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Autore: Kia_1981    23/02/2018    1 recensioni
Megan sta ancora aspettando una risposta all'invito che aveva rivolto a Julian. Nel frattempo strani sogni disturbano il suo sonno e la spingono ad interrogarsi su questioni che preferirebbe non considerare.
Dal testo:
“Scegli pure quello che preferisci”, riuscì a dire dopo interminabili momenti di lotta interiore per mantenere un certo autocontrollo. “Ho preso quelli che stavano sfornando: sono con le scaglie di cioccolato oppure con i baci”
Megan sgranò gli occhi, fissandolo con un’espressione stranita finché Julian realizzò cosa avesse appena detto.
“Le noci. Volevo dire le noci”
Buona lettura!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eloise Weiss, Julian Lord, Megan Linnet, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Camminare fino alla pasticceria dove si erano date appuntamento per la colazione, aiutò Megan a ricomporsi e a provare a dimenticare quello che aveva sognato. Un figlio da Julian. Che assurdità. Relegò quel ricordo in un angolo dei suoi pensieri, dove (si augurava) non le avrebbe dato fastidio.


“Meg!” La chiamò Eloise che la stava aspettando sulla porta del locale in compagnia di uno studente che ricordava di aver visto ma che non conosceva personalmente. Il sorriso dell’amica le fece intuire che quella lacuna sarebbe stata colmata di lì a poco e questo mise la dottoressa di cattivo umore. Non capiva perché dovesse sempre esserci qualche terzo incomodo a rovinare i suoi programmi.

“Megan, ti posso presentare il conte Eirik Von Mayr?”, esordì Eloise. “Studia legge ad Aldenor ed è qui in visita. Suo padre è uno dei nostri ambasciatori”.

“Per la verità quella in legge è la mia seconda laurea”, precisò l’altro con orgoglio, inchinandosi alla nuova arrivata per poi esibirsi in un elegante baciamano. Megan non lo degnò di uno sguardo, rivolgendo un’occhiata indispettita alla principessa.

“Credevo saremmo state sole”, le fece notare.

Il nuovo arrivato la guardò, vagamente allarmato dal tono irritato con cui la giovane si era espressa.

“Vostra Altezza, credo che vi precederò per far preparare un tavolo”, annunciò dileguandosi all’interno del locale.

“Ti prego, Megan. Axel me l’ha messo alle calcagna, non potevo fare altrimenti”, si scusò Eloise.

“Ah, davvero? E che fine ha fatto Lord?”, non poté fare a meno di indagare l’altra guardandosi intorno.

“Non ne ho idea”, sbuffò Eloise. “Probabilmente aveva altri impegni. Perché me lo chiedi?”

Il tono circospetto di Eloise mise Megan in allarme.

“Per il semplice motivo che sarebbe stato più facile liberarci di lui che di questo sconosciuto”, rispose secca. La principessa rise.

“Per un momento ho pensato che sentissi la sua mancanza!”, la canzonò.

Megan si considerò fortunata che fosse stato solo il pensiero di un momento. Seguì l’amica nel locale, dirigendosi verso il tavolo che il loro accompagnatore aveva fatto preparare. Ordinarono la colazione, ma alla giovane era passato l’appetito: il loro ospite continuava a blaterare di argomenti che non le interessavano affatto, irritandola a morte. L’avrebbe fatto tacere più che volentieri con il suo collaudato sistema del gomito piantato in gola ma, per sua immensa sfortuna, non le sarebbe stato possibile prendersi una simile soddisfazione in quel momento. Si distrasse in preda alla noia e il tovagliolo le cadde a terra. Il giovane conte si chinò per raccoglierlo nel preciso istante in cui lo fece anche lei. Quando sollevò lo sguardo i loro volti erano pericolosamente vicini e Megan si ritrovò a fissare i limpidi occhi azzurri del ragazzo. Lui la guardò ammiccante: quel presuntuoso doveva aver pensato che la sua fosse una mossa calcolata.    

Un vociare concitato distolse l’attenzione della dottoressa, salvando l’idiota seduto al suo fianco da un’occhiata micidiale. Quando Megan vide che i responsabili di tanta confusione erano i gemelli Sinclair, il suo volto si illuminò: quei due piantagrane potevano essere un diversivo perfetto.

“Eloise, credi che al nostro ospite farebbe piacere conoscere alcuni dei Cavalieri a cui dobbiamo la salvezza dal Presidio? Guarda, i Sinclair sono appena entrati. Potremmo invitarli al nostro tavolo”, propose dolcemente. L’altra la guardò come se fosse impazzita: quei due erano calamità naturali, che avrebbero potuto combinare chissà quali disastri nel breve tragitto dall’ingresso al loro tavolo.

“Non potete evitare di essere tanto incivili?”, protestò qualcuno dietro i ragazzi.

Megan si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Julian porgere il braccio ad una scholara. Rimase ad osservarlo impietrita mentre le sorrideva per poi rivolgerle qualche parola a bassa voce, che gli fecero guadagnare un sorriso dolce e un cenno d’assenso. La dottoressa si sentì assalire da un insopportabile senso di nausea. Scattò in piedi e si diresse verso la porta, sorda ai richiami della sua amica. Doveva essere quella ragazza il grande amore di Lord, visto come si era comportato con lei. Probabilmente le aveva confessato i suoi sentimenti e lei lo aveva accettato.

Gli passò davanti rapida, senza nemmeno rispondere al suo saluto. Sentiva di avere un disperato bisogno di uscire e allontanarsi il più possibile da Julian e dalla sua amica.

Camminò senza meta per un po’, finché non si sentì richiamare. Si bloccò, evitando accuratamente di voltarsi. Solo in quel momento realizzò di avere freddo (l’aria era gelida, quella mattina, e aveva lasciato il suo mantello nel locale) e di sentirsi piuttosto debole. Si lasciò cadere su una panca che si trovava
provvidenzialmente lì vicino, aspettando che Julian la raggiungesse.

“Lady Eloise si è molto preoccupata”, la informò il giovane fermandosi alle sue spalle. “Ti senti male?”.

Si era spostato, ed ora, in ginocchio di fronte a lei, la osservava preoccupato.

“Sei pallida”, constatò. Si tolse il mantello posandoglielo sulle spalle. La stoffa pesante conservava il calore del corpo di Julian, dandole l’illusione di essere avvolta dall’abbraccio del ragazzo.

“E stai tremando. Non abbiamo il clima di Altieres, qui. Non lo sai, lady Linnett?”, domandò scherzoso. L’altra si riscosse, colpita da quelle parole così simili a quelle del suo sogno.

“Cos’hai detto?”, domandò sconvolta. “Lascia perdere”, soggiunse precipitosa davanti allo sguardo interrogativo del giovane. Con Julian seduto accanto, le sembrava di sentirsi meglio. Nonostante questa consapevolezza, avrebbe preferito rimanere sola; senza sapere di preciso cosa dire o fare, decise di rimanere in silenzio, i pugni stretti in grembo.

“Mi hai quasi travolto, sulla porta di quel negozio”, cominciò finalmente il Cavaliere. “Eloise ti chiamava, io ti ho salutata ma tu ti sei comportata come se nessuno dei due si stesse rivolgendo a te. Sembravi sconvolta. Mi sono preoccupato”, la informò a bassa voce. Megan si sentì inaspettatamente compiaciuta.

“Mi spiace, non volevo certo rovinare il tuo appuntamento galante”, replicò piccata.

“Ma di cosa stai parlando? Quale appuntamento?”

Julian sembrava sinceramente confuso e questo non fece che acuire l’irritazione di Megan.

“Lascia perdere!”, sbottò. “Non hai nemmeno risposto alla mia lettera! Sai quanto mi sia costato scriverla? Ammettere di doverti delle scuse?”

Si pentì subito di essersi lasciata andare in quel modo.

“Mi dispiace, hai ragione. Sembra che abbia sviluppato questo pessimo vizio di non rispondere agli inviti. Spero di non dover ingurgitare qualche altro intruglio che mi faccia star male per un giorno intero, per farmi perdonare”

Megan sorrise debolmente.

“Non ho intenzione di intrufolarmi di nuovo in camera tua”.

“Peccato”, sospirò lui. Megan era talmente immersa nei suoi pensieri che non sentì quel commento.

“Avevi detto che la conosco”, disse all’improvviso. “Ma non mi pare di averle mai rivolto la parola”

Julian, non riusciva a capire: Megan sembrava agitata e di nuovo non aveva idea di cosa stesse parlando. Glielo chiese.

“La ragazza che prima era con te”, gli rispose spazientita. “Se è lei il grande amore di cui mi hai parlato, ti sbagliavi a pensare che la conosco. Non le ho mai parlato, non so nemmeno a quale Societas appartenga”

Il giovane si trattenne a stento dall’esultare: la sua adorata dottoressa era gelosa. Dannatamente gelosa.

“In realtà nemmeno io so a quale Societas appartenga quella ragazza: le ho dato una mano perché i gemelli l’hanno quasi travolta durante una delle loro assurde discussioni”

Megan stava ancora cercando di capire cosa le suscitasse quella notizia, quando un brontolio prolungato la indusse a voltarsi verso Julian. Si ritrovò a fissare la sua espressione lievemente imbarazzata mentre si teneva una mano sullo stomaco.

“Mi spiace”, si giustificò, “Sto letteralmente morendo di fame. Se andassi a prendere qualcosa per calmare i morsi della fame, mi faresti compagnia?”

Lo sguardo sfrontato che le rivolse subito dopo la fece scoppiare a ridere. Si ricordò di non aver fatto in tempo a consumare la colazione e non voleva certo rischiare che anche il suo stomaco cominciasse a brontolare.

“E va bene, se proprio non vuoi mangiare da solo…”

Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Julian si era già dileguato, lasciandola momentaneamente sola a confrontarsi con i sui dubbi. A Megan non era sfuggito il fatto che Julian avesse evitato di rispondere al suo invito perfino quando aveva cercato di metterlo alle strette. Forse non voleva davvero avere più niente da spartire con lei. Scacciò subito quel pensiero, considerando che le aveva appena offerto di dividere uno spuntino. La dottoressa sospirò: non avrebbe dovuto farsi tanti problemi perché la distraevano. La confusione che stava sperimentando era solo l’ennesima conferma del fatto che gli uomini non fossero altro che un fastidio, come aveva sempre ritenuto. Doveva concentrarsi sugli studi, non poteva concedersi inutili distrazioni; non ora che le mancava così poco. Sollevò lo sguardo, notando Julian tornare verso di lei con aria soddisfatta e un sacchetto che aveva l’aria di essere piuttosto pieno. In quel momento, Megan decise di non insistere: avrebbe lasciato che fosse il giovane a decidere se dare o meno una risposta al suo invito, visto che lei non aveva alcuna intenzione di elemosinare le sue attenzioni. Era convinta di aver fatto la scelta migliore, eppure, appena lo ebbe seduto accanto, la sua determinazione sembrò svanire e si ritrovò a sperare che Julian affrontasse spontaneamente l’argomento della cena.

“Ecco qui”, esordì il Cavaliere sorridendo, mentre le appoggiava in grembo il sacchetto aperto. Il contenuto era ancora caldo e sprigionava un profumo appetitoso: Megan non poté fare a meno di chiudere gli occhi e respirare quel buon odore che le stava facendo venire l’acquolina in bocca.

§§§

Julian cercò di non guardarla, ma era davvero impossibile: l’espressione deliziata sul volto di Megan gli faceva desiderare di mandare al diavolo la prudenza che si era imposto, prendere la donna tra le braccia e baciarla. Forse lei l’avrebbe lasciato fare... Ma chi voleva prendere in giro? Avere pazienza stava diventando sempre più difficile.

“Scegli pure quello che preferisci”, riuscì a dire dopo interminabili momenti di lotta interiore per mantenere un certo autocontrollo. “Ho preso quelli che stavano sfornando: sono con le scaglie di cioccolato oppure con i baci

Megan sgranò gli occhi, fissandolo con un’espressione stranita finché Julian realizzò cosa avesse appena detto.

“Le noci. Volevo dire le noci”, si corresse precipitosamente prima che Megan potesse pronunciare una sola parola.  

“Ovvio”, replicò brusca, continuando a guardare dentro il sacchetto senza decidersi.

“Non ti piacciono?”

Il giovane era perplesso: era sicuro di aver scelto bene, conosceva i suoi gusti meglio di chiunque altro… allora perché sembrava così insoddisfatta?

“No”, lo rassicurò infine. “Sono perfetti. Mi piace il cioccolato. Anche le noci. Va bene così”

Megan pescò un panino a caso, per poi passare il sacchetto a Julian. In quello scambio le loro mani si sfiorarono e quel breve contatto provocò la stessa reazione in entrambi: fecero finta di niente, nonostante tutti e due desiderassero prolungare quel momento.

Julian mangiava in silenzio, ripensando all’uomo che aveva notato nella pasticceria, al tavolo con le dottoresse. Aveva avuto modo di incontrarlo alla Reggenza di Aldenor e, doveva ammetterlo, non gli aveva fatto una buona impressione. Gli era sembrato molto pieno di sé, arrogante… e perfino viscido, considerando il modo in cui aveva guardato Megan mentre si precipitava fuori dal locale. No: quel tipo non gli piaceva per niente. Accantonò la questione per riconsiderarla in un secondo momento perché c’era anche altro a cui pensare: che risposta avrebbe dovuto dare all’invito della dottoressa?    

§§§
 
Anche Megan taceva, sbocconcellando assorta i panini dolci. Le sembrava strano che Julian stesse zitto, ma non aveva alcuna intenzione di mettersi a conversare. Cercava di non prendere in considerazione il flusso di pensieri che la portavano ad analizzare i motivi per cui il ragazzo non avesse ancora risposto al suo invito. Perfino poco prima aveva, di nuovo, evitato la domanda. Cosa le importava? Quel maledetto idiota poteva andare al diavolo se pensava che si sarebbe abbassata a chiedergli un’altra volta… si bloccò, colpita da una possibilità che non aveva ancora valutato: forse lui non aveva proprio intenzione di accettare per non rischiare di farsi vedere con lei. Forse non voleva che si spargessero assurde voci che, con ogni probabilità, avrebbero creato dei problemi nei suoi tentativi per conquistare la misteriosa studentessa di cui si era innamorato.

Quei ragionamenti le avevano fatto passare l’appetito. Inghiottì l’ultimo boccone, poi si voltò verso Julian. Lo vide trasalire, prima di cominciare a tossire per un boccone che gli era andato di traverso. Prima che Megan potesse cominciare a preoccuparsi sul serio, il giovane si riprese.

“Si può sapere cosa ti prende?”. Domandò alterata. “Non sei più capace di mangiare senza rischiare di strozzarti?”

Julian riprese fiato; un paio di colpi di tosse sembravano averlo rimesso in sesto. Allungò una mano verso Megan, poi sembrò ripensarci, ma continuò a
fissarla con un’intensità che la mise a disagio.

“Io… ecco, io non so come dirtelo…”, esordì. Sembrava imbarazzato e questo non era da lui.

Senza un motivo apparentemente plausibile, il cuore di Megan cominciò a battere, in preda a indefinite speranze e misteriosi timori. Trattenendo il fiato rimase ad osservare Julian che estraeva un fazzoletto dalla tasca, particolare di cui si dimenticò nel momento stesso in cui le sollevò il mento e lei, d’istinto, chiuse gli occhi, socchiudendo le labbra. La sensazione successiva fu quella della stoffa strofinata sulla sua bocca. Si sottrasse di scatto al tocco del ragazzo.

“Scusa. Ti era rimasto del cioccolato sulle labbra, così ho pensato di…”, provò a spiegare Julian. Certo, era stato uno sforzo non indifferente, per lui, servirsi del fazzoletto. In realtà, quando si era accorto di quel particolare inconveniente, il primo istinto era stato quello di pulirle le labbra in ben altro modo.

“Ma per l’amor del Cielo! Razza di idiota!”

Sbottò Megan palesemente irritata. Gli tolse di mano il fazzoletto e cominciò a ripulirsi con gesti rabbiosi. Non voleva nemmeno pensare a quello che le era passato per la mente poco prima, a quello che aveva immaginato, sperato, stesse per accadere.

Quando si voltò di nuovo verso Julian, intuì che il giovane era pronto ad andarsene. Represse un sospiro: probabilmente era meglio così, anche se ancora non aveva ricevuto risposta al suo invito.

Camminarono fianco a fianco in silenzio per un tratto, poi, senza preavviso, Julian riprese il discorso che le stava particolarmente a cuore.

“Riguardo quell’invito, Milady”, esordì, gettando Megan in una spirale di aspettative e timori.

“Non oso accettare un invito del genere. Non voglio sembrare irriconoscente, davvero”

“Però?”, lo incalzò la dottoressa. Era una situazione umiliante. Non credeva che si sarebbe sentita rispondere negativamente e non avrebbe mai immaginato che un simile rifiuto le avrebbe procurato un simile dispiacere.

“Non vorrei che farci vedere a cena insieme, alimentasse delle stupide chiacchiere”

“Capisco”, si limitò a dire. Era ovvio che Lord preferisse evitare pettegolezzi che avrebbero potuto compromettere la buona riuscita della sua conquista.
   
 
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