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Autore: _DA1SY_    02/03/2018    1 recensioni
Alessandro, un ragazzo di ventuno anni, arruolato in una nuova élite militare al servizio del governo, ben presto dovrà fare i conti con la realtà e accettare che, il mondo in cui ha da sempre vissuto non è altro che un contenitore; solo in quel momento scoprirà ciò che si nasconde dietro al male che in passato piegò l’umanità.
La piaga; voci lontane di anime ignote, ricordi del passato o sussurri di morte? Chi sono i sussurratori?
Cosa ne sarà di questo mondo e cosa ne sarà dell’intero concetto della vita? Riuscirà Alessandro a scoprire la verità?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Sto morendo? No, credo che sia solo il solito sogno.”

Il vento si stava alzando su quel paesaggio grigio e freddo, privo di colori come fosse spento e morto sotto un cielo livido di pioggia e carico di tensione, rigido come le persone che avvolgeva; un gruppo di ragazzi di ferro che, inglobati nel marcio panorama non risaltavano rendendone dunque omaggio.

Immobili e inflessibili, eretti sulle loro gambe con il viso severo come se privato di emozioni umane, esseri viventi azzerati da sentimenti e di libertà, come fossero automi; stavano lì, con il mento in alto verso quel cielo tuonante e con sguardo fisso in quel vuoto infinito attendendo parole, ordini o comandi da chi li aveva privati della loro volontà e resi schiavi del sistema.

In riga, uno a fianco dell’altro, stavano in silenzio e immobili con lo sguardo fisso esattamente all’orizzonte dei loro occhi spenti e apparentemente privi di anima.

Lo stesso taglio di capelli, una rasatura perfetta a filo della pelle che lasciava crescere, a tre dita dalle orecchie, un ciuffo perfettamente pettinato e ordinato. Erano uomini consapevoli di aver accettato personalmente di essere privati di ogni libertà e qualifica che li rendesse umani e differenti gli uni dagli altri.

Le divise grigie ma pulite, il portamento rigido e inflessibile che neanche quella pioggerella estiva, che prometteva una tormenta sembrava poter mutare.

Un uomo, molto più anziano, osservava i ragazzi come fossero carne da macello; camminava avanti e indietro di fronte ad essi sul piastrellato in marmo grigio, dove qua e là nelle insenature era cresciuto qualche ciuffo d’erba che pareva anch’esso spento e malato.

In quella giornata si contavano ventuno anni precisi dal momento in cui l’umanità venne sopraffatta dalla piaga, un dolore che il genere umano si trovò a dover affrontare senza mai trovare una spiegazione logica al perché della sua comparsa.

Il comandante, in veste verde e marrone, si fermò all’improvviso e, senza dare ordine di riposo, iniziò il suo discorso che non sarebbe potuto essere interrotto dai semplici ragazzi al suo cospetto. << Soldati, siete qui perché cinque anni fa avete scelto di far parte del nuovo ordine del corpo militare; vi siete arruolati spontaneamente e oggi, per qualcuno di voi, è finalmente giunto il momento di passare di grado. Il vostro gruppo sarà il terzo. Solo due gruppi sono stati formati prima di voi e come ben sapete hanno fatto molti progressi in questi anni di ricerche; hanno catturato molti sussurratori e a volte sono stati costretti a imprigionare i loro protettori; hanno scovato le informazioni alla quale VOI tutti ambite ma, soltanto nove di voi quindici hanno mostrato le abilità e le attitudini per passare di grado e poter iniziare a lavorare accanto alle squadre di ricerca ed essere informati sulle straordinarie scoperte. Questo era il vostro momento, e questi anni sono stati la vostra formazione, siamo rimasti molto stupiti da alcuni di voi e delusi da altri, l’elenco con i nomi dei soldati saliti di grado è fissato alla bacheca fuori dal vostro dormitorio. Andate incontro al vostro destino soldati, rompete le righe. >>

Dopo quell’invito i ragazzi si liberarono dalla morsa della ferrea disciplina militare che gli era stata inculcata per anni come dovere comportamentale e, muovendosi con furia, come un branco di animali al pascolo, corsero verso il dormitorio, verso il loro ambito e tanto sognato futuro, pareva impossibile che, fino a pochi attimi prima, erano stati privi di così tanta energia e vita.

La pioggia continuava a cadere e questa volta non erano più immuni alla forza della natura; le divise dopo la corsa nel fango erano lerce e luride, i loro capelli erano ormai spettinati e fradici; inzuppati così non sembravano più soldati dell’esercito ma “ratti in divisa” come venivano definiti da una buona fetta dell’umanità in disaccordo con i loro modi di riportare la pace e l’ordine nel mondo.

Tra i ragazzi che si trovarono a fissare l’elenco appeso alla bacheca c’era chi sorrideva e si dimenava per la felicità e chi continuava a ripassare, riga per riga, leggendo tra i nomi inseriti dove fosse il proprio, sperando di non averlo visto nelle letture precedenti.

<< Ale, mi dispiace molto. >> Lorenzo mise la mano sulla spalla dell’amico, ma quest’ultimo non riuscì a rispondere, non riuscì a guardarlo negli occhi, persino respirare sembrò difficile e così innaturale in quel momento.

Aveva dato tutta la sua vita al raggiungimento di quello scopo, rinunciando persino alla sua famiglia e arrivando a ripudiare suo padre, un sussurratore, per poter entrare in quell’élite.

Dalla morte di sua madre e ancora prima forse, da quando iniziò a comprendere che suo padre era stato colpito dal male che tutti chiamavano “la piaga”, aveva scelto che quello di entrare del gruppo militare di ricerca sarebbe stato il suo obbiettivo e la sua ragione di vita.

<< Vedi che fine fanno quelli come te? I figli dei sussurratori? Sei marcio, e non vogliamo merda in questo gruppo; il nostro compito è quello di aiutare e di proteggere i civili da quelli come te! >>

Lorenzo tolse la mano dalla spalla di Alessandro che sembrò non sentire neanche l’offesa. << Lascialo in pace, sono sicuro che ci sia un errore. Ale non può essere stato sbattuto fuori dal corpo di ricerca, è quello che tra tutti noi più si merita di passare di livello. Sono certo ci sia un errore e se fossi in te mi rimangerei quello che hai detto perché scommetto che da domani verrà nominato lui capo del terzo gruppo e se così fosse ti converrebbe abbassare i toni oppure il primo ad andarsene affanculo tra tutti noi sarai tu. >>

Federico rimase zitto con il viso corrugato e con l’amaro dell’offesa subita. Sapeva che Lorenzo aveva ragione, Alessandro era da sempre quello più preso di mira a causa del padre ma era anche quello più determinato e più pronto di tutti; non solo aveva mostrato grande determinazione ma le sue qualità in quei cinque anni di addestramento avevano spiccato sotto ogni disciplina, facendogli acquistare il rispetto di tutti i superiori e la promessa che avrebbe comandato lui il terzo gruppo una volta finita la selezione, o almeno così era parso a chiunque in quella cerchia di soldati.

Lorenzo prese per un braccio Alessandro e insieme andarono dal comandante, ma non ci fu modo di cambiare il verdetto fiale; l’ultimo test scritto era risultato insufficiente benché Alessandro continuò ad affermare che dovevano esserci stati degli sbagli. In tutta risposta, ottenne solo la minaccia di essere espulso dall’accademia ed espulsione significava definitiva impossibilità di coronare il suo sogno.

<< Ale, come ti senti? >>

<< Uno schifo Lore, ho rinunciato a tutto per arrivare a questo punto, hai idea di come mi possa sentire? Hai idea di quanto mi senta un fallito? Ho messo tutto in questo sogno, capisci? Come posso aver fallito? >>

Lorenzo non sapeva proprio come rispondere ad Alessandro; si conoscevano da cinque anni ormai, da quando si erano ritrovati compagni di stanza all’inizio della loro carriera militare. Erano diventati come fratelli, forse l’essere entrambi inesorabilmente così soli li fece avvicinare, tanto che negli anni trovarono forza insieme facendosi coraggio l’uno con l’altro. Era per loro giunto il momento di salutarsi? << Sto pensando di rinunciare per quest’anno, sai? Posso rinunciare al passaggio di grado per quest’anno e ritentare l’anno prossimo con te. >>

<< Non lo fare Lorenzo! Non è un tuo problema questo e anzi, sei il migliore di quel gruppo e sei l’unico che può ambire al grado di capo. >>

<< Non mi interessa del grado e di tutto il resto, ho iniziato questo percorso con te e non voglio ritrovarmi in un gruppo in cui la persona che più se lo merita non c’è, hanno voluto escluderti? Bene, per quest’anno perderanno i due miglior soldati. >>

<< Non farmi sentire addosso il peso di questa scelta. >>

<< Io scelgo per me, tu al mio posto avresti fatto lo stesso. >> Alessandro si morse il labbro, dubbioso sull’affermazione del ragazzo. << Avevo fatto arrivare una cosa per questa occasione speciale e visto che entrambi riproveremo l’esame l’anno prossimo almeno dobbiamo festeggiare il tuo compleanno, tanti auguri Ale. >>

Lorenzo tirò fuori da sotto il suo letto una bottiglia di vino rosso e Alessandro finalmente sorrise, erano cinque anni che non vedeva più alcolici, nulla usciva e nulla entrava nell’accademia, era una specie di fortezza o un carcere di massima sicurezza. << Come cavolo hai fatto Lore? >> Alessandro era sorpreso e colpito da quell’inaspettato regalo.

<< Eh, sapessi. Ho i miei trucchi! >> Lorenzo aprì la bottiglia facendo scivolare il tappo incastrato nel collo in vetro e, tossendo per camuffare il rumore, stappò la bottiglia riempiendo due bicchieri ma, finito il brindisi, gli auguri e il primo sorso la sveglia di Lorenzo suonò, segno che in quella sera e in quel momento toccava a lui il giro di perlustrazione dell’edificio. Fu così costretto a lasciare Alessandro solo nella stanza e con il bicchiere di vino ancora pieno, uscì quindi per il solito turno di guardia.

Il ragazzo, anche se in solitudine, si concesse il privilegio si bere il primo bicchiere, di riempire il secondo e di finire anche quello senza dar segno di voler smettere. I suoi pensieri iniziarono a farsi più offuscati e il corpo teso improvvisamente si sciolse, quasi fosse fatto di molle. Dopo aver posato il terzo bicchiere mezzo vuoto sul comodino si sdraiò nel letto e lasciò la sua mente vagare senza freni, permettendogli di ripercorrere momenti dolorosi che per anni erano stati chiusi in uno scomparto segreto della sua memoria.

La perdita di sua madre alla tenera età di cinque anni e l’affidamento agli zii perché il padre, essendo in una struttura, non era in grado di curarsi di lui.

Ripensò a cosa si lasciò alle spalle per inseguire il suo sogno, rinunciando ad ogni tipo di rapporto con il padre, anche se ogni tanto si domandava qualcosa a riguardo: come stesse, se si ricordasse di lui e se dopo tanto tempo avesse sentito la mancanza di suo figlio e ancora, se si ricordasse di averne uno.

La verità è che dalla nascita del ragazzo, il padre era stato colpito dalla piaga, lui come una grande fetta dell’umanità; voci lontane di un mondo al di là della terra, un inferno, un paradiso dove i morti parlavano con i vivi dandogli ordini incomprensibili e folli.

Alessandro si ricordò degli anni in cui sua madre si prendeva cura del padre nascondendolo al governo, era piccolo, molto piccolo e nella sua mentre conserva l’immagine dell’uomo che parla, urla e sorride, riportando frasi senza senso e macabre di vita e di morte, discorsi su fate o su elfi che sosteneva di vedere.

Sua madre si era presa cura di lui e di un marito che aveva più di una volta provato ad ammazzarla. Quella donna mai aveva fatto pesare a qualcuno la sua condizione di vita e mai aveva trattato in modo diverso l’uomo che tanto aveva amato. Si era presa cura di entrambi finché le fu stato concesso, finché il male che la minacciava da qualche tempo la fece morire in un freddo giorno di inverno.

Alessandro aveva incolpato il padre per la morte della madre; sentiva che la malattia della donna era stata colpa del dispiacere di avere accanto un uomo del genere.

Nessuno aveva una risposta al perché della piaga se non il governo e l’esercito. Da anni infatti, l’accademia militare formava uomini per il gruppo di ricerca per studiare, controllare e debellare la piaga.

“ Sto morendo? No! Dannazione, è sempre lo stesso sogno. Mi fa tanto male il braccio.. “

Il vortice di angoscia che l’alcol aveva portato nella sua testa e il sonno leggero, nel quale era involontariamente caduto, vennero bruscamente interrotto dal bussare prepotente di qualcuno alla porta della stanza.

Saltando sul letto con il cuore in gola pensò che Lorenzo, come al suo solito, aveva dimenticato la chiave della stanza in camera ed era rimasto chiuso fuori ma, per precauzione, in pochi secondi nasconde i due bicchieri e la bottiglia di vino dell’armadio e solo dopo andrò ad aprire la porta. Di fronte a lui non c’era Lorenzo ma Federico e Marco, entrambi con un sorriso malvagio in volto.

<< Mi dispiace Ale, non prenderla sul personale ma ci è stato ordinato di farlo. >> I ragazzi iniziarono a strattonarsi finché Marco riuscì a mettersi alle spalle di Alessandro bloccandogli le braccia mentre Federico iniziò a prenderlo a pugni in faccia e calci nello stomaco finché il ragazzo non smise di dimenarsi e perse i sensi.

Come su un altalena, Alessandro ebbe dei momenti di lucidità, si sentì prima scuotere d’un tratto e poi torno alla realtà, anche se una realtà distorta e appannata alla vista confusa di una mente instabile. Mentre lentamente riacquistava per poi riperdere subito dopo i sensi, vide una figura nera, una figura avvolta in un mantello e con il volto coperto da un cappuccio. Il ragazzo sentiva qualcosa pungergli il braccio, sentiva un dolore, un fastidio ma da lì a poco, tornò l’incoscienza.

“ Sto morendo? Forse si.. Questa volta credo di si.. “

   
 
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