punti deboli e dovrò improvvisare.
Sinceramente, non me
la sento di improvvisare con accanto il figlio del re. Sarebbe un
rischio
troppo elevato”.
“Che
l’esercito sia composto da traditori, da demoni semplici o da
pazzoidi raccolti
per strada, io ho il dovere di combattere per il mio regno. E tu non
potrai
impedirmelo".
“Altezza…”.
“Azazel!
Che
gli alleati comunichino quando in grado di unirsi
all’esercito reale. Prima
risolviamo questo casino e prima potremo tornare ad occuparci di
altro”.
Azazel
subito si apprestò a radunare altri messaggeri per eseguire
gli ordini. Asmodeo
tentò ancora di far ragionare Keros ma invano. Il principe
si era incamminato a
passo svelto lungo il corridoio, ignorandolo.
“Di
che
lingua si tratta?” si sentì chiedere
all’improvviso.
Keros
interruppe di botto il proprio canto, di natura angelica, e vide il suo
servo
sull'uscio della stanza. Era trascorso qualche giorni ed ormai la
battaglia era
alle porte.
“Posso
portarvi un po' di tè?” propose Simadè,
notando come il principe fosse nervoso.
“Non
riuscirei a dormire comunque” ammise Keros, buttandosi in
diagonale sul letto.
“È
comprensibile…”.
“Puoi
pure
ritirarti. Non ho bisogno di altro, per ora”.
L’Incubus
fece per uscire, con un piccolo inchino. Si fermò sulla
porta.
“Signore…portatemi
con voi” esclamò tutto d'un fiato.
“Come…?”.
“Portatemi
con voi. Avrete bisogno di nutrimento, di sangue. Ed io posso essere il
vostro
pasto, quando necessario. Non sono bravo a combattere però
potrei…”.
“Non
sei
mica un cestino da picnic!” lo interruppe il principe
“Qui starai molto meglio,
credimi. Io ci rimarrei volentieri. Ma ho un ruolo ben
preciso…”.
“Vorrei
fare qualcosa. Il vostro regno è anche il mio
regno!”.
“Qui
ci
sono molte cose da poter fare per il regno. Non mi sentirei a mio agio
a sapere
che potresti morire per poter essere la mia
merenda…”.
“Ma…”.
“Se
vuoi…”
inclinò la testa leggermente il mezzodemone
“…puoi essere adesso la mia
merenda. Che ne dici? Posso fare il pieno prima della
partenza…”.
Simadè
sorrise.
“Ne
sarei
lieto” ammise, avvicinandosi al letto.
Keros
si
rigirò, osservando l'Incubus nella sua breve camminata.
Durante la permanenza a
palazzo, aveva smesso di coprirsi il viso, nonostante fosse in parte
deturpato.
Così facendo, i suoi occhi quasi bianchi spiccavano in modo
netto. Il
mezzodemone, a digiuno di sangue da molto tempo, subito lo
afferrò e lo
trascinò verso sé. Affondò i denti e
Simadè si lasciò sfuggire un gemito,
chiudendo gli occhi. Qualche goccia di sangue cadde sulle lenzuola
scure. Keros
sorrise, provando dopo tanto tempo il piacere di sentire il sapore del
sangue
caldo in gola. Il servo, steso a letto, sentì sussurrare il
proprio nome.
Riaprendo le palpebre, vide il volto del suo signore che lo osservava.
Con il
corpo, lo sovrastava.
“Sai…”
ammise Keros, leccandosi le labbra “…hai un ottimo
sapore”.
“Grazie…”.
“Sono
in
astinenza da tante cose, ultimamente…”
mormorò il sanguemisto, sbottonando la
camicia candida e continuando a sorridere “…che
dici? Sazieresti anche altri
miei appetiti?”.
“Io… io…”.
Simadè
balbettò. Era visibilmente arrossito.
“Andiamo!”
rise Keros “Sei un Incubus! La tua natura è quella
di soddisfare carnalmente le
persone!”.
“Lo
so… Ma
voi… siete così…”.
“Così…?”.
“Così
diverso da ogni altro demone con cui ho avuto a che fare. Voi
siete… speciale”.
“Non
immagini quanto…”.
“Posso
baciarvi?”.
“Non
sulle
labbra. Da qualsiasi altra parte, va benissimo”.
Simadè
allora si sollevò leggermente e baciò il petto
scoperto del suo signore. Da
quella posizione, lo aiutò a disfarsi della camicia e lo
strinse fra le
braccia.
“Vi
prego…”
sussurrò il servo “…non permettete alla
guerra di porre fine alla vostra vita”.
“Farò
tutto
il possibile…” rispose Keros, prendendo ancora un
assaggio di sangue.
Le
mani di
Simadè era abili e riuscirono piuttosto in fretta a
spogliare del tutto il
giovane principe. Visibilmente eccitato, il mezzodemone
cercò il contatto con
la pelle morbida dell'Incubus.
“Posso
dedicarvi il mio massaggio speciale?” gli propose il servo,
scivolando con le
labbra lungo il petto ed il busto.
Keros
non
rispose. Si stese a letto, fra i cuscini. La bocca di Simadè
era scesa, donando
baci lungo il suo cammino. Il principe socchiuse gli occhi, gustandosi
una
fellatio eseguita da un esperto del settore. “Ma come possono
gli angeli fare a
meno di certe cose?” si chiese, gemendo per il piacere.
Un
messaggero come Azazel non amava il mondo umano. Non gli interessava
frequentarlo eppure si era sentito in dovere di agire. Una volta
raggiunto il
luogo dove Lucifero se ne stava rintanato, fu subito indeciso se
proferire
parola o meno. Temeva reazioni strane da parte del re, ma alla fine
prese
coraggio.
“Maestà…”
esordì,
e subito venne interrotto da Satana, che lo invitò ad
andarsene.
“Lasciatemi
solo dire quanto segue” insistette Azazel, schiarendosi la
voce “Io non sono
caduto con voi. Non facevo parte del gruppo di fedelissimi, come
Asmodeo o
Furcas. Io sono caduto dopo, assieme a Samyaza e gli altri che lo
seguirono.
Ero un vigilante, sorvegliavo gli esseri umani. Come altri, mi sono
innamorato
di una delle donne dei mortali. Insieme, angeli e femmine umane hanno
avuto dei
figli, i nephilim. Dio ci ha puniti. I nostri figli e le nostre amanti
sono
divenuti polvere, cenere e nulla più. Noi angeli condannati
all'eternità
dell'Inferno. Ricordo il primo giorno da caduto. Ero spaventato,
dolorante,
depresso e furioso. E ricordo che vi ho incontrato. E sapete cosa mi
avete
detto? Che a guardare al passato non si ottiene nulla. Mi avete detto
che ciò
che è stato ormai non si può più
cambiare e che è nel presente che bisogna
concentrare le energie, per creare un glorioso futuro. Queste frasi mi
hanno
sempre fatto andare avanti. Anche quando ho perso la consorte che avevo
agli
inferi, e sono rimasto solo con mia figlia. È stata dura ma
ho sempre cercato
di rialzarmi”.
Lucifero
si
limitò ad agitare un po' la coda.
“Vedervi
così…” continuò Azazel
“…mi fa incazzare. Io comprendo il vostro dolore,
lo
comprendo benissimo. Ma vi ricordo che davanti a voi avete un futuro
che…”.
“Quale
futuro?” sbottò, di colpo, il re
“L’eternità della dannazione? Che
meraviglia.
Che consolazione!”.
“No.
Io
parlo del futuro che creiamo. Delle conseguenze che le nostre azioni
portano su
chi abbiamo al nostro fianco. Sta per iniziare una guerra”.
“Ci
sono
sempre state le guerre”.
“Vostro
figlio Keros combatterà. In vostra vece. Abbiamo tentato di
farlo ragionare, di
farlo desistere. Ma è testardo, proprio come voi.
Ora… Se avete intenzione di
rimanere lì seduto per i prossimi millenni, sono cazzi
vostri. Però, vi
supplico: non permettete a quel ragazzo di prendere parte ad
un conflitto
dall'esito incerto. Non vi importa più di niente e nessuno?
Sono certo che per
Keros fareste qualsiasi cosa. Fratello… Non permettere che
muoia!”.
Azazel
attese qualche istante di ricevere una risposta, o perlomeno di notare
una
reazione. Lucifero non si mosse.
“Ora
devo
andare…” mormorò il messaggero
“…sarò sempre l'araldo della famiglia
reale. Il
principe mi aspetta…”.
Circondato
da altri demoni alleati, Keros era fieramente in groppa alla propria
creatura.
Da quando l'aveva vista uscire dall’uovo, era trascorso molto
tempo. Ora,
bardata con nastri e pezzi d'armatura, era pronta alla sua prima
battaglia
importante.
“Non
avere
paura…” sussurrò il padrone alla
propria bestia.
In
realtà,
probabilmente, Keros era molto più spaventato di lei. Non
era mai stato in
mezzo ad una grande guerra, ne aveva solo sentito parlare. Per qualche
istante,
si chiese chi poteva mai pregare una creatura come lui. Di certo Dio
non lo
avrebbe ascoltato. Eppure desiderava tanto pregare, affinché
tutto si rivelasse
solo un incubo. Sapeva di non poter mostrare simili debolezze,
perciò mascherò
i suoi timori dietro ad un ghigno beffardo.
“Attendiamo
ordini, altezza” si sentì dire.
Asmodeo,
in
armatura color del sangue, incuteva di certo molta paura. Keros
alzò lo
sguardo, osservando la bandiera con il sigillo reale che sventolava. La
battaglia stava per iniziare, fra rocce e spuntoni di una valle
disabitata.
“Mettiamo
fine a tutto questo” scandì il principe,
osservando i nemici “Distruggiamo i
sovversivi. Che fra loro non resti nemmeno un superstite!”.