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Autore: Uptrand    26/02/2018    16 recensioni
Raccolta di one shot dedicata agli uomini del primo reggimento dell'iniziativa di difesa galattica.
Sono presenti descrizioni prese dal codex del gioco.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell'autore: Il tempo passa per tutti, questo porta cambiamenti. Tale regola vale anche per Isabella. Questo per spiegare le motivazioni che mi hanno spinto a creare una storia che vede questo personaggio, che molti hanno apprezzato, in situazioni diverse da quelle abituali e con un comportamento sicuramente differente rispetto alle storie iniziali. 
Con questa one shot presento Isabella in questo secondo ciclo narrativo, nella speranza che vi possa piacere come nel primo.
Adesso silenzio, le luci si sono abbassate e lei sta salendo sul palco...
 

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I
sabella disegnata da Marty Efp

LAVORO
 
Se anche la bellezza non era un concetto assoluto, la donna che stava salendo in passerella si avvicinava molto a quell'idea di perfezione.
Stupido o pazzo, uomo o donna, buono o cattivo, alieno o umano nessuno avrebbe potuto definirla brutta.
Capelli biondi più brillanti dell'oro, accuratamente raccolti.   
Occhi di un azzurro che non aveva eguali, una brillantezza e una profondità in cui sembrava possibile annegare.
Una carnagione chiara, su cui le luci del palco si riflettevano dando alla sua pelle la lucentezza di un diamante.
Il fisico era perfetto, 1,75 di altezza, tonico e allenato, nessun tipo di imperfezione rovinava quella pelle liscia e morbida.
Labbra sottili promettevano un piacere intenso a chi avesse saputo conquistarle.
Tutto questo, senza che nessuno accorgimento fosse stato fatto. 
Lei non ne aveva mai avuto bisogno, qualsiasi aggiunta poteva solo imbruttirla.
Salì sulla passerella, camminava con eleganza felina. Ricordava una tigre nella giungla, conscia di essere lei il predatore più forte.
Indossava un vestito rosso, ma a nessuno importava di quello anche se era una sfilata di moda.
Arrivata alla fine della passerella si voltò, nella sala regnava il silenzio interrotto solo dagli scatti delle foto. Con lo sguardo abbracciò l'intera sala, sembrava una dea davanti ai suoi seguaci. 
Tornò indietro senza degnarli di uno sguardo, non una prova che l'attenzione o i desideri che le rivolgevano l'avessero raggiunta. 
Non era disprezzo o indifferenza quella che lei rivolgeva a al pubblico, mai li aveva considerati abbastanza da far si che meritassero simili attenzioni.
Per lei semplicemente non esistevano, proprio come una tigre non poteva rendersi conto degli insetti che calpestava. Se anche non fosse stato così, al grosso felino cosa mai avrebbe potuto importare di un insetto? 
Tornò indietro, all'inizio della passerella, le tende si chiusero e lei sparì dalla vista. Il vociare delle persone tornò all'improvviso, come se qualcuno avesse rimesse l'audio. 
Molti già immaginavano di avere quella donna nel loro letto, la prossima volta che fossero andati con una prostituta.
Quelli che osavano di più, avrebbero cercato di acquistare degli indumenti che lei aveva indossato o presunti tali con cui soddisfare le proprie manie. Forse avrebbero ottenuto dei suoi capelli, fortunatamente rimasti attaccati a qualche spazzola.
Entrarono altre modelle, ma le guardarono distrattamente. Niente di più di manichini per sfoggiare i nuovi abiti di alta moda.
Non erano alla sua altezza, anche se tutti l'avevano osservata quasi stuprandone l'immagine nessuno avrebbe saputo dire che vestito indossava. Ricordavano vagamente un colore rosso. 
Lei era la loro ossessione, di quelle persone e di altre centinaia sparse nella galassia. Si dichiaravano suoi ammiratori, anche se dalla loro “dea” non ricevevano niente.
Non l'avrebbero mai raggiunta, perché lei era Isabella Noveria. 
Numero due della potente multiplanetaria Noveria Corps, forse la seconda persona più ricca della galassia, superata in questa graduatoria solo da Dasha Weaver.
Quest'ultima era conosciuta come “ La signora di Noveria “, aveva fondato e gestiva la Noveria Corps, ed era ufficialmente sua moglie. 
Se tale notizie non fossero state abbastanza perché l'opinione si interessasse a Isabella, una strana fuga di notizie sul suo passato aveva fornito materiale in abbondanza alla stampa.
Era un nuovo tipo di biotico, con in corpo un raro isotopo 19 del più comune eezo. Era il più potente, il primo catalogato come di sesto livello. 
Inoltre risultava coinvolta in quello che il pubblico conosceva come “Il massacro del casinò Putin”, un centinaio di morti massacrati e litri di sangue avevano imbrattato il locale.
La responsabile era lei, ma se l'era cavata solo perché una persona si era intervenuta a suo favore. Raccontando che quella era un operazione militare uscita male. 
Una bugia che tutti i potenti sapevano essere tale, ma che decisero di servirsi. 
Tra la rabbia dei parenti delle vittime, nessuno venne condannato. 
Giustizia e verità erano state sacrificate in nome della ragion di stato, ma a nessuno importava. 
Confinare Isabella in prigione era praticamente impossibile, non solo per il suo ruolo o i poteri ma perché la sua mente stava a un passo dalla follia. 
Per anni un programma d'indottrinamento phantom le aveva fornito le nozioni basilari di combattimento, punendola ogni volta che provava un emozione o dimostrava un pensiero autonomo. Era stata una cavia di un organizzazione terroristica, oggetto di un esperimento per ottenere un soldato potenziato. All'epoca era solo una ragazza di al massimo dodici anni, la Weaver era a sua volta un'altra cavia della medesima organizzazione. Persero entrambi i loro ricordi originari a causa dell'indottrinamento, quando furono liberate dall'Alleanza scapparono e quella fu l'inizio della loro avventura. 
Dasha Weaver, da subito, fu l'unica ancora che tratteneva Isabella da cadere nella follia e alla falsa notizia della sua morte, lei si era scatenata compiendo l'orrenda carneficina.
Un fatto per cui Isabella non mostrò nessun rimorso o ripensamento. Perché lei si vedeva come il predatore assoluto, uccidere le piaceva, torturare la divertiva, far impazzire la vittima di paura la esaltava. 
Per lei esistevano solo prede e predatori, i deboli morivano per colpa delle loro condizioni. L'omicidio non era motivo di dispiacere, se si moriva la colpa era solo propria. 
Non temeva nessun castigo, legge o punizione. 
Questo rendeva difficile gestirla, solo Dasha Weaver aveva tale influenza su di lei.
Sempre per lei, nella speranza di esserle utile, aveva deciso di cambiare vita. Dasha aveva un esercito di persone pronte a uccidere per interesse verso la Noveria Corps. 
Così Isabella aveva preso una decisione, partecipando al più rinomato torneo di scherma biotica aveva dimostrato a tutti la sua abilità. Lei contro centoquarantanove avversari. 
Terminò l'incontro ricoperta di ferite e lividi, ma aveva vinto. Da allora era diventata il volto pubblicitario della Noveria Corps, la più forte schermitrice biotica e no mai esistita. 
Vincendo in pochi anni tutti i titoli di scherma che fosse possibile ottenere. 
Bella, potente, sicura di se, spietata, irraggiungibile. Sebbene la galassia ne avesse paura, erano molte di più le persone che ne erano attratte, le ragazze che la imitavano non si contavano.
Era un idolo per molte di loro. 
Scortata e isolata dalle fidate guardie di Divisione N, l'esercito privato della compagnia, entrò nel suo camerino. L'ambiente era quanto mai lussuoso, aveva tutto il necessario. 
Tirò un sospiro di sollievo sedendosi, con soddisfazione si sciolse i capelli essendo abituata a una semplice coda di cavallo. Questi caddero liberi in tutta la loro lunghezza, arrivando fino al fondoschiena. Lasciò ondeggiare la testa all'indietro, un velo di tristezza le coprì il volto. “È questa la normalità?” non era la prima volta che si poneva la domanda.
Lavorava, guadagnava, pagava le tasse e quando non doveva sfilare in mondi distanti da Noveria tornava a casa, a volte vi trovava Dasha e altre volte no, anche lei trascinata altrove sempre per lavoro. Quando potevano stavano insieme pochi giorni, per lei un barlume di assoluta felicità, poi nuovamente si separavano. 
“Questa è la vita offerta dalla civiltà? “ domandò a se stessa, con un gesto di fastidio si accarezzò la nuca. Nonostante fossero passati due anni, da quando il suo programma phantom era stato modificato per non infliggerle più dolore, non era ancora abituata a pensare liberamente.
A volte rifletteva che nella sua mente c'era troppo spazio, sempre più spesso si poneva domande su qualche argomento che prima non le era mai interessato. 
Il programma l'aveva abituata a prendere decisioni immediate, nell'arco di un secondo lei decideva ed agiva. Aveva una mente da predatore, un istinto animale che la rendeva letale. 
Ma questi doti in una realtà “civile” non servivano.
Questa civiltà le sembrava solo una grande gabbia che le prede o deboli avevano costruito, imponendola alla galassia grazie al loro numero soverchiante. 
Non era questione di razze perché tutte avevano prede e predatori, ma i primi si erano sempre affermati. A un certo punto della storia, essi si imponevano e fondavano quella che veniva detta una civiltà, dettavano leggi che proteggevano tutti e a quel punto i predatori avevano perso. 
“Quel è il risultato di tutto questo? “ Miliardi di vite senza senso proliferavano in giro per lo spazio, troppo deboli per difendersi da soli, incapaci di affrontare qualsiasi sfida. 
La civiltà aveva soffocato qualsiasi istinto basilare, li aveva sconvolti e presso ogni razza si trovavano individui bulimici, anoressici, obesi o magri, stupratori e assassini o con altre strane devianze.
Come quelle persone che si definivano suoi ammiratori, la scimmiottavano nel vestire o nell'atteggiamento in modo che lei trovava grottesco e nauseante.
Erano così prive di personalità da dover imitare lei? “Disgustoso” pensò.
Imitare un predatore era una delle tante tattiche esistenti in natura che le prede avevano sviluppato. Quello, in fondo, era solo un ulteriore conferma della loro indole. 
Lei non era così, aveva sempre dato ascolto ai suoi istinti. Quando aveva fame cercava cibo, era stanca andava a dormire, faceva l'amore con Dasha quando ne aveva voglia, se voleva uccidere uccideva.
Era semplicemente ben nutrita e appagata, un risultato che sembrava alla portata di pochissimi individui. 
Ammise di dover correggersi su un punto, un tempo avrebbe ucciso quanto voleva. Adesso era troppo famosa, rimanere anonimi era impossibile. 
Anche indossando un'armatura integrale, il suo stile di combattimento sarebbe stato riconosciuto. 
Si chiese se anche lei non fosse caduta nella trappola della civiltà.
Non era pentita della sua scelta, se così facendo era maggiorente d'aiuto a Dasha. 
Indugiò sul ricordo di qualche omicidio che aveva commesso, sorrise quando le tornò in mente l'odore del sangue, l'eccitazione del momento, la sensazione di annusare la paura della sua vittima. 
Ma era un predatore, non poteva cambiare la sua natura. Per questa si era unita al I° reggimento I.D.G., a comandarlo vi era la persona che si era presa la responsabilità di quanto accaduto al casino Putin e una che lei aveva definito suo amico: Steve Williams Shepard. Lui era uno s.p.e.t.t.r.o., un'agente speciale del Consiglio della Cittadella legalmente autorizzato a infrangere qualsiasi legge.
Tale principio permetteva al I° reggimento di usare un armamento altrimenti illegale, questa protezione veniva estesa anche a Isabella e al suo operato se questo era avvenuto sotto suo ordine. Come confessò, pur mentendo, nel caso del casino Putin.
La loro amicizia si basava sul concetto che un giorno, forse, uno dei due avrebbe ricevuto l'ordine di uccidere l'altro ma fino ad allora tanto valeva andare d'accordo. 
Il motivo per cui aveva riconosciuto solo quella persona, come amica era semplice. Lui non aveva timore di lei o per meglio dire non ne era neanche disgustato.
Tranne Dasha, le uniche altre persone che ci riuscivano erano Alexya, Diana e Trish.
Steve nutriva un'onesta indifferenza verso tutto quello che non lo riguardava direttamente, faceva anche pochissimi sforzi per nasconderla.
Questo lei poteva dirlo benissimo, vista la sua abilità di lettura del corpo. Atteggiamenti involontari rilevavano molto di più delle parole, lei sapeva interpretarli quasi alla stregua di un messaggio scritto. Era anche quello che definiva “ uno stupido trucco” quando lo usava per spaventare il nemico. 
Come riceveva segnali che sapeva interpretare, così sapeva inviarli e poco importava che l'avversario sapesse interpretarli o la sua razza.
C'erano ancestrali segnali di pericolo comuni a ogni popolo della galassia, la mente dell'individuo, inconsciamente dal suo volere, non aveva mai perso la capacità di riconoscerli nonostante l'evoluzione. Per un secondo essi rimanevano confusi, mentre antichi meccanismi di autoconservazione entravano in azione, in quel secondo lei uccideva.
Per questo non sopportava gli atteggiamenti esitanti, a suo giudizio il comportamento più distintivo di una preda ma anche perché esitare voleva dire morire. 
Trasformava chiunque da predatore a preda, per questo aveva allenato le ragazze a non avere esitazioni. 
Un giorno l'avrebbero superata, non tanto per questioni di potere e abilità ma perché a quella società civile si erano adattate rimanendo predatori. Per loro era un ambiente naturale, avevano imparato a muoversi in essa senza problemi. 
Lei sapeva benissimo che senza Dasha, avrebbe finito per farsi uccidere molto tempo addietro.
Le zone senza legge, dove viveva la regola della sola sopravvivenza, erano per lei il posto più adatto. 
Troppe cose della società civile non le piacevano o aveva difficoltà a comprendere. 
Non sapendo cosa fare consultò il suo omnitool, tutte le ultime notizie erano sull'invasione del pianeta Erinle, nei Sistemi Termius, da parte del Dominio Yahg. 
Ospitava una colonia Salarian, a difenderlo vi era il IV° reggimento I.D.G. costituito dai krogan. 
Si era creata una strana situazione politica, con le potenze maggiori che non volevano farsi trascinare in guerra, ma quella era pur sempre una colonia salarian anche se indipendente. 
I Salarian erano anche una delle sei potenze maggiori, il loro governo si era trovato in una situazione in bilico tra far scoppiare una guerra o abbandonare dei concittadini. 
In più il IV° reggimento, in seguito a una serie di circostanze, era intervenuto di sua iniziativa quando si trovava in quel sistema per un'altra missione. 
Era impensabile richiamarlo, senza enormi e disastrose conseguenze politiche. 
Consiglio della Cittadella e Dominio Yagh raggiunsero un accordo, tra tredici giorni sarebbe stato firmato un accordo in cui entrambe le parti avrebbero riconosciuto qualsiasi situazione si fosse creata  per quella data sul pianeta.
Nessun'altra forza militare sarebbe stata inviata, per sicurezza il III° reggimento le cui navi avevano trasportato il IV° sul posto, vigilava che gli Yahg rispettassero l'accordo. 
L'opinione pubblica sperava che i krogan sarebbero riusciti a scacciare quest'ultimi arrivati, che spesso si mostravano arroganti, xenofobi e razzisti. 
Isabella pensò che le sarebbe piaciuto andarci, un conflitto era la condizione perfetta per uccidere senza che nessuno si lamentasse. 
Trovava divertente come la tanto preziosa moralità di questa società civile, perdesse tutta la sua importanza appena le condizioni lo permettevano. 
Un segnale di chiamata in arrivo la sorprese, così come il suo chiamante: Steve. 
Un sorriso speranzoso le si dipinse in volto, possibile che il I° reggimento, che lui comandava, fosse stato mobilitato? Lei ne faceva parte, almeno di nome. 
Non le importava la definizione esatta ma solo che questa le dava l'occasione per uccidere. 
 
PASSATEMPO
 
Note musicali, diverse e molteplici che si mescolavano fra loro formando quella che veniva definita musica.
Non vi era però nessun strumento alla sua origine.
Non erano applausi quelli che si udivano.
D'altronde il posto non era un teatro o un altro luogo dove sarebbe stato possibile trovare della buona musica. 
Era un avamposto militare situato sul pianeta Erinle, ed era occupata dai soldati del dominio Yagh e da numerosi mercenari Vorcha. 
Aveva lo scopo di sorvegliare un tratto di confine con la colonia salarian, da li partivano anche attacchi contro di essa. 
Un centinaio di elementi la presidiavano o almeno così era stato.
I difensori stavano combattendo contro qualcuno, non capivano chi o in quanti fossero, ma ogni istante qualcuno di loro cadeva. 
Si udivano quelle note e qualcuno moriva, già una ventina di difensori giacevano senza vita ma non erano semplicemente stati uccisi. 
Venivano trovati corpi maciullati, teste spaccate, mascelle strappate, braccia amputate, tagliati in due in orizzontale o verticale, gole lacerate, occhi cavati dalle orbite e viscere riverse a terra. Le urla non erano mancate.
Venne dato l'allarme, scoprirono di essere isolati, le comunicazioni non funzionavano.
Yagh e Vorcha si mobilitarono, cercando il nemico divisi in pattuglie. 
Caddero una a una, quando una segnalava di essere attaccata i rinforzi giungevano sul posto che era già tutto finito.
I difensori si raccolsero per non fornire più obbiettivi facili. Furono gli Yagh i primi a intravedere il misterioso aggressore, era occultato ma l'estrema sensibilità dei loro occhi faceva intravedere a loro la sua sagoma. 
Vedere non significa colpire, inoltre i Vorcha non possedevano tale abilità.
Vennero presi di sorpresa dall'attacco forsennato di quel singolo e misterioso nemico che si rilevò essere un biotico. Ed era quello che stava accadendo in quel momento, l'origine di quella musica.
Una figura umanoide, utilizzando una combinazione di tecniche biotiche e di scherma, armata con due spade stava facendo a pezzi i difensori anche se era in mezzo a loro. 
Ottanta contro uno.
Appariva, uccideva e spariva, con una sequenza e rapidità incredibili. Movimenti imprevedibili, impossibili da intercettare. 
I difensori si erano già uccisi fra loro, per sbaglio, nel tentativo di colpirla.
Se l'aggressore era un biotico, anche tra i difensori ve ne erano e in gran numero ma i loro poteri sembravano inutili.
Nova, schianto, carica biotica e un'infinita sequenza di attacchi biotici che distruggevano i loro bersagli. In particolari i fendenti biotici erano numerosi, laceravano l'aria tranciando qualunque cosa sul loro cammino. 
Nessuno avrebbe dovuto aver la forza per lanciare attacchi biotici con tale rapidità. 
Dopo un qualsiasi uso di potere biotico, i nuclei di eezo dovevano ricaricarsi.
Non capivano chi fosse quel misterioso aggressore, davanti al quale si sentivano come una preda di fronte al suo predatore. La dolce melodia musicale andò avanti e la sua fonte sembravano proprio quelle lame. 
 
Mezz'ora dopo la musica ebbe fine, con essa il combattimento. Non vi era più nessuno di vivo tra i difensori. Una figura femminile aggraziata sedeva su un gruppo di cadaveri di Yahg. 
Una spada per mano, la punta rivolta al cielo, osservava con attenzione il filo di quelle spade per lei estremamente importanti. La loro manutenzione aveva la precedenza anche sulle sue ferite.
Soddisfatta vide che non avevano subito danni, non che avesse mai pensato che potessero rovinarsi ma presto le avrebbe pulite lo stesso da ogni traccia di sangue, anche microscopica, per pura paranoia. Le spade per un phantom erano tutto, per lei fondamentali. 
Erano tra le poche cose, dopo Dasha, a non farla sprofondare nella follia. Quelle poi erano state un regolo da parte proprio di quella donna da lei tanto amata. 
Non poteva quindi non averne cura. Le aveva donato delle spade che non avevano eguali.
Una spada era curva e a taglio singolo lunga sessanta cm, l'altra uguale ma più corta sui quaranta cm. Sul un lato di ciascuna lama era inciso il loro nome: Misutōbukaosu quella lunga e il cui nome significava Nebbia del Caos; Hakai no hi la corta il cui significato era Fuoco della distruzione.
Delle autentiche katane giapponesi, fatte con la più avanzata lega di metallo esistente, lavorate con riti che pochi uomini in Giappone conoscevano e che erano tramandati in segreto. 
Tecniche antiche che si armonizzavano con quelle moderne, erano alla base della loro realizzazione. In più Dasha aveva chiesto un extra, per Isabella non aveva mai badato a spese, aveva ottenuto che fosse realizzato un rito che prevedeva di legare un demone in ciascuna spada. 
Erano armi maledette che avrebbero finito per uccidere chi non avesse saputo utilizzarle al meglio o  ucciso qualsiasi nemico di un padrone degno. Questa era la maledizione. 
La loro affilatura era tale che solo muovendole emettevano un fischio, dato dal tagliare l'aria. In base all'angolazione e alla velocità con cui la spada si muoveva, variava la nota.
I movimenti di Isabella erano perfetti e rapidi mentre combatteva, esprimevano la più assoluta armonia. Non una mossa più del necessario, nessuna incertezza o interruzione dell'azione.
Tale perfezione di tecnica le spade la esprimevano attraverso quel suono, che la rapida e continua successione di attacchi trasformavano in quella musica bellissima presagio di morte.  
Sempre secondo la leggenda quella musica erano le grida dei due demoni. Nessuno ci credeva.
Tuttavia a qualcuno, tra questi Naomi Takara che in gioventù aveva praticato l'arte della spada, era sembrato di sentire una lieve risata tra le note. Quando, in un occasione, si poteva dire che Isabella le avesse prestato Hakai no hi.
Non un grido, ma una risata di vero piacere. Di chi era contento e soddisfatto. 
 
Isabella guardava a viso scoperto il massacro che aveva perpetrato. Deliziata da quella mattanza si sentiva meglio. La sua espressione divenne corrucciata, si sentiva solo meglio non soddisfatta. 
Se ne chiese il motivo, un tempo era certa che avrebbe saltellato di piacere dopo così tante uccisioni.
Riconobbe che uccidere dei mercenari Vorcha non era questa gran cosa, eliminare gli Yahg era stato più interessante non avendoli mai affrontati prima. 
Aveva scoperto che sotto la pelle corazzata erano morbidi, aveva creduto fossero più simili ai krogan che possedevano strati su strati di spessi muscoli.
In più non reagivano allo “stupido trucco”. I segnali basilari di attacco o fuga che accomunavo tutte le altre razze, con loro non avevano effetto. 
Erano persino riusciti a vederla nonostante fosse occultata, lei immaginò che tutto fosse dovuto alle capacità dei loro occhi. Aveva letto qualcosa al riguardo.
Quel fatto la incuriosì, questo la spinse a tenere alcuni Yagh per ultimi da uccidere.
Prima qualche ferita lieve, poi via un braccio, quindi una gamba, con calma e senza fretta, godendosi il momento. 
Isabella sbuffò. Guardandosi attorno vide che era sola, lo sapeva ma adesso le dava fastidio.
Era stata contenta quando Steve le aveva chiesto se aveva voglia di seminare confusione tra il nemico e spiarlo. Fortunatamente Dasha le aveva dato il permesso di partecipare. 
Aveva prima ucciso delle sentinelle vicine alla colonia, poi l'eezo l'aveva guidata fino a quella base. 
I suoi nucleo di 19 avevano iniziato a vibrare percependo la presenza di biotici. In quella base avevano risieduto davvero tanti biotici Vorcha, per questo i suoi noduli avevano reagito a una distanza ben maggiore di quella solita. 
Anche per quello era stato parecchio divertente, come anche divorare il loro eezo. Aveva spaccato diverse teste Vorcha, per strappare i nuclei attaccati al midollo spinale e ingoiarli.
Non poteva certo assorbire l'eezo, ma era piacevole sentire i suoi nuclei a 19 che reagivano ad esso. Dopo faceva sempre una cacca di colore blu elettrico. 
Questa loro eccitazione provocava in Isabella un rilascio massiccio di quegli ormoni che miglioravano l'umore. 
Con il risultato di farla sentire serena, di buon umore o almeno così avrebbe dovuto essere. 
Decise che sarebbe tornata indietro, ormai aveva fatto quello che doveva. 
Aveva tutti i dati necessari sul nemico, non che lei avesse saputo come fare ma fortunatamente la sua armatura da phantom era un concentrato di tecnologia.
Una persona qualunque non avrebbe mai potuto permettersela, costava quanto un caccia. Ma quando si è il vicepresidente della più grande multiplanetaria di armi della galassia e sposa del relativo presidente...si ha accesso a diversi vantaggi tecnologici.
Non che lei avesse mai chiesto qualcosa, chiedeva solo una buona lama, ma sapeva che Dasha insisteva perché lei avesse sempre il meglio. 
Tecnologie non ancora in commercio, venivano subito installate sulla sua armatura se ritenute utili.
Come nuovi programmi per nascondersi ai sensori nemici, rubare informazioni dai computer e molto altro. Lei dava solo l'ordine, l'armatura faceva il resto. 
Questo le aveva permesso di ottenere senza problemi, quelle informazioni che le erano state dette fondamentali per la difesa della colonia. Non che l'argomento la interessasse. 
Si alzò stiracchiandosi soddisfatta. Sarebbe tornata indietro, non c'era più niente di divertente per lei o per meglio dire non riusciva a divertirsi. 
Le mancava qualcosa ma non capiva cosa. Dasha? Certo, avrebbe sempre voluto averla vicino. 
Qualsiasi cosa stesse facendo o posto si trovasse questo era perfetto se era in sua compagnia.
Però era sicura che non fosse quella la causa.  
Grugni infastidita, una volta non avrebbe fatto simili pensieri. Non capiva come facevano le persone a sopportare quei pensieri senza controllo che la mente sembrava generare a caso, ogni volta che qualcosa come un odore o simile la stimolava. 
« Finirò per civilizzarmi! » borbottò fra se, mentre lasciava la base camminando sui resti mutilati dei nemici uccisi. 
Prima di farlo fu però costretta ad approfittare dei bagni locali scoprendo di non essere capace ad usare uno sciacquone Yahg. Aveva davvero divorato troppo eezo. 
 
****** 
 
Kelly Chambers sbuffò davanti all'ennesima pratica burocratica da compilare. Ormai era vicina ai sessanta, manteneva lo stesso un fisico asciutto, un espressione giovanile e uno sguardo allegro.
Solo i suoi capelli un tempo rossicci non si erano tenuti altrettanto bene, il bianco stava poco alla volta prendendo il posto del colore originario. 
Era molto contenta di lavorare nella Fondazione Lawson per i bisognosi a Monaco in Germania, fondata dalla sorella di Miranda che era anche la sua compagna. Era stata un'idea di entrambe e la gestivano assieme.
Era stato un buon modo per impiegare l'eredità di quell'uomo folle, che fu il padre delle due sorelle.
Le cose erano poi andate ancora meglio, quando la Weaver aveva fatto una sostanziosa donazione per il grande aiuto che lei aveva dato con le sue figlie e Isabella.
Aveva posto solo una richiesta, qualora ve ne fosse stato bisogno lei avrebbe dovuto fornire aiuto a ciascuno di loro. Lei accettò, specificando che lo avrebbe fatto in qualsiasi caso. 
Non era per denaro che aiutava il prossimo, ma perché le piaceva e credeva in quel compito.
La linea interna dell'edificio squillò, quando rispose la segretaria alle reception le disse che c'era una visita per lei. 
« Non avevo appuntamento con nessun paziente. È già parecchio tardi, se non è... » 
Non finì la frase che Isabella, con tanto di spade al fianco, entrava nel suo studio sedendosi su una poltrona, rannicchiandosi su di essa e fissandola. 
« Ah! » - fu il suo commento della psicologa e rivolta alla segretaria - « Dica a chiunque mi cerchi di non disturbarmi fino a quando non è terminata la seduta. » e chiuse la linea.
« Isabella, ciao, da molto non ci vediamo. Come … »
« Consigli! » dichiarò la bionda. 
Lei rimase veramente stupida, Isabella chiedeva consigli? A qualcuno che non era Dasha?
Si alzò dicendo « Sediamoci più vicine, così potremmo... » 
Quello che parve un ringhiare sommesso giunse alle orecchie di Kelly, si rimise seduta dicendo «... oppure potremo rimare dove siamo. Già, meglio. » 
« Ho ucciso, non mi sento soddisfatta, perché? » domandò Isabella.
La psicologa dovette un attimo riflettere su come iniziare la discussione, avere qualcuno che ammetteva un omicidio non era abituale. 
« Forse non dovrei chiederlo, ma hai ucciso chi? » 
« Tanti Vorcha e Yahg, su Erinle. »
« Ah. » fu il commento di Kelly, ebbe un'intuizione che sperava fosse sbagliata « Eri per caso in missione segreta? »
Isabella annuì. La psicologa non fu mai così contenta di essere vincolata dal segreto professionale. 
« Per conto di Dasha? » sapeva che la domanda era pericolosa.
« Steve! »
Kelly abbassò il viso e si massaggiò le tempie doloranti. Il nome del comandante del I° reggimento, di cui era anche un'amica di famiglia, significava che era una missione segreta voluta dal Consiglio della Cittadella.
Rialzò il viso sorridente, non sapeva se sarebbe servito ma poteva fare solo buon viso a cattivo gioco. 
« Raccontami tutto! » affermò più sicura che poteva. 
 
AMICIZIE
 
Steve era allo spazio porto militare di Bekenstein, un pianeta dal clima molto piacevole e situato vicino alla Cittadella, indossava una divisa militare grigia senza i gradi. Sembrava un militare qualunque, non il comandate del I° reggimento, ad affiancarla Derica. Aveva 33 anni, occhi e capelli castani, un fisico piuttosto robusto e raggiungeva 1,83 mt di altezza. 
La donna, soprannominata Sioux, era il secondo al comando. Appartenente all'omonima tribù indiana da cui derivava il sopranome, tra i presenti era la più alta raggiungendo 190 cm. 
Lui sospirò, era lì per accogliere Isabella ma a tormentarlo era non sapere perché fosse venuta lì. 
L'aveva contattata e si erano visti per definire i dettagli per il suo invio su Erinle. Pensava sarebbe stata felice di andarci, aveva avuto ragione, per questo non capiva perché fosse ritornata.
La riconobbe appena fu a vista, non che fosse possibile sbagliarsi, era l'unica vestita da civile e i semplici indumenti che indossava la facevano sembrare in tutto e per tutto una turista. 
Maglietta bianca, calzoncini e occhiali da soli; sembrava pronta per andare al mare. 
In più aveva le sue due spade ai fianchi.
Si avviarono verso di lei, quando furono vicini « Ciao. » la salutò Steve non aspettandosi una risposta.
Sioux si limitò a salutare con un gesto del capo. La motivazione che il suo superiore le aveva dato per la sua presenza « Non si sa mai, mi potresti servire. »
Isabella non parve neanche averla notata, tutta concentrata su Steve “Come al solito.” pensò fra se la donna, dando per scontato che sarebbe stata ignorata. Aveva visto quel membro acquisito del I° poche volte e non alla base del reggimento, questa risultava in effetti la sua prima visita ufficiale.
« Che c'è? » domandò invece lui, intuendo quando al phantom frullava un'idea in testa. 
La donna sorrise e incredibilmente parlò « Ciao. Tutto bene in famiglia? »
« E che cazzo! » Esclamò lui stupefatto.
Isabella mise il broncio, arrabbiata, gli passò davanti lasciandoli lì dov'erano.
« Complimenti, signore! » commentò Sioux, vistosamente infastidita dal quel comportamento.
Steve non si era ancora ripreso dallo stupore, corse dietro a Isabella e quando le fu vicino « Mi dispiace, mi hai colto alla sprovvista! » disse rimanendo qualche passo indietro a lei. 
Non ebbe risposta ma il silenzio che la circondava era rabbioso, decise che era l'occasione per dirle una cosa su cui rimuginava da un po'.
« Mi dispiace di averti mandata su Erinle da sola, avrei preferito accompagnarti. »
Isabella si fermò di colpo, lui fece altrettanto  « Perché? »
« Anche se ti sei prestata a unirti al I° reggimento, non vuol dire che ti posso fa correre certi rischi, anche se ero sicuro che saresti tornata. »
« Fa niente, mi sono divertita. » commentò riprendendo a camminare, ma con più tranquillità. Le sue parole erano state sincera e questo a lei aveva fatto piacere. 
Intuendo che non era più arrabbiata lui l'affiancò, sottovoce e chino verso di lei chiese « Ucciso tanto? »
« Si. »
« Bene, nemici in meno per noi. Scommetto che si stanno ancor chiedendo cosa li ha colpiti. » disse, sorridendo divertito.
Anche lei sorrise, Steve era così. Per quello che aveva fatto molti sarebbero stati disgustati, lui invece aveva colto la notizia con genuina soddisfazione. 
Nonostante meglio di altri potesse intuire quale carneficina si celava dietro a tali parole.
« Ti va di andare alla base, partecipare a qualche allenamento? Nonostante sia una notizia pubblica che fai parte di questo reggimento, nessuno ci crede veramente. »
Isabella si voltò verso di lui, a prima vista entusiasta « Mi stai invitando? » chiese con un tono che il suo interlocutore giudicò stranamente felice.
« Possiamo definirlo un invito, tecnicamente. » mormorò in risposta.
« Andiamo! » annunciò allegra.
“Questo entusiasmo del tutto fuori luogo, a che diavolo è dovuto? Sta pure parlando!” pensò lui e rivolgendosi a Sioux che era rimasta volutamente indietro « Fai radunare un po' tutti nella palestra centrale. »  e dato l'ordine si affrettò a raggiungerla 
 
Tre ore dopo la prima, seppur iscritta da un paio d'anni, presentazione di Isabella ai soldati del I° reggimento ebbe termine. L'avevano accolta con allegria e curiosità, fino a quel momento tutti avevano pensato che fosse solo una trovata pubblicitaria.
Steve la presentò « Questa è Isabella Noveria, trattatela come un superiore e non infastiditela se non vi volete ritrovare con la faccia rotta. Potete considerarla l'arma segreta del I° reggimento. »
Rodi, un suo ufficiale dello stato maggiore, ribatté « Non può essere un'arma segreta, lo sanno tutti che fa parte del I° e che è un biotico di livello sei. »
« Non rompere! » fu la sintetica risposta del suo superiore. 
Era seguito un allenamento piuttosto intenso, tutti erano stati coinvolti e Isabella aveva fatto capire che non era la biotica a renderla pericolosa. Lo era di per se, i poteri dell'eezo 19 erano solo il suo strumento più utile, versatile e vistoso. 
Derica aveva chiesto al suo comandante se quell'allenamento serviva davvero a qualcosa
« Mal che vada avremo fatto contento quel phantom psicopatico. »
« Signore! Non può usare il I° per far contenta la sua amica. »
Lei lo vide perplessa « Dici che la sto trattando da amica ? » domandò Steve.
Per tutta risposta la donna alzò gli occhi al cielo.
 
All'esterno della palestra Steve osservò il tramonto, accorgendosi che si era fatto più tardi di quello che credeva. Si voltò sentendo un rumore di passi.
Isabella lo fissava, in viso un'espressione neutra.
« Divertita? » le chiese.
Lei annuì, lui si massaggiò le spalle. Aveva affrontato anche lui Isabella, aveva perso come tutti e i muscoli doloranti ne erano la conseguenza.
« Mi è piaciuto affrontarti. » affermò il phantom. 
Steve non diede peso a quella frase ma aggiunse « Ti ho fatto preparare un alloggio. » spiegandole come raggiungerlo. Lei rimase silenziosa a fissarlo, in quell'atteggiamento tipico a cui lui era abituato. 
Terminata la spiegazione, Steve fece un gesto di saluto e si incamminò verso casa. Dopo aver percorso qualche metro si fermò. Si voltò. Isabella era dietro di lui.
La fissò per un istante, altrettanto silenzioso. Azionò il suo omnitool e chiamò casa « Ciao tesoro, avremo un ospite in questi giorni. »
 
La casa di Steve e Ilary era una moderna villa completamente indipendente, in bella zona panoramica e collinare. Prima della costruzione della base, quella era stata una zona per gente ricca e per buoni motivi.
La casa era disposta su due livelli: al piano superiore si trovavano le camere da letto, in quello inferiore le restanti stanze. Una divisione semplice voluta da entrambi, influenzati dal pratico addestramento dell'esercito. 
Possedeva ampie vetrate con vista sul davanti, una piscina sul retro e un giardino tutt'attorno; i parapetti delle terrazze e delle scale interne erano in vetro, il rivestimento esterno era in pietra.
Ilary non sapeva bene come confrontarsi con quell'arrivo imprevisto. Steve era andato a farsi una doccia, Isabella si era sfilata le spade da addosso e sedeva in salotto. 
Muta e immobile, sembrava quasi in punizione. La padrona di casa, incerta sul da farsi, le portò dell'acqua sedendosi lì vicino. Era alta 175 cm, con bellissimi capelli corvini lunghi e uniti in una fluente treccia che portava in avanti su una spalla, un viso dolce e compassionevole che nascondeva bene un carattere energico, gli occhi erano di un azzurro insolitamente scuro che li faceva sembrare blu, il seno era abbondante e nutriva una vera passione per le navi spaziali essendo un pilota figlia di piloti. Da quando si era sposata aveva abbandonato il posto di pilota della Normandy SR3, per lavorare come istruttore su Bekenstein.
« Mi piace questa casa, è molto ben curata. » dichiarò Isabella.
Ilary la fissò incredula qualche istante « Grazie. » Era in assoluto la prima volta che le rivolgeva la parola, pensò fosse giunta la fine dell'universo ma notò che questo continuava ad esistere. Tuttavia quella frase sembrava fittizia.
« Tutto bene in famiglia? » domandò la sua ospite. Adesso lei era veramente sospettosa, era conscia che Isabella avrebbe intuito il suo atteggiamento ma non sapeva che farci. 
« Si bene, grazie. La piccola Alexandra cresce e adesso è sopra che dorme, Steve ha qualche pensiero per il lavoro. Con questa storia degli Yahg. »
Ilary sentì che non poteva continuare oltre questa sceneggiata, non voleva essere maleducata ma doveva chiedere « Cosa sta succedendo? Si capisce benissimo che chiedi senza interesse. Voglia essere sincera, mentirti da quello che so è inutile, non sono stata felice quando ho saputo che ti avremo ospitato. Che intenzione hai? Non posso dimenticare di aver davanti a me la responsabile del massacro del Casinò Putin. »
Isabella la fissò così intensamente che a lei parve di mettere a nudo l'anima, il phantom sorrise. 
« Non ho intenzione di far male a nessuno. Ho combattuto di recente. »
A quelle parole Ilary si rilasciò « Perché all'improvviso parli? Saranno quasi tre anni da quando so che ti è stato rimosso qualsiasi impedimento legato al tuo programma phantom. »
« Io... volevo fare conversazione. Odio la solitudine, ultimamente, anche se sono in compagnia di Dasha a volte mi sento sola se lei lavora e non mi presta attenzione. Stare nell'ombra comincia a stufarmi, anche combattere da sola non mi da più le stesse sensazioni. Desideravo un po' di compagnia, volevo giocare con qualcuno e per questo sono venuto a trovare Steve. »
Quell'ammissione, anche un po' infantile, aveva spiazzato Ilary che adesso sentiva di avere il ruolo della cattiva. Non le importava « Visto che l'hai menzionato. Cosa provi per mio marito? So cosa è successo al tuo addio al celibato, è stato lui a confessarmelo. Si sentiva in colpa. » marcò bene la parola “marito” sicura che il phantom avrebbe compreso perfettamente, viste le sue abilità.
« Lo considero un amico, non nego che se sentissi il bisogno di soddisfare un desiderio sessuale lo vedrei come un'alternativa a Dasha. Lei è la persona che amo, l'unica che desidero, ma essendo una donna a volte sento il desiderio di un pene. Gli istinti esistono per essere soddisfati, anche se sembra che tutti vivano cercando di sopprimerli. Io non vedo motivo di farlo, anche se si sono fatti meno violenti ultimamente. » Si fece seria, per alcuni secondi parve riflettere su qualcosa « Potrei aver sbagliato a cercare di sfogare i miei impulsi senza chiedere il permesso. In questi casi, bisognerebbe chiedere scusa? »
« Beh...ecco, credo di si. »
« Capisco, non lo sapevo. »
« Come non lo sapevi? Ti pare una cosa normale da fare? »
« Ho un impulso, lo soddisfo. Forse, è considerato sbagliato? »
« Si! » Esclamò Ilary.
« Strano... » fu il solo commento di Isabella, nuovamente pareva riflettere su qualcosa « Non cercherò più di utilizzare il pene di Steve, per soddisfare i miei impulsi sessuali. In ogni caso, durante il mi viaggio di nozze, ho scoperto che esistono dei surrogati artificiali di peni chiamati vibratori. Sono un'idea pratica. »
« Già...sicuro... » fu il commento laconico di Ilary, non aveva idea di come la conversazione fosse arrivata a quel punto. Sapeva che Isabella era priva di pudore, non credeva fino a quel punto. 
Steve arrivò in quel momento, appariva allegro e chiese « State facendo conversazione? » 
Ritenendolo impossibile, credeva di aver detto qualcosa di divertente. Stava cercando di prendere in giro sua moglie, immaginando che la presenza di Isabella l'avesse lasciata leggermente a disagio. 
In maniera secca Ilary gli rispose « Stiamo parlando del tuo pene e di chi ha il diritto di usarlo, di vibratori e del fatto che Isabella ha deciso che sono una valida alternativa al tuo pene. I soliti discorsi tra donne, se vuoi ti puoi unire alla discussione.  »
Lui sembrò pietrificarsi, mentre fissava sua moglie che lo guardava con uno sguardo divertito. Comprese al volo che non stava scherzando, la gola gli sembrò un deserto tanto era arsa, brividi gelidi gli percorsero la schiena. 
« Vado a vedere come sta la bambina! » annunciò a un tratto e corse via, verso un luogo più sicuro per se stesso. 
Nuovamente sole, Ilary aveva ancora qualcosa da chiedere a questa nuova Isabella così ciarliera « Come mai mi stai raccontando tutto questo? Solitamente ti limiti a fissare con sguardo mortale qualsiasi cosa respiri. »
« Kelly Chambers! » lo disse come se quello spiegasse tutto.
« Che c'entra? »
Isabella sbuffò « È normale parlare così tanto? » Stava scoprendo che era un'attività che richiedeva molto più tempo e pazienza di quanto pensasse, ma decise di proseguire « “Le parole sono fatte per confrontarsi, non può esserci amicizia senza un confronto, quindi se vuoi essere amica di Steve devi confrontarti con lui tramite le parole. Non c'è niente come parlarsi per allontanare la solitudine. ” Questo ha detto. »
Ilary stava cominciando a capirci qualcosa, si fermò a riflettere su un dettaglio forse insignificante. A Isabella non piaceva parlare, eppure lo stava facendo con lei. 
Era forse impegno? Ogni sforzo di quella donna era sempre stato unicamente rivolto a compiacere Dasha o a soddisfare i suoi impulsi come le aveva ricordato.
Possibile che Isabella sentisse il bisogno di...socializzare? Quell'idea le parve totalmente assurda visto quello che sapeva di lei. 
« Hai provato a parlare con Steve? » sicuramente suo marito doveva essere rimasto sorpreso da questo cambiamento.
Isabella fece una smorfia. Quello bastò a farle venire un presentimento, di quelli pessimi. « Che ha fatto? »
Una breve spiegazione e tutto fu chiaro « In effetti “ E che cazzo” stroncherebbe qualsiasi conversazione sul nascere, comprendo che tu ti sia innervosita quando ha fatto fallire il tuo piano di iniziare una discussione. Ti lascio un secondo, riporto qui mio marito e gli dico che è un'idiota. » In parte arrabbiata, andò dove sapeva che l'avrebbe trovato. 
Lo vide chino sul lettino, a giocare con la figlia. La bambina aveva due anni, dei begli occhi blu ereditati dalla madre e capelli rosso fuoco, come tutte le donne di casa Shepard. Sentendo la moglie avvicinarsi si mise dritto, era teso. Appena le fu vicino, disse quasi implorante « Non lasciarmi, non voglio divorziare! »
« Non ti lascio, vai tranquillo, non sono più arrabbiata perché una volta le hai toccato il culo. »
Era appunto successo all'addio al celibato di Isabella, quando avevano spiegato alla donna in cosa consisteva non ci aveva capito molto ma voleva provarci. 
Amici o presunti tali da poter invitare: Steve Williams Shepard. 
Il loro matrimonio era ancora fresco, ma Ilary non se l'era sentita di protestare. 
I due erano andati al famoso parcò di divertimenti per soli adulti di Las Vegas, quella che un tempo era una città era diventata un gigantesco parco di divertimenti dove l'ingresso ai minori era vietato. 
Si erano affrontati in un simulatore di combattimenti. La lotta selvaggia che era seguita per un attimo li aveva avvicinati, più del dovuto. 
Poi era successo, spinto dal desiderio Steve allungò le mani dal davanti sul sedere di lei stringendolo con forza. Isabella lo strinse a sua volta a se, mordendolo con forza alla base del collo al punto da farlo sanguinare. Rimasero così pochi istanti, separandosi dubito dopo. 
Un gesto sufficiente perché lui avesse dei sensi di colpa che non riusciva a tenere per se, come ritornò a casa le confesso tutto.  
Mai come allora Ilary provò tante emozioni tute assieme, era arrabbiata ma una parte di lei non riusciva nemmeno a non trovare comica la vicenda. 
In quell'istante di passione, con una donna come Isabella, tutto quello che aveva saputo fare era stato toccarle il culo come un ragazzino idiota. 
In più, nel momento in cui glielo stava confessando, aveva gli occhi lucidi quasi pronti al pianto ed era realmente spaventato. 
Era difficile essere arrabbiati per un gesto tanto stupido, davanti a una persona che poi era anche così onesta da confessarlo subito. Se avesse deciso di tenerglielo nascosto, dubitava che avrebbe mai finito per saperlo. 
Ma anche Ilary, sebbene pilota di astronavi, era molto abile nel corpo a corpo. Fu sesso e lotta allo stesso tempo, quello che fecero nella palestra di casa. 
Lotta per vendicarsi di lui, sesso per il suo orgoglio di moglie e donna. Se suo marito si era eccitato lottando contro un'altra donna, allora anche lei sarebbe riuscita a farlo eccitare nelle medesime condizioni. 
Il giorno dopo c'era anche il matrimonio di Isabella e Dasha, a cui erano invitati, questo fu anche il motivo per cui durante il ricevimento lui non stava bene. Non che potesse confessarlo a qualcuno. 
 
Steve sospirò di sollievo, ma Ilary aggiunse all'istante « Sono arrabbiata per altro! Ti pareva il caso di rispondere “ E che cazzo” a Isabella? »
« Io...ecco...sono stato colto di sorpresa! Mi sono già scusato! » 
« Lo spero bene, adesso vieni di la con noi. Vuole giocare col suo amico. » disse comprensiva.
 Ritornarono in salotto, con lei che teneva in braccio la piccola Alexandra. 
 
Qualsiasi cosa stesse succedendo, Isabella era tutta presa dalla bambina. Questa stava seduta in grembo a Ilary, che si era accomodata su una poltrona. 
Isabella stava li, china sulle ginocchia, a fissare Alexandra come se fosse l'essere più strano che avesse mai visto. Il suo sguardo non avrebbe potuto essere più confuso ed enigmatico.
Ma anche la bambina la fissava, con la stessa espressione concentrata che aveva quando andava di corpo. 
Poi successe, Alexandra all'improvviso rise di gusto al punto che tutto il suo corpicino fu scosso dalle risate. Ilary dovette tenere più stretta la figlia, per evitare che le scivolasse tra le mani. 
Isabella però non era mano sorprendente, stava ridendo anche lei di gusto. I due genitori si guardarono, senza capire cose avesse scatenato tutta quella ilarità.
Steve si alzò avvicinandosi ala sua ospite dicendole « Mi dai una mano con il pesce ? »
Lei annuì decisa, stanca di tutto quel parlare era tornata al solito mutismo. 
Due carpe belle grasse furono tirate fuori del frigo, le aveva pescate lui dato che la pesca era uno sport che amava e anche l'unico che praticava. 
Gliele mise davanti, assieme a un recipiente dove buttare il necessario e un coltello. 
A Ilary però non sembrava giusto che fosse lei a pulire il pesce, quando provò a dirlo al marito la risposta fu « Non ti preoccupare. » 
Stavano entrambi dando le spalle a Isabella quando il“Toc” della lama del coltello risuonò forte e chiaro, poi il silenzio seguì a quel singolo colpo. 
Ilary si voltò e quello che vide la lasciò incredula, Steve aveva un sorrisino divertito sapendo cosa aspettarsi grazie a esperienze passate.
Le due carpe erano perfettamente pulite, dentro e fuori, perfino la pelle era stata rimossa. 
« Come ha fatto? » chiese Ilary al marito, le avevano dato di spalle solo per qualche secondo.
« Come hai fatto? » domandò ad Isabella che si limitò a fissarla un istante per rispondere « Con il coltello! »  
« Steve? » disse rivolgendosi al coniuge per avere una qualsiasi spiegazione. 
« Non chiederlo a me, ho smesso di domandarmi come riesca a fare quello che fa. Mi limito ad accettarlo. » 
La cena che ne seguì fu allegra, soprattutto per merito di Alexandra. La bambina era quanto mai euforica per la presenza di Isabella.
Lei d'altro canto fissava non solo la bambina ma anche Ilary, che negli atteggiamenti tipici di ogni madre, cercava di imboccare la figlia. Era incuriosita.
A un tratto Isabella si sporse sul tavolo, verso Ilary, spalancò la bocca indicando di voler venir imboccata. 
Ilary la guardo incredula, lanciò un'occhiata al marito che fece spallucce. Leggermente esitante la donna, la imboccò. Lei parve contenta e la cena andò avanti. 
Terminato il pasto, Steve tirò fuori un gioco da tavolo. Era un hobby che amava, anche se trovava strano proporlo a Isabella. Sorprendentemente lei accettò annuendo con il capo, dopo aver controllato una sorta di lista sul suo omnitool.
« Che roba è ? » chiese lui e gliela porse.
Il file si chiamava “ Attività con gli amici” , come da nome era una lista di cose che si potevano fare assieme a qualcuno. Alcune voci erano state cancellate da una linea, segno che erano state svolte. Tra queste: cena con un amico, chiacchierare con un amico, non uccidere nessuno dei presenti, guadare un film, fare un gioco, escludere ogni forma di violenza ecc.. 
« Ma dove l'hai presa? » Un paio di quelle indicazioni erano un po' troppo su misura per lei.
« Kelly Chambers. »
« A che ti serve? »
« A cercare di capire cosa fa un'amica » rispose tranquillamente lei.
Lui si sentiva confuso o forse imbarazzato, non avrebbe saputo dirlo, una strana sensazione nell'animo. Si chiese a cosa poteva essere dovuto: perché lei non aveva mai avuto un amico o per il suo sforzo di averne uno? Tentativi che erano diretti verso di lui. 
Scacciò quei pensieri, sedendosi e dicendo « Incominciamo! » non voleva che intuisse cosa aveva pensato, sfruttando la lettura del corpo.
Quello che successe dopo divenne per i conoscenti un fatto epico, un motivo di leggenda.
Ilary quasi non ci credette, quando sentì tale parole dalla bocca del marito « Ho vinto! »
Lui non aveva mai vinto una partita, a nessun gioco, in tanti anni. Era il peggior giocatore possibile.
La notizia era talmente incredibile, che lei mandò un messaggio al riguardo a tutti i loro conoscenti.  
Venne poi il momento di mettere a letto la piccola Alexandra, messa dopo cena nel box a giocare. Ma come da rito, il padre le avrebbe prima letto una favola. 
Ilary trovava sempre carino quel cambiamento in lui, da quando aveva smesso di balbettare non si faceva più problemi a leggere ad alta voce qualsiasi cosa. 
Steve prese la bambina, mettendola seduta davanti a lui sul pavimento. Incuriosita si unì anche Isabella che gattonò fino a loro, sedendosi a sua volta a terra con le gambe incrociate. 
Lui fece finta di niente e incominciò a leggere. 
Però quella sera Alexandra era distratta, all'improvviso si mise in piedi e barcollò fino a Isabella. Arrampicandosi sulle sue gambe 
Per un attimo i genitori trattenerò il fiato preoccupati. La bambina era ruzzolata nell'incavo delle gambe del phantom. 
Isabella la guardò per un istante, un movimento rapido del collo, la lunga coda di cavallo le ricadde davanti. 
Alexandra fu sommersa da una pioggia di capelli biondi più lucenti dell'oro e squittì felice. 
Steve, rassegnato che quella sera leggere una storia non sarebbe servito, stava per chiedere il datapad quando sentì un ringhiare sommesso.
Guardò sospettoso Isabella, fece nuovamente per spegnerlo e la udì ringhiare.
« Non vorrai mica che ti leggo una favola? » domandò stupefatto.
Lei annuì.
« Va beh... » commentò lui. 
Un'ora dopo la fiaba ebbe termine. Alexandra dormiva felice in quello che sembrava un nido d'uccelli. Tra le gambe di Isabella, con i lunghi capelli di lei che le si erano raccolti tutt'attorno  quasi fossero un'imbottitura.
La bambina venne messa a letto, mentre Steve ricordandosi della lista di Isabella le chiese « Ci guardiamo un film noi tre? » 
 
Erano le due di notte, questa era l'ora segnata dalla sveglia, quando Ilary si svegliò. Tutto era andato bene, nonostante la presenza di Isabella le desse un minimo di preoccupazione. 
Aveva visto un lato di lei totalmente nuovo, in certi momenti infantile. Però non poteva dimenticare che quella persona era responsabile del massacro del casinò Putin. La notizia era rimbalzata per mesi su tutti i telegiornali dello spazio umano.
Suo marito si era preso parte della responsabilità, dando la falsa notizia che si era trattata di un'operazione militare finita male. 
Per questo delle persone lo odiavano, erano i parenti delle vittime. Ogni tanto protestavano al di fuori della base del I° reggimenti, altre volte vicino a luoghi dove Isabella sarebbe stata presente. 
Li capiva, erano stati privati della possibilità di avere giustizia.
« Steve, sei sveglio? » domandò nel buio della camera.
« Se mi parli...per forza. » borbottò con voce impastata, chiaramente seccato di essere stato svegliato. « Alexandra, piange? »
« No. » dal tono usato lui capì che vi erano problemi. 
« Quindi? » 
« Perché hai preso le parti di Isabella, riguardo al casinò Putin? »
« Cosa cavolo centra...a quest'ora. Non ha importanza. » rispose seccato. 
« Per me ne ha. » dichiarò pacata lei. Lui tirò anche un calcio alle coperte.
« Le conosci! » sbottò, veramente infastidito.
« Quelle ufficiali, ma quelle personali? » Seguirono alcuni lunghi istanti di silenzio, lei temeva di averlo fatto arrabbiare. Si sentì chiedere « Cosa sai di come funzionava originariamente il programma phantom di Isabella? »
« So che influenzava la sua possibilità di decidere o per meglio dire glielo impediva. »
« Faceva molto di più, per ogni sentimento che provava o pensiero autonomo le infliggeva dolore. Con sentimento intendo qualsiasi. Quando Isabella si è ripresa dal coma, scoprendo che Dasha era morta o almeno così credevano tutti, quanto dolore deve aver provato e quanto deve averle inflitto il suo programma phantom? Come punizione per provare un sentimento. Nel caso che tu non lo sappia, l'intensità del dolore inflitto aumentava con la forza del sentimento provato e con la sua durata. Non mi stupisco che a un certo punto, sia “scoppiata”. Non riesco a vederla solo come il carnefice, anche lei è stata una vittima di quella spia che si era infiltrata nella Noveria Corps. In più, si definisce mia amica. »
« Lo è veramente per te, un'amica? »
« Probabilmente si...non so, non riesco a darti una risposta sicura. »
« Quindi l'hai protetta per amicizia? »
« Sicuramente per egoismo personale, credo... questa base, la vita che facciamo qui, è il mio piccolo angolo di paradiso. Ogni giorno la solita routine, mi piace e non voglio che niente la minacci. Però per tutto questo servivano i miliardi di Dasha, se si toccava Isabella tutto questo era a rischio. Non rischio il mio pezzo di felicità per soddisfare la giustizia altrui. »
Seguì un lungo istante di silenzio, Ilary non osava parlare perché le sembrava che lui avesse ancora un'ultima cosa da dire.
« Sono un mostro? » domandò a un tratto stupendola.
« No, sei solo un uomo che vuole difendere la propria felicità. » dichiarò stringendosi vicina a lui, anche se al buio capiva lo stato d'animo in cui quel discorso l'aveva lasciato. 
Era turbato. La sicurezza in se stesso non era una sua dote. 
Ilary lo strinse a se, massaggiandogli dolcemente la nuca. Presto lo sentì dormire tranquillo nel suo abbraccio.
Abituata dall'addestramento militare lei si svegliò alle sei del mattino, subito si accorse di essere sola nel letto. Immaginava dove poteva essere, ogni tanto vi si recava quando aveva dei dubbi. Sarebbe rientrato tra beve, come sempre l'avrebbe accolto con una colazione pronta e il suo miglior sorriso.
Ebbe una sorpresa alzandosi. Isabella era in piedi davanti a una porta finestra, fissava pensierosa qualcosa fuori dalla finestra. Per un attimo fu contenta che Steve non fosse lì, la bionda era in canottiera e mutandine. 
Doveva sicuramente averla notata, ma non disse lo stesso niente continuando a guardare fuori. 
Ilary ebbe un'idea che le fece provare un istante di gelosia, si mosse a disagio.
Avvicinandosi a Isabella le disse « Credo che Steve abbia bisogno di parlare con un amico. »
In risposta l'altra donna inclinò di lato la testa, assumendo un'aria interrogativa. « Ha sempre paura di farmi preoccupare, per questo non mi dice tutto. » rispose a quella muta domanda e aggiunse « Forse con te parlerebbe. Vorrei che lo raggiungessi. » 
Isabella aprì la finestra, ma Ilary aggiunse seccata « Che ne dici di mettere dei pantaloni? » 
 
Steve stava fissando due tombe fresche di sepoltura. Ebbe quasi un infarto, quando con la coda dell'occhio intuì una figura dietro di se. 
« Cazzo! Fai un po' di rumore ogni tanto! » disse aspramente a Isabella.
« Phantom! » affermò lei indicandosi, come se quello spiegasse tutto.
Sentendosi fissato, lui avvertì il bisogno di parlare.
« Sai, questi sono i primi caduti del I° reggimento. » - spiegò alzando un braccio a indicare le tombe - « Sono morti in una missione che ho ordinato, avevano tutto il necessario per tornare vivi. Ho scritto lettere ai parenti, presenziato al funerale e sono rimasto in silenzio mentre venivo accusato. In tutto questo ho provato solo noia e fastidio. Davanti a quel dolore sono rimasto indifferente, non ci riesco davvero a provare qualcosa per gente che posso aver conosciuto solo di vista. » sospirò pesantemente rimanendo in silenzio.
C'era dell'altro, Isabella lo capiva dal suo atteggiamento.
Riprese a parlare « Ilary mi ha chiesto perché ti ho difeso riguardo al casinò Putin. Odio dirlo, ma ho provato gli stessi sentimenti riguardo a queste tombe. Sono rimasto colpito dal numero delle vittime, ma non ho provato la minima empatia per esse. Ero più che altro sollevato nel sapere che stavi bene, questo solo per il fatto che ti conosco. Adesso per la stampa sono il “comandante massacro”, l'opinione pubblica mi odia e non me ne importa, ma la cosa peggiore sono i parenti delle vittime quando si ritrovano a protestare davanti alla base. Fastidiosi. Fortuna che la zona militare comprende anche la zona residenziale per i militari, altrimenti mi si piazzerebbero davanti casa. »
Isabella provò una strana sensazione a quella spiegazione, tanto da doverla esprimere a parole « Mi dispiace. »
Steve aggrottò la fronte per la sorpresa « Per il massacro? »
Lei fece segno di no con la testa e disse « Mi dispiace di averti dato problemi. »
« Io … » lui si ammutolì, gli ci volle un attimo per trovare una risposta « Fa niente. » 
Fissandolo negli occhi, senza la minima vergogna lei chiese « Tutto questo parlare, è amicizia? »
« Credo di si. » rispose lui un po' imbarazzato.
Preferì cambiare argomento « Grazie dell'aiuto che ci hai dato su Erinle, mi è dispiaciuto mandarti da sola. Ho sempre odiato queste cazzate da agente segreto. Tutti sono preoccupati per questa storia degli Yagh. Fosse per me, avrei già messo fine al problema invadendo Parnack. »
Lei gli rivolse uno sguardo incuriosito « Come farei? Semplice, nella società Yagh non esiste la famiglia. I loro figli sono presi e educati dallo stato, le loro femmine vivono in una specie di harem pubblici solo per partorire altri Yahg. Questi harem sono facilmente riconoscibili, essendo strutture piuttosto vaste. Li colpirei, con ordigni nucleari da un megatone. In caso di successo potremmo uccidere tutte le femmine della loro razza in un'unica azione. Fatto questo userei il vespene, è un potente gas incendiario, liberando sopra alle città principali. Presumendo che fino a questo punto tutto fosse andato bene sbarcherei con il I° reggimento, lo scopo sarebbe quello di impossessarci dell'armamento nucleare del nemico. Non è un segreto che gli Yahg ne possiedono uno. Penso che la nostra tecnologia ci permetterebbe di superare facilmente qualsiasi ostacolo informatico al riguardo. Una volta in nostro possesso, farei detonare tutte le loro testate nucleari in contemporanea...inverno nucleare su Parnack e fine degli Yahg. Noi ovviamente saremo al sicuro, l'armatura NC-13 ci proteggerebbe dalle radiazioni fino all'arrivo dei trasporti, poi tutta a casa contenti di aver reso la galassia più sicura per i nostri cari. Di sicuro sarebbe più facile bombardare il pianeta dalla spazio ma il Consiglio non darebbe mai un simile ordine, così ho riflettuto su come recuperare la potenza di fuoco necessaria e mi son detto... perché non usare quella del nemico? »
« Io ci sono in questo piano? » domandò Isabella
« In prima linea ad ammazzare Yahg. » - e aggiunse - « Mostruoso vero? Ho ideato un piano, che potrebbe benissimo funzionare, per sterminare una razza senziente senza il minimo rimorso. Forse me le merito veramente tutte le critiche di questa società. In ogni caso non importa, Olivia ha già ideato un buon piano, davvero ottimo. Dovremmo mettere fine alle ambizioni del Dominio Yahg con perdite minime per ambo le parti.»
Lei gli mise una mano sulla spalla « Sono opinioni inutili, vite inutili, sono prede che criticano predatori. Lamentarsi è tutto quello che sanno fare e che faranno sempre. »
« È un tentativo di consolarmi? » 
Lei annuì « Grazie. » rispose sincero lui. 
Isabella gli sorrise, contenta di essere stata inclusa in quel piano immaginario, sentiva il bisogno di dirgli qualcosa « Ho avuto modo di uccidere degli Yagh, sono una razza interessante perché lo “stupido trucco” non ha funzionato. Rispondono a dei segnali basilari di pericolo e paura diversi. Mi piacerebbe affrontarne altri. »
« Ho bisogno di chiedertelo, per la mia pace mentale: non ti sei lasciata dietro qualche traccia? » 
Isabella mise il broncio a quel dubbio sulla sua bravura, ma si ricordò di qualcosa « Ho fatto la cacca, nella base nemica. »
Steve rise di gusto per alcuni istanti « L'universo non andrà a puttane per una cacca. » dichiarò e aggiunse « Torniamo indietro, Ilary comincerà a preoccuparsi. È stata lei a mandarti, immagino. » al segno affermativo di lei « Meglio sbrigarsi o potrebbe diventare gelosa. »
« Credo abbia capito che non sono interessata al tuo pene. »
« Ok, ma sul serio...evita questo genere di frasi. »
Isabella sbuffò, trovava ridicole le restrizioni che esistevano per qualcosa di naturale e spontaneo come il sesso. 
 
« Tutto bene? » si sentì domandare Steve appena fu a casa, Ilary l'attendeva sorridente. Lui avrebbe voluto dire diverse cose, non sapendo da dove iniziare si chinò e la baciò in bocca.
« Mi piace, ma lo devo a qualcosa? » commentò lei.
« Volevo dirti che mi dispiace averti fatto preoccupare, quello e altre cose ma non sapevo da dove iniziare...così... » la baciò nuovamente e con più intensità.
« E questo ? »
« Questo era solo per passione. »
« Ancora meglio. » rispose sorridente lei, per baciarlo a sua volta. 
« Coito mattutino? » la domanda di Isabella risuonò forte e chiara. Lui rise e Ilary divenne rossa  in viso. 
« Vieni, ti voglio mostrare una cosa. » dichiarò Steve facendole cenno di seguirlo. Si unì anche la moglie per curiosità, sapendo di cosa il marito parlasse. 
 
La “cosa”  era una gigantesca stanza blindata situata nel sottosuolo della villa. Ma la sorpresa era che all'interno era allestita come un locale, dentro vi si trovava di tutto. Una griglia gigantesca su cui sembrava ci sarebbe stata una mucca intera, un bancone in legno da bar, tavoli per mangiare, da biliardo e di altri giochi tipici delle sale gioco, un gigantesco schermo televisivo di ultima generazione, postazioni da videogiochi da sale gioco, ridicoli gadget di tutti i tipi e misure alle pareti, un poligono da tiro con tanto di armi e un impianto stereo all'avanguardia. Inoltre si notava un certo grado di disordine, l'ambiente non era ben pulito come il resto della casa. 
Ma la cosa più strana era una statua dorata raffigurante lo s.p.e.t.t.r.o. traditore Saren Arterius.
Trovava quell'ambiente curioso, ma non capiva perché gliela stava mostrando. 
Intuendo la sua perplessità Steve disse « Qui è dove si è svolta una delle tante avventure di mio padre, noi le conosciamo tutte a memoria e se ti interessa poi te la racconto, per questo quando ho visto che questa villa era nella zona espropriata a uso militare ho fatto carte false per avere questo terreno. La parte superiore, a causa della guerra, era in macerie ma sapevo cosa c'era sotto. Con un piccolo aiuto di voi della Noveria Corps, ho fatto presente a Dasha che qualche favore me lo doveva, abbiamo collegato la nuova casa a quello che rimaneva delle vecchie fondamenta e aperto il collegamento per “questo.” » e entusiasta indicò tutto il locale. 
Lei però non capiva perché le sarebbe dovuto interessare,
« Un locale dove io e i ragazzi ci troviamo per fare grigliate e cose varie ma sempre stupide e ignoranti, quando non dobbiamo preoccuparci del lavoro. Non che la stiamo usando con la frequenza che vorrei, siamo tutti sommersi da impegni. In questi due anni non una volta siamo riusciti a trovarci tutti, qualcuno mancava sempre. Quando ti sei data allo sport, alla scherma, dal primo incontro abbiamo sempre scommesso su di te. Gli altri non ti conoscevano, ma noi andavamo sul sicuro. Con i soldi vinti abbiamo allestito questo posto. Adesso che sei famosa, la campionessa indiscussa della scherma galattica, le vincite si sono molto abbassate ma puntiamo ancora. »
« Quindi? » lei si stava stufando.
« Non ho mai dimenticato che non abbiamo mai fatto quella famosa grigliata a fine guerra, che ti avevo promesso. » - Isabella fu sorpresa che lui se ne ricordasse, troppi impegni per entrambi in quel periodo - « Così, se ti va, la prossima volta ti invito. Insomma, se ti vuoi unire al nostro gruppo. » detto questo, azionò il suo omnitool e la figura olografica gli comparve sul braccio. Digitò alcuni comandi.
Il braccio di Isabella si illuminò, il suo omonittol si attivò segnalando la richiesta di unirsi a un gruppo extranet chiamato “ Cazzate e grigliate. “
 
Isabella si sentì persa, non capiva cose le succedesse, avvertiva una strana emozione montarle da dentro. Distrattamente alzò una mano per asciugarsi un occhio, non capiva, poi dovette fare lo stesso anche con l'altro, ma non fece in tempo che quello di prima era nuovamente umido. 
Uso entrambe le mani, non capiva, perché all'improvviso lacrimava, fino a pochi momenti prima i suoi occhi non erano irritati. Il fenomeno sembrava in aumento, non capiva, pensò di essersi presa una strana malattia gli occhi. Poi notò che aveva anche una lieve difficoltà a respirare, non capiva, ogni tanto il fiato le usciva a singhiozzo. Cosa le stava succedendo? Non capiva.
Non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco...
« Non dirmi che ti sei commossa? » disse Steve stupefatto.
“Commossa!” lei non sapeva come, ma qualcosa nella sua mente le stava urlando che era esattamente così. Ma di chi era quella voce? Sembrava la sua ma nel contempo era diversa. 
Una mano sul braccio sinistro la fece voltare, era Ilary « Vieni, qui c'è anche un bagno. Hai bisogno di darti una rinfrescata. » e l'accompagnò.
 
Isabella guardava la propria immagine riflessa nello specchio del bagno, questa le sembrava strana. 
Non aveva mai fatto caso al suo di linguaggio del corpo, quindi non poteva esserne sicura, ma sembrava diverso. Scosse la testa, era impossibile. 
Ringhiò alla sua stessa immagine nello specchio, la fissò intimidatoria quasi fosse un nemico.
« Chi sei ? » mormorò al riflesso prima di uscire. 
 
« Tutto bene? » le domandò Ilary.
Lei a capo chino mormorò « Voglio Dasha. » in quel momento sentiva davvero la necessità dell'altra donna. Della stabilità che la sua presenza le dava.
A Ilary ricordò una bambina triste, a dispetto di cosa potesse pensare di lei, non riusciva davvero a vederla in quelle condizioni.
« Sentì, non sono Dasha ma conosco un trucco che ti può far sentire meglio...se mi dai il permesso. »
Il phantom annuì, Ilary si fece avanti e sorprendendola l'abbracciò dolcemente.
« Dicono che se abbracci qualcuno per trenta secondi, poi si sentirà meglio. »  spiegò la donna a Isabella. « Come ti senti adesso? » chiese mentre la lasciava. 
Si sentì trattenere e rimase sbigottita quando le sussurrò « Altri trenta secondi. » 
Ilary annuì, sorridendo in maniera dolce a quella richiesta. 
Steve, leggermente in disparte, osservava pensando “ Sembra l'inizio di un film lesbo.”
Il resto della giornata passò tranquillamente: Steve andò al lavoro seguito da Isabella che sarebbe stata al centro di un intenso allenamento per tutto il I° reggimento, mentre Ilary lasciava Alexandra all'asilo per andare al centro addestramento piloti.
La serata terminò come quella precedente: Alexandra che giocava con i lunghi capelli di Isabella, mentre ascoltava Steve leggere una fiaba.
 
« Perché voi due non provate a fare amicizia? » l'idea, detta ad alta voce da Steve mentre facevano la colazione e lui cercava di far mangiare la bambina. 
Isabella inclinò la testa nel suo solito modo, quando non capiva qualcosa.
Ilary sgrano gli occhi incredula. « Questa idea da dove ti è saltata fuori? »
« Ieri, quando l'hai abbracciata per tranquillizzarla, normalmente decapiterebbe chiunque cercasse di avere un contatto così stretto con lei e non intendo in senso figurativo. »
« Non credo di starle simpatica dopo quello che le ho detto appena è arrivata. » 
Steve stava per chiederle cosa potesse averle detto quando « Ok. » pronunciato da Isabella risuonò forte è chiaro. 
« Sul serio? » mormorò allibita Ilary « Anche dopo quello che ti ho detto. »
« Difendevi la tua prole, il tuo ruolo e territorio. Sono istinti normali. » fu la risposta di Isabella che spiazzò entrambi. Era sorprendentemente ragionevole come argomento.
« Magnifico! » - esordì Steve - « Visto che oggi Ilary ha pure la giornata di riposo, potete fare qualcosa assieme. »
« Tipo? » chiese la moglie, non sapendo cosa potesse avere in comune con Isabella.
« Oggi saresti comunque andata al centro commerciale, portala con te. »
Ilary lo fissò dubbioso, mentre Isabella si era messa a cercare qualcosa sulla sua lista di cose da fare. 
« Fare compere? » domandò all'altra che annuì. Il phantom cancellò un'altra voce, sembrava aver accettato l'idea.
« Va bene.» mormorò Ilary, dubbiosa di come sarebbe potuta andare.  
 
Il centro commerciale in questione era situato al di fuori della zona militare, nella cittadina che sorgeva a ridosso di essa. Il viaggiò fu breve e senza problemi, portarono con loro anche Alexandra.
Uscendo dalla base in auto, un gruppo di una quarantina persone sostava davanti all'ingresso con un grosso striscione con la scritta: “ Steve Williams Shepard, sei solo un criminale”. 
Ve ne erano altri meno appariscenti con scritte “Giustizia per le vittime” “ Ricordiamo il casinò Putin.”
Ilary fece una smorfia e passò oltre, contenta che non la riconoscessero. Lanciò una rapida occhiata a Isabella, chiedendosi che cosa ne pensasse e contenta che non sapessero della sua presenza. 
Il phantom non fece niente, limitandosi a fissarli.
Adesso erano lì, in una delle gallerie del centro commerciale, con Isabella che portava Alexandra in spalle. Sembrava davvero felice, aveva anche accettato di lasciare le spade a casa. Sempre più spesso le capitavano situazioni in cui non poteva portarle, sembrava ci stesse facendo l'abitudine. 
« Ti piacciono i bambini? » chiese Ilary.
Lei si voltò « Non lo so, mi piace Alexandra, ha un fantastico linguaggio del corpo. Quello mi piace. »
Incuriosita dalla risposta che riguardava la figlia « Cosa intendi? »
« Non so rispondere, non conosco termini adatti. Si potrebbe dire che avrà un bel carattere. »
La bambina era sempre stata brava, faceva anche poche bizze, però dopo quella sorte di premonizione sul futuro carattere della figlia la madre le dedicò un'occhiata sospettosa.
Sembrava dire “Tesoro, non farmi scherzi. “
« A parole tue, come la definiresti? »
« Un predatore! »
Quella definizione le piacque ancora meno.
Gli acquisti andarono bene, Ilary scoprì che Isabella aveva uno scarso senso del valore del denaro. Non riusciva a capire quando un oggetto era troppo costoso o invece sarebbe stato bene dubitare della sua qualità visto il basso prezzo.
Alla fine le chiese « Tu come fai quando vuoi comprarti qualcosa? »
Lei mostrò una scheda identificativa ID « Consegno questa e posso prendere quello che voglio dai negozi della Noveria Corps. »
« Ok, ma se non sei in un negozio della tua compagnia? »
Lei fece spallucce « Consegno sempre questo ID e fanno. »
« Si, ma fanno caso? Hai mai controllato che prendano il giusto? »
Isabella inclinò la testa, Ilary ormai aveva imparato a riconoscere quel gesto. Significava che lei non capiva, si stava accorgendo che questa donna di cui conosceva le pericolosità era anche molto ingenua e spontanea su ciò che non riguardava il mero combattimento. 
Improvvisamente notò che la gente sembrava fissarle, le ci volle poco per accorgersi che non era solo una sensazione. Fissò Isabella, dovevano averla riconosciuta.
Si diede della stupida per non averlo vista prima, si trattava un cartellone pubblicitario di notevole dimensioni. Questo promuoveva una nuova linea di abbigliamento intimo della Noveria Corps.
A invogliare all'acquisto del prodotto, una gigantografia proprio di Isabella con solo reggiseno e mutandine indosso. Per prudenza decise che era meglio andar via.  
Erano quasi arrivate a destinazione, l'ingresso della zona militare era a qualche decina di metri, quando Ilary si accorse di una cosa allarmante.
I parenti delle vittime del Casinò Putin guardavano dentro a ogni auto in entrata e uscita dalla base, dovevano aver saputo che l'assassina diretta dei loro cari era lì. 
Non era neanche difficile immaginare il “come”, era sufficiente che qualcuno al centro commerciale avesse inviato su extranet la notizia di averla avvistata. 
Le stava per dire di tenere giù la testa, ma si accorse che era già troppo tardi. Una donna stava urlando e nel farlo indicava la loro auto. La sagoma di Isabella era inconfondibile. 
In un attimo la loro auto fu circondata, una ventina di persone furiose urlavano “Assassina “ e insulti picchiando violentemente le mani contro l'auto facendola traballare. 
La piccola Alexandra, sul sedile dietro, prese ad agitarsi nel suo passeggino emettendo vagiti di paura. Isabella non si capiva cosa stesse facendo, teneva le mani vicino al viso.
Ilary suonò il clanson dell'auto, più e più volte, richiamando i militari al cancello che intervennero insieme a dei rinforzi. 
Scortata e protetta la vettura poté finalmente entrare nella zona militare. Finalmente al sicuro Ilary si voltò verso Isabella, era china in avanti con le mani alla bocca.
« Tutto bene? » non capendo cosa stesse facendo e mettendole una mano per farla voltare verso di lei. Quello che vide la scioccò: aveva uno sguardo vitreo e fisso in avanti, ma la cosa traumatizzante fu scoprire che Isabella non si stava coprendo la bocca.  Si stava mordendo le dita di ambo le ambi al punto di farle sanguinare. 
« Cosa stai facendo ? » 
« Mi dispiace. » fu l'unica risposta, mormorata con difficoltà avendo la bocca impegnata a mordere. Sembrava incapace di molare la presa. Ilary non osava intervenire e dopo qualche secondo di apparente fatica, Isabella riuscì ad aprire la bocca sfilandovi le dita. 
A casa, dover aver messo Alexandra in camera sua la medicò.
 « Perché l'hai fatto? » domandò Ilary.
« Il mio istinto...ero pronta, ho preferito trattenermi. Il dolore era il metodo migliore... Ho creato problemi a Steve? A voi? » 
« Io... » - Ilary si fermò incerta su cosa dire, veramente stupita da quella domanda, forse sarebbe stato un bene mentire ma ricordò chi aveva davanti « Si, non pochi. »
« Mi dispiace. » Quell'affermazione lascio Ilary allibita, totalmente senza parole. Isabella che si scusava, l'universo stava forse per implodere?
Invece la vide alzarsi, recuperare di gran corsa le sue spade e dirigersi verso la porta.
« Aspetta...cosa pensi...che intenzioni hai? » domandò preoccupata. 
« Meglio che vada, lascerò il pianeta. Di a Steve che aspetterò l'invito. Sono stati due giorni divertenti, hai un bellissimo linguaggio del corpo che si combina bene con quello di lui. » detto questo uscì. 
Ilary le corse dietro, ma come aprì la porta di Isabella non c'era traccia. « E adesso... »
 
Quello sera Steve era già informato di tutto, non aveva visto Isabella ma sapeva che l'Atlantic Codex era venuta prenderla. Il phantom non era più sul pianeta, di questo Ilary poteva essere sicura.
La donna tirò un sospiro di sollievo, aveva temuto il peggio ma fortunatamente non era successo niente.
« Allora, quando pensi di farla questa benedetta grigliata? Questa volta la tua amica si offenderà veramente se non la inviti. »
« Non dirlo a me, hai idea di quanto sia difficile trovare una data che vada bene per una trentina di persone? Ma questa volta ci riuscirò! » e si mise a postare sul gruppo extranet. 
 
******
 
Isabella guardava con piacere il bus caduto nel precipizio bruciare, con tutti i suoi occupanti all'interno. Con i sistemi di occultamento di cui era provvista l'Atlantic Codex, non era stato un problema tornare sul pianeta non vista. 
Aveva atteso per un giorno intero, occultata, spiando quelle persone che l'avevano infastidita.
Quelle “prede” che osavano lamentarsi. 
Quando, giunta la sera, erano tutte salite su un bus che avrebbe dovuto portarle da qualche parte le aveva seguite, al momento opportuno aveva causato un incidente. 
Un biotico di livello cinque poteva bloccare un'auto, per lei che era un sesto grado agire su un bus era stato facile. 
Con la soddisfazione di un lavoro ben fatto aveva controllato che fossero tutti morti.
Stranamente notò che si sentiva particolarmente compiaciuta, di quel semplice operato che non l'aveva per niente impegnata. 
Sorrise all'idea che le si stava formando in testa, quella di essere stata d'aiuto alla famiglia del suo amico e a lui.
Felice si allontanò, certa che lui avrebbe apprezzato quel gesto anche se sapeva che non poteva raccontarglielo.
Adesso però doveva muoversi, aveva una sfilata tra due ore e con l'Atlantic codex sarebbe arrivata giusto in tempo.
« Rischio proprio di civilizzarmi. » borbottò fra se. 
 
******
 
“Che incredibile botta di culo.“ fu il pensiero di Steve quando seppe dell'incidente, non lo avrebbe detto a nessuno ma si sentiva sollevato da un peso adesso che quelle persone erano morte. Ringraziò la sua fortuna, poteva considerare tutta la faccenda dal casinò Putin chiusa.  
 
***** 
 
Su Erinle una donna di colore passava in rassegna, aiutata da una squadra scientifica formata da diverse razze, tutti i cadaveri dei difensori. Le truppe del Dominio Yagh assieme a mercenari Vorcha avevano ripreso possesso della base. 
Era tesa, perché adesso era tutta questione di fortuna. 
Aveva previsto che per raccogliere informazione sugli Yahg, la “cara” Olivia avrebbe inviato Isabella.
Conosceva la natura del phantom, davanti a un nutrito gruppo di biotici non avrebbe resistito alla tentazione di attaccarli. Per questo ne avevano raccolti così tanti. Di fatto tutta l'invasione del pianeta serviva solo ad attirare a Isabella.
Questo per recuperare da lei un elemento fondamentale: una traccia della lunghezza d'onda posseduta dal suo eezo. Essa era unica per ogni biotico. 
Quella del 19 poteva stimolare la trasformazione dell'eezo in questo isotopo. Per questo era fondamentale recuperarla. 
Su base matematica c'era una buona percentuale di successo di recuperare almeno un nodulo di eezo dai cadaveri difensori, dato il loro numero, in cui fosse rimasta tale traccia energetica.
Sospirò stanca, non avevano trovato niente. Non capiva, non era stato trovato nessun nodulo di eezo. Che fine avevano fatto? Cosa diavolo aveva mai fatto Isabella per far fallire il suo piano?
Guardò lo strumento che teneva in mano, nessuna segnalazione. 
Si alzò per andare in bagno, passando davanti a una porta lo strumento emise un segnale. Vi entrò incredula. Dopo una breve ricerca la vide.
Sul fondo di un cesso, una merda di colore blu elettrico. Immerse le mani, prendendola delicatamente e tirandola fuori dall'acqua. 
Lo strumento emetteva un allegro ticchettio molto più forte.
La donna sorrise « Una merda, lo strumento perfetto per far sprofondare la galassia nella merda! » e rise di gusto. 
   
 
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