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Autore: Nerys    04/03/2018    0 recensioni
Mi sono svegliata in mezzo ad un bosco senza ricordarmi come ci sono arrivata. Sono inseguita da qualcosa di spaventoso che mi vuole uccidere. Sento una voce nella testa che mi dice cosa fare. Ci sono solo due risposte che spieghino questa situazione: è un incubo e tra poco mi sveglierò, come se niente fosse, oppure questa è la realtà ed io sto impazzendo.
Si sta avvicinando, sento il rumore dei rami che si spezzano. «Corri!»
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il papavero rosso

 

Come fai a svegliarti da un incubo, quando non stai dormendo?

Dal film “L’uomo senza sonno”

 

Corri!

Non guardare indietro.

Non cadere! Non ne hai il tempo, lui ti raggiungerà...

Queste erano le parole che continuavo a rimbombarmi nella mente, mentre scappavo in mezzo al bosco alla disperata ricerca di un rifugio. Un posto piccolo stretto, dove lui non sarebbe riuscito ad entrare, e magari trovare una via di fuga, per scappare da quel posto maledetto.

Il rumore dei rami che si spezzavano alle mie spalle mi ricordò il mostro che mi stava inseguendo. Ero stanca e lui si stava avvicinando sempre di più. Alcune lacrime mi rigarono le guance per lo sforzo, non sarei resistita ancora a lungo...

Azzardai un'occhiata veloce indietro ed intravidi la sua coda spezzare in due un albero per farsi spazio. Li aveva distrutti come se fossero fatti di carta, cosa sarebbe riuscito a farmi una volta che mi avesse raggiunta? Mi avrebbe distrutta con un solo colpo o si sarebbe divertito a terrorizzarmi prima di uccidermi?

Più veloce! Mi spronò quella voce. Ero impazzita, sentivo una voce nella mia testa che mi parlava, mi consigliava cosa fare. Probabilmente era un sintomo della schizofrenia che mi stava iniziando a colpire, ma in quel momento non mi importava minimamente. Dovevo sopravvivere e se quello significava sentire delle voci nella propria testa, andava più che bene.

Un boato alle mie spalle seguito da delle schegge di legno, mi avvisò che quella cosa era vicina. Mi morsi il labbro e trattenni alcune lacrime, mentre la disperazione che mi stava divorando, mi diede la forza di aumentare la velocità della corsa.

Un altro schianto più vicino mi distrasse e non vidi il ramo davanti ai miei piedi, inciampai e caddi a terra.

Sbrigati!!!, urlò di nuovo quella voce.

Non persi tempo e mi rialzai immediatamente, riprendendo a correre più veloce di prima, ma ormai il danno era fatto. Quella cosa aveva guadagnato terreno, era sempre più vicina ed io stavo raggiungendo il mio limite. Le forze mi stavano abbandonando, l’adrenalina e la disperazione erano le uniche cose che mi tenevano ancora in piedi: non sentivo più le gambe, il fiato era sempre più pesante, non riuscivo più a respirare e le lacrime continuavano a rigarmi le guance, offuscandomi la vista.

Come diavolo avevo fatto a cacciarmi in quel casino? Non ricordavo nulla, nemmeno come ci fossi arrivata in quel posto. Era stata una giornata uguale alle altre, ero tornata a casa da lavoro, avevo preparato una pasta veloce, mi ero coricata sul divano a guardare un film alla TV e poi… Vuoto…

Mi passai una mano sul viso per pulirmi gli occhi e riuscire a mettere a fuoco il paesaggio. MI trovavo in mezzo ad un bosco, pieno di alberi altissimi che coprivano il cielo ed il terreno era ricoperto di foglie secche e rami. Non sapevo da quanto tempo stessi correndo, mi pareva che fossero passate ore da quando mi ero svegliata lì in mezzo alla radura.

Saltai un tronco e passai in mezzo a due alberi senza voltarmi indietro. Volevo solo tornare a casa! Tornare alla mia stupidissima normalità, uscire con gli amici, abbracciare i miei genitori, andare a lavoro e rilassarmi davanti alla TV. Cosa avevo fatto di male per trovarmi in quel posto?

Un grido mi fece arrestare di colpo, mi voltai e vidi una creatura gigantesca a qualche centinaio di metri da me. Quell'essere stava immobile, voltato nella direzione opposta, distratto da qualcosa che stava succedendo al di là delle piante.

Quella era la mia occasione.

Feci un passo indietro e subito la creatura davanti a me si voltò spalancando un paio di enormi ali scure e scoprendo le zanne con un possente ruggito. L’avvertimento era chiaro: un passo ed ero morta.

Rimasi ghiacciata sul posto a fissare quelle enormi zanne affilate che gli circondavano le fauci spalancate, mentre i suoi occhi gialli da rettile mi fissavano affamati. Fece un passo avanti ed abbassò lentamente il collo pronto a saltarmi addosso e divorarmi al primo movimento.

Trattenni il respiro e chiusi gli occhi, non volevo vederlo. Qualche lacrima mi solcò le guance, sarei morta da lì a qualche secondo, ma volevo abbandonarmi all'effimera possibilità che si trattasse tutto di un sogno, un vivido e dannato incubo, e che da lì a qualche istante mi sarei svegliata.

MI morsi il labbro inferiore ed attesi, non avrei urlato. Non gli avrei mostrato quanto ero terrorizzata. Sentii il rumore dei rami spezzarsi, quello delle foglie secche calpestate e poi più nulla. La calma prima della tempesta.

Un urlo squarciò il silenzio. «NON MORIRÒ QUI! IO RIUSCIRÒ A TORNARE! NON MI AVRETE MAI!»

Spalancai gli occhi e vidi quella specie di mostro voltarsi verso la fonte del rumore e lasciarsi sfuggire un basso ruggito che mi fece gelare il sangue nelle vene.

Una figura uscì dagli alberi correndo e lanciando continue occhiate alle sue spalle, si trattava di un uomo basso e piuttosto in carne. A quanto pare non ero l’unico essere umano in quel bosco maledetto.

L'uomo inciampò in un ramo e rotolò per terra, ma non si fermò un secondo; si rimise subito in piedi e, zoppicante, ricominciò la sua fuga estenuante nella mia direzione. Appena si accorse di me, si arrestò in mezzo alla radura con un’espressione sconvolta in viso, non vide nemmeno la creatura enorme, che era a pochi metri da lui.

«Sei reale? Ti prego dimmi che è tutto uno scherzo!» mi gridò in preda al terrore ed alla disperazione avanzando verso di me e sollevando le mani per toccarmi. «Dimmi che sono pazzo e nulla di tutto questo è reale...» mi supplicò con voce rotta, mentre con le mani mi stava toccando l’avanbraccio per assicurarsi che non fossi un’allucinazione. Ad un tratto scoppiò a ridere e si voltò verso gli alberi, già dimentico della mia presenza.

«Hai sentito stupido pagliaccio?! Tu non esisti, sei soltanto frutto della mia immaginazione! Ora mi sveglierò e tu non sarai che un brutto ricordo!» strillò al vento con voce euforica ed un sorriso soddisfatto dipinto sul viso.

Indietreggiai istintivamente da quell’uomo e lanciai un’occhiata disperata al drago. Era impazzito. Doveva esserlo! Altrimenti come avrebbe fatto a stare così tranquillo in presenza di quel mostro a pochi passi di distanza da lui, che lo studiava incuriosito ed affamato.

Questo poteva essere il momento giusto per scappare o non sarei sopravvissuta a lungo.

Senza distogliere lo sguardo dal drago e dall’uomo feci un passo indietro, nella speranza che il primo fosse troppo distratto dal nuovo arrivato perché si rendesse conto della mia scomparsa, ma non servì a nulla. Un solo passo e mi ritrovai contro qualcosa di solido che ostacolava la mia fuga. La risata del pazzo si arrestò di colpo e il suo respiro diventò affannoso, mentre guardava verso di me. Un brivido gelato mi percorse tutta la schiena, mentre la stretta allo stomaco diventava sempre più opprimente.

Lentamente mi girai e mi ritrovai a fissare una tuta colorata a righe e pallini, alzai lo sguardo quasi a rallentatore e mi ritrovai a fissare un viso ricoperto di cerone bianco, degli occhi neri come la pece evidenziati dal trucco nero, un naso rosso rotondo e un enorme e spaventosa bocca rossa.

Un clown...

In un attimo le parole dell'uomo alle mie spalle mi risuonarono in testa. Stava urlando contro un pagliaccio...

Merda.

Boccheggiai e indietreggiai, mentre un ruggito esplose alle mie spalle.

«Un drago?! Che diavolo ci fa un drago qui?!» urlò l'uomo terrorizzato, ma io non gli diedi retta, la mia attenzione era tutta diretta a quel saltimbanco che stava a due passi da me e che mi stava fissando famelico. Non era sufficiente quel lucertolone tutto artigli e zanne? Perché doveva esserci anche questo clown inquietante?

Non lo persi di vista un attimo, lo studiai attentamente, mentre provavo a mettere più spazio possibile fra me e lui. Non capivo cosa mi spaventasse così tanto di quella figura. C’era qualcosa in lui che mi faceva venire la pelle d’oca, anche se non riuscivo a capire di cosa si trattasse. Era identico a tanti altri pagliacci che avevo già incontrato. E poi sorrise e capii cosa lo rendesse tanto raccapricciante.

Gli occhi si assottigliarono illuminati da una luce maligna e la bocca divenne troppo grande, per appartenere ad un normale essere umano, circondata da numerosi denti affilati, come quelli di uno squalo.

Senza rifletterci provai ad allontanarmi, ma, in un secondo, quello mi aveva afferrato un polso e mi stava trascinando verso di sé. Scalciai e tentai di fare resistenza, piantando i piedi a terra e afferrando un tronco al mio fianco, ma senza successo; era troppo forte perché potessi scappargli.

Ero ad un passo dalla morte, sentivo il suo respiro fetido e pesante circondarmi e un conato di vomito risalirmi per la gola. Tutto di lui mi disgustava ed in quell’istante ero anche abbastanza vicina da vedere ciò che si nascondeva sotto tutto quello strato di trucco: pezzi di carne putrefatta, tagli infetti e denti marci e luridi.

Puzzava di morte.

Mi divincolai ancora una volta, non volevo morire così. Ero giovane, avevo ancora una vita lunga da trascorrere, perché mi avevano trascinata in questo posto? Chi si nascondeva dietro tutto questo?

All’improvviso la presa sul mio polso scomparve e caddi a terra. Alzai lo sguardo e vidi il volto del clown andare a fuoco, mentre il rumore di rami spezzati mi avvisò che il drago si stava avvicinando rapidamente.

Mi alzai e mi tolsi dalla sua strada. Non ero io la sua preda, quella volta la sua attenzione era rivolta al pagliaccio.

Il pazzo inclinò di lato il viso e rimase ad osservare con malcelato interesse il combattimento fra le due creature; gli occhi si muovevano frenetici per non perdere nemmeno un colpo. Niente lo sconvolgeva più, nemmeno i brandelli, ormai ben visibili, di carne marcia e bruciata che penzolavano dalla faccia del clown. Aveva raggiunto il suo limite, ormai dell’uomo che era stato non rimaneva più niente.

Ora!, sussurrò di nuovo quella voce.

Non me lo feci ripetere, approfittai della confusione e mi dileguai tra gli alberi. Quella volta il rumore dei miei passi fu attutito dalle grida di incitamento di quel pazzo.

Una volta che fui sufficientemente lontana, ripresi a correre più veloce che potevo, dovevo mettere più distanza possibile fra me e loro, in modo da avere un po’ di vantaggio quando si sarebbe accorti della mia assenza.

Corsi per svariati minuti, evitando tronchi spezzati, rami e rocce e quando raggiunsi una distanza adeguata mi fermai, iniziando ad osservare l’ambiente alla ricerca di un nascondiglio o di una via di fuga, ma non trovai nulla.

Il paesaggio era sempre lo stesso. C’erano solo alberi, rami, rocce e foglie secche dappertutto. Ero intrappolata, non sarei mai riuscita a scappare davvero da quel luogo maledetto.

Per un momento mi abbandonai al panico. Sarei morta in un posto che nemmeno conoscevo, nessuno avrebbe mai saputo che fine avessi fatto.

Sarei diventata una delle tante persone scomparse, come quelle che erano state rapite qualche mese prima. Una decina se non ricordavo male, tutte sparite nel nulla senza lasciare traccia. La polizia, nonostante i mesi di indagini, brancolava ancora nel buio e non era stata in grado di trovare uno straccio di indizio per risalire al responsabile di quelle sparizioni.

Ed ora io avrei fatto la loro stessa fine, forse ero stata rapita dalle stesse persone. Ma perché? Qual era la ragione di questi rapimenti? Non era stato richiesto un riscatto a nessuna delle famiglie…

Senza accorgermene andai in iperventilazione, i battiti divennero talmente forti da rimbombarmi nelle orecchie, la stretta allo stomaco era insopportabile e mi stava tornando la nausea. Non potevo lasciarmi prendere dal panico, non ero ancora al sicuro. Dovevo riacquistare un po’ di controllo.

Mi strinsi le braccia al petto e cercai di smettere di tremare. «Inspira, espira.» sussurrai mentre facevo respiri profondi. Una volta che il tremolio diminuì presi l’elastico che tenevo al polso e mi legai i capelli in una coda alta, in modo da avere una visuale più ampia.

Un po’ più calma studiai l’ambiente che mi circondava, era tutto perfettamente identico: foglie secche, alberi, rami ed un papavero rosso.

Un papavero?

Mi avvicinai e lo osservai stranita. Questo era l’unico fiore che avevo visto durante tutta la fuga. Provai a guardarmi attorno, ma non ne trovai altri, solo quello davanti a me.

Raccoglilo.

D’istinto mi allontanai dal fiore. Perché dovevo raccoglierlo?

È la tua unica via di fuga.

Una risata isterica mi sfuggì dalle labbra, alla fine anche io avevo perso del tutto il senno, ora mi ero anche messa a discutere con le voci dentro la mia testa; quanto mancava prima che diventassi come quell’uomo che avevo incontrato prima? Minuti? Ore?

Che ne dici se affrontiamo l’argomento riguardo al tuo stato mentale una volta che sarai in salvo?

Il tono stizzito e sarcastico mi fece ridere ancora più forte, fino a quando un ruggito si diffuse per tutto il bosco. All’improvviso ritornai in me e mi ricordai dove mi trovavo e dei mostri sulle mie tracce. Dovevo darmi una mossa, non avevo ancora trovato un nascondiglio, un posto sicuro dove stare.

Oh Zeus, Ragazzina! Prendi quello stupido papavero IMMEDIATAMENTE! Sono stato chiaro?!

Il rumore degli alberi che cadevano e dei ruggiti che si avvicinavano significavano che il drago non era più tanto lontano.

ORA!

Raccolsi il fiore e lo portai al petto.

Per un attimo non successe nulla. Vidi il drago a qualche metro da me e mi maledissi per aver ascoltato quella voce, invece di alzarmi e mettermi a correre. Mi misi in piedi barcollando e all’improvviso il terreno sotto di me si dissolse, andando in mille pezzi.

Senza rendermene conto mi ritrovai a precipitare nel vuoto mentre un urlo disumano cercava di seguirmi. «Morpheus, maledetto!»

La mia caduta non durò a lungo, in un secondo un paio di braccia mi presero al volo. «Ce ne hai messo di tempo per raccogliere un semplice papavero.» scherzò l’uomo che mi stava tenendo in braccio.

Riconobbi subito la voce, era la stessa che mi aveva parlato prima. Alzai il viso e mi ritrovai a fissare un giovane e splendido uomo con lunghi capelli neri come la notte e occhi blu come il cielo notturno, intravidi un paio di ali scure alle sue spalle, ma quando provai a parlare, mi resi conto che ero troppo stanca, in un attimo chiusi gli occhi e mi abbandonai alle tenebre.

.o.

Mi girai su un fianco e mi rannicchiai sotto le coperte, mentre la suoneria del cellullare infrangeva il silenzio della stanza. Mugugnai ed imprecai contro quella stupida sveglia e recuperai quello strumento infernale sul comodino. Guardai il display per spegnere l’allarme e mi resi conto che si trattava di una chiamata.

Mi misi a sedere e mi strofinai il viso cercando di svegliarmi un po’ prima di rispondere, dato che la possibilità di tornare a dormire era sfumata nel momento esatto che avevo letto il nome sullo schermo. «Buongiorno, Cath. Spero che la tua chiamata sia questione di vita o di morte, perché ho passato una notte infernale e non mi merito di essere svegliata alle sette di mattina…» la salutai sbadigliando sonoramente ed avvicinandomi allo specchio per vedere in che stato mi trovavo dopo una notte insonne.

«Maledizione, Daphne. Si può sapere dove sei sparita ieri sera? Ti ho chiamata almeno venti volte, ma non rispondevi mai. E poi stamattina quando non ti sei presentata a lavoro, mi sono preoccupata.» rispose Catherine agitata.

«Si può sapere di cosa stai parlando?»

«Daph… Ieri sera dovevamo vederci, ma tu non ti sei fatta sentire e poi oggi salti un giorno di lavoro senza avvisare, non è proprio da te…»

Lanciai un’occhiata al mio riflesso e rimasi senza fiato. Il cellulare mi scivolò di mano e cadde a terra, ma non me ne curai, ero troppo sconvolta da quello che vedevo nello specchio. Non poteva essere vero, era solo stato un incubo, non era successo davvero.

I capelli erano ancora legati in una coda spettinata, il viso era sporco di lacrime e aveva dei piccoli graffi. Abbassai subito lo sguardo sul polso, dove l’impronta bluastra di una mano spiccava sulla mia pelle. Nuove lacrime cominciarono a scendermi lungo il volto, mentre un miscuglio di emozioni si alternavano dentro di me: terrore, sollievo, felicità e ansia.

«Daphne?! Daphne? Pronto???» urlò la mia amica, ma non la ascoltai.

Mi voltai a guardare il letto ed in mezzo alle lenzuola, ben visibile, vidi un papavero rosso.

 

 

Angolo autrice:

Ciao a tutti! Eccomi di ritorno con una piccola one-shot in un momento di ispirazione. Se siete riusciti ad arrivare a fino a questa nota, vuol dire che non vi ho annoiati troppo.

Alla prossima :),

Nerys

   
 
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