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Autore: Reginafenice    26/02/2018    1 recensioni
Ho immaginato come, qualche mese dopo la morte di Elizabeth, Ross avrebbe potuto reagire ad un incontro non pianificato con il frutto della suo adulterio, Valentine, e quali sentimenti avrebbe suscitato in lui l’avere a che fare concretamente con quel figlio mai riconosciuto una volta messo finalmente di fronte alla realtà che, per quanto dolorosa, lui non è mai stato in grado di accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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George Warleggan aveva trascorso la notte insonne, preoccupato da mille pensieri riguardanti l’incontro che avrebbe avuto con suo figlio e Ross Poldark, per la prima volta insieme davanti ai suoi occhi, proprio in quella casa, pullulante di spiacevoli ricordi per entrambi. Era ancora così dannatamente difficile da sopportare l’umiliazione che provava ogni volta che si concentrava su Valentine, ma era stata la sua imprevista convivenza con Ross, in quei pochi giorni di burrasca, ad aver risvegliato in lui antichi sospetti, a lungo taciuti ma mai dimenticati, riguardo la sincerità del giuramento di Elizabeth che, concepito per mettere fine ai suoi angoscianti dubbi sulla paternità di Valentine, si era dimostrato tuttavia insufficiente a persuaderlo del tutto, accecato com’era dalla paura che fosse Ross il vero responsabile della rovina del suo matrimonio.

Per tentare di alleggerire il suo umore, pensò di recarsi nella nursery, dove la piccola Ursula riposava indisturbata sotto le cure della sua nutrice, anche lei appisolata all’ombra della tenda della culla. Si avvicinò con discrezione alla bambina e la osservò respirare con una calma quasi surreale per lui, che in quel momento stava vivendo un incubo ad occhi aperti. Ursula era la cosa migliore che avesse potuto fare nella vita, malgrado il suo ingresso nel mondo avesse comportato la morte di Elizabeth, e nessun senso di colpa lo avrebbe mai convinto a cambiare l’atteggiamento idolatrante che ogni giorno sentiva di doverle riservare per cercare di dedicare un po’ di quell’affetto anche a Valentine.

Catherine, la bambinaia, si svegliò proprio quando George prese Ursula dalla culla e lo vide allontanarsi verso la finestra, con la piccola tra le braccia, quasi fosse un faro in mezzo al buio che lo circondava.

A Nampara, Ross si svegliò quando ogni traccia di neve sembrava volersi sciogliere sotto la pressione dei raggi di un sole beneaugurante ma ancora troppo timido, con la chioma rossa di Demelza sparsa sul suo petto nudo. Si staccò gentilmente da lei e, dopo aver indossato la vestaglia, si sedette sull’orlo del letto per contemplarla mentre dormiva, stringendosi  forte al cuscino dove solo alcuni secondi prima lui aveva appoggiato la testa. Così inebriata dal suo profumo, sembrava un angelo in estasi tanto che Ross pensò di trovarsi di fronte ad un’opera d’arte di una bellezza inestimabile e desiderò che quel momento durasse in eterno, fino a quando l’incanto non fu spezzato dal ricordo dell’impegno inderogabile che aveva con George.

Fece per alzarsi dal letto, quando Clowance e Jeremy, scortati sin lì dal fido Garrik, fecero irruzione.

“Sorpresa!” Strillò la piccolina.

“Shh! Stupida, non vedi che la mamma sta ancora dormendo?” Jeremy la rimproverò ma, immediatamente, si pentì di averlo fatto perché l’effetto prodotto dal suo rimprovero fu ancora più disastroso di quanto aveva previsto. Clowance, infatti, aveva iniziato a piagnucolare in una maniera così rumorosa che fu difficile persino per Ross tentare di farla smettere prima che Demelza si svegliasse. La prese in braccio, facendola saltellare un po’ sulle sue ginocchia per calmarla, mentre Jeremy con le orecchie tappate dalle manine guardava la scena aspettando che sua sorella smettesse di lagnarsi.

In tutto quel baccano, Demelza continuava a riposare beatamente, muovendosi impercettibilmente sotto il peso delle lenzuola, troppo stanca e assorta dai bellissimi ricordi della notte precedente per dare ascolto al chiasso intorno a lei.

Ross girò la bambina verso di sé, in modo che potesse vederla negli occhi, “E perché mai avreste voluto disturbarci così presto?”  Fece una smorfia talmente buffa che la piccola iniziò a ridere di gusto.

“Jeremy…” si voltò verso di lui, puntandogli un dito accusatorio, “mi ha detto che anche tu lo sai, non è vero?”

Ross l’avvicinò a sé, “E’ proprio così…e non vedo l’ora di conoscere il vostro fratellino o la vostra sorellina.”

Clowance tirò un sospiro di sollievo, “Lo sapevo che anche tu l’avresti presa male!”

Ross guardò Jeremy e insieme scoppiarono a ridere fragorosamente, lasciando interdetta la povera Clowance che era ancora convinta di non aver detto niente di così divertente in fin dei conti.

Una volta ripreso fiato, Ross si asciugò le lacrime dagli occhi e, con la complicità di suo figlio, decise di stuzzicarla un po’.

“Senti, tesoro: preferiresti un maschietto o una femminuccia?” La osservò mentre rifletteva sulla risposta.

“Ovviamente, se non è troppo tardi per rispedirlo indietro, preferirei un fratellino.” Ci pensò ancora un po’ su, “ Si, è meglio.”

“Non vorresti una bella sorellina tutta per te?”

Clowance gli mise le mani sulla bocca per zittirlo, “No, no e no!”

Questa volta Demelza non poté ignorare il volume della voci che le si agitavano intorno e, avendo ascoltato un po’ della conversazione che si stava tenendo sul suo letto, sorrise e decise di intervenire.

“Clowance, ne abbiamo già parlato…”

Tutti e tre si voltarono contemporaneamente nella sua direzione, visibilmente pentiti di non essere riusciti a evitare di disturbarla con le loro chiacchere mattutine. Clowance si mise un dito in bocca e abbassò lo sguardo come se fosse stata appena colta in flagrante, “Ma papà non vuole un’altra bambina. Gli basto io, non è vero?”

“Beh, questo papà non l’ha detto…” Jeremy si sedette vicinò a Ross, appoggiando la testolina sul suo braccio vigoroso ma, inaspettatamente, Demelza lo prese da dietro e lo sistemò sul lato del letto accanto al suo, sperando che gli altri due seguissero  il suo esempio e si sdraiassero insieme a loro.

“In realtà, amore mio, non sei l’unica bambina della mia vita...” Ross iniziò a puntellarsi indietro per raggiungere il cuscino, trattenendo Clowance tra le gambe, “Tu avevi una sorellina che si chiamava Julia. Anche se vive ormai da tanto tempo in cielo e tu e Jeremy non potrete mai conoscerla, lei condividerà sempre un pezzo del mio cuore con voi…” Cambiò subito tono di voce, per non rovinare quello splendido momento in famiglia con ricordi ancora troppo tristi da gestire per due bambini, “Quindi, che problema ci sarebbe se fosse un’altra femminuccia?”

Il suo ragionamento non faceva una piega, pensò Demelza.

“E va bene…” Clowance andò a carponi verso il fianco di Ross ma, prima di stendersi e abbracciarsi a lui, si fermò e gli confidò a bassa voce che avrebbe preferito comunque un fratellino.

“Ti abbiamo sentita!” Demelza si sollevò leggermente, sporgendosi oltre i suoi uomini, per pizzicarle una guancia.

Si trattava di una situazione diametralmente opposta a quanto succedeva a Trenwith, ma in quella scacchiera, divisa in due schieramenti contrapposti, c’era un pezzo che era stato dimenticato e che non riusciva a trovare una collocazione precisa né nell’uno né nell’altro.

Valentine occupava la mente di George come un problema fastidioso, una zavorra che si sarebbe sempre portato dietro e che avrebbe preferito risparmiarsi volentieri, ma abbandonarlo al suo destino sarebbe stato come riconoscere davanti a tutti la sua sconfitta, soprattutto davanti a Ross.

Il posto che Valentine impegnava nella vita di Ross non era poi così diverso. Per lui, infatti, era un argomento tabù, o meglio, una macchia sulla sua coscienza che preferiva ignorare piuttosto che adoperarsi per rimuoverla, ma era convinto che tornare indietro non sarebbe stato possibile e l’irreversibilità di quel processo non faceva altro che scoraggiarlo dal provarci.

Demelza, invece, non la pensava affatto così. Mossa dalla convinzione che sarebbe stato ingiusto negare il legame che univa un padre a suo figlio, riteneva che, anche se Valentine non avrebbe mai dovuto conoscere la verità, Ross aveva il dovere di fargli sentire la sua vicinanza nei momenti di maggiore bisogno. In conclusione, se per i Poldark si trattava di un’ombra dai contorni meno labili ma comunque ancora indefinita, per Warleggan era proprio il peso consistente che quell’ombra aveva nella sua vita reale a peggiorare le cose.

I bambini furono riaccompagnati da Ross nella loro cameretta, in modo che Prudie potesse aiutarli a vestirsi. Quando tornò da Demelza, la trovò in piedi ad aspettarlo, avvolta in uno scialle per ripararsi dagli spifferi; prendendola per la vita, la avvicinò a sé e le spiegò il motivo per cui, quella mattina, aveva una certa fretta di cambiarsi.

“E’ sempre il solito George, dunque. Speravo che la nascita della bambina lo avesse ammorbidito…”

“Non credo che cambierà mai, amore mio.” Si staccò da lei per cercare i suoi vestiti.

Demelza sembrava piuttosto pensierosa, mentre si scioglieva la treccia davanti allo specchio della toletta e iniziava a pettinarsi i capelli, “La perdita di Elizabeth deve essere stata un duro colpo per lui.”

“Non solo per lui…”

Si girò verso la porta, ma Ross se n’era già andato, lasciandole un sospetto che si faceva sempre più simile ad una certezza: neanche la morte avrebbe potuto far cessare quel conflitto che lei ed Elizabeth combattevano da anni dentro di lui e forse, a questo punto, era giunta l’ora di una ritirata, almeno da parte sua, visto che iniziava a sembrarle davvero impossibile poter vincere contro la forza di un ricordo ancora così vivo.

   
 
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