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Autore: _Black or White_    02/03/2018    4 recensioni
Germania, 2003
Accadono cose strane sulla piccola isola di Hiddensee, e ormai sono in tanti ad affermare di averne vista una.
Esistono veramente? E che aspetto hanno? Parlano, capiscono, amano?
Le sirene sono un mistero per la razza umana fin dall'alba dei tempi: nemiciamici da sempre, non possono fare a meno di cercarsi l'un l'altro.
Sarà proprio quell'attrazione irresistibile a portare il giovane Ludwig a conoscere una vera sirena.
Riusciranno i rappresentanti di due mondi tanto diversi a gettare un ponte per la conoscenza pacifica?
Riuscirà un'amicizia tanto impossibile, un amore tanto proibito, a trovare un lieto fine?
[Gerita | Spamano | accenni Pruhun]
[Merman AU]
[Lime HumanxMerman]
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Dedico questo primo capitolo ad annablu
e ad AngelDeath.

annablu, grazie per quel dolcissimo messaggio. A volte tendo a dimenticarmene, e meno male che ci siete voi lettori a ricordarmelo!

AngelDeath, grazie per l’ultima recensione che mi hai lasciato, e per il sostegno che mi hai dimostrato. Non temere: non mi lascio abbattere dai malintesi! Uhm, che ne pensi di questo disegno?

Vi abbraccio tutte e due, perché è stupendo ricevere l’amore dei propri lettori, in un periodo difficile come questo, per me :)








“Cruel and cold
like winds on the sea.
Will you ever return to me?
Hear my voice
sing with the tide.
Our love will never die.”


“Davy Jones” Lyrics




SING FÜR MICH




La prima volta che lo vide fu su quello scoglio.
La tempesta era appena passata, e come ogni volta, l’intraprendente piccolo tedesco si era diretto verso la sua spiaggia preferita.
Hiddensee era un’isoletta dalla forma di un cavalluccio marino, lunga e piatta; soltanto a nord-ovest la sua pianura si raggrinziva in qualche basso e irsuto colle.
La vista era spettacolare, con il confine tra cielo e terra che si liquefaceva in una rossissima esplosione di colore; gli Hannover da competizione del signor Köhler che erano tornati a galoppare per i dolci pascoli; le grida lontane dei pescatori al porto di Vitte, e tutte quelle spirali di fumo perlaceo che salivano a ghirigori nell’aria freddissima, frizzante e ancora odorosa di pioggia.
Hiddensee si era spaventata della tempesta, e per un po’ aveva nascosto il capo sotto ai suoi tetti di legno blu.
Ludwig, invece, nanerottolo coraggiosissimo, se n’era rimasto per ore ed ore con il naso incollato ai vetri di casa, gli occhi che brillavano a ogni lampo, impaziente di poter andare in esplorazione.
E Gilbert, da bravo fratello maggiore, lo aveva imbacuccato per bene in un cappottone impermeabile, gli aveva infilato l’indistruttibile Nokia 3310 in una tasca e lo aveva lasciato uscire dopo l’ultima goccia di pioggia, annuendo soddisfatto.

Così il piccolo Ludwig, senza alcuna paura, attraversò la spiaggia scura e pastosa, calandosi il cappuccio impellicciato sul visino acceso di curiosità.
Non ebbe bisogno di fermarsi a scegliere, e puntò dritto verso il suo posto segreto: in una piccola baia di sabbia dorata, ben nascosta da un boschetto di larici e abeti bianchi, vi era una formazione di scogli a sud del grande faro, nel Dornbusch.
La roccia, o Jeliel* - come l’aveva soprannominata lui - aveva la forma curiosa di un angelo chinato in preghiera; e forse era proprio a causa di quel suo aspetto strano, se intorno a lei succedeva sempre qualcosa di speciale, dopo una tempesta.
Che cosa vi avrebbe trovato questa volta? Una buffa conchiglia? Un fossile di dinosauro? Un relitto fantasma, magari a guardia di un forziere pieno di tesori?
Eccitato come se si fosse trovato tra le pagine di uno dei suoi amati romanzi, Ludwig si arrampicò con manine decise sulle rocce incrostate di sale, chiedendosi, tra uno scivolone e l’altro, che cosa avrebbe fatto Jim Hawkins al suo posto.
Si issò sulla cima, rimase per un momento piegato sulle ginocchia, a riprendere fiato, e finalmente sollevò lo sguardo.
Bello, bellissimo: Jeliel era molto alta, e dal suo cocuzzolo si poteva spaziare con gli occhi fino alle lingue di terra dell’isola di Rügen, a ovest.
Tutt’intorno, nient’altro che mare.
A Ludwig era sempre piaciuto tanto, il mare.
Per qualcuno non era niente di più che un’inquietante distesa d’acqua salata, pericolosa e superflua.
Per lui, invece, era come una creatura viva.
Dormiva respirando profondamente, anche se a volte si svegliava di cattivo umore, come Gilbert di lunedì; e allora sbatteva i pugni e faceva i capricci, schizzando dappertutto e terrorizzando i gabbiani, sballottando qui e là i banchi di aringhe argentate e sputacchiando qualche granchio reale sugli scogli taglienti.
Il mare era volubile, intrattabile e indomabile… e Ludwig se ne era innamorato a soli sei anni.
Quel pomeriggio aveva spruzzato e schiamazzato più del solito, ma ormai la crisi gli era passata, ed era tornato calmo, piatto, a russare sulla battigia sabbiosa.
Ludwig si accucciò sui talloni, come gli aveva insegnato il suo bruder, e strisciò cautamente fino al margine frastagliato di Jeliel.
Si affacciò di sotto, per godersi la vista di quel blu feroce che parlottava nel sonno… e quasi cacciò uno strillo.
Girato di spalle, e seduto proprio sul piedistallo di Jeliel, se ne stava un bambinetto della stessa età di Ludwig.
Nudo come mamma lo aveva fatto, si prendeva in piena faccia tutti gli schizzi e gli spruzzi del basso fondale; incurante della violenza della corrente, del freddo boia che aveva già intirizzito le dita del tedesco, del sale e delle rocce acuminate sotto al sedere.
Ma chi diavolo era?
Ludwig s’inginocchiò sulla cengia e gridò forte, per sovrastare il ruggito del mare: « Ehi, tu! »
Il piccoletto trasalì e si voltò di scatto.
« Ma che fai lì?! È pericoloso! » e gli allungò una mano, «Torna subito su, che tra poco ci sarà… »
Non fece in tempo a urlare “alta marea”, che il bambinetto si tuffò in mare con un unico balzo… e fu allora che Ludwig la vide.
Soltanto per una frazione di secondo: un arco color dei granati, come quelli che portava alle orecchie la signorina Elizaveta.
Una scia di squame, che luccicarono umide negli ultimi bagliori del tramonto.
Una coda. Una coda di pesce.
S’inarcò e sparì tra le onde, insieme a lui.
Ludwig trattenne bruscamente il respiro e si chinò sul gesso salino di Jeliel.
Attese, con gli occhioni azzurri sgranati, fissi su ogni più piccola increspatura dell’acqua, con il cuore a mille e un fischio assordante nelle orecchie… ma lui non tornò più.


« Bruder!!! »
Gilbert fece un salto di mezzo metro e si strozzò con la tisana alla viperina, rovesciandola abbondantemente sulla poltrona di velluto porpora.
Ludwig entrò di corsa nel salotto e gli si catapultò addosso, tutto scarmigliato, sudato e senza fiato: « Bruder, l’ho vista! L’ho vista!! Giuro che l’ho vista! »
Gilbert si colpì più volte il petto con un pugno per liberarsi i polmoni dalla bevanda bollente, si asciugò la bocca con una manica e tossicchiò: « O-ohi, West… calmati un momento… cos’è che avresti visto? »
Il suo fratellino minore era talmente infervorato che non fece nemmeno caso a quello stupido nomignolo.
« Una sirena! »
Dapprima, Gilbert rimase a bocca aperta, incredulo.
Conosceva bene la passione di Ludwig per i romanzi fantastici e le fiabe della buonanotte, storie d’avventure piene di draghi, tesori sepolti e realtà impossibili… ma sapeva anche che il suo fratellino non era capace di raccontare bugie.
Un rompiscatole puntiglioso, sveglio e intelligentissimo, pieno di voglia d’imparare, perché mai avrebbe dovuto cambiare opinione così all’improvviso?
Non tornava proprio.
Gilbert si riprese con un’alzata di spalle, arruffò giocosamente i capelli biondissimi del fratellino e si alzò in piedi.
« E così, alla fine, anche tu hai visto una di quelle famose sirene, eh West? » gli disse con una strizzatina d’occhi, mentre recuperava un panno di camoscio da un cassetto dello scrittoio d’ebano.
« Ma c’era per davvero! » protestò il piccoletto con tutte le forze, rosso per la rabbia, e Gilbert non poté impedirsi di trovarlo adorabile.
« Beh, in effetti, su quest’isola ci sono un sacco di persone che dicono di averle viste. » e, mentre gli parlava con aria leggera, per calmarlo, si mise a tamponare la tisana versata con il panno scamosciato.
« Christoph Fischer, il guardiano del faro, ti ricordi di lui? Sono più di quarant’anni che se ne sta in veglia su quella torre infestata dagli spettri, e per quattro volte ha raccontato di aver visto le sirene. »
Ludwig stava pendendo dalle sue labbra, e per quanto fosse divertente farlo arrabbiare, Gilbert non voleva ferire la sua delicata fantasia di bambino.
« Il vecchio Christoph ha visto le sirene anche lui? » lo spronò il piccoletto, serissimo.
« Così disse. » rispose Gilbert, sorvolando sul fatto che le parole di un ubriacone non fossero proprio le più sensate da ascoltare.
« E tu l’hai sentito mentre raccontava? »
« Oh sì, eccome. »
Gilbert stese il panno sulla poltrona tutta umidiccia, che ormai profumava di viperina, vi si sedette con cautela e si caricò Ludwig su una gamba, come ai tempi aveva fatto con lui il venerabile nonno.
« In una nottata del 1991. Tu non eri ancora nato. Scesi a Vitte per comprare le medicine di nostra madre, ma ci fu quella tempesta assurda… »
« Quella che sommerse il villaggio di Grieben? »
« Sei proprio un piccolo sapientone, eh West? Sì, quella tempesta. Grandinava così forte che dovetti correre a rifugiarmi nella taverna di Fips. »
« E avevi paura, bruder? »
Gilbert si puntò il petto con un pollice: « Lo sai che sono magnifico, no? Fosse dipeso da me, avrei caricato al sicuro le medicine su una carrozza* qualsiasi e sarei tornato a casa di volata. Potevo forse lasciare la mamma e il nonnino tutti da soli? »
Ragionevolmente scettico, Ludwig inarcò un biondo sopracciglio.
« Uh… a ogni modo, dov’ero rimasto? Ah sì… dunque, i moli erano completamente sommersi e le barche si ribaltavano sulla spiaggia come tartarughe alla deriva. A Sven, lo stalliere del signor Köhler, era volato in testa il remo di una barca, e la figlia degli Ziegler era stata data per dispersa in mare. No no no… troppo pericoloso. Prenotai l’ultima stanza rimasta e me ne rimasi buono e tranquillo ad aspettare che passasse. Fu una nottata d’inferno… »
Ludwig s’intrecciò le mani in grembo, dondolandosi avanti e indietro sulla gamba del fratellone, impaziente di sentire quando sarebbero saltate fuori le sirene in quella strana storia.
Gilbert si passò una mano tra i corti capelli bianchissimi, e continuò, con un sospiro malinconico: « Ho sentito tanti brutti racconti quella notte. Chi non trovava più i suoi genitori, chi era andato in barca con il fidanzato e se l’era visto strappare via dalla tempesta improvvisa, chi si era rotto qualcosa scivolando sugli scogli, chi era rimasto schiacciato dai cavalli imbizzarriti… » scrollò il capo, « E poi, tra il baccano generale, una voce furibonda affermò di averle viste di nuovo. »
Gli occhioni di Ludwig s’illuminarono d’eccitazione: « Il vecchio Christoph? »
« Proprio lui. » annuì Gilbert, « Quella era la terza volta che raccontava di aver visto le sirene. Tutti a Hiddensee sapevano che era un po’... anziano, ma io non avevo mai sentito una delle sue testimonianze di prima mano. Così mi sedetti al suo tavolo e lo pregai di raccontarmi la storia. »
« Volevi sapere delle sirene, bruder? »
« Ero curioso, lo ammetto. Tre volte in trent’anni, per di più dal faro di Dornbusch… beh, magari non erano vere e proprie sirene, però… qualcosa di strano, di sicuro quel vecchio lo aveva visto. »
Gilbert fece una pausa a effetto, allungando un braccio verso il muro per accendere le luci del salotto; fuori era calata la sera, e in lontananza si poteva udire il mormorio del mare.
Da qualche parte, in quelle profondità torbide, si muoveva sfuggente una figura umanoide.
« E poi? » lo incoraggiò Ludwig, quando non riuscì più a resistere.
« E poi il vecchio Christoph mi raccontò la sua storia. Bada bene, West: non fu affatto facile convincerlo, perché quel vecchiaccio non si è mai fidato dei giovani. Quindi ascolta le mie parole come se ne dipendesse la tua vita. » proclamò in tono drammatico, e Ludwig deglutì intimorito, gli occhioni azzurri ormai perfettamente circolari, tanto erano spalancati.
“Che carino” pensò Gilbert, trattenendosi a stento dal pizzicargli una guancia.
« Dicevo? Oh giusto… il racconto del vecchio Chris. Ebbene, se ne stava seduto sulla torre del faro, come al solito. Aveva visto la tempesta arrivare prima di tutti, aveva acceso la lanterna e dato l’allarme. Stava gridando a una coppietta di sbrigarsi a risalire la collina, quando le vide. »
Gilbert si fece serissimo, e Ludwig si stritolò le mani in grembo.
« Sballottate dalla violenza delle onde, anche loro stavano scappando al riparo. Erano in due, e nuotavano in superficie, forse perché le correnti del basso fondale erano troppo violente. »
Ludwig spalancò la bocca: « Erano due sirene? »
« Il vecchio ne era strasicuro. »
« E… e che aspetto avevano? » insistette, sovreccitato.
« Uhm, dunque… mi disse che erano parecchio lontane, ma riuscì a vederne chiaramente le code. Sembravano molto diverse tra loro, ma i colori erano indistinguibili attraverso la tempesta. Però avevano capelli e pelle umana. » Gilbert fece spallucce, « Mi disse che l’unica cosa certa, l’unico ricordo che avrebbe conservato per sempre, fu l’incanto che provò nel guardarle. »
La magia delle sirene: Ludwig ne aveva letto qualcosa a riguardo, nei romanzi d’avventura.
Si fermò a meditare.
Il bambino sul piedistallo di Jeliel, la sirena che aveva visto lui, com’era fatta?
Gli era sembrato un essere umano normale, poco prima di buttarsi in mare.
E la coda? Non l’aveva vista che per una frazione di secondo, ma più tentava di riacciuffare indietro il ricordo, più quello sdrucciolava via dalle sue retine.
Aveva le scaglie o la pelle? La pinna caudale di che forma era? Il punto di congiunzione tra uomo e pesce era ben definito o evanescente?
Non riusciva proprio a ricordarselo.
« Eh?! Ma è già quest’ora? » protestò Gilbert, lanciando un’occhiata al bell’orologio a cucù nell’angolo, « Devo cominciare i preparativi per la cena, che stasera verrà Eliza a farci visita. »
Fece scendere Ludwig dal suo ginocchio e si rimise in piedi con un grugnito: « Ti sei fatto pesante, eh West? »
Sicché non gli rispondeva, lo sguardo fisso sui vetri delle finestre, Gilbert si piegò per poterlo guardare in viso.
« Ohi, West. » e gli pizzicò una guancia.
Ludwig si rabbuiò: « Non ho detto una bugia. Anche il vecchio Christoph le ha viste. Esistono per davvero. »
Gilbert lo osservò a lungo.
Va bene giocare, ma così era troppo.
« Ti sarai confuso. Avrai visto una foca grigia che s’immergeva, o un luccio particolarmente grosso. E il vecchio Chris… gli piace bere, no? Avrà scambiato due focene per degli esseri umani. »
Ludwig tentò di protestare, ma Gilbert gli arruffò energicamente i capelli biondi, si alzò in piedi e uscì dal salotto.
« Suvvia, West, ti facevo più terra terra. Le sirene mica esistono, no? »
Già… sarebbe stato impensabile, da parte sua, credere a una storia come quella delle sirene.
Non avevano alcuna spiegazione scientifica, specialmente le sirene descritte nei romanzi d’avventura.
Eppure lui ne aveva vista una, sarebbe stato pronto a giurarlo.
« West, ti preparo la vasca. Vai a farti il bagnetto, prima che arrivi Elizaveta, d’accordo? »
La fidanzata di suo fratello, era una signorina gentile e comprensiva: forse lei gli avrebbe creduto.
Insomma, non era proprio possibile che Ludwig avesse scambiato quel bambino per una foca, da una simile vicinanza.
E pure il vecchio Christoph… una volta poteva anche essersi sbagliato, ma tutte le altre? Aveva scambiato delle focene per esseri umani per ben quattro volte?
Doveva parlare con lui, dove saperne di più.
Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto: avrebbe risolto il mistero di Hiddensee.


Il giovane tritone s’immerse in profondità, al di sotto della schiuma, e lasciò che le forti correnti lo trasportassero al largo.
Presto, presto! Il più lontano possibile, dove quel Nuota nel Sopra non potesse seguirlo.
Era talmente spaventato che toccò i trenta metri di profondità in cinque minuti, senza fermarsi neanche per un momento.
Trovò una densa foresta di brasche filiformi e vi si catapultò dentro a testa bassa, facendo scappare un banco di aringhe argentate.
Con la coda che pulsava ferocemente, si adagiò tra i ciuffi di alghe per riposarsi, gli occhi sbarrati verso la superficie.
Il Nuota nel Sopra era spuntato così, dal nulla, terrificante proprio come se li era sempre immaginati: la pelle chiarissima e molle, gli occhi piccoli e immuni all’accecante bagliore del sole, il loro tipico naso sporgente e portentoso, in grado di sopportare l’aria del Fuori per ore, ed ore, ed ore…
Era la prima volta che ne vedeva uno da così vicino.
Aveva ragione il nonno: i Nuota nel Sopra facevano proprio paura.
Il nonno! Se avesse scoperto che era andato di nuovo nel Fuori… ah, non voleva nemmeno pensarci.
Il piccolo tritone si mosse verso sud-est, dove una lontana formazione di grotte marine ospitava lui e la sua famiglia da innumerevoli generazioni.
Sarebbe tornato a casa facendo finta di niente, il nonno non avrebbe scoperto che era andato nel Fuori, e lui l’avrebbe fatta franca.
Sì, era un piano perfetto.
Un fruscio improvviso tra le alghe, che lo costrinse a immobilizzarsi.
Testuggine palustre? Foca dagli anelli? Squalo elefante?
Una figura emerse alle spalle del giovanotto, piegando le canne al suo passaggio, e un gorgoglio furibondo vibrò nella corrente.
Dove diamine eri finito, Efelién?!
Oh, grazie alla Grande Madre! Era solo suo fratello, Luvìs.
Per fortuna che non si era trattato di un qualche predatore affamato… o del nonno.
Ciao, Luvi! lo salutò con un gloglottio, sforzandosi di assumere un’aria innocente.
Con un frullo della coda, Luvìs si portò davanti a lui.
Le lunghe orecchie cartilaginose gli vibravano: segno che era molto, molto arrabbiato.
Possibile che lo avesse scoperto?
Dove sei stato? lo interpellò, incrociando le braccia sottili sul petto magro.
In giro rispose evasivo Efelién, e scrollò nervosamente le pinnette caudali, impaziente di svignarsela.
In giro… dove, di preciso?
Aveva un tono che non ammetteva repliche, ed Efelién cominciò ad aver paura.
U-un po’ qua intorno…
Per “qua intorno” intendi “vicino alla costa”?
No…
Gli occhi verdissimi di suo fratello maggiore mandarono un unico lampo rosso, come accadeva a tutti i Sirenii* quando si arrabbiavano sul serio, ed Efelién abbassò subito il viso, incapace di sostenere il suo sguardo un secondo di più.
Efé, sei uscito di nuovo nel Fuori?
Lo aveva scoperto.
Ma-ma certo che no!
Efé, non sei mai stato bravo a mentire. Dimmi la verità
Inquieto, Efelién cominciò a giocherellare con la propria pinna ventrale, le orecchie basse, le spine ossee della dorsale che scattavano su e giù.
Ma chi voleva imbrogliare?
Non il suo fratellone, che lo amava più della Grande Madre, più di se stesso; e di certo non il nonno, che li stava crescendo come se fossero figli suoi, ed era anziano, forte, saggio e sapeva tutto.
Meno male che il nonno non era lì ad ascoltare, oppure si sarebbe arrabbiato pure lui… e quando il nonno si arrabbiava perfino gli dei tremavano di paura.
Solo… solo un pochino confessò allora Efelién, e attese l’esplosione.
Le orecchie di Luvìs presero a frullare così velocemente che il più piccolo non riuscì più a seguirne i movimenti.
Ci sei andato ancora! Sei andato nel Fuori! ruggì, come un giovane squalo iracondo, ed Efelién si fece piccolo piccolo, come se sperasse di confondersi con le brasche verdastre che ondeggiavano intorno a lui.
Efé, quante volte devo spiegarti il perché non ci puoi andare? insistette minaccioso il maggiore, I Nuota nel Sopra, li hai potuti osservare, no?! Sono pericolosi! E se uno di loro ti avesse visto? E se ti avesse seguito? Lo avresti guidato fino a noi, fino alla tua famiglia!
Era incredibile come Luvìs riuscisse sempre a farlo sentire maledettamente in colpa.
Ma non mi hanno visto, Luvi! protestò, serrando i pugnetti lungo la coda.
Suo fratello si massaggiò la fronte abbronzata e soffiò una cascata di bollicine trasparenti dalle branchie annaspanti.
Quanto tempo ci sei rimasto?
Po-pochissimo! Dalla fine della tempesta fino a poco fa
Luvìs lo squadrò dalla testa alle pinne.
Davvero non ti ha visto nessun Nuota nel Sopra?
Nessunissimo!
Giuralo
Efelién esitò.
Non gli piaceva mentire, e poi Luvìs aveva ragione: non era bravo a farlo.
Però non poteva ammettere di essere stato visto da un cucciolo di Nuota nel Sopra, perché Luvìs si sarebbe certamente sentito in dovere di riferirlo al nonno.
Non per cattiveria, ma perché aveva delle responsabilità, in quanto fratello più grande, ed Efelién lo capiva.
Il nonno li avrebbe subito portati via da quelle acque, in un posto lontano lontano, dove avrebbero potuto ricominciare una nuova vita… ma Efelién non voleva che finisse così.
Si era affezionato a quelle correnti, aveva passato sei lunghi anni a imparare tutto della Grande Madre che lì sciaguattava, a esplorare, a memorizzare; e dentro al cuore sentiva che nessun altro posto sarebbe mai, mai stato accogliente come quell’angolino di paradiso… e come quel Fuori.
Perché, se i Nuota nel Sopra lo terrorizzavano, il loro Fuori lo affascinava da impazzire.
Anche suo fratello ne era irrimediabilmente attratto, ma a differenza sua, lui si prendeva le responsabilità di un bravo Sirenia, e non lasciava che la morbosa curiosità distruggesse la sua amata famiglia.
Come diceva sempre il nonno: “voi, per me, venite prima di tutto”, e a qualsiasi costo li avrebbe protetti.
Efelién non doveva più tornare nel Fuori.
Quella sarebbe stata la cosa giusta da fare, lo sapeva molto bene.
Doveva scegliere: giusto o facile?
Sollevò il visino arrossato verso il fratello maggiore.
Te lo giuro, Luvi. Non mi ha visto nessuno
Luvìs lo scrutò a lungo… come se, nel suo profondo, stesse combattendo per fare una scelta altrettanto difficile.
Alla fine annuì appena, si voltò e si spinse in avanti con un colpetto di coda, in direzione sud-est.
Efelién poté finalmente rilassare la schiena, tirare un sospiro di sollievo e inseguire la scia del fratellone verso casa.
Lo affiancò e gli chiese, con una vocina supplichevole: Non lo dirai a nonno, vero?
Se dipendesse da me, sì. Glielo direi eccome brontolò Luvìs, Ma poi ti prenderesti tante di quelle sculacciate che sarei costretto a portarti in spalla per tutta la durata della migrazione… e sinceramente, non ne ho proprio voglia
Efelién gli fece un sorriso gigantesco, poi lo assaltò, rotolando con lui in un vortice di bolle luminose e pesciolini che fuggivano via allarmati.
Grazie! Grazie fratellone!
Ahia! Mi stai schiacciando la pinna, cretino!
Lo aveva capito, perché suo fratello non era uno stupido, ma lo aveva capito.
“Anche a me piace qui, e non voglio andarmene. Quindi non dirò niente a nonno” sembrava comunicargli, con quel suo cipiglio rabbioso.
Avrebbero continuato a vivere lì, sarebbero rimasti per sempre.
Efelién avrebbe potuto continuare a uscire nel Fuori, a una distanza di sicurezza dai Nuota nel Sopra.
Ignorandoli, si sarebbe goduto tutte quelle cose assurde che se ne stavano lassù: quella palla di luce giallissima che gli asciugava i capelli con calore e dolcezza, quella polverina secca e soffice che ricopriva tutta la costa, quegli animali stranissimi che strillavano nell’azzurro pieno d’aria e potevano trasportarsi da una parte all’altra senza alcuno sforzo, come una magia… e quella splendida roccia dalla forma buffa, quella che se ne stava in veglia tra il Fuori e la Grande Madre.
Quella gli piaceva da morire, e non vedeva l’ora di poterla rivedere.
Con il cuoricino che gli scoppiava di gioia alla sola prospettiva, il piccolo tritone sfrecciò davanti al fratellone e si dondolò su e giù, come facevano i delfini quando giocavano.
Efé…
Sììììì? trillò felice, infilando una manina in un cespuglio di quercia marina, e tirandone fuori una piccola anguilla sorpresa.
Bada bene di non farti beccare mai più, eh? lo ammonì Luvìs, con quel tono inquietante che non ammetteva repliche, Per questa volta è andata… ma alla prossima io non ti coprirò. Hai capito?
Efelién si avvolse l’anguilla intorno al collo sottile, e se la portò in giro tutto tronfio, come se fosse un gioiello d’inestimabile valore; e quella, consapevole che ben presto il Sirenia avrebbe perso interesse per lei, lo lasciò fare, rassegnata.
Ho capito, Luvi rispose con una strizzatina d’occhi, per poi gridare come un pazzo e fiondarsi tra le ombre saline di casa, dove la sagoma della grotta li attendeva, poco lontana.
Siamo tornati, nonninooooo!
L’anguilla venne lanciata indietro, tentò di svicolare via ma si scontrò con l’occhiataccia di Luvìs, che la afferrò con le manine sorprendentemente forti.
Se poi il nonno ti scopre, saranno affaracci tuoi, Efé mugugnò, usando la povera anguilla come una corda per saltare.
Tra sé e sé, Efelién ridacchiò: non c’era proprio bisogno che Luvi si preoccupasse per lui.
Era stato beccato una volta… ma non si sarebbe fatto beccare mai più.


CONTINUA…



Note:

Jeliel: “Dio caritatevole”, angelo che come dono dispensa l’amore
Carrozza: sull’isola di Hiddensee le automobili sono vietate. Ci si sposta soprattutto in bici e a cavallo
Sirenii: ordine di mammiferi acquatici erbivori. Al maschile sarebbe Sirenio, però Sirenia mi suonava meglio.


E rieccomi tornata amiciiiii!
Che ne pensate di quest’idea? E questo primo capitolo, vi è piaciuto? Vi ha incuriositi?

Ho qualche cosuccia da discutere con voi, quindi sediamoci e prendiamoci un tè caldo, che in ‘sti giorni è arrivato il freddo polare x_x

Dunque… innanzitutto, perché Efelién e Luvìs?
Chiedo scusa ai puristi, ma chiamare Feliciano e Lovino due creature appartenenti a una specie fantastica mi suonava davvero inverosimile… per quanto si possa parlare di verosimiglianza con delle sirene.

Luvi ed Efé non parlano in acqua, ma cantano, gorgogliano e lanciano suoni ecolocalizzatori, proprio come farebbe una balena, o un beluga, o un delfino.
Ho deciso di tradurre direttamente i loro pensieri, che, non essendo dei normali dialoghi, non hanno virgolette apposite.
Avrei potuto renderli più impersonali, ma poi i due fratellini sarebbero apparsi proprio come bestie, e non come umanoidi dall’intelligenza umana.

Per le capacità dei Sirenii, e per l’aspetto fisico, attendete il prossimo capitolo, per favore, e vedrete ;) (anche se dal disegno si può già intuire… sono un genio <_<)

Per Efé mi sono ispirata alla castagnola rossa, e per Luvi al rondone del mare.
Sono pesci che vivono nei mari d’Italia, molto graziosi, quindi perfetti per i miei due latini preferiti *sbrodola*

Badate bene: ho preso soltanto l’aspetto fisico di questi pesci, quindi, quando si arriverà a parlare di come si accoppiano i Sirenii (perché ci arriveremo fidatevi o_o) non ci saranno uova né il Tiro allo Sperma tipico dei pesci.
Andiamo… ve lo vedete un Feliciano sirenetto che spruzza i suoi spermatozoi su un gruppo di ovette gridando “DOITSU VENGOOOOO” Ò_Ò io no, quindi prenderò in prestito l’accoppiamento degli squali, ma senza il secondo pene *si rotola dalle risate e Doitsu la guarda male*

Oh bene, credo di avervi detto tutto, ma se avete altre curiosità, io vedrò di rispondervi senza fare troppi spoiler.

Godetevi questa storia, perché ne varrà la pena *w*

P.S.= chi ha riconosciuto la scena del disegno?! xD
  
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