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Autore: Ksyl    27/02/2018    7 recensioni
FF che apre un varco temporale AU tra il litigio di Always e il finale di Always per come lo abbiamo sempre conosciuto. Cioè come se non fosse avvenuto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Richard Castle
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Era talmente scontato quello che Castle aveva architettato alle sue spalle che fu sopraffatta dal biasimo nei confronti di se stessa per non averlo intuito, per non esserselo aspettato. Come era potuta essere tanto distratta? Aveva abbassato la guardia, forse? O, peggio, aveva perso la sua naturale abilità di leggere in modo preciso e puntuale la realtà circostante? Stava perdendo colpi.
L'essere troppo severa con se stessa, invece, faticava a scrollarselo di dosso.

Naturalmente non se ne era andato, non lo avrebbe mai fatto. Non quando poteva leccarsi i baffi e divertirsi a tormentarla, trasferendosi nel suo stesso villaggio. O era lì solo di passaggio? Cercò di recuperare in preda alla frenesia e a un disperato ottimismo destinato a cadere nel vuoto le esatte parole pronunciate, ma fu uno sforzo vano. Avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione. In ogni caso era lì, davanti a lei, splendente come l'oceano accarezzato dal una brezza leggera in una abbagliante giornata estiva con l'unico scopo di infastidirla, starle addosso, perseguitarla. Qualsiasi cosa avesse in mente cadeva necessariamente in quel campo semantico.
Un acre fiotto di impotenza le risalì bruciante in gola. Perché non le dava mai retta? Perché doveva sempre infiltrarsi come un'edera infestante, impossibile da estirpare? Da quando, soprattutto, lei usava metafore floreali?
"Castle!", latrò con voce strozzata, fulminandolo con uno sguardo rabbioso.
"È un grande piacere conoscerla, Katherine". Lui se la stava spassando, era sfacciatamente visibile dal tono flautato con cui le si era rivolto. Le aveva anche fatto l'occhiolino, in modo discreto, mentre le tendeva amichevolmente la mano, con tutta l'innocenza che riuscì a simulare – che era molto più che credibile, dovette ammetterlo.

"Vi conoscete già?", chiese speranzosa Miss Elinor. Probabilmente non le sembrava vero di essersi imbattuta in un potenziale e succulento pettegolezzo, di cui ignorava l'esistenza, ma che poteva avere radici lontane in grado di impegnare piacevolmente le prossime settimane. Un grande e insperato successo per il comitato sentimentale del villaggio.
"No", intervenne Castle garbato, prima che lei potesse anche solo riorganizzare i pensieri. "Non avrei mai potuto dimenticare una ragazza tanto bella. E sola".
Aveva accentuato con enfasi sottile l'ultimo aggettivo con cui l'aveva definita, a beneficio delle sue nuove sostenitrici, certo di mostrarsi a loro come il gentiluomo che sacrificava se stesso per salvare giovani donne dalla solitudine a cui si erano volontariamente votate.
Peccato aver riconsegnato anche l'arma, quando aveva dato le dimissioni. Ma forse poteva farsi prestare un bastone da qualche vicino volenteroso e chiedere di essere lasciata da sola con lui in cima a una collina. Quegli occhi ridenti potevano smetterla di guardarla con tanta impudenza?

Fu costretta però stare al gioco. O forse non ebbe la presenza di spirito di smascherarlo subito e l'occasione sprecata purtroppo si volatilizzò per non fare mai più ritorno.
"Non di persona", lo corresse. "È uno scrittore abbastanza famoso in America. Ho letto un paio dei suoi libri tempo fa, ho dei vaghi ricordi", spiegò smorzando il tono, sperando di umiliarlo con quell'abbastanza famoso e i vaghi ricordi.
Il volto di Miss Elinor si illuminò di puro piacere. "Lo vede, signor Castle? È già una sua fan!", sottolineò con enorme felicità. "Avevo ragione a sostenere che foste adatti l'uno per l'altra, come le ho detto quando ci siamo conosciuti. Avete già tanto in comune. Io non sbaglio mai in queste cose".
Era il colmo. Avrebbe voluto cancellare con le unghie il ghigno soddisfatto comparso sul volto di Castle.
Volto che, a onor di cronaca, era visibilmente disteso, privo di ogni tensione e contrarietà e, onestamente, non la cosa peggiore su cui avesse avuto la sventura di posare lo sguardo. Emanava una generale energia di invitante rilassatezza che avrebbe potuto contagiarla, se non avesse prontamente issato nella sua mente un fitto muro di spade pronte all'uso, se si fosse palesata la fortunata occasione di non avere intorno testimoni.
C'era sempre la sua mano protesa tra loro, e questo significava un'enorme fiducia in se stesso che un po' gli invidiava. Lei aveva deciso di ignorare quel gesto di cortesia in un meschino tentativo di vendetta, che adesso la stava facendo passare per maleducata.
Fu costretta a stringerla. Castle tenne la sua tra entrambe le mani che erano avvolgenti e calde per come le ricordava. Dovette reprimere un brivido lungo la spina dorsale, che la prese alla sprovvista.

"Sono sempre felice di incontrare qualcuno che ama i miei romanzi, Katherine". Se avesse pronunciato ancora una volta il suo nome per intero non avrebbe risposto di sé e delle sue spade. "Anzi, se avesse voglia di parlarne, uno di questi giorni, sarei molto felice di sentire la sua opinione. Sono sicuro che è una lettrice attenta", finì con il tono compassato di chi ha lavorato per decenni a servizio della regina.
Kate finse di guardare l'orologio, per evitare di rispondergli e lasciar cadere nel nulla un invito tanto spontaneo. Era ormai irrimediabilmente in ritardo, forse poteva approfittare della situazione e volgerla a proprio favore, invece che perdere tempo ed energie a respingerla. Prese una decisione improvvisa e con tutta probabilità avventata, di cui ignorò volutamente le possibili conseguenze. In situazioni d'emergenza si attiva una parte di cervello primitivo e non controllabile che si occupa di gestire la situazione bypassando la mente razionale, avrebbe dato colpa a quello.

Sfoderò un sorriso smagliante, che Castle non si aspettava e che produsse in lui un curioso cambiamento di espressione e di postura, di cui si sentì soddisfatta.
"È un'ottima idea". Maledetto. "Perché non ne approfittiamo subito signor Castle? Le va un caffè? ", lo invitò, sforzandosi di apparire interessata e amichevole e non in preda a istinti omicidi.
"Chiamami Rick". Il tono caldo e sexy era per destinato a lei o alle sue ammiratrici che smaniavano all'idea che lei avesse già ceduto al suo fascino? Le stavano facendo segnali incoraggianti da dietro la sua ampia schiena, pur in religioso silenzio per non perdersi piccanti pezzi di conversazione.
"E sì, mi va un caffè, grazie. Per pura coincidenza oggi sono libero da impegni", aggiunse lui. Già. Che coincidenza.

Miss Elinor diede a Castle una gomitata orgogliosa. I due si guardarono con complicità. Lei era radiosa e Castle era... Castle. Un gatto che – di nuovo – aveva chiuso il topo in un angolo. Ma niente lo avrebbe preparato alla lavata di capo che lo aspettava inesorabile, non appena fosse riuscita a infilarlo in un posto isolato, senza pubblico sugli spalti a fare il tifo per lui.
"Mi sembra un'ottima idea, Katherine. Così potete conoscervi meglio". Le diede un'occhiata significativa e maliziosa. Le parole "te lo avevo detto" e "passeggiata a cavallo" si materializzarono tra loro, pur rimanendo inespresse. Neppure la donna poteva aver previsto una resa tanto rapida da parte sua. Perché non era di fatto una resa. Erano i rimasugli di buona educazione che sarebbero presto stati spazzati dalla sua furia. Ne aveva abbastanza di Castle e dei suoi giochetti.

   
 
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