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Autore: Valery_Ivanov    30/06/2009    0 recensioni
"Si voltò per l’ennesima volta. Dietro di lei la strada si snodava lunga e sinuosa, e buia. Rabbrividì. Si strinse nervosamente nella giacchetta, riportando lo sguardo davanti a sé e accelerando il passo. L’unico rumore che la accompagnava era quello dei suoi tacchi sull’asfalto. Un suono ritmico, ripetuto.
Tac… tac… tac…
Fastidioso."
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qui per voi una storia un po’ forte… almeno secondo il mio ragazzo XD Io l’ho scritta abbastanza tranquillamente, forse p

Ecco qui per voi una storia un po’ forte… almeno secondo il mio ragazzo XD Io l’ho scritta abbastanza tranquillamente, forse perché alla fine mi sono immedesimata poco nella protagonista… mi riusciva difficile, poi capirete perché XD

Beh, lascio a voi la parola per dirmi cosa ne pensate!^^ Buona lettura…

 

Passeggiata notturna

 

Si voltò per l’ennesima volta. Dietro di lei la strada si snodava lunga e sinuosa, e buia. Rabbrividì. Si strinse nervosamente nella giacchetta, riportando lo sguardo davanti a sé e accelerando il passo. L’unico rumore che la accompagnava era quello dei suoi tacchi sull’asfalto. Un suono ritmico, ripetuto.

Tac… tac… tac…

Fastidioso.

Si passò la lingua sulle labbra, inumidendole leggermente. I suoi occhi guizzavano frenetici da destra a sinistra, nel vano tentativo di avere sotto controllo ogni angolo di quel luogo.

Che cosa stupida.

Non era una mosca, lei, anche se in quel momento si sentiva proprio come un insetto nella tela di un ragno, che si dimena per liberarsi pur sapendo di non avere alcuna possibilità di fuga. E, oltretutto, non c’erano “angoli” da controllare. Solo quella scura, fredda e infinita strada. Quella dannatissima strada.

Si voltò di nuovo, di scatto. Nulla.

Si morse il labbro inferiore, riprendendo la sua “passeggiata”, cercando intorno a sé una minima parvenza di vita in quel deserto asfaltato. Avrebbe voluto passarsi una mano sugli occhi, ma rischiava di rovinare il trucco e non poteva assolutamente farlo. Se avesse incontrato qualcuno, che figura avrebbe fatto con il mascara e l’ombretto sparsi ovunque? Cercò di calmarsi conficcandosi le unghie – finte – nei palmi delle mani. Sospirò. La leggera brezza della notte le accarezzò la pelle chiara, facendola rabbrividire di nuovo.

Lo sguardo le cadde sul quadrante dell’orologio, dove le lancette parevano muoversi al rallentatore. Le 3:47. Sospirò ancora. Quella notte sembrava non finire mai. Non vedeva l’ora di arrivare a casa, buttarsi sul letto e farsi una dormita. Le mancava ancora un bel po’, comunque, prima di poter realizzare il suo desiderio.

La sua camminata si fece più nervosa al pensiero del suo piccolo appartamento. Guardò ancora l’orologio, scuotendo nervosamente la testa quando si accorse che non era passato neanche un  minuto.

«Aaah, calmati!» esclamò a se stessa, fermandosi.

In quel momento, la luce di due fari le ferì gli occhi, lasciandola totalmente immobile e terrorizzata. La macchina si avvicinava velocemente, coprendo con il rombo del suo motore il silenzio della notte.

“Fa che non si fermi, fa che non si fermi, fa che non si fermi…”

Il cuore le pulsava ritmicamente nel petto, con ferocia, pompando il suo sangue raggelato.

“Non ti fermare, non ti fermare, non ti fermare…”

La macchina rallentò leggermente, accostandosi.

“Oddio no, ti prego no, no, no!”

«Ciao bella, quanto fai?»

Sorrise – un sorriso tirato, finto, ma che l’uomo sembrò gradire.

«Per te si può fare uno sconto… che ne dici di 50?»

Cinquanta? Davvero si vendeva per così poco?

L’uomo le aprì lo sportello. Lei infilò una gamba nuda e ben fatta nella macchina, aspirando un’ultima boccata d’aria fresca – l’ultima, prima di dimenticare per sempre quel sapore così buono e rassicurante – e richiuse lo sportello dietro di sé. L’uomo la guardò con lussuria, avventandosi subito sul suo corpo giovane e fragile. Lei chiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime. Non sentiva più il profumo della notte, l’aria in quella macchina era rarefatta e soffocante, malsana, le dava la nausea. L’uomo non stava perdendo tempo, sembrava uno abituato a quel disgustoso gioco notturno; l’abitacolo odorava di alcool e fumo, e i sedili erano scomodi, ma sembrava accorgersene solo lei. Lui andò avanti per quelle che le parvero ore, senza saziarsi mai, senza averne mai abbastanza, e lei pensò per un attimo – un folle, fugace, istante – di implorarlo di smetterla. Ma lo lasciò fare, fingendosi coinvolta e desiderosa, reprimendo i conati di vomito quando lui la costrinse a succhiargli il membro pulsante e trasformando l’urlo di orrore quando lo sentì penetrarla in uno d’estasi. Avrebbe voluto morire lì, in quel preciso istante, mentre lui spingeva il proprio corpo sudato contro il suo, godendo di quell’orribile abuso.

Quando fu soddisfatto l’uomo le mise scompostamente in mano un biglietto stropicciato da 50 euro e la sbatté fuori dalla macchina.

«Ci vediamo, puttana!!» la salutò, premendo sul pedale dell’acceleratore e scomparendo veloce nella notte. Lei lo fissò allontanarsi mentre le lacrime iniziavano a cadere ininterrottamente, una dopo l’altra, e il biglietto da 50 euro le bruciava sulla mano come fosse stato veleno. Si accasciò sull’asfalto con il corpo scosso dai singhiozzi nel buio freddo della notte, con quella parola che le rimbombava in testa come un’eco senza fine.

Puttana.

Lo era. Non lo poteva negare, purtroppo. Ma questa volta era diverso; aveva il sapore della condanna, di un punto di non-ritorno che lei aveva superato. Sentiva l’impronta delle mani di quell’uomo stampata sulla sua pelle come un tatuaggio indelebile, come mille cicatrici che l’avrebbero accompagnata per sempre. Non sapeva neanche il suo nome. Era un pensiero stupido, lo sapeva, ma la sua stupidità, la sua semplicità la colpì come uno schiaffo in piena faccia. Cos’era diventata? E perché?? Perché???

I suoi singhiozzi risuonavano strazianti e dolorosi nell’oscurità della notte, ma non c’era nessuno che potesse udirli; si disperdevano nel vento scuro che la circondava come mille piccole farfalle senza meta, sole e disperate. Un soffio d’aria pura le accarezzò il volto e le diede la forza di asciugarsi le lacrime ed alzarsi in piedi. Non le importava più di nulla; sarebbe tornata a casa, e avrebbe cercato di scordare quell’orribile nottata e tutte quelle precedenti, anche se sapeva bene che era impossibile. Si allontanò tremante e infreddolita lungo l’ampia strada d’asfalto, con il rombo della macchina dell’uomo che si allontanava nelle orecchie e la consapevolezza che il profumo di quell’aria – così fresca e pulita, libera – non l’avrebbe sentito mai più.

 

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Ecco qui, come sempre una storiella senza pretese, un po’ più forte delle altre magari… spero vi sia piaciuta comunque^^ Aspetto i vostri commenti!!!!! 1 bacio a tutti!!!

  
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