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Autore: MonicaX1974    01/03/2018    0 recensioni
Raccolta di storie brevi che parlano d'amore ispirate ad una canzone.
Potete trovare la raccolta completa su Wattpad, intitolata Decibel
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il turno è quasi finito finalmente. Oggi sono decisamente distrutta. Cindy, la mia collega, non si è presentata perché ieri sera ha bevuto troppo e non ha avuto la forza di venire a lavorare oggi, così ho dovuto fare il doppio turno per sostituirla. Gliel'avevo detto di andarci piano, ma lei voleva festeggiare il fatto di essersi finalmente liberata dell'idiota, come ha chiamato quello che è diventato il suo ex, nelle ultime due settimane.

Controllo l'orario sul display del mio cellulare e vedo che mancano meno di dieci minuti, poi potrò andare a godermi il resto del pomeriggio in spiaggia. Non è ancora la stagione giusta per fare il bagno, ma in primavera c'è la temperatura adatta per starmene sdraiata a leggere un libro in assoluta tranquillità senza il viavai degli amici di mio fratello che hanno monopolizzato casa.

«Se vuoi puoi andare, non c'è molta gente oggi, ce la posso fare da solo. Qualche minuto non farà la differenza.» La voce di Mark, il mio capo, attira la mia attenzione.

È un uomo sulla quarantina, capelli brizzolati e occhi chiari, single per scelta e decisamente simpatico. Io e Cindy ci siamo sempre trovate bene a lavorare per lui.

«D'accordo, finisco qui e vado, grazie.» Gli sorrido e continuo ad asciugare gli ultimi bicchieri che ho appena tolto dalla lavastoviglie posizionata sotto al bancone.

Nel momento in cui poso l'ultimo bicchiere sulla mensola dietro al bancone, poso lo straccio sull'apposito ripiano e mi dirigo verso gli spogliatoi mentre sento il campanello della porta che segnala l'ingresso di un cliente che ignoro per non dover prolungare ulteriormente il mio turno. Arrivata vicino al mio armadietto tolgo il grembiule e la maglietta con il logo del bar per cambiarmi con i miei vestiti, poi vado a sciacquarmi la faccia e le mani prima di uscire.

Quando mi guardo allo specchio mi rendo conto che i miei capelli hanno davvero bisogno di essere spuntati. Forse dovrei anche cambiare colore, mi sono stancata di questo nero. In realtà mi sono stancata di tante cose e vorrei fare qualcosa per dare un po' di brio a questa monotonia. Forse potrei farmi un tatuaggio, o mettermi delle lenti colorate per schiarire questo marrone, magari potrei cambiare look e smettere di indossare jeans e Converse. Potrei farmi prestare qualche pantalone di pelle da Cindy... Ma che sto dicendo, meglio andare prima di delirare sul serio.

Recupero la mia borsa dall'armadietto e torno nel locale per salutare Mark, ma non appena apro la porta dello spogliatoio resto quasi senza fiato nel vedere il ragazzo seduto al tavolo vicino alla grande vetrata che dà sull'esterno. Non ho alcun dubbio sul fatto che sia lui. Lo riconoscerei ovunque. Lo riconoscerei tra un miliardo di persone, forse anche ad occhi chiusi perché ricordo ancora perfettamente il suo profumo.

Per tutti gli anni del liceo abbiamo fatto la stessa strada, tutti i giorni per quattro anni, al ritorno da scuola l'ho guardato camminare dall'altra parte del marciapiede fino a casa sua che era quasi di fronte alla mia. Non ho mai avuto il coraggio di parlargli, eravamo in classi diverse, ma sono sempre stata innamorata di lui in gran segreto. L'unica a saperlo in quel periodo era la mia migliore amica di allora, ed è rimasto uno di quegli amori che reputavo impossibile.

Lui non guardava mai nessuna, nessuno l'ha mai visto con una ragazza, tanto che si vociferava che fosse gay. A me non importava, il mio amore per lui non ha fatto altro che aumentare, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno e anche ora che sono passati cinque anni dall'ultima volta in cui l'ho visto, quello stesso sentimento è tornato a galla con tutta la forza di allora.

È sparito dall'oggi al domani, senza che nessuno sapesse più niente di lui. La sua famiglia si è trasferita poco dopo la sua partenza, ed ero ormai convinta che non l'avrei mai più rivisto, ed invece lui è qui, seduto al tavolo che ho servito poco più di mezz'ora fa, mentre legge il menù con l'aria decisamente più sicura di sé.

«Crystal si può sapere cosa stai facendo?» Mi volto di scatto verso la voce del mio capo che mi guarda con aria stranita.

«Scusa... mi ero distratta...» Mi guarda ancora, non molto convinto di ciò che ho appena detto.

Sono ferma sulla soglia della porta che divide gli spogliatoi dal resto del locale dall'esatto momento in cui i miei occhi si sono posati sul ragazzo che amo da che ho memoria, perché, anche se è stato solamente un amore virtuale, a senso unico, io provo qualcosa per lui, ne sono assolutamente certa.

«Ti senti bene?» mi chiede ancora, vedendo che non mi sono ancora mossa da quella posizione.

«Sì... Ora vado...» rispondo con voce incerta, perché in realtà non ho intenzione di uscire da questo posto senza avergli rivolto la parola. Potrei non avere una seconda occasione.

Mark annuisce in silenzio, poi torna al suo lavoro che consiste nell'andare a prendere l'ordinazione del ragazzo che non ho ancora smesso di fissare.

Zayn, è questo il suo nome, parla con Mark. Non riesco a sentire chiaramente quello che sta dicendo da questa distanza, ma sono incantata dai movimenti delle sue labbra, e poi da quelli delle sue braccia mentre si toglie la giacca di pelle nera per posarla accanto a lui.

È lo stesso ragazzo di cinque anni fa, eppure è completamente diverso. Al liceo vestiva sempre con pantaloni e camicie, a volte indossava dei maglioncini, e portava sempre gli occhiali. I capelli erano sempre ordinati, tirati di lato con il gel. Adesso i capelli sono più lunghi e meravigliosamente disordinati, ha un leggero e piuttosto sexy strato di barba. Le sue braccia sono ricoperte di tatuaggi, ne vedo ovunque nella parte in cui la sua pelle resta scoperta dalle maniche della t-shirt grigia che indossa. Alle dita ha degli anelli vistosi, e resto incantata anche dal movimento delle sue dita intente a digitare qualcosa sul suo cellulare.

Devo fare qualcosa prima che finisca la sua consumazione e se ne vada, ma proprio non so cosa fare. Prendo quindi il cellulare dalla tasca e scrivo un messaggio al mio migliore amico.

Zayn è qui

Fortunatamente il suo stato diventa subito online e mi risponde.

Quel Zayn?

Riesco a percepire il suo tono sorpreso semplicemente leggendo le sue parole.

Lui è l'unico Zayn!

Lo immagino alzare gli occhi al cielo, lo fa sempre quando gli parlo di lui e dei miei ricordi del liceo.

E che cazzo stai aspettando?

Molto diretto, dritto al punto. Mi ha sempre detto che se mai avessi avuto l'opportunità di incontrarlo di nuovo avrei dovuto fare qualcosa perché è stanco di sentirmi parlare di Zayn meraviglioso Zayn.

E se faccio una figura di merda?

Chissenefrega!

Meglio una figura di merda che nessuna figura.

Muovi il culo Crys!

Grazie Harry per essere sempre così comprensivo!

Chiudo la chat sapendo che non avrò ulteriori aiuti da parte sua. Harry è molto diretto, non va tanto per il sottile e mi dice sempre che quando voglio una cosa devo alzarmi e prendermela perché altrimenti se la prenderà qualcun altro. Ed è esattamente quello che devo fare, o Zayn se lo prenderà qualcuno che non sono io.

Inspiro una grande quantità d'aria, ripongo il telefono nella tasca posteriore dei jeans e mi avvicino a passo sicuro al suo tavolo. Espiro l'aria che ho trattenuto per questi diciassette passi e sento l'agitazione salire alle stelle non appena sono di fronte a lui. È la prima volta in assoluto che gli rivolgo la parola e non credevo sarebbe stato così difficile.

Lui alza lo sguardo non appena si accorge della mia presenza di fronte a lui e mi sorride. «Posso?» gli chiedo indicando la sedia accanto a me, facendogli capire che voglio sedermi.

«Prego» risponde lui con un sorriso a metà tra il curioso e l'imbarazzato. La sua voce è calda, avvolgente, come una carezza sulla pelle, la sento ovunque e sono costretta a strofinare più volte le mani sul tessuto dei miei pantaloni lungo le gambe, per asciugarne il sudore dovuto al mio stato d'animo decisamente nervoso e alla sensazione che la sua voce ha provocato al mio corpo.

«Come stai? Sembra una vita che non ci vediamo.» Lui annuisce, ma sembra guardarmi con aria stranita, come se non sapesse di cosa sto parlando. «Proprio l'altro giorno ho visto Jake con Eve, stanno ancora insieme dal liceo, incredibile no?» Jake e Eve erano due suoi compagni di classe, e ho approfittato di questo particolare per trovare un argomento da cui poter partire per avviare una conversazione con lui.

«Già... credo che lo sia...» risponde, poi si appoggia all'indietro, allo schienale della sua sedia incrociando le braccia osservandomi con attenzione.

Anche io l'ho osservato attentamente a dire la verità. Ha tatuaggi anche sul collo, alcuni sono sulle clavicole, li vedo spuntare dal colletto slabbrato della sua maglietta, ha un piercing al naso e anche ad entrambe le orecchie. Ed è incredibilmente affascinante.

I suoi occhi mi scrutano attenti, mi studiano e non vedo più traccia di timidezza o insicurezza in lui, anzi mi sembra un tipo che sappia esattamente quello che fa e quello che vuole.

«Oh... e ti ricordi di Jamie?» Non aspetto davvero una sua risposta, ed inizio a parlare a raffica, come una macchinetta. «Sta formando una band, hanno intenzione di fare musica sul serio.» Zayn annuisce divertito dalle mie parole mentre resta fermo a guardarmi e a sorridere.

Dalla mia bocca continuano ad uscire ricordi sotto forma di parole pronunciate velocemente, come se avessi poco tempo e tanto da dire, fino a che mi sciolgo un po' e pronuncio il suo nome. «Zayn ti ricordi quella volta che abbiamo trovato la scuola allagata?» È la prima volta che succede, la prima volta che lo chiamo per nome mentre lui mi sta rivolgendo le sue attenzioni e lo sguardo che mi regala, mi porta a zittirmi per potermi concentrare su tutti i dettagli del suo bellissimo viso.

Non ho mai visto nessuno più bello di lui e in questi anni lo è diventato ancora di più. Sono persa...

«Perdonami...» dice, e credo stia chiedendo implicitamente il mio nome che mi affretto a dirgli.

«Crys... cioè Crystal» gli dico, mentre impreco mentalmente contro me stessa per essere così impacciata. Sapevo che avrei fatto una figuraccia! Venire a conoscenza del fatto che non conosca il mio nome mi porta a essere ben poco ottimista.

«Perdonami Crystal, io mi ricordo quasi di tutto ciò che mi hai appena raccontato...» Si avvicina al tavolino, posando i gomiti sul bordo per poi guardarmi dritto negli occhi. «...ma... io non ti ho mai vista prima...» Lo dice con un sorriso tale da farmi dimenticare per un attimo quello che mi ha appena detto, ma poi, i miei neuroni scioccati, tornano ad elaborare le sue parole e so solamente che vorrei essere risucchiata da un gigantesco buco nero per non fare mai più ritorno su questo pianeta, né in nessun'altra dimensione conosciuta e sconosciuta.

«Noi... noi facevamo sempre la strada insieme per venire a casa da scuola... io abitavo quasi di fronte a casa tua...» Lui non si ricorda affatto di me, nemmeno sapeva che esistevo fino ad oggi.

Non capisco perché allora mi abbia fatto parlare finora senza darmi questa bella notizia, perché abbia continuato ad annuire lasciandomi fare questa orribile figura.

«Vedi Crys... posso chiamarti Crys?» mi chiede inclinando leggermente la testa di lato.

Annuisco in silenzio, come se non fossi più in grado di parlare, e forse è così, perché dopo aver preso il coraggio necessario per parlare con lui dopo tanti anni, devo ammettere che la sua affermazione ha fatto tabula rasa nel mio cervello.

«Crys... devi sapere che i miei anni del liceo sono stati piuttosto complicati, come anche tutti gli altri anni di scuola a dire la verità... e mi dispiace molto non ricordarmi di te.» Non so se lo stia dicendo per essere gentile, ma le sue parole riaccendono una piccolissima speranza in fondo al mio cuore.

«Com'è possibile che non ti ricordi di me? Abbiamo percorso lo stesso tratto di strada dall'autobus a casa per quattro anni di seguito...» Non sono arrabbiata, sono solo incredula.

«Non mi ricordo di te perché non ti ho mai guardata.» Aggrotto le sopracciglia quando pronuncia questa frase perché non capisco il senso delle sue parole. "Non ho mai guardato te e nemmeno nessun'altra ragazza..."

«Sei gay?» gli chiedo di getto, per poi pentirmi subito dopo della mia domanda, ma lui sembra non offendersi e mi regala ancora un altro sorriso da rimanerci secca.

«Ti rivelo una cosa...» Si avvicina ancora un po', come se davvero volesse dirmi un segreto, ed io faccio la stessa cosa, poggiano i gomiti sul bordo del tavolo per trovarmelo più vicino che mai. «Quando ero piccolo giocavo sempre con le pentoline di mia sorella. Per me non esisteva altro gioco. Mio padre insisteva a portarmi alle partite di calcio, insisteva perché praticassi il football o qualsiasi altra cosa riguardante strettamente il mondo maschile continuando a ripetermi che se non avessi smesso di giocare con le pentoline di Sammy sarei diventato gay. Non usava proprio quella parola, ma non voglio più pensarci...» Mi ritrovo improvvisamente catapultata nel suo mondo, mi sta confidando qualcosa della sua vita, ed io mi ritrovo incredula ed emozionata ad immagazzinare tutte le sue parole. «Ad ogni modo, sono cresciuto con l'idea di essere gay, mio padre me l'ha inculcata così in profondità nella testa che ci credevo anche io. È per questo che non guardavo te e nessun'altra ragazza... il mio cervello mi diceva che non mi interessavano le ragazze... Ti sembrerà una cosa stupida, ma le cose sono andate esattamente così...» Smette di parlare, ma sono certa che volesse dire altro. Forse si aspetta che io dica qualcosa, o anche solo una mia reazione a quanto mi ha appena raccontato ed è in quel momento che la mia curiosità torna a galla.

«Quindi sei gay?» gli chiedo di nuovo, come se non fossi capace di fargli altre domande oltre a quella.

Ride e credo di non aver mai sentito un suono più bello di questo. «Ti rivelo un'altra cosa.» Mi fa cenno con il suo dito indice di avvicinarmi di più a lui, e maledico il tavolino che ci divide. Mi allungo nella sua direzione, lui fa altrettanto e, quando è ormai a pochi centimetri dal mio viso, non posso che sciogliermi per averlo a questa misera distanza. «Sono schifosamente etero...» Le sue parole appena sussurrate infiammano ogni cellula del mio corpo, e mi ritrovo a stringere a pugno le mani per non posarle sul suo viso e baciarlo. «...hai da fare oggi?» mi chiede ancora da quella ridicola distanza.

E, a quel punto, credo che la mia lettura solitaria sulla spiaggia dovrà aspettare.

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Un ringraziamento speciale a mononokehime per aver dato il titolo a questa storia.
Grazie socia! E ora sto pubblicando una long per questa one shot, se volete dare un'occhiata la potete trovare sul mio profilo. Grazie a tutti

   
 
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