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Autore: Kiji    28/02/2018    1 recensioni
Cosa fareste se la persona che avete sempre amato e che vi fa più soffrire, è proprio la più vicina a voi? Sono un ragazzo come tutti gli altri, eppure mi sono innamorato del mio migliore amico. Ed è proprio questo il problema. A complicare tutto arriverà un giovano sconosciuto che, spudoratamente è pronto a stravolgermi la vita... Un bacio è come un fiore, nasce dal nulla e può diventare la cosa più bella che hai mai visto in vita tua!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Smettila di fare la stupida. L’infermiere ha detto che questa pillola ti aiuta a calmarti, quindi perché devi fare tutte queste storie? – Al porse la mano tremante verso Sabrina che, col broncio, rifiutava qualsiasi cura.
– Ho già detto ai medici che mi sento meglio. Ogni volta che prendo questi farmaci mi viene sonno e divento strana. – Si fermò un attimo a guardarci. – So che assomigliavo ad una pazza, neanche io capivo molto in quel periodo, ma ora mi sento davvero bene. Ricordo perfettamente cos’ha fatto Teresa e non sono più arrabbiata con la Mamma. Non capisco neanche perché continuo a restare in ospedale. – Era passato un mese da quando ero tornato a “casa”.
Ogni giorno ero rimasto al capezzale di Sabrina insieme ad Al, aspettando con pazienza e devozione che lei facesse un passetto in avanti. Un giorno riusciva a riconoscerci per qualche minuto, poi diventarono ore ed infine tornò la solita ragazza allegra di sempre, sebbene quella benda oscurasse ancora la sua vista. La cicatrice si era ormai formata del tutto, non c’era più perdita di liquido, era lei che preferiva nasconderla dietro quella maschera bianca.
– Lo sai bene che è questione di giorni. Tra un po’ potrai benissimo tornare a casa quindi smettila di ribellarti e prendi le pillole fino a quando necessario. -
- No! –
Erano divertenti in fin dei conti. Sabrina era splendida, sebbene in pigiama e con i capelli arruffati.
Mi chiedo ancora per quale ragione non sono riuscito ad innamorarmi di lei. Ancora oggi non credo di essere gay, o meglio, non sento di esserlo. Non mi sono innamorato di Al per il suo aspetto, né di Sam per lo stesso motivo. Ciò che mi ha spinto verso di loro è stata la loro natura, il loro modo di essere e di porgersi verso di me o forse mi sbaglio.
“Sam.”
Ancora pensavo a lui sebbene fosse passato molto tempo dal nostro ultimo incontro. Era naturale non dimenticarlo, eppure il suo ricordo è un po’ sbiadito in me, lasciando solo molta tristezza. Non so quanto Al abbia capito dei miei sentimenti verso di lui, ma sicuramente qualcosa aveva intuito.
Non mi parlò più del periodo a Roma, né di Leonardo. I nostri discorsi sono tornati quelli del liceo e la nostra amicizia è tornata salda come lo era a quei tempi. Lontano da quell’ambiente sono cambiato nuovamente, mascherando totalmente ciò che avevo nel cuore.
“E’ un bene.” Mi convinsi, ma qualcosa in me non andava proprio nel verso giusto. C’erano ancora notti che piangevo come un bambino all’idea di aver lasciato una parte del mio cuore nelle mani di Sam.
– Sabry, so che è fastidioso, ma i medici lo fanno per il tuo bene. Perché non ti sforzi un pochino in più, ti prometto che parlerò con loro e chiederò che ti sospendano la cura, se proprio non vuoi, ma almeno oggi prendila. – Lei mi fissò per un attimo mentre dicevo quelle parole ed il suo sguardo si illuminò.
– Hai ragione Coco. Dammi qua fratello e se inizio ad addormentarmi sarà tutta colpa tua. – Disse in direzione di Al.
– Bla bla bla. Per quale motivo se te lo dice lui lo fai, mentre con me fai tante storie. Stupida di una sorella.- Scoppiammo a ridere e subito si avvicinò l’infermiera di turno.
– Ragazzi, per favore. Siamo in un ospedale. – Non ci era più permesso restare oltre il limite dell’orario di visita, fu per questo che non appena terminò, fummo costretti ad uscire.
Mano nella mano, varcammo la soglia della porta e salutammo Sabrina promettendole di tornare il giorno dopo. Non potevamo fare nulla per il suo sguardo triste nel vederci uscire, ma sapevamo che sarebbe tornata alla vita di tutti i giorni, o quasi. Ricordo ancora le parole del medico quel giorno.
– Il suo occhio sinistro non guarirà mai. La lama del coltello è andata troppo in fondo per poter recuperare la retina, purtroppo. La parte destra però non ha danni, ma soprattutto nei primi tempi avrà capogiri e difficoltà nella visione. La cosa positiva, però, è che non ci sono traumi al cervello. Ci vorrà del tempo, ma tornerà la ragazza di una volta, ve lo assicuro. – Ancora mi monta la rabbia sapendo che il suo splendido viso ne sarebbe rimasto deturpato, eppure era una mera consolazione sapere che non c’erano danni profondi.
Quando fummo fuori, Al era più sereno. Si stava riprendendo ed anche io mi sentivo carico di energie.
– Che facciamo? Sono già le 19:00, vieni a cena a casa mia? – Io annuii e ci incamminammo. Non avevo più paura di mostrare i miei sentimenti perché sentivo che, se non lo avessi fatto, avrei avvertito quel vuoto nel cuore che Sam aveva scavato.
Presi la sua mano e la infilai nella mia tasca. Andava bene in quel modo. Anche se gli altri ci avessero visti, cosa importava? I miei amici ormai sapevano cosa provavo per lui, mia madre e tutti gli altri conoscevano la verità quindi, perché nascondersi? Entrammo nella sua casa, ovviamente vuota, ed iniziai a cucinare.
– Sei stanco, vatti a fare una doccia, io preparo un po’ di pasta. – Lui si avvicinò a me e pose la sua testa sulla mia spalla.
– Grazie. Sei rimasto con me per tutto il tempo. – Poi mi afferrò la nuca ed impresse le sue labbra morbide e profumate sulle mie. Sentii il suo calore in me e d’improvviso, non aveva più importanza il cibo. Eravamo solo noi due in quell’enorme stanza.
“Sam.” Pensai e mi scostai.
Sapevo che non era giusto, ma sentivo in me ancora quell’enorme mancanza.
– Ho fame stupido, sbrigati a cambiarti. – Dissi spostando lo sguardo sul piano da cucina. Provavo in tutti i modi possibili a non farglielo notare, ma era estremamente difficile tenermi tutto dentro. Se gli avessi confessato che mi mancava, come l’avrebbe presa? Al uscì dalla cucina, non prima di darmi un leggero colpo al sedere e sorrise.
Anche quello era il suo modo di darmi del tempo, ma fino a quando sarebbe durata? Non c’era stato nulla con Samuele. Non ci eravamo baciati né avevamo fatto sesso eppure non riuscivo a toglierlo totalmente dalla mia vita.
“Perché?” Mi chiedevo torturandomi l’anima. “Per quale motivo continuo così? Io amo Al ed anche lui mi ricambia, posso riuscire a dimenticare quei brevi giorni, devo farcela.” Sentii il getto della doccia aprirsi ed immaginai il mio amico amante intento a lavarsi.
Cos’avrei fatto se si fosse stancato di me? Se Al si fosse svegliato improvvisamente ritenendo che fosse troppo per lui, che non era giusto il mio comportamento, avrei accettato passivamente di perderlo?
Forse no, oppure avrei nuovamente agito come un codardo come l’ultima volta. Non mi resi neanche conto di ciò che avevo cucinato, quando lui tornò con solo un piccolo asciugamano bianco in vita. Ero ancora intento a cuocere la pasta quando lo vidi e qualcosa si mosse in me.
Era perfetto. Il suo corpo sembrava essere scolpito nella roccia, mentre il mio privo di forma. Il mio membro si indurì a quella vista ed Al si avvicinò a me.
– Sono tutto pulito adesso, vuoi sporcarmi? – Nel dire quelle parole si leccò leggermente il labbro inferiore in tono sexy e seducente. Sapevo cosa voleva ed anche io ricambiavo, eppure la mente giocava davvero brutti scherzi.
Volevo ardentemente essere parte di lui, ma ne avevo anche timore. Perché in quel preciso istante, sentivo nuovamente la voce di Sam. Mentre Al mi sodomizzava, nella mia mente avvertivo la presenza di Samuele forte e costante. Sentivo la sua risata, il suo tocco nelle membra e riassaporavo il sapore del suo unico bacio. Era come una doppia tortura, il piacere tremendo di quell’atto d’amore e la sofferenza immane del tradimento che stavo compiendo con quel mio gesto.
Mi chiedevo senza sosta dove fosse, ma non avevo il diritto di cercarlo, non più. Al si avvicinò a me, iniziò a spogliarmi ed io non glielo impedii. I suoi movimenti erano lenti e caldi, in completo contrasto con la mia pelle fredda e piena di cicatrici invisibili.
Quando le sue labbra si impressero nel mio collo, un’inaspettata ondata di piacere si scatenò in me. Mi ero ormai abituato alle sue intrusioni nel mio corpo ed ogni volta il piacere, che inizialmente arrivava unicamente alla fine dell’atto, si faceva più intenso. Ormai ero pronto ad accettarlo e ciò mi incuteva ancora più timore. Il mio intero essere si era abituato ad Al.
Lui, che mi superava in altezza, su subito sopra di me. Mi spinse con forza sul divano del soggiorno, come un animale pronto a divorarmi e, allo stesso modo, mi prese. C’era rabbia e voglia di farmi suo, di imprimere in me il suo marchio. I nostri rapporti erano diventai così, forse per colpa mia. Credo che stesse iniziando a capire il mio dualismo nel nostro rapporto e ciò lo faceva impazzire.
“Sapevo che saresti andato via, non devi darmi ulteriori spiegazioni.” “Non decidere mai più queste cose da solo, stupido cretino!” Rivivevo tutto. Ogni istante con Al dentro di me, rivedevo quel viso dolce che mi aveva accolto in casa. La nostra giornata al mare, il nostro primo incontro, i nostri battibecchi iniziali, era tutto lì. Più Al spingeva il suo sesso in me, più per me era difficile dimenticare.
Quando finimmo lui si accasciò sopra di me, esausto e col fiatone. Non disse nulla proprio come me, ma sapevamo entrambi ciò che intimamente pensavamo.
– La pasta si sta scuocendo, fammi alzare. – Avevo ancora bisogno di tempo, ma quanto?
– Coco, va tutto bene. Lo sai che ti aspetterò tutta la vita. – Disse prima che i nostri sguardi si scostassero. Sapevo bene a cosa alludeva e bastava solo a farmi sentire maggiormente in colpa. Sistemai i piatti e andai a lavarmi, mi sentivo sporco e, forse, lo ero davvero.
Stavo ancora ingannando il mio migliore amico. Quando tornai a tavola lo trovai lì, ancora steso sul divano, nudo e stanco. Quando mi vide si illuminò in volto e sentii nuovamente una fitta al cuore.
– Stavo pensando che ci farebbe bene uscire insieme domani. Non passiamo una giornata veramente soli da secoli, ci farà bene non pensare all’ospedale e così via. Abbiamo bisogno anche noi di un po’ di tregua. – Rimasi un po’ impietrito dalla sua offerta. Sicuramente mi faceva piacere passare del tempo insieme, ma c’era qualcosa che mi turbava. Mi avvicinai al divano dove si trovava e mi sedetti vicino a lui.
– Come facciamo con tua sorella? Vuoi lasciarla davvero sola? – Anche lui aveva le mie stesse preoccupazioni.
– L’ho appena chiamata! Anche lei è d’accordo a lasciarci andare, dice che riuscirà a cavarsela e prenderà le medicine senza opporsi. Veramente Coco, abbiamo bisogno di una pausa ed in più lei ormai sta meglio. – Gli strinsi la mano e lo baciai in modo dolce e affettuoso.
– Va bene allora. Però, se non sbaglio, questo può anche essere considerato il nostro primo, vero, appuntamento. – Rimasi per un attimo a pensarci. Non eravamo mai usciti insieme come “fidanzati”, sebbene passavamo tutto il tempo insieme, organizzare qualcosa era stato davvero difficile dopo la reciproca dichiarazione.
– In effetti, hai ragione. Cosa proponi? – Mi chiese circondandomi col suo possente braccio. Insieme a lui mi sentivo bene, come se fossimo davvero una famiglia.
– Eh no! Ho aspettato tanto e pretendo il pacchetto completo. Dovrai farmi sciogliere il cuore di amore altrimenti tra noi è finita. – Risi, ma lui non mi seguì. Lì capii che in cuor suo qualcosa lo turbava ed ero io.
Ci stavo mettendo tutto me stesso, ma ancora non riuscivo a convincerlo totalmente dei miei sentimenti.
– Al… io…. – Lui mi fermò imprimendo in me un bacio forte e dolce.
– Ti giuro che avrai la giornata più romantica della tua vita. Questa volta non voglio scappare, farò di tutto per farti restare al mio fianco. – Mi sentii bene. Mangiammo la pasta ormai diventata colla e ci salutammo alla porta con la promessa di rivederci il giorno dopo.
Mentre attraversavo la casa, vidi una sagoma uscire da casa mia e salire su una lussuosa macchina nera. Il cuore perse un colpo: io sapevo di chi era quell’autovettura.
Perché il padre di Sam era lì? Sapevo che era successo qualcosa tra lui e mia madre, ma vederlo apparire di nuovo nella mia vita era quel qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Corsi come non mai ma non feci in tempo, lui sfrecciò via osservando unicamente il mio volto affaticato. Aprii senza pensarci la porta di casa e vidi mia madre accasciata a terra; il volto ricoperto di lacrime e quei singhiozzi che mi spezzarono il cuore.
– Mamma! – Urlai e le fui accanto. Cos’era successo in mia assenza? Cosa le aveva fatto?
– Coco! Oddio Coco scusami. La tua mamma è una stupida! – Per quale motivo quell’uomo entrava in scena distruggendo nuovamente le nostre vite?
– Che ti ha fatto? Giuro che se ti ha sfiorata con un solo dito, lo uccido con le mie stesse mani. – Lei mi osservò tra le lacrime un po’ confusa.
– Tu lo conosci davvero? Non doveva succedere. – Presi di peso mia madre e la alzai, non riuscivo a sopportare di vederla riversa a terra, con quell’espressione così sofferente in viso. La feci accomodare sul divano e le diedi un bicchiere di acqua fredda. Solo quando si fu calmata, iniziai a farle le domande.
– Perché è venuto? – Lei sospirò e scostò lo sguardo.
– Ho fatto del male a quella persona Coco. Non dovrei darti preoccupazioni perché sono tua madre, ma non posso neanche mentirti.- Si fermò un attimo calibrando bene le parole da usare, per poi continuare a raccontare.
- Quell’uomo era il mio fidanzato ai tempi delle scuole superiori. Era un ragazzo così brillante rispetto a me, la competizione era troppo dura da sopportare. Lui iniziò a vivere una vita che ai miei occhi era troppo lontana, mi sentivo davvero sola a quel tempo. Reynold mi chiese di sposarlo, ma io per lui ero solo un peso. Guarda dov’è arrivato ora, ha una vita così piena e di successo. Se lo avessi relegato in questa città, probabilmente gli avrei tappato le ali costringendolo ad una vita di tristezza e frustrazione. Io lo amavo davvero Coco! Lo amavo così tanto da decidere di allontanarlo da me per sempre. Successivamente l’ho ferito di proposito, sperando che mi dimenticasse del tutto. Sposai tuo padre per darmi consolazione, poi sbagliai di nuovo. Ho fatto delle cose che non avrei dovuto fare e, mentre tuo padre credette in me, lui iniziò ad odiarmi con tutto se stesso. Non credevo potessi mai incontrarlo nuovamente, ma oggi si è di nuovo presentato qui. – C’erano troppe cose da memorizzare, troppi dati che non riuscivo ad afferrare completamente.
– Non pensare però che non ami tuo padre. Lui mi è rimasto accanto per tanto tempo, mi ha amata e rispettata. E' stato l'unico a darmi sostegno quando nessuno mi credeva. Anche se ci ha lasciati, io so il perché lo ha fatto. Ha sempre creduto di non meritarmi, cercando in tutti i modi di superare Reynold, ma non era ciò che io volevo. Non ha mai capito che ho scelto lui e solo lui. Ho amato entrambi in modi diversi, ma ciò non era abbastanza per tuo padre. So dei suoi debiti e so anche che adesso vive nel pentimento. Se solo potessi lo riporterei da me, ma non è questo ciò che vuole. Non so neanche io cosa sia! – Rimasi per un po’ in silenzio.
La verità che mi aveva raccontato, però, non riusciva a soddisfarmi. C’erano troppi pochi dettagli, sentivo che, scavando, avrei trovato tante altre cose.
– Cos’hai fatto per farti odiare? Ti giuro che non ti giudicherò né potrò mai disprezzarti, ma devo sapere. – Lei mi prese la mano e mi diede un po’ del suo calore.
– Non posso dirtelo piccolo mio. Ci sono segreti che non posso svelare e ti chiedo con tutto il cuore: se è vero che mi ami, non andare mai alla ricerca della verità. Ti prego! – Lei iniziò nuovamente a piangere ed io, ormai sconfitto, la abbracciai forte a me.
Avevo perso la partita! Ormai rassegnato al fatto che tutto ciò sarebbe rimasto solo un brutto ricordo, andai a letto sperando che fosse tutto finito. Una volta chiusa la porta della mia stanza, la sentii nuovamente piangere.
Cosa portava nel cuore?!
Fino a poco tempo prima, credevo fermamente che amasse unicamente mio padre, eppure aveva avuto una vita diversa di cui io non ero totalmente a conoscenza. Aveva amato altri uomini, aveva ferito delle persone e teneva dentro di se un grande segreto. Improvvisamente iniziai a capirla meglio, noi due non eravamo molto diversi. Cosa aveva pensato mia madre quando, divisa tra il suo amore e la voglia di lasciarlo davvero libero, aveva scelto di seguire la sua testa nascondendo il suo cuore?
Stavo anche io tralasciando i miei sentimenti?
Non avevo la forza di pensarci, non dopo quella lunga giornata. Mi stesi sul letto a chiedermi cosa sarebbe accaduto il giorno dopo! Dovevo concentrarmi solo su Al, perché in quel modo avrei davvero dato un senso al nostro amore. Chiusi gli occhi e mi addormentai, un sonno lungo e ristoratore, ma quando mi svegliai, mi sentii ancora più confuso.
Presi distrattamente il telefono che, proprio in quel momento, iniziò a squillare. Il numero sullo schermo non lo conoscevo, eppure risposi ugualmente. La voce dall’altra parte era profonda e di spessore.
– Pronto? Chi parla? -
- Bergi. Sono Reynold Bergi! – Perché mi chiamava? Per quale ragione si stava nuovamente intromettendo nelle nostre vite?
– La prego di smetterla di venire a casa mia o di tormentare mia madre. Il passato non può essere una scusa per la sua crudeltà. Mia madre è sconvolta dalla sua visita! – Lui rimase per un attimo in silenzio.
– Ne prendo atto. Non volevo turbare Isabella così tanto. Volevo solo chiederti di farla ragionare, domani ci sarà il funerale di mio padre e so che lui ci terrebbe se lei partecipasse. So di essere egoista, ma lei lo è stata prima. Credo ti convenga essere presente anche tu, visto la situazione. Spero di vedervi. – Chiuse la conversazione in quel modo, lasciando frasi a metà e molto non detto.
Mi alzai d’improvviso e corsi di sotto, ma mia madre non c’era. L’avevo lasciata nella sua stanza, eppure era sparita. Presi di nuovo il telefono e la chiamai, ma il suono forte indicò che esso si trovasse proprio nella sua stanza.
Era uscita di casa senza prendere nulla, lasciando unicamente il suo cellulare in giro. Cosa stava succedendo? Mi stava lasciando anche lei? Avevo già vissuto quel momento, quando mio padre ci aveva abbandonati.
Sebbene fosse un padre severo, ci tenevo a lui, era il mio modello, la mia guida. Quella mattina era proprio come questa, terribilmente deprimente e solitaria rotta solo dal pianto disperato di mia madre, la quale adesso non c’era.
Caddi per terra e tutto si fece nero, per poi sparire nel nulla per sempre!
  
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