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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    01/03/2018    1 recensioni
Helena Montgomery non ricorda nulla del suo passato.
Semplicemente, un giorno di mezza estate, si risvegliò, sola e abbandonata, in un campo di grano presso la città di Los Angeles.
A quel tempo, lei non sapeva, non poteva sapere.
Non ricordava nulla, né della sua identità, come l'amata figlia di Regina della Foresta Incantata, né di come fosse giunta in quel mondo, messa in salvo per sfuggire alle ire di Lui.
Costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, capisce in fretta di essere, in qualche modo, "diversa".
Abbandonata la sua famiglia adottiva, inizia a viaggiare, alla ricerca di sé stessa.
E' solo quando, anni e anni dopo, Emma Swan giunge a Storybrooke che, finalmente, i suoi ricordi tornano.
Ora, non deve far altro che ricongiungersi alla madre.
Ma gli anni sono passati, riuscirà a ricondurre la donna sulla via della luce?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12
Nuovi incontri
 

Era da un po’ che Emma Swan osservava, silenziosamente, la nuova arrivata eppure non era ancora riuscita a inquadrarla al meglio.
Quando era arrivata, solo alcuni minuti dopo la chiamata di un cliente del bar, presso il locale, era rimasta decisamente sorpresa nel trovarsi di fronte a una donna che, dall’aspetto, non doveva avere molti anni più di lei. Sorpresa che, successivamente, era aumentata ancor di più nel constatare come, a dispetto di tutto, quella non avesse accennato minimamente nell’opporre resistenza … anzi.
La fissò ancora per qualche istante, riflettendo su come, teoricamente, nessun visitatore fosse mai solito giungere in quella cittadina.
Non che credesse alla storia del Sortilegio, ovviamente. Il piccolo Henry aveva un’immaginazione decisamente fervida, ma persino lei doveva ammettere come, da quando era giunta fin lì, non avesse mai avuto modo d’incontrare avventurieri. Ed era la prima volta che la vedeva in giro.
Helena, dal canto suo, aveva risposto a tutte le domande dello sceriffo facendole notare come, essendosi solo autodifesa, sarebbe bastata una testimonianza a suo favore per farla uscire.
Era quindi con calma a dir poco impassibile che se ne stava comodamente sdraiata e con le mani dietro il capo, sul letto della cella a osservare annoiata il soffitto, senza curarsi troppo della donna.
Emma sospirò, quando un vago scampanellio ebbe modo di annunciarle l’arrivo di alcune visite.
Si voltò di scatto, mentre il piccolo Henry le correva incontro, abbracciandola con entusiasmo: “Mamma! Hai sentito? Ci sono dei nuovi arrivati in città … Ruby mi ha raccontato tutto.”, fece il bambino, per poi osservare Helena, interessato, “E’ lei?”, chiese.
“Henry … non dovresti essere a scuola?”, chiese la donna di rimando, senza tuttavia smettere di sorridere.
“Avevo voglia di vederti … Ruby dice che lei era presente, se le parlerai ti confermerà tutto!”, osservò il piccolo, avvicinandosi quindi alle sbarre. Il suo sguardo si posò sullo zaino di Helena, da cui era possibile notare un ampio bordo del suo libro che faceva capolino dall’interno. Gli occhi del bambino si illuminarono, quindi disse: “Resto io con lei. Tu va pure da Ruby.”
Emma osservò il figlio, incerta, quindi fece spallucce: “Ok, sarò di ritorno tra qualche ora … tu fai il bravo e non infastidire la nostra ospite.”
Il bambino annuì, osservando quindi la madre uscire dalla stanza.
Per tutto quel tempo, intanto, Helena aveva continuato a fissare la coppia, assottigliando gli occhi di fronte al comportamento del bambino che, in quel momento, si era voltato nuovamente verso di lei, guardandola seriamente.
Alzò un sopracciglio, esordendo: “Bene … posso sapere perché avevi così tanta voglia di rimanere solo con me?”, chiese infine.
Il piccolo sorrise, accomodandosi sul divano posto di fronte alla cella: “Te ne sei accorta. Sembri una persona parecchio sveglia.”
L’altra sbuffò: “Quando si cresce su una strada, imparare a capire le intenzioni degli altri può fare la differenza tra la vita e la morte. Comunque … vi ho sentiti parlare, sei suoi figlio?”
Il bambino annuì, sorridendo: “Esatto … e tu invece? Chi sei? Posso vedere il tuo libro?”
La donna sussultò, osservandolo improvvisamente cupa, fino a quando non decise di alzarsi, sporgendosi verso di lui.
“E tu che ne sai del mio libro, piccoletto?”
L’altro sorrise, incurante dell’atteggiamento improvvisamente ostile della donna, prima di riprendere: “So che non è un libro qualsiasi, e lo so perché anch’io ne ho uno simile.
Sai, questa città è avvolta in un Sortilegio. Tutti i personaggi del mio libro vivono qui, ma non ricordano chi sono realmente e per questo mia mamma, la figlia di Biancaneve, è qui. Perché lei è la Salvatrice e spezzerà l’incantesimo.”
Helena si bloccò, incapace di rispondere.
Che voleva dire che nessuno ricordava nulla del proprio passato?
Era giunta fin lì per ritrovare la sua famiglia, per rivedere la propria madre, la donna che aveva amato sin da quando era bambina e per cui aveva sacrificato ogni cosa. Aveva sognato per così tanto tempo il giorno in cui si sarebbero riunite, e ora quel ragazzino le veniva a dire che era impossibile, perché nessuno, li,  ricordava chi fosse realmente.
“Un Sortilegio?”, chiese, in un sussurro.
Il bambino annuì, improvvisamente serio: “La mia mamma adottiva, Regina … lei ha scatenato un Sortilegio su tutti gli abitanti della Foresta Incantata, tutto per ottenere la sua vendetta contro Biancaneve e i suoi compagni. Solo Emma può fermarla, lei è la Salvatrice.”
Rossa in volto, Helena si scagliò contro le sbarre, facendo sussultare il bambino che si ritrasse, improvvisamente spaventato.
Tremante di rabbia a stento repressa, la donna ringhiò, ostile: “Tu non sai neanche di cosa stai parlando, piccoletto. Conosco bene Regina, lei non farebbe mai una cosa del genere, tantomeno a Biancaneve. Le voleva bene quando vivevamo al Castello, non si sognerebbe MAI di farle del male, tantomeno per sete di vendetta!”
Henry la osservò, improvvisamente dubbioso.
“Tu … conoscevi mia madre?”
L’altre fece una smorfia, amara, prima di rispondere: “Certo che la conoscevo. Il mio nome è Helena Montgomery, sono sua figlia.”, disse, mentre gli occhi del piccolo si sgranavano, sorpresi. Sorrise: “Leggi pure il mio libro, troverai tutto scritto lì dentro. Sono venuta in questo mondo per sfuggire a Tremotino, il Signore Oscuro, ma facendolo ho perso la memoria. È stato solo alcuni giorni fa che i ricordi sono tornati.”
“Quando Emma è arrivata a Storybrooke.”, sussurrò Henry.
Si alzò in piedi, avvicinandosi cauto alle sbarre e sfiorando quindi con gentilezza le mani di Helena, che lo osservò sorpresa.
“Mi dispiace molto per quello che ti è successo. Ma Regina è davvero cambiata, non è più la donna che credevi che fosse. Ora è la Regina Cattiva e tiene prigionieri tutti i personaggi delle fiabe, anche la tua amica, Biancaneve, ossia mia nonna.”
Helena si scostò, voltando il capo.
No, non poteva crederci.
Sua madre, malvagia?
Era semplicemente assurdo. A quel punto, se avesse perso la memoria sarebbe stato persino meglio. Aveva affrontato il Signore Oscuro appositamente per impedirgli di distruggere il cuore di sua madre, e anche se, con la sua scomparsa, avrebbe dovuto aspettarsi un risvolto simile, era comunque troppo da accettare.
Regina l’aveva cresciuta con tutto il proprio amore. Le aveva insegnato a camminare, a parlare, a usare la Magia … l’aveva istruita e protetta, amandola come non aveva mai amato nessun altro. Era BUONA, e lei lo sapeva.
Non poteva aver fatto realmente una cosa del genere, era semplicemente inconcepibile.
Sentì un nodo salirle in gola, mentre, per la prima volta dopo anni, delle lacrime facevano forza per uscire.
Deglutì, prima di riprendere: “Non m’importa di quello che pensi. Mi rifiuto di credere che mia madre possa essere diventata un mostro, e non sarai certo tu a convincermi a tirarmi indietro. Ho passato la mia vita a cercare la mia famiglia, non rinuncerò proprio ora.”, il bambino abbassò lo sguardo, tristemente, poi lei proseguì, “Prenditi il mio libro se sei così interessato alla mia storia. Poi però vattene. Sarai anche il nipote di Biancaneve, ma non abbiamo più niente da dirci.”
Henry sospiro, prendendo il tomo a osservandolo in silenzio.
Quindi alzò lo sguardo, improvvisamente determinato: “Va bene. Se vuoi parlarle, allora non ti fermerò. Così, almeno, ti renderai conto di ciò che è realmente e, forse, le impedirai di distruggere le persone che ami.”
Detto ciò si voltò, uscendo di corsa.
 
Dopo il discorso con Henry, Helena rimase ferma per parecchio tempo, riflettendo cupamente sulle parole del bambino, la mente sconvolta e in subbuglio che si rifiutava di farla riflettere razionalmente.
Da un lato, il cervello le suggeriva che il racconto del bambino non era affatto azzardato. Solo qualcuno col potere di Regina avrebbe potuto lanciare un Sortilegio del genere, e che fosse sul punto di cedere all’oscurità, quando se ne era andata, ne era consapevole persino lei. Dall’altro, però, il cuore si rifiutava categoricamente di accettare un’eventualità del genere, ricordandole la donna che l’aveva cresciuta e amata quando era solo bambina.
Tuttavia, non ebbe nemmeno il tempo di venirne a capo, perché solo alcuni minuti dopo Emma e Ruby rientrarono, osservandosi attorno.
“Dov’è Henry?”, chiese la bionda, sorpresa.
L’altra fece spallucce: “E’ corso via senza dire niente. Sarà voluto tornare a casa.”
Emma assottigliò le sopracciglia, osservandola in silenzio.
Sapeva che le stava mentendo, ma d’altro canto, non le sembrava una persona pericolosa, e le sarebbe bastato chiamare il figlio per accertarsi che stava realmente bene.
Scosse il capo, accennando alla mora: “Ruby mi ha raccontato come si sono svolte le cose. Direi che, con questo, puoi uscire. Sai già dove passare la notte?”
Helena annuì: “Ho preso una stanza da Granny. Resterò li, anche se prima dovrei parlare con una persona. Conoscete una donna di nome Regina?”
Le due si osservarono, visibilmente tese.
“Ecco … ti riferisci al Sindaco Mills?”, chiese Emma, tetra, “E’ la madre adottiva di Henry, abita al 108 di Mifflin Street. Perché ti interessa?”
Helena osservò la bionda, che nel frattempo aveva aperto la porta della cella.
“Il perché non penso che la riguardi, Sceriffo Swan. Le basti sapere che io e quella donna abbiamo alcuni conti in sospeso.”, rispose, secca.
Emma sospirò, parandosi di fronte a lei e osservandola cupa: “Senta, Signorina Montgomery. Forse ha ragione, non sono affari miei, ma quella donna con cui vuole parlare è veramente molto pericolosa. Mi creda. Tiene Storybrooke in pugno e fossi in lei non cercherei di mettermela contro.”
Helena incassò in silenzio quelle parole, soppesandole attentamente, prima di annuire: “Vedrò di non farla arrabbiare, allora. Intanto, la ringrazio per l’informazione … se vuole, stasera posso offrirle da bere, così avrò modo di raccontarle com’è andata, e di riconciliarmi con lei per la storia della rissa al bar.”
L’altra sorrise: “Bene. Allora ci rivedremo questa sera, immagino.”
“Certamente.”
 
Il numero 108 di Mifflin Street si trovava in uno dei quartieri più lussuosi della cittadina, circondato da un giardino a dir poco vasto che poteva vantare un notevole assortimento di siepi intagliate, fiori dall’aroma dolce e suadente, e persino qualche statua in marmo, stile classicheggiante.
Proprio nel mezzo del giardino, svettava fiero e imponente un bel melo, emblema per eccellenza della donna sin dai tempi in cui lei e la figlia vivevano ancora nel mondo delle fiabe.
Vedendolo, Helena sorrise, certa ormai di essere arrivata proprio nel posto giusto.
Attraversò quindi a passo deciso l’ampio vialetto color latte, piazzandosi di fronte alla porta prima di suonare il campanello.
Non ci volle molto prima che la donna si presentasse alla porta, aprendola silenziosamente prima di posare lo sguardo appena sorpreso su quella completa sconosciuta che, proprio in quel momento, la fissava con insistenza.
Helena si bloccò, temporaneamente interdetta.
Aveva sognato per anni quel momento, e ora che l’aveva di fronte, non sapeva esattamente come reagire.
In tutto quel tempo, Regina, sua madre, non era minimamente cambiata. Il portamento fiero e nobile era lo stesso, identico e medesimo che aveva quando lei era ancora piccola, così come gli occhi scuri e i capelli color dell’inchiostro. La cicatrice sul lato destro del labbro superiore era la stessa, così come le labbra piene e il fisico aggraziato e sensuale.
Tuttavia … c’era un qualcosa, nel suo sguardo, nel modo freddo e distaccato con cui aveva aperto quella porta, che non aveva nulla a che fare con l’atteggiamento dolce e amorevole della donna che conosceva.
Regina, intanto, continuava a fissare quella sconosciuta che, senza motivo apparente, si era presentata di fronte alla sua porta. Per di più interrompendola mentre preparava la torta per il suo piccolo Henry, che sarebbe tornato a casa a momenti.
Come se non bastasse, era la prima volta che vedeva quella donna a Storybrooke, e di palle al piede gli bastavano già Emma, con quella spocchiosa di una Biancaneve, o Mary Margareth. Un’altra forestiera nella SUA città era decisamente l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Visibilmente infastidita, fu con un sorriso a dir poco forzato che esordì, calma: “Buongiorno. Cosa posso fare per lei, signorina …?”
“Helena.”, rispose di getto l’altra, sorridendo nervosamente, “Il mio nome è Helena.”
Un lampo nostalgico attraversò, rapido, lo sguardo dell’altra donna, subito sostituito da una maschera di gelo che, da sola, bastò a perforare l’anima della giovane più di qualsiasi altro rifiuto.
Si morse il labbro, quindi sorrise, tesa: “Lei è Regina Mills, giusto? Vorrei parlarle di alcune cose.”
La donna la osservò, diffidente, prima di tornare a sorridere, affermando: “Mi spiace, signorina. Al momento sono molto impegnata, mio figlio sarà qui a momenti e …”
“Sono sicura che Henry potrà aspettare, e poi sa che sono qui.”, la bloccò l’altra, pacata.
Regina parve bloccarsi, osservandola per un istante: “Conosce mio figlio?”
Helena sorrise, annuendo: “Si … mi ha parlato molto di lei. E del Sortilegio … sono qui proprio per questo.”
Regina sospirò: “Mi spiace, mio figlio ha una fantasia decisamente fervida e …”
“Non ho mai detto di non avergli creduto. Anzi … penso che suo figlio sia un bambino veramente intelligente, molto più degli altri ragazzini della sua età. Ha capito subito chi ero e per questo mi ha permesso di venire a parlarle.”, spiegò Helena.
Regina strinse i denti.
Era l’ennesima volta che, da quando avevano iniziato a parlare, quella mocciosa la interrompeva, e quell’aria da saccente iniziava a darle sui nervi. Non era abituata a venire sfidata in quel modo, cosa che la infastidiva non poco. Specialmente perché, in tutto quel discorso, la donna si era atteggiata come se fosse in possesso di chissà quale verità cosmica sul suo passato.
Tuttavia sorrise, questa volta in modo molto più minaccioso, facendole quindi cenno di entrare.
Si chiuse la porta alle spalle, prima di proseguire: “E chi sareste, posso sapere?”
Quella parve bloccarsi per qualche istante, quindi fece un profondo respiro, rispondendo: “Sono Helena, ve l’ho detto. Sono tua figlia.”
Regina si bloccò, osservando con sguardo improvvisamente differente la giovane.
Fissò per qualche istante il suo abbigliamento. Gli anfibi con le borchie, i pantaloni aderenti, la giacca da motociclista … quella donna, sua figlia? Era del tutto assurdo. Poteva anche avere i suoi stessi capelli neri, o gli occhi verde smeraldo, ma non poteva credere che fosse realmente lei.
Sua figlia era MORTA.
Era morta perché, ancora una volta, Biancaneve le aveva tolto qualcosa che amava, spezzandole nuovamente il cuore.
E per questo non avrebbe mai potuto perdonarla.
Scosse il capo, il viso cinereo, senza tuttavia perdere il proprio contegno: “Tu non sai proprio di cosa stai parlando. Io non ho proprio nessuna figlia, Henry è l’unica famiglia che mi rimane, e non so cosa ti abbia raccontato, ma posso assicurarti che nulla di tutto ciò è vero.”
Helena cercò di avvicinarsi, tendendo le braccia verso la madre: “Ti prego … non dire così. Non ho avuto scelta, ho continuato a cercarti per tutto questo tempo e …”
“ORA BASTA!”
Helena si bloccò, come pietrificata.
Gli occhi di Regina la fissavano, incandescenti come fuoco, il corpo scosso da lievi tremiti di rabbia, mentre le indicava la porta: “Esci immediatamente da casa mia. Non so chi tu sia, e nemmeno mi interessa. Ma non ti permetterò di ficcare il naso nella mia famiglia.”
Le braccia di lei si afflosciarono, come morte, sui fianchi, mentre osservava con sguardo improvvisamente smorto la madre.
Quindi … il bambino aveva ragione.
Quella non era più sua madre.
Sospirò, osservandola ancora una volta, prima di imboccare il vialetto con passo svelto.
Era ormai quasi uscita dalla proprietà quando quella la richiamò.
Si voltò, improvvisamente speranzosa, ma nel momento in cui incontrò i suoi occhi gelidi capì che non era perché aveva cambiato idea. Infatti, un istante dopo, quella disse: “Sta lontana da mio figlio, oppure … ti distruggerò, chiaro?”, concluse, prima di sbattersi la porta alle spalle.
Helena sospirò, voltando il capo con le lacrime agli occhi e correndo quindi, disperata, il più lontano possibile da quell’incubo orribile.



Note dell'Autrice:
Eccoci dunque col nuovo capitolo.
Cosa posso dire?
Finalmente la nostra Helena ha scoperto il segreto dietro l'esistenza di Storybrooke, grazie al piccolo Henry (tranquilli, l'ostilità iniziale era dovuta più al trauma di lei per quelle informazioni ma passerà presto). Ho voluto quindi dedicare molto spazio all'introspezione della nostra protagonista, così da rendere bene le sue emozioni in vista del colpo finale, ossia l'incontro con la madre ... che purtroppo non è andato per il meglio. Regina è cambiata e ora anche Helena ne è perfettamente consapevole quindi non resta che una domanda: cosa farà d'ora in avanti? Lo scoprirete presto.
Detto questo, ancora mille grazie a tutti coloro che continuano a rencensirmi e ai miei lettori. Senza di voi questa storia non avrebbe motivo di esistere e per qualsiasi cosa sappiate che sono sempre a vostra disposizione.
A giovedì prossimo!

Teoth

 
   
 
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