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Autore: PseudoKassandra_    27/02/2018    1 recensioni
Ci capita troppo spesso di dare per scontato l'atteggiamento delle persone. Evitiamo di indagare ciò che hanno vissuto e ci nascondiamo dietro la frase "È carattere", ma spesse volte ciò che determina l'agire di qualcuno non è il carattere: è l'esperienza.
Tratto dal testo:
“È inutile che corri. Saremo con te per sempre.”
Le sentì benissimo quelle parole e voltò il capo quel tanto che bastava per osservare chi avesse intorno, però non riscontrò nulla di insolito all'interno del suo campo visivo.
Genere: Angst, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Naruto prima serie, Contesto generale/vago
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La Risata del Diavolo



Le piante dei piedi pulsavano, gli stinchi tiravano, i polmoni bruciavano eppure non si fermava. Alla velocità con cui correva percepiva il vento fischiargli nelle orecchie: un passo seguiva l'altro in meno di un secondo. La sua andatura vacillò solo quando un passo fu più disattento degli altri e di conseguenza gli procurò una caduta sul terriccio. Tossì per scacciare via la polvere che gli era entrata nel naso e continuò finché non si ritrovò disteso e ansimante, reclamando aria per ossigenare le cellule. Raccolse una manciata di terra e i pugni si serrarono con così tanta forza che le unghie graffiarono via la pelle dai palmi delle mani. Sembrava che avesse trovato riposo, ma, quando alle sue narici giunse il tanfo acre del legno bruciato, quello scattò in piedi e riprese anche il movimento meccanico delle sue gambe.

 

“È inutile che corri. Saremo con te per sempre.”

 

Le sentì benissimo quelle parole e voltò il capo quel tanto che bastava per osservare chi avesse intorno, però non riscontrò nulla di insolito all'interno del suo campo visivo.


Il sole era calato da qualche ora e al suo posto sorgeva la luna, i cui raggi venivano riflessi dalla capigliatura albina che ancora ondeggiava seguendo l'andatura del ragazzo. Ormai gli tiravano tutti i muscoli degli arti inferiori, sentiva la gola secca e da quanto aveva sudato i suoi vestiti erano fradici. Solo quando vide che una nuova alba stava per sorgere e che il luogo in cui si trovava era privo di essere viventi si arrestò.

Una lunga distesa erbosa percorsa da un fiume gli si parava davanti. Ancora col fiato corto, egli mosse qualche passo fino alla fonte di acqua, dopodiché cadde in ginocchio. Fissò nella volta celeste le gradazioni di viola e rosso amalgamarsi e poi, dopo che si erano pizzicate, dividersi. Quando il suo respiro tornò regolare, si portò i polpastrelli sulle zone del viso e del corpo su cui percepiva una sostanza rappresa, dopo li osservò e notò che si erano tinti di un liquido scarlatto.

Allora sollevò i lembi della maglia e la sfilò via, cosicché potesse guardarsi il busto tramite il suo riflesso sulla superficie del fiume. Aveva varie cicatrici rosa cosparse sul petto, ma ne aveva una che gli solcava l'addome dai pettorali fino all'inguine in cui la pelle sembrava fosse in procinto di riaprirsi. Nella sua mente si scatenò il panico, perché non ricordava affatto di aver ricevuto quelle ferite e poiché, nonostante sembrassero fresche, non aveva provato dolore durante la sua folle corsa.

Riafferrò subito la maglia, la immerse e cominciò a strofinarsi il corpo fino ad irritare la pelle pur di cancellare via da essa le macchie di sangue. Il battito cardiaco si era accelerato di nuovo e il sudore gocciolò freddo dalle sue tempie. Da quando si era risvegliato nel tempio del Villaggio erano successi degli avvenimenti stranianti.

Prima le case erano state incendiate, dopo alcuni ninja stranieri lo avevano attaccato e infine quella raccapricciante scoperta... E ancora non si era osservato le altre zone del corpo.

Una volta finito quel lavoro, poggiò le mani sull'argine del fiume e si sporse. Analizzò attentamente la sua figura riflessa e notò che gli occhi, che prima erano nero pece, in quel momento avevano assunto una tonalità ametista. Provò ad allungare un arto verso la superficie cristallina, ma provò un dolore lancinante, come se stesse immergendo la mano in un calderone di lava bollente, perciò la ritrasse e si gettò sull'erba.


“Hai paura? Ne avevamo anche noi prima del rituale. Sai, non avemmo la fortuna di essere incoscienti mentre venimmo sezionati, come ti è successo.”

“Chi ha parlato?”


Voleva sembrare calmo, invece quelle parole le gridò. Portò la mano al fianco destro dei pantaloni, dove teneva sempre la sacca coi kunai, ma si ritrovò solo a toccare il tessuto umido. Scattò in piedi e posizionò braccia e gambe in modo che potesse respingere qualsiasi attacco corporale. Non ci sarebbe riuscito, ma ci avrebbe provato ugualmente.

Un brivido gli percorse la spina dorsale appena il vento gli accarezzò la schiena nuda, dunque si voltò, credendo che fosse il segnale della presenza di qualcuno.

 

“Ascoltaci.”

“Che merda volete?!”

“Dacci retta, vivrai meglio.”

“Mai, cazzo!”

 

Sentì un calore disumano circondargli il collo e parte del petto e solo in quell'istante si accorse della collana che indossava. Se la tolse e quando riconobbe il simbolo che rappresentava il ciondolo sentì lo stomaco rivoltarsi. Si portò una mano alla bocca e deglutì per trattenere il conato di vomito che gli aveva suscitato quella visione. Il cerchio circoscritto ad un triangolo era il simbolo di Jashin, il dio del male.

Ebbe l'istinto di urlare e strapparsi i capelli, di rotolarsi sull'erba mentre malediceva qualsiasi persona avesse avuto il coraggio di fargli quello, però l'unica cosa che fece davvero fu bisbigliare:

“Perché io?”

 

“Parte dei candidati è stata uccisa per impedire che qualcuno fosse scelto come nuovo sacerdote, l'altra parte invece ha tentato di difendere il tempio e i sacerdoti. E poi c'eri tu, che deliravi a causa della febbre in una stanza del tempio. Dopo averti drogato la scelta di affidarti questo compito è stata facile.”

“Avrei dovuto essere consenziente e sveglio, mer--”

“È una formalità essere consenzienti e svegli. Il culto di Jashin non predica la giustizia e l'amore, ricordalo sempre.”

“Lo so bene e sarà proprio per questo motivo che porrò fine alla mia misera esistenza.”

 

Alcune risate acute risuonarono nelle orecchie del giovane e il suono fu così intenso da perforargli il timpano. Gridò a causa del dolore lancinante e immediatamente percepì un liquido caldo colargli dal lobo. Un basso ronzio fu l'unico suono che iniziò ad udire. Si strinse il capo tra le mani nella speranza di attutire quel rumore, si buttò sul terreno e continuò ad urlare per sfogare tutte quelle emozioni che si riversavano in lui contemporaneamente.

Qualche ora più tardi, quando il sole era al centro esatto del cielo, il ragazzo stava disteso con le braccia e le gambe spalancate. La pelle si era arrossata data la prolungata esposizione ai raggi solari, invece gli abiti sporchi di sangue e fango gli si erano incollati addosso.

 

“Sai, potresti provare.”

“A fare cosa?”

“Ad ucciderti. Sarà divertente.”

 

***

 

“Ora che hai capito di essere immortale, la smetterai e ci darai ascolto?”

 

Il ragazzo era ricoperto da numerose ustioni e ferite talmente profonde e grandi che i suoi organi interni erano visibili. Tutti i suoi liquidi vitali avevano ricoperto la zona in cui giaceva. Aveva perso il conto dei giorni che aveva passato su quell'argine di fiume a sperimentare su di sé qualsiasi tipo di tortura possibile che avesse potuto porre fine alla sua vita.

Per prima cosa aveva recuperato una lama e si era tagliato le vene, aveva provato a sgozzarsi, si era decapitato e aveva persino provato a ingoiare una carta bomba per esplodere, eppure il suo corpo si era rigenerato dopo ogni tentativo di suicidio.

 

“Unisciti a noi, se abbraccerai il culto di Jashin imparerai ad amare il dolore.”

“Andatevene...”

 

La flebile voce non fu nemmeno presa in considerazione.

 

“Chiudi gli occhi e lasciati andare, Jashin ti punirà se non lo farai!”

 

Le voci risero, attutendo con quel tono la minaccia. La mente del ragazzo fu solleticata da quelle parole, nonostante gliele avessero ripetute sin dal primo giorno che lui aveva cominciato a sentire quei fantasmi.

 

“Fai come abbiamo fatto noi! Tanto, anche se non vorresti uccidere nessuno, si sono suicidati dodici sacerdoti affinché tu rimanessi immortale! Sai che significa? Altre nove settimane di follie!”

 

Quelle parole fecero riflettere la sua mente, che ricordò di essere da tre settimane steso su quel prato a cercare di morire. Tre settimane dalla distruzione del suo villaggio.

 

“Non è rimasto nessuno vivo.”

“Nessuno.”

“Sono morti tutti.”

“Tutti.”

“Affinché nessuno si trasformasse nel mostro che sono diventato.”

“Esatto. Dovresti vendicarti, non credi?”

 

Erano passate tre settimane dalla morte di tutti i suoi cari. Tre settimane da quando era stato drogato mentre era delirante. Era stato trasformato in un mostro da ventuno giorni.

 


Il suo corpo fu percorso da spasmi, poi rise.

 

Rise così tanto da sentire dolore agli addominali.

 

Da sentire di stare morendo per asfissia.

 


E dopo che la sua mente formulò quel pensiero la risata si fece più forte.

 

“Perché ridi, Hidan?”

 

Le voci sembravano confuse di fronte a quell'atteggiamento. Quello sollevò e spalancò le braccia, mentre sentiva i suoi organi scivolare verso l'esterno.

 

“È ovvio il perché rido! Ho capito perché ridevate voi e rido! Adesso ho capito, ovvio che ho capito! Ho sperato di morire, quando in realtà io non potevo morire, cazzo!”

 

Dovette tenersi la pancia per evitare di raccogliere da terra il suo intestino e piegò il collo di lato.

 

“È esilarante, non trovate?”

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'Autrice

È la prima ff che pubblico dopo svariati anni e credo proprio

di aver toppato, perciò ringrazio tutti coloro che avranno il

coraggio di leggere. Accetto le critiche costruttive, mentre gli

insulti gratuiti potete tenerveli.

   
 
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