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Autore: LadyGio99    04/03/2018    2 recensioni
"Il suo nome è Miguel. Miguel Rivera"(...)
"Diventerò un musicista come te Papa Héctor! Ovunque tu andrai io viaggerò insieme a te" (...)
Héctor amava Miguel.
L'amava così tanto che vederlo in quello stato, era peggio di una pugnalata al cuore (...)
Ma il destino di un uomo, è sempre luminoso come ci fanno credere?
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hector Rivera, Miguel Rivera
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!. Eccoci con la terza parte e ultima parte di questo capitolo. La prossima volta si torna al presente e pubblicherò uno nuovo.
Finalmente è arrivata la notte degli Oscar e tra non molto scopriremo chi ha vinto. Sarà Coco a giudicarsi la statuetta? Vedremo :).
Comunque spero che il capitolo vi piaccia.
 
 
LadyGio99

 
 
2
 

INCONTRO

 
(TERZA PARTE)
 
 
Imelda non reagì bene quando vide suo marito rincasare con un bambino. Héctor durante il tragitto, si era preparato accuratamente un discorso per  sua moglie, da recitare a memoria come l'Amleto per spiegargli la situazione.
Voleva curare nei minimi dettagli come e dove l'aveva trovato. Héctor conosceva Imelda e per lui era diventato un gioco da ragazzi fare breccia nel suo cuore. Sfortunatamente, al suo rientro, la donna era già presente.
Adesso, lo teneva bloccato in salotto, inchiodato sul divano mentre lo sottoponeva ad un interrogatorio. 
Héctor guardava il vuoto mentre Imelda camminava avanti e indietro agitata.
 "Che diavolo ti è passato per la testa? Abbiamo pochi soldi nelle tasche e ora ci ritroviamo anche con una terza bocca da sfamare?" borbottava nervosamente lei.
Héctor era contrario al pensiero di sua  moglie.
"È solo un bambino! Non da fastidio a nessuno e poi, sarà un gioco da ragazzi prendersene cura" Héctor desiderò non aver mai detto l'ultima frase non appena la moglie gli rivolse uno sguardo omicida.
Imelda gli afferrò il colletto per non farlo scappare e incrociò il suo sguardo con quello del marito. Héctor aveva esagerato nel definire semplice la cura di un bambino.
"Tu non hai la minima idea di come ci si comporta con un bambino!. Io da ragazza per guardarmi il pane facevo da babysitter a due gemelli che avevano cinque anni! Non immagini nemmeno quanto è stato stancante! Dove pensi di trovare dei vestiti della sua stessa misura? Lo manderai a scuola? Se ha qualche allergia?" E continuò con altre domande finché Héctor, spostato il bambino, gli posò le mani sui fianchi e la invitò a calmarsi.
“Calmati e respira insieme a me” e Imelda praticò a tempo di Héctor delle veloci e semplici respirazioni. Prendendo e togliendo l'aria dal suo petto.
“Uno...Due...” ripeteva  il musicista e continuò  finché a donna non si tranquillizzò.
La nuova cameriera si sedette vicino al marito, in cuor suo, aveva bisogno di conforto da parte di Héctor.
Si girò verso il bambino. Nonostante la confusione, non si era spaventato e le sorrideva. Anche Imelda piegò in su le labbra tinte di rosso.
Gli avvicinò la mano, contemporaneamente, il bambino fece lo stesso e afferrò le dita della donna.
Le lasciò andare subito e dopo, tornò a sedersi sulle ginocchia di Héctor.
Sapeva che in fin dei conti, il suo sposo aveva solo salvato una vita e non meritava la sua ramanzina. Imelda era molto scossa per l'inaspettato arrivo del bambino ma di fatto, anche lei si era dispiaciuta sentendo la sua storia. Tuttavia, vista la loro condizione economica lei e suo marito dovevano pensare ad altre cose.
La donna tornò a sospirare, si nascose il volto tra le mani e restò in quella posizione per qualche minuto prima di tornare a parlare. “Solo per questa notte” disse inaspettatamente “Domani il ristorante è chiuso, quindi ho un giorno libero. A due ore da qui c'è la città dove ci siamo fermati l'altra notte. Se non ricordo male, c'è un orfanotrofio. Lo portiamo lì” .
Entusiasta, Héctor abbracciò forte la moglie per la  scelta "Grazie! Grazie!" esclamò allegramente ma Imelda spinse via e tornò ad essere una donna rigida e severa "Ma sappi che te ne occuperai tu questa sera!” lo avvertì , tirandosi subito indietro “Io non voglio sapere niente di questa storia. Buonanotte" e dopo, corse in camera sua. Non uscì più.
Rimasero solo Héctor, il bambino e la chitarra nuova di zecca che nella  casa doveva trovare ancora il suo posto. Nemmeno la vista dello strumento aveva reso contenta Imelda.
L'uomo si accorse che erano le otto di sera, non era così tardi. Lui per lo meno, andava a dormire verso le dieci. Cosa importante per adesso, era sistemare il piccolo. 
Héctor lo prese in braccio e il bambino mise le braccia sottili intorno al collo del musicista, come per abbracciarlo. "Siamo molto affettuosi eh?" disse scherzoso Héctor cercando di far sentire il piccolo a suo agio nella sconosciuta casa. Non aveva mai avuto un contatto del genere con un bambino e questo, gli provocava un certo imbarazzo.
Ma a dire il vero, il trovatello sembrava molto felice. Teneva stretto  Héctor come un peluche e non si sognava di lasciarlo. L' uomo lo teneva sorretto con il braccio destro dietro la schiena mentre una mano, era arrivata nei capelli.
“Mi chiedo ancora chi ti ha fatto questo” disse tra se e se ricordandosi in che modo si erano incontrati. Desiderò avere tra le mani quella persona senza cuore e dargli una bella lezione.
Il bambino si appisolò sulla spalla di Héctor e lui lo lasciò riposare.
Si trovò a riflettere su quanto fosse strana la vita. Tra le sue braccia c'era un bambino che non gli apparteneva eppure, in qualche modo si sentiva vicino a lui.
L 'orfanello gli ricordava qualcuno. Ma questo, non l'aveva ancora capito.
Héctor tornò in se quando diede una nuova occhiata all'orologio e si accorse che era già passata mezz'ora. Sbadigliò, c'era ancora tanto lavoro da sbrigare prima di andare a letto.
"Okay....adesso vediamo cosa fare"  mise il bambino a terra e iniziò  a camminare pensieroso intorno al tavolo della cucina nella speranza di farsi venire un idea su come cominciare ad accudire l'ospite.
Il trovatello incuriosito dallo strano percorso che ripeteva ogni volta, si posizionò dietro di lui e lo seguì gattonando.
"Giusto! Devi essere affamato!” Héctor  si fermò di scatto e il bambino urtò da dietro.
Il musicista non ci fece caso e continuò a pensare cosa poteva dargli per cena. “Allora se non sbaglio voi bevete il latte ma tu mi sembri abbastanza grandicello per questo…" per confermare la sua ipotesi con le dita gli alzò le labbra e vide qualche dentino bianco sia sopra che sotto le gengive rosa.
"Bene. Niente latte" e cominciò a frugare nella dispensa.
Pensò di preparare qualcosa di sostanzioso, magari non mangiava da giorni.
"Perché no?" Finalmente decise cosa preparare"Mia madre mi cucinava sempre fagioli con il  guacamole. Io e il mi amor lo adoriamo. Te gusta?" domandò al bambino il quale,  spalancò lentamente gli occhi. Non aveva mai sentito quella parola.
"Mai assaggiato?" il piccino scosse la testa "Bene. Questa sarà la tua prima volta! Non te ne pentirai!". Il musicista riempì una pentola d'acqua e versò dentro tre pugni di legumi e posizionò la padella su una fiamma alta, coprendola con un coperchio.
Durante la  cottura, Héctor ritenne opportuno occupare il tempo con  una bella lavata.
La  casa conteneva  un bagno piccolo ma era sufficiente per due persone. Lo spazio era per lo più occupato da una vasca e da un lavandino quadrato, un piccolo cassetto bianco, messo all'angolo, conteneva gli asciugamani puliti e il sapone.
Héctor aprì il rubinetto dalla vasca e lasciò scorrere l'acqua. Passò a spogliare il bambino ma questo, lo fece distrarre e per poco, rischiò di bagnare tutto il bagno con l'acqua che era arrivata fino all'orlo.
Tirò un sospiro di sollievo. 
Prese il piccolo per metterlo nella vasca ma quest'ultimo stranamente, iniziò a fare i capricci. Il suo obbiettivo era non toccare l'acqua e nel riuscirci, cercava di arrampicarsi su Héctor che per poco, rischiò di perdere l'equilibrio e di finire a terra.
Per l'ospite, l'acqua nella vasca era troppo alta e aveva il terrore di rimanerci annegato. E non sapendo parlare, non aveva possibilità di dirlo al suo nuovo amico. Il bambino come per dispetto, si mise a fare i capricci. Gridava e tirava pugni nel vuoto.
Sulla fronte del povero Héctor, cominciarono a nascere le prime gocce di sudore. Imelda non sopportava la confusione
Se continua così mi uccide pensò, terrorizzato dal pensiero di vedere sua moglie infuriata.
No! Non finirà male, per me!.
Con uno scatto portò la mano sulla bocca del bambino, chiudendola. Ma quest'ultimo era deciso a non arrendersi e provò ad azzannargli la mano come un cane.
Héctor la tirò via appena in tempo. Lo sollevò e il piccolo prese a scalciare con i piedi all'indietro, colpendo più di una volta l'uomo sul petto.  Ma alla fine, il musicista e riuscì ad immergerlo nell'acqua.
Il bambino, fuori di se prese a lamentarsi più di prima e Héctor, per cercare di tranquillizzarlo, provava ad attirare la sua attenzione con facce buffe, senza successo.
I pianti si fecero più acuti, come il cuore di Héctor, che batteva a mille, terrorizzato dal pensiero farsi trovare in quel modo da Imelda.
L'uomo si portò le mani sulle tempie e strinse forte. Avvertiva un irrefrenabile voglia di urlare. Ma la sua coscienza, lo incitava a stare in silenzio.
Praticò la respirazione che aveva usato con Imelda ma anche quel tentativo fallì.
Alla fine, decise di ricorrere a metodi più duri. Per il bene dei suoi timpani e della sua sanità mentale.
“Silenzio!” esplose all'improvviso e allo stesso tempo, anche il bambino finì di lamentarsi e guardò Héctor con un'aria di sfida.
“Stammi a sentire, qui comando io e non mi faccio mettere i piedi in testa da marmocchi come te! Chi ti credi di essere eh?” il bambino incrociò le braccia “Non funziona con me stanne certo. Adesso, tu fai come dico io!”.
Passò qualche minuto e Héctor si accorse di aver vinto. Il trovatello non spiccicava più parola, anche se non aveva rinunciato alla sua espressione di pietra. L'uomo tirò un respiro di sollievo e proseguì con il bagnetto.
Prese una spugna morbida e grattò più volte la schiena, quando passò sulla pancia, si lasciò scappare un veloce solletico e il bambino rise. La tensione nata tra i due si spezzò subito e anche il bagno, diventò un passatempo divertente. Héctor strofinò a risciacquò più volte quel corpicino esile finché non lo giudicò abbastanza lavato. Non c'erano più macchie sulla pelle e la puzza dei rifiuti era scomparsa.
Ma Héctor, si era dimenticato di aver lasciato i fagioli sul fuoco. Gli tornarono in mente quando sentì una puzza di bruciato infilarsi nel bagno. “Maldición!” esclamò abbandonando il bambino per correre verso la cucina, cercando di salvare del povero cibo che si trovava  sul punto di essere carbonizzato.
Purtroppo, arrivò troppo tardi e quando alzò il coperchio di vetro, del fumo nero rischiò di soffocarlo. I fagioli erano andati ed era inutile recuperare i pochissimi superstiti.
Si massaggiò gli occhi con le dita, cercando di mantenere la calma.
Ma questo pensiero durò poco perché si ricordò di aver lasciato il bambino incustodito. Così, corse verso il bagno e aperta la porta, rischiò di scivolare in una pozza. L'orfanello si era messo a giocare con l'acqua. Battendo ripetutamente le mani sulla superficie, creava degli schizzi che andavano a posarsi sul pavimento e le pareti. Héctor fece un lungo respiro. Provò a non pensarci e tolse il bambino dalla vasca. Lo avvolse con un asciugamano e con uno più piccolo, si occupò di tamponare i capelli.
Gli servivano dei nuovi vestiti e Héctor, gli fece indossare una maglietta bianca accompagnata da un pantalone scuro. Appartenevano a lui quando era bambino.
Quell'abbigliamento era suo, li indossava spesso da bambino e li aveva portati con se. Héctor era molto attaccato agli oggetti con cui era cresciuto. Li aveva nascosti da Imelda perché lei a differenza sua, non gli piaceva toccare il  passato. Per suo marito invece era diverso. Aveva dei ricordi belli e brutti.
“Ti stanno bene sai...” disse il musicista mentre con un pettine ritoccava i capelli umidi del trovatelo, li spazzolò fino a renderli lisci “Forse ti vanno un po' larghi ma questo non è un problema”.
 Lui invece non li ha mai indossati... Restò in silenzio prima di scuotere di nuovo la testa.
Lo imbracciò “Andiamo a mangiare, devi essere molto affamato” scesero in cucina e Héctor ignorò i pensieri che improvvisamente, stavano riaffiorando dal suo cuore.
L' uomo cercò di rimediare ai suoi casini servendo al piccolo ospite altro cibo, ma anche qui sbagliò. Gli fece mangiare pane e guacamole e il bambino, non l'apprezzò.
Ovviamente, la colpa era della salsa piccante ma questo Héctor lo capì quando si rese conto che la guacamole non piaceva a tutti.
L'orfano sputò il cibo masticato nel piatto e vedendolo, Héctor rischiò di rigurgitare anche il suo pasto.
Fu la cena più lunga della sua vita. Imparò un'altra pecca dei bambini, ovvero, quella di essere troppo frivoli e puntigliosi anche con le piccole cose.
Per la notte, decise di sistemarlo nella stanza degli ospiti. La camera era abbastanza vuota, c'era solo un letto,  un vecchio comodino e un tappeto rettangolare, sufficientemente grande da coprire buona parte del pavimento.
Héctor scoprì con precisione le coperte, appoggiò il bambino sul materasso e lo fece distendere. Si sedette vicino a lui per augurargli un buon riposo"Bene niño, oggi è stata una lunga giornata per tutti e due e immagino che anche tu senti il bisogno di una bella dormita quindi, se non ti dispiace, io esco di scena" disse al piccolo ospite che naturalmente, non aveva capito il discorso del musicista.  Stufo di stare al suo posto, il bambino uscì dalle coperte e andò a nascondersi tra le braccia di Héctor. 
Strusciò la testa contro il petto del più grande come un gatto. L'uomo sbuffò e ripose il bambino al suo posto. Sfortunatamente per lui, l'orfanello non aveva voglia di starsene fermo e faceva di tutto per rimanere al fianco di Héctor. Si aggrappò alla maglia e nonostante le spinte di Héctor, riuscì ad avere la meglio e tormentò affettuosamente il musicista.
"Ma cosa avete in testa voi bambini!" chiese mentre il piccolo giocava con la sua faccia. Gli afferrava le guance, tirandole in avanti, gli infilava le dita negli occhi e finiva per intrecciarsi le mani tra i capelli spettinati di Héctor. Per sbaglio, tirò una ciocca e l'uomo gemette.
“E così vuoi la guerra? Va bene, te la sei cercata!” mise il bambino sotto di se, bloccandogli ogni possibilità di fuga e dopo, lo strinse con le proprie braccia. Il piccolo si liberò con qualche difficoltà  e dopo, buttò il cuscino dietro di lui sulla faccia di Héctor. Alcune piume uscirono dalla fodera ma nessuno dei due ci fece caso.
“H...” ad un tratto, il bambino emise un suono che ricordava quello di una consonante.
A Héctor naturalmente non sfuggì e guardò il piccino con sorpresa.
Si sentì gioioso nel sapere che stava cercando di pronunciare il suo nome.
“Hé...” cercò di aiutarlo nel tentare di fargli pronunciare il suo nome “Héc...” il bambino aggiunse una nuova lettera.
“Héc...” “Héct...” “Héct..”   dopo un paio di tentativi, riuscì a completare il nome “Héctor”.
Il musicista applaudì, l'aveva detto  con successo.
“Ancora una volta!” “Héctor...” “Bravissimo Miguel! Forza dillo di nuovo!” improvvisamente, l' entusiasmo dell'uomo si spense e guardò tristemente il  bambino.
Davvero lo aveva chiamato Miguel?. Da dove era uscito quel nome? Perché proprio quello? E perché stava facendo così tanto per un bambino che nemmeno conosceva?.
Divaricò gli occhi quando nel volto del bambino, iniziò a vederne un altro. Simile a quello di Miguel ma con gli occhi più piccoli e il viso leggermente asciutto.
“Tu?” sibilò allungando la mano la mano verso il piccolo.
La ritrasse subito e mutò atteggiamento nei confronti di Miguel. “No! Mi dispiace piccolo, non posso affezionarmi a te. Domani le nostre strade si separeranno e ciò significa che non ci vedremo più. E forse, credo sia meglio così. Perché devo far entrare nella mia vita un bambino che non mi appartiene nemmeno?”. Amareggiato, stava per lasciare la stanza ma il piccolo lo chiamò. “Héctor!” disse il bambino mentre alcune lacrime bussavano sui suoi occhi. Qualcuna uscì.
Il musicista diventò di ghiaccio. Il modo in cui aveva detto il suo nome, la voce che aveva usato, bastò poco per far pentire Héctor.
Tornò da lui e il bambino riprese a sorridere.
“Miguel è proprio un bel nome” osservò Héctor grattandosi nervosamente le mani fino a farle arrossare “Ti sta bene”.
Quando lo chiamavo per nome, lui sorrideva...Anche questo bambino lo fa. Perché ripete i suoi stessi movimenti?.
Ad un tratto, fu assalito da un ricordo.
“Che ne dici di una canzone prima di andare a dormire?” doveva fare un veloce esperimento.
Héctor corse a prendere la chitarra che aveva appena comprato e la portò con se nella stanza degli ospiti,  l'appoggiò sulle cosce e con le dita iniziò a pizzicare le corde.
Miguel fu subito attratto dalla melodia e non emise nessun verso. Era rimasto come ipnotizzato.
Héctor prese a cantare la ninna nanna e il bambino, non si sognò nemmeno di interromperlo.
 
Duérmete, mi niño;
duérmete, mi bien,
porque ya tu padre
va a dormir también
Duérmete, mi vida;
duérmete, mi amor;
rosa sin espinas,
clave en botón.
En la playa hay una casita,
y en la casa un jardín en flor,
rompen las olas
 
Arrivò alla fine.
“Duérmete, mi Miguel” cantò l'uomo e il piccolo sentì il bisogno di imitarlo.
Héctor lo aveva osservato senza dare nell'occhio per tutto il tempo. Come una marionetta, aveva ripetuto gli stessi gesti e tutto ciò che faceva, gli ricordava lui.
“Miguel si comportava esattamente così quando ascoltava questa canzone. Non parlava e aveva uno sguardo come il tuo. Poi, gli somigli così tanto” “Soy...Miguel” disse inaspettatamente il bambino e Héctor strizzò gli occhi.
“Miguel?” il musicista mise le mani sulle spalle del bambino “Miguel!” ripeté il trovatello.
“Mio Dio....” sulle guance di Héctor scesero delle lacrime “Sei tu? Proprio tu Miguel?”.
L' abbracciò commosso. Sentiva che in quel bambino aveva ritrovato una persona.
Scoppiò in un pianto dirotto.
L’incontro con il bambino era stata una benedizione per lui.
“Non ti porteranno via da me. Adesso, fai parte di questa famiglia. Non ti perderò di nuovo...”
Ora, il  bambino aveva un nome. Miguel Rivera.
 
 
 
   
 
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