Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: itsAlisAgron    07/03/2018    1 recensioni
Entrambe nascondevano un segreto che pochi conoscevano, ma che molti apprezzavano. Non di rado ricevevano sgradevoli appellativi e se questi provenivano dalla bocca di un cliente, allora erano pronte a raddoppiare la tariffa: erano delle signorine, insomma, quelle poco vestite che si appostano sui marciapiedi di notte, come ragni in attesa di vittime da intrappolare nelle loro ragnatele, come vampiri assetati pronti a succhiare via tutto il sangue che hai in corpo. Ma possedevano un segreto nel segreto, ben più profondo, che nascondevano da anni e di cui nessuno era a conoscenza. Infanzie difficile e falsi pregiudizi le avevano portate a ciò che erano diventate, non erano mai riuscite a farsi strada tra la folla e se il mondo aveva deciso di essere crudele, loro lo sarebbero state ancor di più.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Sam Evans, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Santana
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap 2 - Halloween's night

 
New Orleans, 31 Ottobre, 22.15
«E' proprio necessario farlo anche stasera?» esclamò Quinn dal bagno, alzando la voce in modo da farsi sentire.
Santana, in piedi davanti alle ante spalancate dell'armadio, si portò le mani sui fianchi e tirò un lungo sospiro. Dopo essere rimasta a fissare il vuoto per una manciata di secondi, riprese a scorrere i vestiti con le dita, come se fosse rinsavita da uno stato momentaneo di trance, e rispose all'amica «Lo è, non possiamo fermarci proprio adesso che stiamo facendo un ottimo lavoro»
Dopo aver applicato l'ultimo strato di mascara sulle lunghe ciglia, Quinn si fermò ad osservare la sua figura allo specchio. D’improvviso la sua mente iniziò a vagare tra i pensieri che, come d’abitudine, si affollavano numerosi. Era ormai passato qualche mese da quando avevano intrapreso quel genere di attività a cui loro stesse non avevano mai attribuito una denominazione precisa. Durante la giornata erano due semplici ragazze, le quali mandavano avanti la loro vita come qualsiasi altro comune essere umano: Quinn stava studiando per diventare una ginecologa, infatti frequentava le lezioni del quarto ed ormai ultimo anno della LSU, ovvero l’Università delle scienze mediche della Louisiana; Santana coltivava da anni le sue due più grandi passioni, il canto e la danza, seguendo con dedizione i corsi del dipartimento di musica e arti teatrali alla Loyola University. Inoltre, in modo tale da fronteggiare le inevitabili spese di sostentamento, erano riuscite ad ottenere un incarico come cameriere in una pasticceria, il cui titolare era stato considerevolmente comprensivo e generoso nei confronti di entrambe le ragazze. Così si alternavano, secondo una routine alla quale si erano adeguate e si attenevano con impegno: Santana copriva il turno mattutino, mentre Quinn seguiva le lezioni all’università e, a sua volta, sostituiva l’amica durante il pomeriggio, per consentirle di recarsi al corso pomeridiano. Eppure, anche quell’attività clandestina, a cui si dedicavano esclusivamente nel fine settimana, faceva parte della loro vita, perfettamente organizzata e coordinata; non vi avrebbero rinunciato nemmeno la notte di Halloween, seppur contro il volere di Quinn, che si era mostrata recidiva nel corso delle ultime settimane. Inclinò la testa e continuò a scrutare la sua immagine riflessa allo specchio, pettinando la frangia che quasi le copriva gli occhi: quella sera era il turno di una parrucca nera, i capelli erano più o meno all’altezza delle spalle, dandole un aspetto alla Mia Wallace di Pulp fiction, cosa che le fece prendere in seria considerazione l'idea di tingerli in maniera permanente. 
«Ehi San, come pensi che starei con questi capelli?» chiese, poi, sporgendosi su un solo piede dalla porta del bagno con un'espressione speranzosa sul volto.
Santana serrò le labbra e, nel tentativo di trattenere una risata, si portò una mano alla bocca, scuotendo vigorosamente la testa «Uh-uh, ci può essere solamente una mora qui» esclamò, afferrando finalmente una gonna di pelle nera dall'armadio «E poi, perderesti quell'aria da finto angelo a cui sei tanto affezionata» aggiunse poi, con un tono volutamente colmo di ironia, prima di afferrare la pochette dei trucchi e dirigersi verso lo specchio da parete. Quinn la fulminò con lo sguardo, poi si diresse anche lei verso l'armadio sbuffando.
«Ne sei proprio sicura?» sbottò all'improvviso, voltandosi verso Santana ed incrociando le braccia sul petto, con un'espressione indecifrabile sul volto.
«Oh sì, lascia perdere i capelli scuri» rispose prontamente l'altra, sempre in maniera sarcastica, mentre applicava la cipria su ogni angolo del viso con un largo pennello.
«Non mi stavo riferendo a quello, San!» esclamò Quinn, picchiettando nervosamente il piede sul pavimento e lanciando un’occhiataccia all’amica attraverso la stanza, dopo averla sentita ridacchiare sotto i baffi. «E' la notte di Halloween, ci saranno sicuramente più controlli in giro, non credi?» continuò il discorso precedentemente accennato, stavolta con un tono visibilmente più preoccupato.
L'altra, dopo aver applicato un rossetto color borgogna sulle labbra carnose, si diresse verso Quinn, che nel frattempo stava provando un vestito a tubino rosso, abbastanza aderente. Santana le posò una mano sul fianco ed il mento sulla spalla e, indicandola allo specchio con l’indice, dopo averla squadrata, le domandò in tono retorico «Pensi che, con questo travestimento, possano davvero pensare che siamo...?»
Omise l'ultima parte della frase e Quinn alzò un sopracciglio, dandole inizialmente ragione, ma, dopo un attimo di pausa, continuò «Ci saranno tantissimi agenti della polizia in borghese, ho sentito l’altro giorno al telegiorn…» si interruppe nel momento in cui Santana le tappò la bocca con la mano.
«Lo facciamo da mesi ormai e non è mai capitato nulla, non lasciarti scoraggiare» cercò di rassicurarla, prendendole delicatamente la mano e guardandola dritto nei suoi grandi occhi verdi. Quinn abbassò lo sguardo, emettendo un gran sospiro di rassegnazione, poi alzò le spalle e fece segno all’amica di chiuderle la zip del vestito.
 
Ore 22.45
«Adesso puoi svelarmi il tuo travestimento?» chiese Quinn all’amica, richiudendosi rumorosamente il portone alle spalle.
Santana, in tutta risposta, spalancò la bocca in un sorriso, mostrando i finti canini. Il suo travestimento consisteva in un corpetto bordeaux decorato con dei laccetti neri ad incrocio e la gonna di pelle nera che aveva precedentemente pescato dall'armadio; alle gambe calzava un paio di autoreggenti a rete, le quali sfociavano in delle scarpe rosse decolleté con l'immancabile tacco a spillo. Inoltre una finta pelliccia scura le copriva le spalle, sulle quali cadevano i lunghi e folti ricci rossi della parrucca. Quinn finse un'espressione impaurita, poi esclamò «Bella metafora»
Santana emise un breve risolino, ricambiando la domanda. Quinn prontamente aprì la cerniera della borsa e, dopo avervi frugato dentro per qualche secondo, tirò fuori un paio di corna rosse, che infilò tra i capelli. Completavano il travestimento, composto da un tubino rosso, degli stivali neri e in pelle, alti fino alle ginocchia, e il giubbotto di altrettanta pelle nera.
«Ah, diabla! Hai deciso di travestirti da me, quindi» esclamò Santana, dandole un colpetto col gomito e facendola scoppiare in una fragorosa risata.
«Stasera abbandonerò temporaneamente il mio aspetto da angelo» detto questo, Quinn le strizzò l’occhio e la prese a braccetto; così si incamminarono verso la fermata del tram, mentre il rumore dei tacchi rimbombava per le strade poco affollate del quartiere in cui abitavano. Scesero vicino Bourbon street, nel cuore del Quartiere francese, il fulcro della movida di New Orleans, il quale era particolarmente affollato la notte di Halloween, tanto che rendeva difficile riuscire a camminare senza strattonarsi a vicenda. La strada pullulava di travestimenti di tutti i tipi, dai più classici a quelli più bizzarri, che si distinguevano in originalità. Quinn si guardava intorno nervosamente, stringendo a sè Santana, la quale la teneva saldamente sottobraccio. Passarono accanto diversi bar e strip club, per i quali è particolarmente nota New Orleans, dato il suo passato. A partire dal 1880, infatti, cessò di essere semplicemente un forte richiamo turistico grazie al suo ricco patrimonio, dovuto al fatto che fosse una ex colonia francese e spagnola, in quanto cominciò a sviluppare una percepita predilezione per i facili costumi a causa dell'influenza della cultura creola. Questa percezione venne combattuta dai funzionari della città, ma persistette in quanto molti turisti si recarono a New Orleans per bere, giocare e avere incontri sessuali nei tanti bordelli della città. L'area divenne sempre più nota per la prostituzione e il gioco d'azzardo, con l'apertura di diversi night club per adulti che capitalizzassero l'immagine osé della città, divenendo il nuovo Storyville, l’ex quartiere a luci rosse della città, noto come The District dal 1897 al 1917. Negli anni '40 e '50 i night club fiancheggiavano l'intera Bourbon Street, nei quali avevano luogo spettacoli di striptease e danze esotiche. Nonostante col tempo l'area sia stata ripulita e soggetta a numerosi cambiamenti, ancora oggi mantiene la sua storica reputazione.

Dopo essersi allontanate dalla folle vita notturna di Bourbon street, si diressero verso la zona in cui erano solite adescare le loro “vittime”. Erano particolarmente silenziose quella sera, nonostante il successo che il loro "progetto" stava riscontrando, specialmente durante l’ultimo periodo. L’unico rumore che si percepiva era quello della musica proveniente dai locali che si erano appena lasciate alle spalle, oltre all’immancabile eco dei tacchi lungo la strada e a qualche automobile che ogni tanto sfrecciava accanto a loro. Si fermarono all’angolo di una traversa non troppo esposta, ma comunque trafficata; Quinn si poggiò al muro ed incrociò le braccia sul petto, stringendo le spalle per il freddo, poi lanciò un’occhiata all’amica, la quale camminava nervosamente avanti e indietro con un’espressione enigmatica sul volto, finché decise di rompere il silenzio, voltandosi verso Quinn.
«Tu pensi che dovremmo smettere?» sbottò improvvisamente, piantandosi con le mani sui fianchi di fronte a Quinn, che rimase a fissarla per qualche secondo, spiazzata.
«Smettere di fare…?» le chiese quest’ultima sollevando un sopracciglio, fingendo di non sapere a cosa si stesse riferendo l'amica.
«Questo!» esclamò Santana, guardandosi intorno ed allargando le braccia, per poi farle ricadere lungo i fianchi con un sospiro, senza distogliere lo sguardo dalla sua silenziosa interlocutrice, che invece non osava spostare gli occhi dal suolo e, in tutta risposta, ricambiò il sospiro.
«San, il fatto che non sia mai capitato nulla non toglie che potrebbe…» interruppe la frase a metà nel momento in cui qualcosa sembrò catturare la sua attenzione, così si ammutolì improvvisamente.
«Quinn…» sibilò poi ancora Santana, avvicinandosi a lei e cercando di prenderle le mani, che quest'ultima nascose prontamente dietro la schiena, lanciando un’occhiata alla spalle dell’altra.
«Il pesce ha abboccato» annunciò, facendole cenno di voltarsi e strofinandosi le mani tra loro, un po’ per il freddo ed un po’ a causa dei nervi a fior di pelle. Santana roteò il collo e scorse un’automobile accostata qualche metro indietro, capendo immediatamente cosa intendesse Quinn e perché non avesse voluto terminare la conversazione. Santana torse le sopracciglia in un'espressione dispiaciuta, cercando lo sguardo dell'amica, che, invece, lo teneva puntato sui suoi stessi piedi. L'altra le carezzò la guancia col dorso della mano, prima di girare i tacchi e dirigersi verso l’autovettura, dove si trovava una ragazza alla guida, che in lontananza sembrava abbastanza giovane. Man mano che le si avvicinava, cercava di mettere a fuoco quella figura sfocata, seduta nella penombra: aveva un fisico apparentemente esile ed un volto magro, dai lineamenti delicati, con un naso fine e le labbra sottili, mentre gli occhi erano piccoli e tendenti verso l’alto, quasi a mandorla. Il viso aveva una forma allungata ed era coronato da una chioma bionda raccolta in una scombinata treccia poggiata su una spalla. Notò che indossava un vestito elegante ed il trucco, soprattutto sugli occhi, era leggermente rovinato; aveva tutta l’aria di essere una ragazza, all’apparenza, delicata ed innocente, a tal punto che Santana si chiedeva che motivo avesse di rivolgersi a lei. Non la conosceva minimamente, ma l’aspetto era di certo diverso da quello delle sue clienti abituali; fece una smorfia ricordando l’ultima di queste, Amy, poi tornò a rivolgere la sua attenzione alla ragazza seduta al posto del guidatore, che dal suo canto sembrava essere intimorita dallo sguardo insistente e scrutante di Santana.
«Ti sei persa?» le chiese, con un tono sarcastico, ma condiscendente allo stesso tempo.
La ragazza spostava velocemente lo sguardo, prima da Santana alle sue stesse mani, poi verso la strada e lo sterzo; provò a balbettare qualcosa, ma era visibilmente nervosa ed in imbarazzo; non era una situazione in cui si ritrovava abitualmente, quello era ormai stato appurato.
«Come ti chiami?» domandò Santana, cercando di farla parlare e, magari, estrapolare qualche informazione da lei.
«B-Brittany..» rispose finalmente la ragazza, continuando ad evitare lo sguardo di Santana, che rimase sorpresa dal dolce tono di voce con cui aveva balbettato il suo stesso nome. Fu l'unica parola che era stata in grado di emettere, dopodiché serrò le labbra e ricominciò a guardarsi intorno nervosamente.
Santana emise un sospiro, poi inarcò lentamente la schiena, allineando il suo viso con quello di Brittany. «Hai bisogno di qualcosa in particolare?» le chiese, stava cominciando a perdere la pazienza in quanto non riusciva a comprendere lo strano ed indecifrabile comportamento della ragazza, ma allo stesso tempo cercava di essere il più comprensiva ed amichevole possibile.
«Q-qual è il p-prezzo?» farfugliò Brittany un attimo prima di deglutire, in attesa di una risposta, sembrando quasi come se, nello stesso istante in cui aveva pronunciato quella frase, se ne fosse pentita. Santana si ritrovò ad essere altrettanto sorpresa da quella domanda, nonostante l'avesse sentita ormai parecchie volte, e rimase per la prima volta basita, in silenzio. Qualcosa le suggeriva che Brittany era in preda ad un temporaneo attimo di fragilità; manteneva quell’espressione di preoccupazione ed era visibilmente confusa. Qualunque fosse il motivo per il quale quella determinata sera si era spinta a tanto, Santana era decisa a scoprirlo.
«Hai sentito quello che ti ho chiesto» esclamò nuovamente la bionda, stavolta assumendo un tono di voce più serio e controllato ed alzando lo sguardo verso Santana. Quest'ultima, girò intorno all'autovettura e, prima di aprire lo sportello del posto del passeggero, lanciò un'occhiata fugace a Quinn, in attesa della solita raccomandazione, la quale questa volta non arrivò.
«Che stai facendo?» le chiese Brittany, irrigidendosi sul suo posto e contraendo i polsi, palesemente in tensione.
«Noto che non sei abituata a questo genere di…situazioni» replicò l'altra, lasciandosi scappare un breve risolino, del quale si pentì immediatamente. Brittany rimase per qualche secondo a guardarla con aria sbigottita, poi deglutì e disse «Quindi possiamo...»
«...andare a casa tua» completò la frase Santana, allacciandosi la cintura come per prendersi gioco dell'imbarazzo ed inesperienza della bionda, la quale arrossì e, dopo aver preso un gran respiro, mise in moto il motore dell'automobile; passarono accanto a Quinn, a cui Santana volse lo sguardo un’ultima volta, prima di sparire dietro l'angolo.
 
Ore 00.35
C’era un silenzio quasi tombale nel quartiere in cui si trovava ormai da quasi un’ora, così Quinn decise di incamminarsi verso il centro della città, sperando di incrociare un taxi lungo la strada. La serata era ormai andata sottosopra e, pur sapendo che avrebbe deluso Santana se fosse tornata a casa a mani vuote, non sarebbe stata comunque in vena di portare a termine un lavoro ben fatto. Strinse le spalle e si strofinò le braccia con le mani nel tentativo di riscaldarsi, anche se si rivelò alquanto inutile, così accelerò il passo, ansiosa di rifugiarsi tra le rassicuranti mura domestiche. Aveva sviluppato una stanchezza ormai psicologica oltre che una repulsione fisica per quella che ormai era diventata la loro professione vera e propria. Le cause che le avevano condotte ad una simile scelta erano plausibili, ma non fungevano sicuramente da giustificazione per ciò che facevano e di cui lei non andava per niente fiera. Era talmente immersa in quei pensieri che non si accorse che stava camminando a vuoto da circa un quarto d’ora, così si ritrovò in una strada extraurbana tutt’altro che familiare, con scarsa illuminazione e senza alcuna forma di vita nei paraggi. Girò i tacchi e ripercorse la strada che aveva appena compiuto, ma non ci volle molto prima che si accorse che non aveva minimamente idea di dove si trovasse. Dopo qualche minuto, sentì in lontananza il motore di un’autovettura, così si sporse verso la strana ed allungò la mano col segno dell’autostop, sperando che si potesse fermare per darle soccorso. Si accostò a qualche metro di distanza e, non appena Quinn l’ebbe raggiunta, si chinò sul finestrino del lato del passeggero e si accorse finalmente dell’uomo che si trovava alla guida. L’aspetto non prometteva nulla di buono, sembrava che indossasse un pigiama mal ridotto e sul capo portava un cappello la cui visiera gli copriva quasi completamente gli occhi. Con una mano teneva saldamente il volante e con l’altra si portava la sigaretta alla bocca, attorno alla quale vi era una folta barba ispida, imbrattata di cenere e quel che era probabilmente la birra della bottiglia che teneva fra le gambe. La vettura era inondata da un’aria che richiamava un miscuglio, in parte composto dal fumo della sigaretta e dall’odore sgradevole dell’alcol, che gli provocava un alito alquanto pesante e rivolante.
«Cosa posso fare per te, bellezza?» le chiese l’uomo, dopo averla squadrata con sguardo ammiccante.
Quinn torse le labbra in una smorfia ed alzò il sopracciglio, emettendo un sospiro profondo e maledicendo se stessa per la situazione in cui si era cacciata.
«Ho bisogno di un passaggio, nient’altro» esclamò con tono schietto, cercando di apparire il più sicura di sé possibile.
«E cosa riceverei in cambio per questo piccolo favore?» ribatté quello, inclinando il busto mentre pronunciava tali parole, in modo da allineare il suo sguardo a quello di Quinn, a tal punto che questa si allontanò, portandosi una mano al naso con un’espressione disgustata.
«Nulla di ciò che concedo è gratis, spero ti sia chiaro» gli rispose in maniera spavalda, aprendo lo sportello dell’automobile ed accomodandosi sul posto del passeggero con aria nauseata.
«E a quanto corrisponderebbe la tariffa?» chiese nuovamente l’uomo, avvicinandosi con insistenza verso la ragazza, la quale a sua volta sollevò una mano per allontanarlo ed accavallò le gambe, ritraendosi leggermente.
«Ne discuteremo in un secondo momento» si limitò a ribattere Quinn, incrociando le braccia sul petto, infastidita dall’atteggiamento ostinato dell’uomo ed impaziente di ritornare a casa il più presto possibile.
Il guidatore mise in moto l’autoveicolo senza un attimo di esitazione e, dopo aver svolto un’inversione a due tempi, cominciò a percorrere la strada nella direzione opposta a quella verso cui era diretto quando Quinn l’aveva scorto. Il suo improvviso ammutolimento la insospettì ulteriormente, così, con un gesto repentino, sfilò il telefono dalla tasca della giacca e trascrisse un messaggio, digitando il numero di Santana. Indugiò per qualche secondo, dopodiché premette con forza il tasto di invio:
“San, ho bisogno di te. Mi trovo in macchina con un uomo e non ho un buon presentimento”.
Ripose velocemente il cellulare e notò che l’uomo alla guida stava scrutando ogni suo movimento con la coda dell’occhio, ma non proferì comunque alcuna parola. Quinn si irrigidì sul sedile, rendendosi conto che la via che avevano appena imboccato le era assolutamente sconosciuta. Si accostarono sul ciglio di una stradina appartata e, prima che potesse rendersene conto, Quinn fu trascinata violentemente fuori dalla vettura da un’altra persona. Due mani le tenevano i polsi stretti in una presa ferma e sicura, impedendole qualsiasi movimento, e subito dopo sentì la pressione di un gomito sul fondo della schiena, il che la costrinse ad inarcarsi sul cofano dell’automobile e le fece emettere un verso di dolore. Sollevò con fatica il mento e vide di fronte a sé l’uomo che l’aveva guidata lì, dopodiché roteò il busto per cercare di avere un’immagine della figura che, dietro di lei, la stava immobilizzando. Scorse un uomo dall’aspetto abbastanza giovane, aveva una corporatura possente ma asciutta, le braccia erano muscolose e le spalle larghe; era il tipico aspetto di chi si sottoponeva abitualmente a numerosi sforzi fisici. Le saltò subito all’occhio la divisa da poliziotto che indossava e scoppiò a ridere, credendo e sperando che si trattasse di un travestimento di Halloween.
«Se fossi in lei, non riderei affatto» le sussurrò all’orecchio improvvisamente la voce alle sue spalle, tirandola a sé e stringendo la presa, sempre più saldamente.
«Mi piace il modo in cui mi stringi i polsi» cinguettò Quinn dopo aver emesso un piccolo gemito, sollevando leggermente la schiena e girando il collo per squadrarlo in maniera più dettagliata. Aveva un viso dai lineamenti morbidi e una mascella pronunciata, le labbra non troppo carnose e i capelli color biondo grano, nascosti dal berretto rigido con la visiera, il quale faceva parte della sua uniforme.
«Signorina, così facendo non sta affatto favorendo la sua condizione» ribatté lui, premendo nuovamente il gomito sui reni di Quinn e costringendola, di conseguenza, a ripiegarsi sul cofano. Successivamente con una mano le girò il viso, piegandolo su un lato, e le premette la guancia sulla vernice fredda della vettura.
«Fammi indovinare, adesso mi metterai le manette?» continuò Quinn, ammiccando ed emettendo qualche risolino, convinta di fare buon viso a cattivo gioco. Lo sentì staccare improvvisamente la mano dalla sua testa per armeggiare con qualcosa che prelevò dalla tasca posteriore dei pantaloni.
«Ha il diritto di rimanere in silenzio, ogni cosa che dirà d’ora in poi potrà essere utilizzata contro di lei» disse con tono serio e composto, chiudendole i polsi in un paio di manette.  
«Di cosa sta parlando?» gli domandò Quinn, entrando in panico al contatto del metallo con la sua pelle. Inoltre, si accorse del fatto che lui non aveva mostrato alcun segnale di insicurezza nel pronunciare quel formulario né aveva esitato per un singolo istante.
«Signorina, lei è in arresto per adescamento e prostituzione stradale» l’agente pronunciò queste parole sempre con lo stesso tono di voce, stabile e deciso. Subito dopo la girò verso di sé, afferrandola per le braccia, così si ritrovarono faccia a faccia. Quinn allineò lo sguardo con i suoi occhi color ghiaccio, che finalmente incrociò per la prima volta: erano freddi, immobili e privi di qualsiasi emozione, non si scostavano un attimo da lei. Lo sguardo le cadde, poi, sul distintivo in cima alla sua camicia e sul cinturone nero che portava alla vita, con la fondina della pistola, manganello ed altri arnesi; un’ondata di sudore freddo le percorse la schiena nel momento in cui prese finalmente coscienza dell’accaduto. Un attimo prima di essere trascinata dentro l’automobile della polizia, vide il poliziotto afferrare la ricetrasmittente e comunicare la notizia dell’arresto «Qui Samuel Evans, mi ricevete?»

Ore 1.05
«Brittany hai detto, giusto?» Santana decise di prendere in mano la situazione e rompere il silenzio, non essendo più in grado di sostenere l’aria carica di tensione e imbarazzo che si era creata tra loro. Tuttavia, la ragazza si limitò ad annuire freneticamente, mentre teneva saldamente il volante fra le mani e gli occhi fissi sulla strada di fronte a lei. Santana sospirò rumorosamente, delusa che il suo tentativo di instaurare una conversazione fosse appena andato a vuoto, e cominciò a perdere la pazienza. Esaminò dettagliatamente l’intera figura di Brittany, spostando lentamente lo sguardo dal viso inespressivo al corpo irrigidito sul posto del guidatore. Era come se una barriera invisibile le impedisse di approcciarsi a lei, sia fisicamente sia, soprattutto, psicologicamente; le parve di percepire qualcosa di inusuale nell’atteggiamento fin troppo scostante e diffidente della ragazza, ma non aveva alcun indizio che le permettesse di capire di cosa realmente si trattasse. Era sempre stata in grado di inquadrare qualsiasi persona di fronte alla quale si trovasse, di norma dopo una breve conversazione; probabilmente era merito di un inspiegabile sesto senso, il quale si era più volte dimostrato veritiero. Tuttavia, tale capacità si azzerò completamente di fronte a Brittany, che appariva come un enigma irrisolvibile o un interpretabile quadro dalle mille sfumature; l’intera situazione faceva sentire Santana tremendamente a disagio, così continuò a scrutare attentamente finché gli occhi indugiarono sulla mano sinistra di Brittany, alla quale adocchiò un anello dalle dimensioni considerevoli, esattamente sull’anulare. Si sporse leggermente in avanti, in modo tale da osservarlo con maggiore attenzione, ma Brittany se ne accorse con la coda dell’occhio e lo rimosse immediatamente dal dito, riponendolo poi nella tasca della giacca di jeans che indossava.
«Non sono affari tuoi» sbottò all’improvviso Brittany, interrompendo l’altra ancor prima che potesse emettere un suono, lasciandola a bocca semiaperta.
«Perdonami, non è mia intenzione essere invadente» ammise Santana con tono sincero, inclinando il capo per cercare lo sguardo della ragazza, dalla quale tuttavia non ricevette alcuna risposta, così continuò «Ad ogni modo, vorrei che tu sappia che puoi parlare con me»
«Non pensavo fossi anche una psicologa» replicò la bionda, nella quale voce, non più tremolante, si percepiva chiaramente una sfumatura tagliente ed un’inaspettata sicurezza, dietro alla quale probabilmente si celava il fiume in piena di pensieri che si stavano accavallando gli uni sugli altri nella sua mente. Era una bomba ad orologeria che, da un momento all’altro sarebbe scoppiata, versando fuori la matassa di emozioni e turbamenti che tratteneva ormai da troppo tempo. Santana fece presto ad accorgersene, difatti non fu ferita dalle parole, cariche di veleno, che le aveva appena riversato addosso.
«Non lo sono, chiaramente» dichiarò, mantenendo un tono comprensivo ed allungando la mano verso quella della ragazza, saldamente premuta sul volante «Però ho due orecchie per ascoltare»
Non appena percepì il contatto della mano di Santana, senza un attimo di esitazione Brittany ritrasse immediatamente la sua; subito dopo accostò l’automobile sul ciglio della strada e poggiò entrambe le mani sul volante, tenendo le braccia tese e gettando il capo verso il basso. Santana rimase qualche secondo a fissarla, esitante e smarrita, non sapendo come comportarsi. Un secondo prima che potesse poggiarle una mano sulla schiena, Brittany sollevò la testa di scatto e finalmente i loro sguardi si incrociarono. Santana scrutò attentamente quegli occhi colmi di lacrime, notando che erano di un celeste chiarissimo, illuminati leggermente dalla luce proveniente dall’esterno. Si perse nelle sue iridi e desiderò spazzare via tutto il dolore accumulato che trasmettevano, soffiare via le preoccupazioni che la tormentavano. Brittany prese un gran sospiro tremolante, carico di tensione, e si abbandonò sul grembo di Santana, scoppiando in un pianto liberatorio e lasciandosi travolgere dalle emozioni che aveva a lungo trattenuto.




Angolo dell'autrice
Finalmente sono riuscita a pubblicare questo capitolo, vi chiedo umilmente perdono per l'immenso ritardo! E' stato un periodo pieno tra sessione invernale e problemi personali, spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo in cui introduco finalmente gli altri due personaggi principali, Brittany e Sam! Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto e ringrazio le persone che hanno recensito e messo la mia fanfiction tra le storie seguite/ricordate/preferite, mi rendete felice!
Grazie mille e ci vediamo al prossimo capitolo xx
Alis
P.S. Il terzo capitolo è già pronto, perciò non tarderò stavolta, giuro!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: itsAlisAgron