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Autore: Valzar    06/03/2018    1 recensioni
Una donna parla di sè, ci racconta del suo dolore e del suo modo 'intimo' di sorvolarlo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ ARTE LIBERA DELLA VITA,

DAL MONOLOGO DI UN CORPO
Mi nascondo dietro un velo di stupore, non sapevo affatto di esser così fragile. Mi nascondo dietro un cumulo di carne, liscia e soffice, a tratti esile. Nascondo il mio seno perché è mio e per una volta, se tu non puoi guardarlo non farmene una colpa. Ho deciso d'ora in poi farò solo quel che mi riesce, ciò che sprigiona in me un senso di sollievo. Le mie mani ti hanno stretto ed ora io stessa stringo me, più forte di quanto mi fosse concesso stringerti. Mi dondolo piano come se fossi su una giostra che sta per fermarsi; sorrido ma una lacrima scivola sulle guance, penso sia bello perché nessuno può vedermi, piango e poi rido, sembro matta ma forse sono solo viva. Tocco la mia pelle come fosse qualcosa di nuovo e la riscopro come se io fossi la sola a poterlo fare. La mia pancia è scoperta ed un piercing la circonda. Penso che del mio corpo essa sia ciò che più amo, seppur poco mi importi della sua perfezione la reputo totalmente in equilibrio con quanto sento. Forse un giorno non lontano lì crescerà una vita e saprò amarla come amo adesso la mia pancia. Come qualcosa che è naturale e invariabile, come la melodia di un bambino che ride all’improvviso e gli brillano forte gli occhi. E così mi distendo, lentamente respiro con il diaframma e osservo mentre inspiro, forse respirando imparerò anche l’arte libera della vita. Sono al buio di una stanza ed una luce fioca mi illumina, sto in piedi mentre guardo nello specchio. Con entrambe le mani copro le cicatrici, fingo che non ci siano, ne scorgo la pelle indurita, leggermente rialzata. Adesso le scopro e le guardo, percorro con le mani il segno dei bisturi, percorro poi l'ossatura. Un po' mi vergogno, di questa sporgenza, di questa ferita, di avere questo corpo e non un altro, di essere ormai adulta, è così che si dice e di amarmi un giorno sì e uno no, forse anche con il trucco addosso. Eppure ora lotto per rispettarmi, per mantenere questo invisibile equilibrio che circonda il mio corpo e abbraccia la mia anima, per sopravvivere alla violenza, all'omertà, alla mancanza di nutrimento non solo fisico ma energetico. Perché si parla di questo anche quando si parla di semplici corpi, che devono pur nascondere un soffio luminoso di vita. Sono io che mi nutro e mi abbraccio ed ancora io quando alle volte sembra come se mi stessi alienando da me, dimenticassi il mio sentire e ritornassi bambina fragile. Eppure ogni giorno resisto affinché quel che provo continui a fluire inesorabile in nuovo amore. L’amore di un abbraccio, il mio, di una risata che accoglie, della carezza che porgo a me stessa quando le nuvole non vogliono andare via e mi dico va’, non arrenderti, va’.
Quanto spesso mi scontro con altri corpi e li schivo appena, sfiorandoli. Corpi lontani, diversi, che sembrano interi universi. Un corpo è anche le sue gioie e le conquiste. Come quella volta in cui ci arrampicammo così in alto per poi tuffarci in mare, ricordi? Quella in cui da sola mi trovai in una terra straniera a parlare una lingua non mia. La volta in cui il mio corpo sciogliendosi si aprì in una lenta ed intensa improvvisazione teatrale. E’ così che si impara ad essere un corpo, perché si impara anche questo, e quando lo impari sai stringerti nello stesso modo in cui sai odiarti, ma nell’odiarti non ci provi più gusto, forse lieve tenerezza. Stando nel letto attendi le luci del giorno e qualche volta speri non sia già mattino. Questo che vedi, caro specchio che rifletti, è solo il mio corpo. Ed ora che lo riconosco, ho solo voglia di correre all’ impazzata, di lasciare che si perda e poi si ritrovi diverso, nel riflesso del lago di un nuovo continente. E’ questo ciò che di meraviglioso vedo. E’ solo quando riconosci di avere un corpo che cominci a servirtene come se fosse l’unico, come se non fosse più vuoto ma saturo di una sostanza che non puoi spegnere. Quando sei corpo hai due occhi nascosti con cui guardare attraverso e scopri di essere persona, umana, reale, di carne e leggiadre emozioni e con la tua sagoma ti fai forza e ancora d’ un passo avanzi. Così smetti di scontrarti con i passanti come se fossero invisibili, li guardi appena negli occhi e con semplicità gli sorridi. Tu non puoi vederlo ma ora io sto sorridendo.
   
 
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