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Autore: Roiben    04/03/2018    2 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Ventitré


Sta riflettendo, con lo sguardo da lungo tempo perso nella confortevole oscurità, sulle loro effettive possibilità di approdare a una soluzione accettabile; non può fare a meno di chiedersi il motivo per il quale la loro mossa non abbia ancora sortito i risultati sperati. Forse che quel fanfarone buono a nulla di Ouranós non sia poi così importante per la sua famiglia? Che fare, ora? Se nemmeno sequestrare il nipote di Phanês ha contribuito a smovere la situazione, cos’altro potrebbe farlo a quel punto?


D’un tratto si irrigidisce e scatta in piedi, pietrificato; ansioso si guarda attorno senza tuttavia notare nulla di diverso dal solito, placido buio. Spalanca gli occhi nel nulla, avvertendo nuovamente una sgradevole sensazione strisciare nella sua testa; qualcuno lo sta chiamando. No, non qualcuno, il demone. Che abbia infine deciso di toglierlo di mezzo, dati gli scarsi risultati dei loro sforzi, e proseguire da solo alla ricerca di un modo per evadere dalla sua prigione? China il capo, consapevole di non poter ignorare per molto ancora il suo insistente richiamo, a meno che non intenda impazzire del tutto. In silenzio trae un sospiro sconfortato e raccoglie la forza sufficiente a raggiungere il portale e colui che si trova oltre a esso.


«Non posso certo stupirmi di non aver ancora ricevuto buone nuove, se questa è la tua normale solerzia» crede opportuno di insultarlo Fuinur, dandogli così un caldo benvenuto al suo cospetto.


«Sono desolato, mio signore» soffia, incapace di pensare ad altro che non sia la propria dipartita, probabilmente imminente e dolorosa.


«Puoi ben immaginare cosa me ne faccia della tua desolazione» rimbrotta, impaziente. «Esisti al solo scopo di servirmi, attualmente, ed è proprio ciò che farai, Mot» ordina seccamente.


«Naturalmente, mio signore» conferma Mot, non potendo fare altro al momento.


Il demone ora osserva quasi con curiosità la buia figura di fronte a sé, trovandola perfino più miserabile del solito. «Lungi da me darmi pensiero per la tua infima esistenza, tuttavia non posso fare a meno di notarlo e mi chiedevo per quale motivo, ultimamente, appari al mio cospetto in cotali, deplorevoli condizioni».


Mot sgrana impercettibilmente gli occhi dietro i neri capelli che oscurano in parte il suo viso. Che dire? Non la verità, se davvero tiene a procrastinare ancora un poco la propria fine. «Non… sono giorni di agio quelli che sto vivendo, purtroppo. Come sapete, la mia famiglia non tiene particolarmente in conto la mia esistenza né l’idea di supportarmi nei miei progetti» tenta, sperando di non apparire in nessun modo offensivo.


Il demone occhieggia con malcelato disprezzo la patetica figura di fronte al suo sguardo e soffia una mezza risata annoiata. «Capisco. Dovresti riflettere sull’opportunità di cambiare famiglia; creartene una a tua immagine e somiglianza potrebbe giovare al tuo spirito» suggerisce con poco trasporto e ancor meno tatto.


Cambiare famiglia?” si chiede confusamente Mot. “E di quella attuale cosa dovrei farne?” si interroga, non potendosi evitare di rabbrividire al solo pensiero delle possibilità a sua disposizione. «Vi ringrazio per il suggerimento e la vostra comprensione» si risolve invece a dire a voce alta. «Perdonate la sfacciataggine, mio signore, ma qual è il motivo della mia presenza qui, oggi?» si interessa, sperando di abbreviare quanto possibile lo sgradito incontro per potersene tornare a piangersi addosso immerso nel suo mondo privo di luce.


«Ah, sì, il motivo. Sei qui per servirmi, ovviamente. Poiché tutti i vostri miseri sforzi non sono valsi assolutamente a nulla e non mi hanno portato alcun risultato tangibile, ho deciso di prendere personalmente in mano la situazione. Ho trascorso questo breve tempo dal nostro ultimo incontro esaminando la situazione e studiando (con estremo interesse, aggiungerei) le pedine in gioco. Ebbene, forse stenterai a crederlo, ma ho individuato una possibile soluzione al mio attuale cruccio» esclama Fuinur, vittorioso.


Di male in peggio” pensa cupamente Mot, domandandosi chi altri stia per pagare per questa follia. «Vi ascolto, mio signore» conferma pacato.


«Uno scambio: qualcuno di idoneo prenderà il mio posto in questo mondo fittizio, permettendomi così di tornare a calcare i piedi su un suolo reale e a respirare vera aria, finalmente!» esulta estasiato.


*


Ba’al ritrova il fratello immobile e silenzioso nella solita, deprimente oscurità. Solo che questa volta Mot ha il volto più scuro del mondo in cui vice e Ba’al lo osserva teso, mentre la preoccupazione per la loro sorte si impenna drasticamente.


«Fratello» bisbiglia cauto, avvicinandosi lentamente. «Cos’altro è accaduto?» chiede senza però azzardarsi ad alzare la voce. Per quanto abbia pazientemente atteso, solo un prolungato e cupo silenzio risponde alle sue domande. «Altri guai, è così?» sospira scoraggiato.


«Sì» soffia Mot e la sua voce è appena udibile nonostante il profondo silenzio che li circonda.


«Raccontami. Ti ascolto, fratello» lo incoraggia come può, sapendo tuttavia quanto a poco servano le sue buone intenzioni.


Incredibilmente viene invece accontentato e Mot, con tono grave e sfiduciato, prova realmente a raccontare a Ba’al del suo ultimo e sconcertante incontro con il demone.


«Che fosse pazzo era già più che ovvio, ma questa sua idea è… una follia, semplicemente» sbotta Ba’al alla fine della narrazione.


«Indubbiamente» concorda Mot. «Purtroppo non ho l’opportunità di esprimere questo tipo di parere personale a quella creatura».


«Immagino» sibila con sarcasmo Ba’al, assolutamente contrariato. «Che cosa facciamo?».


Mot solleva lentamente lo sguardo sul fratello e lo osserva attentamente, fissandolo come se quella fosse la prima volta in cui se lo ritrova davanti. Scuote la testa, quasi più confuso di prima. «Devo… trovare il modo per accontentare la sua volontà. Non mi è possibile fare altrimenti a questo punto» ammette.


«Sta bene. Hai già in mente un modo per farlo? Come ci avviciniamo a sufficienza senza rischiare che ci polverizzino a vista?» insiste Ba’al, deciso a scoprire le loro carte.


Mot fa lentamente scorrere le mani tremanti fra i capelli, scostandoli brevemente dal viso, e sospira. «Non noi, fratello, io solo. Se ci presentassimo in massa sarebbe molto più pericoloso e finiremmo con l’essere facilmente individuati prima ancora di aver preso ciò che ci interessa».


«Stai scherzando?» ringhia Ba’al, costernato. «Non ci penso nemmeno a lasciare che tu ti presenti lì da solo!» sbotta.


«Ba’al» soffia, incerto. «Questo non è come uno dei tuoi soliti passatempi. Non si tratta di un gioco. Vi sarà certamente radunata una ragguardevole quantità di spiriti ed entità assortite. Non possiamo permetterci di sottovalutare la situazione in questo caso, capisci?». L’occhiata truce che gli scocca Ba’al lo fa deglutire ansioso e a disagio.


«Capisco che stai diventando folle quasi quanto quel maledetto demone!» sibila furioso.


Mot scuote il capo. «Non è follia, è prudenza. Quel qualcosa che tu dimentichi costantemente di mettere in conto, fratello».


«Smettila di deridermi! So benissimo che non è un gioco, capisco perfettamente che si tratta di un azzardo. Non resterò a contare le gocce nel mare mentre vai a farti ammazzare per ordine di una creatura che avrebbe già dovuto essere estinta da millenni. Non lo capisci che sono preoccupato per te?» sbraita Ba’al, ormai fuori di sé.


Le labbra ceree di Mot si dischiudono appena in una piccola smorfia confusa e sorpresa. Aggrotta le sopracciglia mentre i suoi occhi non smettono un istante di scrutare il volto del fratello in cerca di indizi o di un barlume di chiarezza. «Per me? Non… Perché?» balbetta incerto con voce tremolante.


Ba’al soffia uno sbuffo irritato. «Per fortuna dovevi essere quello intelligente della famiglia, vero? Cosa c’è da capire, fratello? Credi forse mi farebbe piacere se una qualche accozzaglia di spiriti ti facesse del male? Continui a dimenticare che abbiamo un legame, noi due. Se qualcuno può ammazzarti, fratello, quello devo essere unicamente io» afferma con decisione, scatenando a sorpresa la pacata ilarità di Mot che, con discrezione, ridacchia stranamente confortato dalla dichiarazione di odio/amore del fratello.


«Verrai con me, fratello?» domanda allora, con un leggero sorriso nella voce.


«Puoi giurarci» conferma Ba’al, ghignando soddisfatto.


*


Nei suoi occhi chiari è ancora riflesso il bagliore argentato della luna che, a poco a poco, si affievolisce fino a lasciare nuovamente posto al buio della notte. Socchiude stancamente le palpebre, sospira e riflette su come spiegare agli altri ciò di cui è appena venuto a conoscenza. Ma non esiste un modo semplice, questo lo sa; è un dovere a cui deve adempiere ed è esattamente ciò che farà. Lentamente indietreggia e si allontana per raggiungere i suoi ospiti.


«Jack».


Lo spirito dell’inverno si volta a quel richiamo e sorride. «North! Dov’eri sparito?» esclama allegro. Poi nota la sua espressione crucciata e il sorriso svanisce, spazzato via dalla tensione. «Altre brutte notizie?».


«Non buone, purtroppo» conferma Nicholas. «Sai dove sono gli altri?» chiede, dato che nel guardarsi intorno non riesce tuttavia a individuare nessun altro a parte loro due, una manciata di elfi e qualche fatina dei denti.


Jack annuisce, pensieroso. «Sandy è con uno degli incubi di Pitch. Stanno… uhm… chiacchierando, credo, su in cima al lucernario» indica, con lo sguardo rivolto verso l’alto.


Anche Nicholas a quel punto sposta lo sguardo al soffitto e riesce a distinguere la brillante figura dell’Omino dei Sogni stagliarsi contro il nero del cielo notturno. Annuisce, poi scuote la testa un po’ sconcertato.


«Toothiana, Bunnymund e un paio di pixie sono invece giù in laboratorio, con i tuoi yeti» prosegue Jack, ora comodamente appollaiato sulla spalliera di una sedia. «Ho visto Nyx e Pitch, una mezz’oretta fa, che facevano una delle loro passeggiate con quell’incubo che è arrivato con lui. Non ho idea fin dove siano arrivati, a furia di camminare. Scommetto che hanno girato questo posto più loro due negli ultimi tre giorni che tu negli ultimi cinquant’anni» ghigna dispettoso.


Nicholas incrocia le braccia al petto e aggrotta le sopracciglia. «Che vorresti dire, spiritello?» borbotta, abbozzando nonostante tutto un sorriso divertito.


«Oh, proprio nulla» esclama Jack, sollevando le mani in segno di resa. «Te li vado a ripescare, se vuoi» offre di buon grado, immaginando che abbia qualcosa di importante da riferire a tutti.


Nicholas annuisce. «Sì, grazie. A Toothiana e Aster penso io. Tu va’, ora» lo sprona con un gesto impaziente della mano.


Così Jack schizza fuori dal salone come una bufera e svolazza rapido per i corridoi infiniti, seguendo l’odore strano ma anche familiare di quella donna un po’ matta ma che, tutto sommato, a lui sta piuttosto simpatica. Spera non sia capitato qualcosa di brutto a suo figlio, ma immagina che lei sarebbe comunque fra le prime a saperlo. Chissà, forse Manny ha avuto un’altra delle sue trovare ai confini della realtà, e loro ci andranno di mezzo, come ogni volta del resto. Sbuffa un po’ scocciato ma subito dopo fa spallucce, rassegnato all’inevitabile, e sorride nell’individuare la coppietta in nero a cavallo del solito incubo un po’ stravagante.


  
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