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Autore: Ode To Joy    24/02/2018    1 recensioni
Il bambino stava ancora bevendo latte dal suo seno ma aveva gli occhi aperti.
Era ancora impossibile capire di che colore fossero ma Honerva rivide Zarkon in quello sguardo.
Fu allora che seppe con assoluta certezza che suo figlio sarebbe sopravvissuto.

Alla nascita di Lotor, Haggar ritorna ad essere Honerva... Ma solo per un poco.
[Scritta per il Cow-T 8 di Lande di Fandom]
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lotor, Zarkon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note introduttive:
Una one-shot sulla mia teoria definitiva (e poco realistica) riguardo alla nascita di Lotor… Prima che la S5 arrivi e ci derubi di tutte le nostre certezze. Buona lettura!


 

From The Abyss




Era stato il dolore a risvegliare Honerva.

Ricordava di essere sprofondata in un abisso e di aver udito la voce di Zarkon chiamare il suo nome disperatamente. Honerva aveva provato a rispondergli ma non ci era riuscita. Aveva udito la sua stessa voce ripetere una parola, come un’invocazione o una maledizione.

“Voltron… Voltron… Voltron…”

Honerva non lo aveva mai confidato a suo marito ma era arrivata ad odiare la creazione di Alfor. Aveva odiato la facilità con cui il suo progetto aveva avuto successo, sebbene avesse salvato il pianeta che era divenuto la sua casa. Honerva aveva impiegato metà della sua vita a cercare nella quintessenza la risposta a… Cosa? Aveva cercato tanto a lungo d’aver dimenticato la domanda. Aveva usato tutte le sue forze per correre verso una conoscenza senza precedenti ed era finita col perdersi nella sua stessa mente.

La luce. Il suo ultimo ricordo era un mare di luce… E poi l’ombra, l’abisso, il nulla.

Il dolore l’aveva costretta a tornare se stessa.

Seduta sul pavimento di un laboratorio che non era il suo, Honerva vedeva la sua immagine riflessa sul vetro di un contenitore pieno di quintessenza: i suoi capelli scuri erano ormai un ricordo ed i marchi rossastri sulle sue gote si erano trasformati in qualcos’altro. Solo i suoi occhi le ricordavano la vecchia se stessa, quella che non aveva avuto paura di lasciare il suo pianeta natale per divenire la moglie del Re dei Galra.

Ciò nonostante, erano stanchi, vuoti… Erano gli occhi di una persona morta che respirava ancora.

La creatura tre le sue braccia si mosse e Honerva trasalì nel ricordarsi della sua esistenza. Era stato lui a risvegliarla, a strapparla dal buio dell’abisso in cui era precipitata.

All’inizio, Honerva non aveva capito che cosa le stava succedendo. Incapace di combattere contro il dolore, si era limitata ad assecondare il suo corpo. Solo dopo che il bambino era uscito da lei ed aveva annunciato la sua venuta al mondo con un debole vagito, Honerva era tornata completamente in sè.

Lo shock iniziale era stato di breve durata, poi aveva afferrato il neonato tremante da sotto le piccole braccia e lo aveva stretto a sè. La vocetta disperata si era placata subito e nel silenzio, Honerva si era potuta concedere un istante per cercare di mettere insieme i pezzi. Non ci era riuscita e, troppo stanca per riflettere ulteriormente, aveva scoperto il petto ed aveva offerto al bambino uno dei seni gonfi. Nutrirlo non si era rivelato un atto indolore ma Honerva si era costretta ad essere paziente. Per sua fortuna, il bambino si era accontentato di poco e si era addormentato serenamente tra le sue braccia.

Honerva non sapeva per quanto tempo era rimasto così quieto. Si muoveva, piangeva e pretendeva tutta la sua attenzione.

“Shhh…” Mormorò la donna Altean avvolgendo meglio il neonato nella veste scura che indossava.

Appoggiò la nuca alla parete fredda alle sue spalle e, per la prima volta, si fermò a guardare suo figlio. Sì, suo figlio.

Honerva non rammentava con esattezza l’ultima volta che era rimasta incinta nè l’aborto che era seguito poco dopo, ancor prima che qualcosa si potesse vedere. Ricordava solo di non averlo detto a Zarkon. Aveva smesso d’informarlo dopo che il loro terzo bambino era venuto al mondo troppo presto e non era sopravvissuto alla sua prima notte. Honerva aveva dato alla luce una femmina e Zarkon aveva sofferto per la sua inevitabile morte più di lei. Entrambi avevano seppellito quel dolore nei loro doveri.

Zarkon era divenuto il Paladino Nero e Honerva aveva fatto della quintessenza la sua ragione di esistere. Nessuno aveva più parlato di figli.

Negli anni a seguire, Honerva ne aveva persi altri due di cui suo marito, occupato ad essere il leader di Voltron, non aveva mai saputo nulla. Si era arresa, la Regina di Daibazaal e lo aveva fatto molto tempo prima di Zarkon.

Honerva non era destinata ad essere una madre. Guardava il bambino stretto al suo seno e non riusciva a provare per lui l’amore sconfinato che ogni donna provava per la sua creatura appena nata. Honerva lo cullava distrattamente e si chiedeva per quanto tempo sarebbe sopravvissuto, se avrebbe sofferto o se si sarebbe addormentato tra le sue braccia senza svegliarsi mai più. Stringerlo tra le braccia era un atto di pietà, non di amore. Era un scusaci per averti fatto nascere in questo universo oscuro solo per farti conoscere la morte.

Honerva, tuttavia, non poteva non guardarlo mentre mentre muoveva le piccole labbra contro il suo seno per nutrirsi, per attaccarsi alla vita. Non poteva ignorare la sua esistenza fino a che quel corpicino era caldo e le dita minuscole si aggrappavano ai suoi lunghi capelli bianchi. Anche quelli del bambino erano dello stesso colore.

Honerva accarezzò la testolina con la punta delle dita. Quei capelli erano morbidi come solo quelli di un neonato potevano essere. Con la poca luce che illuminava il laboratorio, Honerva non riusciva a capire con precisione di che colore fosse la pelle del piccolo ma era diverso dal proprio. Le orecchie a punta ed i lineamenti delicati lo rendevano più simile ad un Altean che ad un Galra. Assomigliava alla sorella che non avrebbe mai conosciuto, anche se lei era nata con i capelli di colore scuro.

Honerva era una donna di scienza e sapeva che non c’era nulla di normale nelle ciocche candide che ricoprivano la testolina di suo figlio. A parte quel dettaglio, tutto sembrava al suo posto. Honerva avrebbe dovuto eseguire un’analisi con la medical-pod per valutare lo stato di salute dei suoi organi interni. Il bambino però era tranquillo e non sembrava soffrire per una qualche malformazione non visibile ad occhio nudo.

Non aveva ancora aperto gli occhi. Forse aspettava solo di prendere confidenza con il mondo in cui era nato, prima di dargli un’occhiata. La fame non gli mancava e nemmeno la forza di tirare il latte.

Se non avesse già saputo come sarebbe andata a finire, Honerva avrebbe anche potuto sperare che sarebbe sopravvissuto.

Qualcosa si mosse nella penombra della grande stanza. Tre figure incappucciate si mossero nella sua direzione lentamente. Honerva non sapeva chi erano ma una voce nella sua testa le disse di fidarsi, che erano lì per aiutarla e che avrebbero ubbidito ad ogni suo comando.

Aveva bisogno di assicurarsi che il parto fosse andato nel migliore dei modi e che il suo corpo non avesse subito danni. Avrebbe affidato il neonato alle cure di quelle creature incappucciate e loro avrebbero eseguito su di lui tutti i test necessari.

Honerva non credeva che lo avrebbero rivisto vivo, così abbassò il viso un’ultima volta. Il suo cuore si fermò. Il bambino stava ancora bevendo latte dal suo seno ma aveva gli occhi aperti. Era troppo presto per capire di che colore fossero ma Honerva rivide Zarkon in quello sguardo.

Fu allora che seppe con assoluta certezza che suo figlio sarebbe sopravvissuto.

Una delle figure incappucciate s’inginocchiò di fronte a lei e tese le braccia per invitarla a cedergli il neonato. Honerva scosse la testa e creatura si ritrasse.

La Regina di Daibazaal riportò tutta la sua attenzione sul suo bambino. I suoi occhi rilucevano di una nuova luce e l’ombra di un sorriso comparve sulle sue labbra.

”Dobbiamo scegliere un nome per il Principe.” Zarkon le aveva rivolto quelle parole pochi giorno dopo aver scoperto che stavano aspettando un figlio per la prima volta.

Honerva ricordava il modo in cui lo aveva fatto: con l’espressione di un generale che da un ordine sul campo di battaglia. Lei aveva.

”Chi te lo dici che sarà un maschio?” Aveva domandato.

“Lo dico io. Sono suo padre.” Era stata la risposta.

”Un modo di pensare molto scientifico, Zarkon.”

“Quella è materia tua, mia cara.”

“Allora? Il nome del nostro Principe?”


L’espressione perennemente seria di Zarkon si era addolcita di colpo. “Pensavo a…”

“Lotor…” Mormorò Honerva, prendendo tra le mani una delle manine minuscole. “Lotor. Tuo padre vuole che questo sia il tuo nome.”

Ormai sazio, il neonato si staccò dal suo seno e fissò i propri occhi in quelli di sua madre.

Honerva sollevò lo sguardo sulle tre figure incappucciate. “Chiamate mio marito,” ordinò. “Ditegli che ha un figlio.”



Quando Zarkon entrò nella sua stanza, Honerva non lo riconobbe immediatamente. Senza ombra di dubbio, il Galra che aveva di fronte era suo marito ma era completamente diverso dall’uomo che la guardava sempre con occhi pieni d’amore. Era vuoto, lo sguardo di Zarkon, inquietante.

Lotor dormiva tra le braccia di sua madre, un pugnetto premuto contro la piccola bocca.

“Haggar,” chiamò Zarkon.

Lei trasalì: non c’era più calore nella sua voce. “Chi è Haggar?” Domandò, stringendo il bambino di più a sè.

Zarkon la fissò per un lungo minuto di silenzio. “Honerva…” Suonava sorpreso ma era difficile leggere le emozioni su quel viso.

Honerva annuì ed accennò un sorriso. “Non riconosci neanche tua moglie?” Domandò e fece un passo in avanti.

Quando fu abbastanza vicina, Zarkon sollevò la mano e la posò delicatamente sul suo viso. Era un gesto che Honerva ricordava bene: era il modo in cui lui la salutava ogni volta che doveva indossare l’armatura da Paladino Nero per il bene dell’universo. Lei aveva sempre odiato quel gesto ed il suo significato ma in quell’occasione seppe rassicurarla.

Suo marito era ancora con lei.

Lotor si svegliò e distese le piccole braccia, poi spalancò la bocca in uno sbadiglio.

“Shhh…” Mormorò Honerva posandogli un bacio sulla fronte. “Tuo padre è qui per conoscerti.”

Sollevò gli occhi su Zarkon e gli porse il loro bambino. “Prendilo, è tuo figlio.”

Mentre stringeva il suo erede per la prima volta, il viso di Zarkon non tradì alcuna emozione. Lotor non fece alcuna obiezione nel venir spostato dalle braccia di sua madre a quelle di suo padre. Puntò gli occhi sul viso del nuovo arrivato e lo fissò senza timore.

Honerva li osservò entrambi. “Lotor ha già le tue stesse espressioni,” disse.

“Lotor?” Domandò l’Imperatore distrattamente.

“Sì, Lotor. Lo hai scelto tu, ricordi?”

Zarkon non rispose, guardava il bambino con interesse. “È sano?” Domandò.

Honerva annuì. “Sì,” rispose passando una mano tra i capelli chiarissimi del bambino. “Pare che l’abbiamo fatta.” Non c’era allegria nella sua voce.

Lotor quasi scompariva tra le braccia di suo padre ma a lui non sembrava dispiacere.

“Dobbiamo averlo concepito prima della tua ultima missione,” aggiunse Honerva. “Quando mi sono ammalata, era troppo presto perchè ce ne rendessimo conto. Mi sono svegliata nel pieno del travaglio,” si passò una mano tra i capelli in disordine. “Che cosa è successo, Zarkon?” Domandò. “Perchè siamo su questa nave e non su Daibazaal?”

Zarkon allontanò lo sguardo da Lotor. “Daibazaal non esiste più.” Non parlò a lungo ma disse a Honerva tutto quello che c’era da sapere.

Alla fine del racconto, lei lo guardava con gli occhi sgranati e le labbra dischiuse in un’espressione sgomenta.

“Daibazaal ed Altea non esistono più,” ripeté Honerva con un filo di voce. “E noi… Noi siamo…” Guardò Lotor. “E lui era dentro di me. Per tutto il tempo, lui…” Le sue labbra si piegarono in un sorriso vittorioso. Il primo vero sorriso che faceva da quando si era risvegliata.

“Avevo ragione!” Honerva aveva le lacrime agli occhi. “La quintessenza è una forza così grande da sconfiggere la morte!” Guardò Lotor in un modo completamente diverso. “Nostro figlio è la prova vivente che avevamo ragione, Zarkon!” Esclamò a voce troppo alta.

Lotor scoppiò a piangere e cercò rifugio contro il petto ricoperto dall’armatura di suo padre.

Sua madre, invece, era sorda alla sua paura. La gioia per essere riuscita a mettere a mondo quel figlio desiderato tanto disperatamente non era niente in confronto a quello che provava ora. Una vita di ricerche e, alla fine, aveva ottenuto quello che voleva.

“Posso ripartire da qui,” aggiunse Honerva. “Ogni pianeta contiene un’enorme quantità di quintessenza e possiamo…”

“La nostra priorità è trovare il Black Lion,” la interruppe Zarkon. “La quintessenza è la nostra fonte di energia primaria e non possiamo farne a meno.”

Honerva rise divertita e scosse la testa. “Oh, Zarkon, il Black Lion non ti servirà più quando avrò finito.”

Tra le braccia di suo padre, Lotor piangeva ancora. Sua madre si era completamente dimenticato della sua esistenza.

“Nessuno deve sapere di lui,” disse Zarkon riferendosi al neonato tra le sue braccia. “Sta sorgendo un Impero che non avrà bisogno di alcun Principe.”

Honerva si fece seria di colpo. Guardò Lotor e rifletté velocemente su cosa fosse meglio fare. “Fallo addormentare in una cryo-pod,” disse. “Fino a che il nostro Impero non sarà sorto del tutto. Quando il momento arriverà, Lotor diverrà la nostra arma più potente.”

Zarkon annuì. “Sarà fatto, mia Regina.”

Quella fu l’ultima volta che il Re dei Galra parlò con sua moglie Honerva. Venendo al mondo, Lotor l’aveva riportata da lui. Tolto il bambino dalle sue braccia, Honerva scivolò di nuovo nell’abisso velocemente.

Nei diecimila anni che seguirono, fu Haggar a restare al fianco dell’Imperatore dei Galra. Tutto ciò che era stata Honerva sbiadì come un sogno alle prime luci del mattino.

Zarkon rispettò la sua volontà di risvegliare Lotor nel momento di maggior splendore dell’Impero. Suo figlio non gli riportò sua moglie una seconda volta.

Pur senza amore, Lotor crebbe forte, intelligente come sua madre e caparbio come suo padre… Troppo per divenire un pupazzo nelle mani di qualcun altro.

Quello che sarebbe dovuto divenire la loro più grande arma, divenne la prima minaccia che Zarkon ebbe ragione di temere.

Allontanarlo dall’Impero fu inevitabile e neanche allora Haggar fece obiezioni.

Nessuno disse addio a Lotor, mentre veniva esiliato e a nessuno mancò.



Un anno dopo, Voltron si risvegliò e la guerra per il destino dell’universo ebbe inizio.








 












 
   
 
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