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Autore: _confundus_    05/03/2018    1 recensioni
La Seconda Guerra dei Maghi è finalmente terminata, lasciandosi alle spalle soltanto vuoti incolmabili e vane speranze.
Hermione, venticinquenne innamorata perdutamente del suo ragazzo, aspetta da ormai sei mesi una bambina. Un giorno come tanti, al suo risveglio, Ronald non più è al suo fianco; e come se non bastasse, la ragazza riceve una comunicazione in cui le viene impedito di tenere la piccola una volta nata, a meno che non trovi un compagno in grado di darle tutto il supporto di cui ha bisogno.
La sua fidata amica Ginevra ritiene che Hermione abbia bisogno dell'aiuto di un vecchio studente di Hogwarts, affinché la sostenga nel suo intento e possa permetterle di tornare ad essere felice.
E se questo ragazzo fosse proprio Draco Malfoy?
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Se ne era andato. Lui, l'amore della sua vita, la persona che le sarebbe dovuta stare sempre accanto nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli del loro cammino, se ne era andato. Senza dirle nulla. Semplicemente l'aveva lasciata da sola, come se fosse stata la cosa più naturale al mondo. Come se si fosse trattato di una sorta di sospiro, un banale e quotidiano respiro, esalato con la pacatezza tipica di chi sta compiendo un gesto abituale. Lui, esattamente in questo modo, l'aveva abbandonata. Era un tiepido sabato di aprile, il tipico giorno di primavera in cui il sole fa capolino lentamente, sorgendo dietro le colline che circondano le campagne inglesi. Il cielo terso era di un azzurro chiaro e limpido, interrotto solo da poche nuvole pallide che si muovevano spinte dal vento con una lentezza esasperante. La finestra dell'appartamento era chiusa ermeticamente per non far filtrare neanche uno spiffero d'aria, le tende di seta azzurre erano tirate totalmente e coprivano il vetro ancora appannato, ma lasciavano comunque intravedere gli alberi scossi dal vento e le foglie che cadevano solitarie sui viali. Hermione si alzò in compagnia della sua solita gaiezza, con la convinzione di non essere sola e di trovare qualcuno al suo fianco, come ormai avveniva quotidianamente da diversi anni a quella parte. E invece non era stato affatto così. Come ogni mattina, allungò pigramente le braccia alla sua destra, certa di trovare un corpo caldo accanto al suo; quel corpo che l'aveva protetta, amata, desiderata ardentemente più di ogni altra cosa. Quello stesso corpo di cui invece non riuscì a captare la presenza. Le fu solamente possibile sentire le lenzuola fresche e stropicciate, percependo sotto il tocco delle sue mani candide un vuoto quasi spaventoso. Aprì allora gli occhi di scatto, in un movimento convulso dettato direttamente dal suo sistema nervoso, e trovò accanto a sè il letto intatto e deserto. Si tirò velocemente su mettendosi a sedere, come assalita da un'irrefrenabile e infondata paura, con la coperta che le nascondeva ancora metà delle gambe esili. Il cuore di Hermione iniziò a palpitalre con foga per l'agitazione, ma dopo una manciata di secondi il suo intento divenne quello di scacciare dalla sua mente, con fermezza, i pensieri tanto ridicoli che l'avevano affollata, provando dunque a tranquillizzarsi. "Non essere sciocca, Hermione. È al piano di sotto", riflettè, facendo respiri lunghi e profondi per ritrovare in sè la pace ormai perduta. Si sollevò con cautela, appoggiandosi sui gomiti e sfiorando con un tocco delicato la sua pancia, che ultimamente le stava causando parecchi problemi. Era infatti al sesto mese di gravidanza, e una piccola bambina stava crescendo nel suo corpo da ormai diverse settimane. Il pensiero di essere in procinto di diventare madre, e di essere quindi ormai una donna adulta a tutti gli effetti, generava nel suo petto una sorta di irrefrenabile adrenalina; era sempre stata una ragazza matura, decisamente troppo per la sua età, e la gravidanza a soli venticinque anni rappresentava un po' il coronamento di tutto il suo percorso. Dopo aver sorriso al pensiero di un piccolo essere all'interno della sua pancia, parte integrante di lei stessa, prese a guardarsi intorno: gli armadi d'ebano della stanza erano socchiusi, così come i cassetti accanto al letto. Alcuni vestiti erano sparsi alla rinfusa per la camera, le fotografie sui comodini capovolte, i libri in cui era solita nascondere i propri risparmi erano gettati a terra, privi di vita. Si precipitò fuori dalla stanza in preda al panico, cercando di autoconvincersi che si trattasse solo di un brutto sogno e che presto la classica sensazione di sollievo avrebbe preso il sopravvento sul suo corpo. Non fu così. Non proveniva alcun suono dal resto della casa; solo un silenzio, tombale, estenuante, quasi più rumoroso e assordante di mille voci acute. Hermione scese le scale in maniera forsennata fino al piano di sotto, e si diresse subito nel salotto. Vuoto. Il televisore spento, i divani e le poltrone perfettamente sistemati come la sera precedente. Il tavolino basso di cristallo con il solito vaso pieno di fiori al suo posto. Con ampie falcate si diresse poi in cucina, trovandola pulita e in ordine come suo solito. Un dettaglio fuori posto, però, attirò immediatamente la sua attenzione: sul frigo bianco e luminoso spiccava un post-it giallo fluorescente. Prendendo tutto il coraggio che aveva in sé, Hermione vi si avvicinò e lesse in fretta quello che recava scritto. Quattro semplici parole. "Me ne vado. Arrangiati". Una firma scarabocchiata velocemente, come di chi si è ricordato improvvisamente il proprio nome e decide di appuntarselo per non dimenticarlo più. "Ron". Un'espressione di incredulità balenò sul volto della ragazza, mentre fu in grado di percepire qualcosa rompersi nel suo corpo, come strappato via da una forza tanto invisibile quanto energica. Non se lo sarebbe mai e poi mai aspettata da lui. Avrebbero potuto dirle qualunque cosa, ingannarla con le più improbabili delle menzogne, e lei avrebbe creduto a chiunque. Ma che lui avesse il coraggio di andarsene e abbandonarla, no. Non ne sarebbe mai stato capace, avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco ad occhi chiusi. Lui l'amava, ne era certa. Ma all'istante, una lampadina si accese nell'esatto momento in cui si accorse di aver usato il giusto tempo verbale. Amava. Incapace di reagire, Hermione si accasciò per terra, il post-it ancora stretto in mano ormai impregnato di lacrime amare, fredde. Non poteva averle fatto sul serio una cosa del genere, soprattutto sapendo che lei aspettava una bambina. La loro bambina. Pensandoci davvero, si era comportata in maniera veramente incosciente: fin dal momento in cui aveva dato il grande annuncio di essere incinta, Ronald non aveva mai mostrato troppo entusiasmo. A dirla tutta, ai suoi occhi era parso persino scocciato, quasi convinto di aver commesso un errore irrimediabile. La ragazza poteva ricordare ogni istante della giornata in cui gli aveva comunicato la fatidica notizia; dopo aver scoperto di aspettare un bambino, era infatti corsa da lui in salotto, senza aspettare un secondo di più. Insieme a Ron aveva deciso, dopo la Guerra, di dedicarsi esclusivamente al mondo dei Babbani e chiudere per sempre con Hogwarts e tutto ciò ad esso legato. Non avrebbero più usato la magia, non se la sentivano psicologicamente dopo le perdite che avevano dovuto sopportare, ferite che ancora bruciavano nel loro petto come cosparse dal veleno. Dopo una serie di estenuanti ricerche, erano finalmente riusciti a trovare un appartamento vivibile e abbastanza grande, e naturalmente non avevano perso tempo a comprarlo aiutati anche economicamente dalla famiglia di Ron. Trovare lavoro non era stato affatto facile per entrambi, ma dopo vari tentativi l'impresa fu compiuta: Hermione lavorava in una biblioteca, mentre Ron era impiegato in una banca. Per quanto riguardava le questioni economiche, la giovane coppia non se la cavava male e il rapporto tra loro non faceva che migliorare giorno dopo giorno. Fino a quando, appunto, Hermione era corsa in salotto per dare la notizia tanto attesa al ragazzo dai capelli ramati. Si era presentata davanti a lui con un sorriso enorme sul volto: era certamente il giorno più bello della sua vita. Posizionatasi davanti al divano, le gambe tremanti e il cuore che palpitava, aveva scandito bene le parole. «Ron, aspetto un bambino.» Nella sua mente, figurava una determinata reazione da parte di Ron: gioia incontrollata, abbracci affettuosi e dolci parole sussurrate per rassicurarla che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Perciò, lo stupore che la colse mentre constatò il cambiamento di espressione sul viso del ragazzo, fu quasi maggiore della sorpresa che si profilò nello sguardo di quest'ultimo. Ronald sgranò gli occhi, tossì rumorosamente e assunse un finto tono innocente, di chi tenta di autoconvincersi che qualcosa sia il contrario di ciò che pensa. «Un bambino? Chi è? A che ora deve arrivare?» domandò lui, schiarendosi la voce e slacciandosi un bottone della camicia per respirare a pieni polmoni. «No Ron, non in quel senso. Sono incinta.» aveva ripetuto Hermione, questa volta utilizzando un timbro meno euforico. «I-incinta? Il bambino è...mio?» chiese il ragazzo protendendosi in avanti con il busto, spalancando le palpebre e cominciando a boccheggiare. Le sue guance si tinsero di bordeaux, gli occhi persero parte della loro luminosità mentre un'espressione di puro terrore si era impossessata del suo volto. Hermione spalancò la bocca a sua volta, sul punto di una crisi isterica che non avrebbe di certo retto facilmente. «Mi chiedi veramente se è tuo?! Mi hai presa forse per una sgualdrina?!» aveva urlato, con una rabbia disumana che non credeva nemmeno di possedere. Per settimane intere i due non si erano parlati, fino a quando Ronald si era scusato e aveva dato la colpa al suo sentirsi troppo immaturo per poter anche solo immaginare di rappresentare la figura di padre. Le aveva però giurato che, nonostante la difficoltà e il suo pessimo carattere, avrebbe fatto il possibile per cambiare in meglio - superfluo specificare che, inoltre, aveva aggiunto una buona dose di assolutamente credibili "farei di tutto per te", da cui Hermione, spirito romantico e generoso, si era lasciata facilmente abbindolare. Dunque, tra loro sembrava essere tornato tutto come prima. Sembrava. Fino a quella stessa mattina. La ragazza prese nuovamente in mano il maledetto foglietto, e si fermò a riflettere sul significato di ogni singola parola scritta su di esso. "Me ne vado". "Ma dove te ne vai?", avrebbe voluto domandargli Hermione. Alla Tana, senza alcun dubbio. Era l'unico posto in cui lo avrebbero ancora accolto a braccia aperte, nonostante tutti i disastri che avrebbe potuto commettere nella sua vita. Eppure per un attimo, un solo attimo, un campanello d'allarme cominciò a lampeggiare nel cervello di Hermione: e se Ronald l'avesse tradita con un'altra ragazza? Decisamente improbabile: Ron ogni giorno vagava tra il salotto di casa, il divano, il letto, la cucina e la banca, se necessario, quando il suo lavoro richiedeva a tutti i costi la sua presenza. Era la persona più pigra e svogliata che Hermione conoscesse, quindi quell'ipotesi del tradimento era da scartare. "Arrangiati". "E come mi arrangio?" Dopo la notizia della gravidanza, Hermione si era licenziata temporaneamente dalla biblioteca in cui lavorava, per poter stare dietro alla futura bambina. Quindi come avrebbe potuto andare avanti da sola, senza un lavoro e senza nessuno al suo fianco? Riprese il post-it in mano e lo accartocciò con rabbia, fino a rimpicciolirlo notevolmente, per poi buttarlo nel cestino accanto al frigorifero. Il suo stato d'animo avrebbe fatto certamente male alla bambina; quindi doveva cercare di calmarsi esclusivamente per il suo bene. Si asciugò le lacrime che ancora le solcavano le guance e, dopo aver smesso di singhiozzare, si sedette sul pavimento di marmo freddo. Appoggiò delicatamente le mani sulla sua pancia, cingendola in un abbraccio eterno pieno di puro amore. Quell'esserino, lì dentro, le stava dando la forza di andare avanti; proprio per questo non doveva abbattersi. Doveva essere forte. Forte per se stessa. Forte per la bambina. Forte per la sua bambina.
   
 
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